Impulsi morali e libertà.

O.O. 225 -Tre prospettive dell’Antroposofia – 22.07.1923


 

Gli uomini conoscono anzitutto tre alternatisi stati di coscienza:

• lo stato di veglia, dal risveglio all’addormentarsi;

• lo stato opposto, quello di sonno,

nel quale l’anima si immerge per così dire nelle tenebre spirituali e non ha alcuna esperienza attorno a sé.

• Tra i due vi è lo stato di sogno, in cui siamo consapevoli che vi giocano le esperienze della veglia e nel quale le connessioni della veglia sono però ribaltate da importantissime e interessanti forze interiori: ad esempio il lontano passato appare come il presente; qualcosa che con grande leggerezza non portiamo a coscienza e a cui magari nella corrente vita di veglia non diamo alcuna speciale attenzione ricompare nella coscienza di sogno. Vengono riunite nel sogno cose che di solito non hanno alcun nesso tra loro.

 

Nello stesso tempo è una peculiarità caratteristica dello stato di sogno che il suo contenuto, tutto ciò che vi viene percepito, abbia un forte carattere di immagine; persino quando la parola risuona nel sogno opera il suo carattere di immagine; si presentano il tono della parola, la modulazione dei suoni, e con carattere di immagine tutti si dispiegano udibili, animicamente udibili.

 

Il sogno ha moltissimi contenuti che possono occupare l’anima dell’uomo nel più profondo; non si riesce tuttavia a gettare uno sguardo nel vero essere spirituale se non si è in grado di farsi valide rappresentazioni sui nessi tra i tre stati di coscienza: veglia, sonno e sogno.

Con l’ausilio della scienza dello spirito oggi vogliamo, per quanto è possibile, caratterizzarli; anzitutto quello della desta vita diurna.

 

Possiamo essere consapevoli che l’uomo può condurre la vita diurna di veglia perché nel risvegliarsi inizia a servirsi del corpo, dei suoi organi, ma anche del pensiero, che è legato al corpo; persino non sapendo che l’io e il corpo astrale nell’atto di svegliarsi si immergono nel corpo fisico e nell’eterico, si deve sentire in modo velocemente percepibile, almeno con chiaro sentore, come si riceva forza sugli arti, sugli organi e forza per sviluppare l’interiore pensare.

 

Tutto questo può insegnarci che la desta coscienza diurna è legata al corpo fisico; considerando poi il corpo eterico, o delle forze formative dal punto di vista della scienza dello spirito, occorre dire anche che la vita diurna di veglia, oltre che al corpo fisico, è legata a quello eterico. E necessario immergersi in queste due parti costitutive dell’entità umana, servirsi della loro organizzazione per condurre la desta coscienza diurna.

 

Si può cadere in innumerevoli illusioni nei riguardi della vita di veglia, se non si comincia a illuminarla dal punto di vista della scienza dello spirito. Vi è poco da dire sulla vita dei sensi, perché che cosa potrebbe essere più chiaro che da desti ci serviamo dei nostri organi di senso che ci forniscono le manifestazioni del mondo fisico esterno che si svolgono attorno a noi?

 

Basta considerare un poco l’essenza degli organi di senso per trovare che grazie alle relazioni con l’ambiente di occhi, orecchi, e di altri sensi si realizzano proprio quelle che, come manifestazioni del mondo dei sensi, chiamiamo deste esperienze della coscienza diurna.

 

Per una più esatta osservazione, è ora necessario il pensiero, la rappresentazione.

Dobbiamo aver ben chiaro che con le rappresentazioni

anzitutto abbiamo solo un’interiorizzazione della vita dei sensi.

 

Con una seria introspezione ci si dirà

• che con i sensi riceviamo le impressioni,   • e col pensare le inoltriamo verso l’interno.

 

Esaminando i pensieri, scopriamo che sono vaghe immagini di quel ci dànno i sensi;

in genere il pensare è del tutto rivolto verso l’esterno.

 

Il pensiero è l’attività del corpo eterico o delle forze formative,

e possiamo così dire che, pensando da desti, quali terreni esseri sensibili,

dirigiamo il corpo eterico verso l’esterno.

Con questo abbiamo tuttavia afferrato solo un lato del corpo eterico.

 

Considerando i pensieri sul mondo che abbiamo nella comune coscienza di veglia,

è come se, per qualche motivo, potessimo osservare fisicamente un uomo solo da dietro.

 

Immaginiamo di vedere un certo numero di uomini sempre da dietro:

forse ne avremmo rappresentazioni insoddisfacenti;

saremmo per così dire curiosi, avidi di sapere come essi appaiano dal davanti;

siamo ben persuasi che alla parte posteriore debba corrispondere quella anteriore, più espressiva

per l’uomo fisico terreno.

 

È così quando diventiamo coscienti del pensare del mondo:

in certo modo volgiamo lo sguardo alla parte posteriore del pensiero;

è rovesciato, perché la direzione delle correnti dei sensi nell’uomo va sempre dal davanti all’indietro.

Perfino dove in apparenza è diverso, occorre pensare

che quel che si presenta fisicamente come anteriore, per il pensare è la parte posteriore.

 

• In sostanza è necessario porsi nelle condizioni di osservare il pensare umano dall’altra parte

che non è volta alle impressioni dei sensi e che ci mostra la sua interna parte nascosta.

Arriviamo così a qualcosa di notevole;

il pensiero ci si presenta non come quando lo portiamo nella coscienza come immagini del mondo dei sensi.

 

Visto da quest’altra parte, il nostro pensare, che costituisce le forze del corpo eterico,

si trasforma in forze che formano il nostro organismo fisico, in forze che operano nel nostro organismo fisico.

 

Quando cresciamo, quando, partendo dallo stato germinale, costruiamo gli organi formandoli plasticamente,

abbiamo l’altro lato del pensare, che interviene attivamente dal corpo eterico e ci organizza.

Mentre cresciamo, mentre elaboriamo il cibo, l’altro lato del pensare agisce ed opera in noi,

è presente in noi nelle forze formative.

 

Il pensare abituale produce in noi solo pensieri d’ombra, è il lato posteriore del pensare;

ma è soltanto la forza creante del pensare che dà forma al nostro apparato pensante,

che forma il cervello e l’intero sistema nervoso,

che è in pari tempo la forza creativa del corpo eterico, ed è appunto l’altro lato.

 

Non è necessaria una grande capacità chiaroveggente per rendersi conto di come la forza creativa del pensare operi in noi quale forza di crescita, forza formativa; occorre solo, potrei dire, una spinta nell’interiorità per diventare coscienti che il pensare non è solo immagine d’ombra del mondo,  ma interiore attività.

 

Occorre solo invertire la rotta: dall’essere rivolti al mondo, volgersi a ciò che si opera interiormente, a ciò che si pensa;

allora ci si rende conto di questa attività del pensare.

 

Afferrandola, cogliamo anzitutto la libertà umana,

e comprendere la libertà equivale ad afferrare l’attività del pensare;

afferrandola in questo modo, si coglie anche la moralità che compenetra, avvolge e intesse l’uomo.

 

Nella mia filosofia della libertà volevo rendere chiara la comprensione del pensare come elemento attivo,

del pensare puro rispetto a quello ricolmo di immagini sensorie, questa spinta verso l’interiorità;

volevo chiarire come si possa afferrare interiormente l’attività del pensare,

come, grazie anche alla spinta verso l’interiorità, col pensare puro non pervaso dai sensi,

si afferri la moralità come qualcosa che può sbocciare nel pensare puro,

come con questo si consegua veramente anche la coscienza della libertà.

 

Possiamo così dire: lasciamo che l’umano pensare,

che nel suo primo aspetto ci mostra immagini d’ombra del mondo sensibile, si rivolti davanti a noi;

poi esso diviene plastica forza creativa dell’uomo stesso,

diviene interiore attività, diviene il portatore della libertà,

ciò in cui si possono, per così dire, cogliere gli impulsi morali nell’essere umano.

In questo modo dal corpo fisico arriviamo in modo spirituale al corpo eterico.

 

Possiamo cioè dire che

il primo gradino verso il mondo spirituale è la reale esperienza del senso della libertà.