L’importanza della nuova corrente del Buddha per l’atmosfera eterica morale della Terra. Il Buddha Maitreya.

O.O. 130 – Cristianesimo esoterico e la guida spirituale dell’umanità – 01.10.1911


 

Verrà quindi un’epoca in cui sulla Terra accadrà ciò che, insieme a molte altre cose, è veramente contenuto soltanto nelle grandiose definizioni dell’occultismo e del misticismo orientale, il quale già da molti millenni parla del momento in cui quell’atmosfera morale sarà progredita fino a un alto grado. Parla specialmente, dalla comparsa del Buddha in poi, di quel momento futuro in cui la Terra sarà immersa in un’atmosfera eterica morale. Fin dal tempo degli antichi risci, il misticismo orientale parlò di quella grande speranza del futuro terrestre, quando alla Terra sarebbe pervenuto quell’impulso che è una parte essenziale di Vishva-Karman o, per dirla con Zarathustra, di Ahura Mazdao.

 

Davanti agli sguardi di quei mistici dell’Oriente era già presente il fatto che questo impulso morale, quest’atmosfera morale della Terra, sarebbe emanata da quella entità che noi chiamiamo il Cristo, e in Cristo essi riponevano le loro speranze.

Coi mezzi della mistica orientale non si arrivava a farsene una rappresentazione; si potevano però immaginare le conseguenze che ne sarebbero derivate, e cioè che le pure figure, dell’akasha, immerse nel fuoco, nella luce del Sole, sarebbero comparse entro i cinquemila anni successivi alla illuminazione del grande Buddha, come seguaci di ciò che non era riconoscibile soltanto attraverso il misticismo orientale. Rappresentazione invero meravigliosa!

 

Qualcosa verrà a rendere possibile

che, attraverso l’atmosfera morale purificata della Terra,

i Figli del fuoco e della luce peregrineranno nell’atmosfera morale della Terra,

non più incarnati in una figura fisica, ma come una pura figura dell’akasha.

 

Però allora, cinquemila anni dopo l’illuminazione di Gautama Buddha, vi sarà anche il Maestro che insegnerà agli uomini quali meravigliose figure siano quelle pure forme di fuoco e di luce. Quel Maestro sarà il Buddha Maitreya, che comparirà tremila anni dopo l’epoca nostra e sarà in grado d’istruire gli uomini sull’impulso del Cristo.

Così la mistica orientale si unisce col sapere cristiano dell’Occidente in un’unità bella e meravigliosa, spiegando pure che, prima di apparire, tremila anni dopo il nostro tempo, come Buddha Maitreya, quell’essere comparirà sempre di nuovo, incarnato sulla Terra quale bodhisattva, il successore di Gautama Buddha. Una delle sue incarnazioni fu quella di Jeshu ben Pandira, vissuto cento anni prima del principio della nostra era. L’individualità incorporata in Jeshu ben Pandira è la stessa che in futuro sarà il Maitreya Buddha e che apparirà di secolo in secolo sempre in un corpo di carne, non ancora quale Buddha, ma quale bodhisattva. Anche al tempo nostro, da questo essere che ricompare in un corpo di carne quale bodhisattva e che, non ora, ma in un tempo avvenire diverrà il Buddha Maitreya, emanano gli insegnamenti più importanti sull’entità del Cristo e sui Figli del fuoco degli Indiani, gli agnishvattas.

 

Il segno da cui si potrà riconoscere colui che un giorno diverrà il Buddha Maitreya è identico in ogni vero misticismo orientale e nella sapienza cristiana. A differenza dei Figli del fuoco, egli comparirà come bodhisattva in un corpo fisico, e nessuno potrà supporre, dal modo in cui si svolgerà la sua giovinezza, quale individualità si celi in lui.

Avverrà sempre che coloro che sono addentro in tali cose, riconosceranno che in quell’essere umano vive il bodhisattva solo quando egli sarà fra i trenta e i trentatre anni d’età, perché allora avverrà una trasformazione della sua personalità; ed anche per il Buddha Maitreya sarà così: egli si darà a conoscere all’umanità nel trentatreesimo anno della sua vita.

 

Come il Cristo cominciò l’opera sua nel trentesimo anno della sua vita,

così i bodhisattva che ne continueranno l’annunzio,

si daranno a conoscere al loro trentatreesimo anno.

 

Il Buddha Maitreya stesso che, come bodhisattva trasformato,

annunzierà con grandiose, possenti parole

(di cui oggi è ancora impossibile dare un’idea) i grandi misteri dell’esistenza,

parlerà in un linguaggio che ha ancora da essere creato,

perché oggi nessun essere umano potrebbe trovare le parole

con le quali, un giorno, egli parlerà agli uomini,

semplicemente per la ragione che oggi non esiste ancora lo strumento fisico per poter parlare così.

 

Le rivelazioni dell’illuminato non saranno soltanto dottrine,

ma insuffleranno nelle anime umane degli impulsi morali.

Parole siffatte non possono essere ancora pronunciate da una laringe fisica umana;

oggi possono vivere soltanto nei mondi spirituali.

 

L’antroposofia è la preparazione per tutto ciò che si avvererà in avvenire.

 

Coloro che prendono sul serio l’evoluzione dell’umanità

vogliono che lo sviluppo dell’anima non si arresti e sprofondi in una palude,

ma che continui a procedere

in modo che la Terra possa realmente liberarsi nella sua parte spirituale,

mentre la sua parte più grossolana se ne distaccherà a guisa di un cadavere.

 

• Potrebbe anche darsi che, per colpa degli uomini, tutta questa grande opera venga rovinata;

ma coloro che vogliono evitare questo disastro e far sì che l’opera riesca,

devono acquistarsi una comprensione della vita spirituale

per mezzo di ciò che oggi chiamiamo antroposofia.

 

Così l’antroposofia diventa un dovere,

e la conoscenza desta in noi dei sentimenti di responsabilità.

 

Quando i misteri del mondo ci inducono a sentire di voler essere antroposofi,

abbiamo l’atteggiamento giusto.

 

L’antroposofia

non deve essere una mera soddisfazione della nostra curiosità,

ma deve divenire una cosa senza la quale non possiamo vivere.

 

Solo in questo caso abbiamo il giusto sentimento, solo allora siamo delle pietre vive

entro quella grande costruzione che dovrà sorgere nelle anime degli uomini ed estendersi a tutta l’umanità.

 

L’antroposofia è dunque l’apertura ai veri fenomeni mondiali,

quali si manifesteranno agli uomini del futuro, alle nostre anime,

quando saremo ancora in un corpo fisico o già tra la morte e una nuova nascita.

 

Questa trasformazione avverrà in noi

• sia se saremo ancora in un corpo fisico,     • sia se avremo già deposto il corpo fisico.

 

Già sulla Terra, in un corpo fisico,

l’uomo deve acquisire la comprensione per questi avvenimenti.

 

Per coloro che già attualmente, nel corpo fisico, avranno comprensione per il Cristo,

sarà indifferente se saranno ancora in vita quando arriverà il momento di vederlo,

o se avranno già attraversato la porta della morte.

• Ma coloro che ora rifiutano la comprensione di Cristo e che hanno già passato la soglia della morte,

devono attendere fino alla prossima incarnazione,

perché questo fatto non può essere compreso tra la morte e la nascita.

 

• Una volta acquisita la comprensione, essa continua,

e allora Cristo è visibile anche tra la morte e la nuova nascita.

• L’antroposofia è una cosa che noi impariamo per la vita fisica,

ma vale anche per quando abbiamo deposto il corpo fisico con la morte.

 

Questo è quanto volevo dare oggi per la comprensione dell’uomo e per poter rispondere a molte domande.

 

È difficile conoscere se stessi, perché l’uomo è un essere assai complicato.

L’essere umano è complicato perché è connesso con gli esseri superiori e il mondo superiore.

Quanto sta in noi è immagine d’ombra del grande mondo,

e la nostra organizzazione,

il nostro corpo fisico, eterico, astrale e il nostro io, che sono i nostri arti,

sono mondi per le entità divine.

 

Per noi il corpo fisico, eterico, astrale e l’io sono un mondo,

l’altro mondo è il mondo superiore, il mondo celeste.

Per gli esseri divino-spirituali dei mondi superiori, i corpi fisici sono alti mondi divino-spirituali.

 

L’uomo è così complicato perché è una reale immagine riflessa del mondo spirituale.

Ciò deve portarlo alla consapevolezza della sua dignità umana.

 

Sapendo che siamo una immagine, e che siamo ancora lontani da quanto dovremmo essere,

oltre alla dignità umana facciamo nostra anche la giusta modestia e l’umiltà rispetto al macrocosmo e ai suoi dèi.