Iniziati e chiaroveggenti

O.O. 114 – Il Vangelo di Luca – 15.09.1909


 

Quando parliamo così, genericamente, possiamo adoperare i due termini di iniziato e di chiaroveggente come equivalenti. Ma se, continuando nel nostro studio, vogliamo penetrare in strati più profondi della vita spirituale, dobbiamo pur distinguere l’iniziato dal chiaroveggente; dobbiamo distinguerli come due categorie diverse di uomini che hanno trovato la via alle regioni soprasensibili dell’esistenza.

Per un certo riguardo, vi è una differenza tra un iniziato e un chiaroveggente, quantunque nulla si opponga a che l’iniziato sia in pari tempo un chiaroveggente ed il chiaroveggente fino ad un certo grado un iniziato. Se vogliamo distinguere esattamente tra queste due categorie di uomini – tra l’iniziato e il chiaroveggente – dovremo ricordare ciò che è spiegato nel mio libro L’iniziazione: e cioè che, in sostanza,

vi sono tre gradini per i quali si giunge oltre la visione ordinaria del mondo.

 

• La prima forma di conoscenza accessibile all’uomo

è quella che considera il mondo mediante i sensi

e che, mediante l’intelletto e le altre forze dell’anima, si appropria di ciò che percepisce.

 

Oltre a questo, vi sono altri tre gradi di conoscenza:

• il primo è quello della cosiddetta conoscenza immaginativa,

• il secondo è quello della conoscenza ispirativa

• e il terzo è quello della conoscenza intuitiva, intesa questa nel suo significato occulto.

 

Ma chi possiede la conoscenza immaginativa?

La possiede chi vede presentarsi al suo sguardo spirituale le immagini di ciò che sta dietro al mondo dei sensi, chi vede un poderoso quadro cosmico di immagini che non somigliano affatto alle immagini della vita ordinaria. Queste immagini della conoscenza immaginativa hanno la peculiarità di non essere soggette alle leggi dello spazio tridimensionale; e hanno pure altre peculiarità, difficilmente paragonabili a quelle del mondo dei sensi.

 

Il mondo immaginativo è tale che, per formarcene un’idea, dobbiamo dirci: supponiamo che dinanzi a noi stia una pianta, e che noi si sia in grado di estrarne tutto il colore percepibile al senso della vista, cosicché il colore ondeggi assolutamente libero nell’aria. Se ci limitiamo a estrarre dalla pianta il colore che è in essa, lasciandolo ondeggiare liberamente, avremo davanti a noi una forma di colore morta.

Ma per il chiaroveggente, questa non resta affatto un’immagine morta; anzi, quando egli estrae dall’oggetto quello che in esso è il colore, allora, grazie alla sua preparazione, questa forma di colore comincia ad essere vivificata da parte dello spirito, proprio come nel mondo dei sensi era vivificata dalla materialità della pianta.

L’uomo ha allora davanti a sé non una morta forma di colore, bensì una luce colorata liberamente ondeggiante, scintillante, rutilante, e internamente vivificata.

 

Ogni colore esprime le qualità di un’entità animico-spirituale non percepibile ai sensi;

vale a dire che per il chiaroveggente il colore della pianta fisica

comincia a diventare espressione di entità animico-spirituali.

 

Pensiamo un tale mondo, riempito di forme colorate fluttuanti nei più svariati modi, in perenne metamorfosi e trasfigurazione; ma non dobbiamo fermare il nostro sguardo sui colori, come se guardassimo un quadro di scintillanti riflessi colorati, bensì dobbiamo pensare tutto ciò come espressione di entità animico-spirituali; ci diremo allora: se qui sfolgora un’immagine di color verde, essa è per me espressione di un’intelligenza che le sta dietro; se là sfolgora un’immagine di color rosso chiaro, essa è per me espressione di una passione.

 

Pensiamo dunque tutto questo mare di colori che si interpenetrano

(potrei, analogamente, dire: questo mare di suoni o di odori o di sapori,

perché tutto ciò è espressione di entità animico-spirituali nascoste),

e allora avremo quello che si chiama il mondo immaginativo.

 

Non è l’immaginazione come la s’intende comunemente, ossia una fantasia;

è un mondo reale che viene però percepito in modo diverso

da come si percepisce il mondo dei sensi.

 

In questo mondo immaginativo si presenta all’uomo

tutto ciò che sta dietro al mondo dei sensi

e che coi suoi sensi materiali – se vogliamo usare questa espressione – egli non percepisce;

si presentano, per esempio, il corpo eterico e il corpo astrale dell’uomo.

 

Il chiaroveggente che conosce il mondo mediante l’immaginazione impara a conoscere delle entità superiori, ma da un lato – per così dire – esteriore: come quando, per strada, si vedono passare uomini e si impara a conoscerli dal loro lato sensibile esterno.

Si imparerà però a conoscerli più esattamente avendo occasione di parlare con loro, perché allora quegli uomini, con le loro parole, esprimeranno ben più di ciò che si vede se semplicemente si guardano incontrandoli per la strada.

Non si potrà vedere, per esempio, se l’uomo che si incontra porta nella sua anima gioia o dolore, entusiasmo o pena; mentre si potrà apprenderlo parlando con lui.

Nel primo caso, mediante quello ch’egli palesa a sua insaputa, viene a manifestarsi il suo lato esteriore; nel secondo caso, egli stesso ci si manifesta.

 

Così è per le entità del mondo soprasensibile.

Il chiaroveggente che, per mezzo della conoscenza immaginativa,

impara a conoscere le entità del mondo soprasensibile,

ne apprende per così dire soltanto il lato animico-spirituale esterno.

• Invece sente quelle entità stesse esprimersi,

quando ascende dalla conoscenza immaginativa a quella ispirativa;

allora si stabilisce un vero rapporto tra lui e quegli esseri.

• Ed essi gli manifestano, dall’intimo della loro natura, chi sono e che cosa sono.

 

Perciò l’ispirazione è un grado di conoscenza superiore a quello della semplice immaginazione;

ascendendo fino all’ispirazione, s’impara molto di più, intorno agli esseri del mondo animico-spirituale,

che non mediante la sola conoscenza immaginativa.

 

Un grado di conoscenza ancora superiore è l’intuizione, intendendo questa parola

non nel senso in cui la si adopera abitualmente per tutto quanto di meno chiaro ci passa per la mente,

ma nel suo vero significato occulto.

 

L’intuizione, in senso occulto, è una forma di conoscenza per cui

non solo si può ascoltare spiritualmente quello che gli esseri spirituali stessi ci comunicano,

ma per cui ci si immedesima con quegli esseri e ci si immerge nella loro stessa natura.

• Questo è un grado molto alto di conoscenza spirituale;

esso richiede che l’uomo abbia prima sviluppato in sé l’amore per tutti gli esseri.

 

A questo livello l’uomo non fa più nessuna distinzione

fra se stesso e le altre entità dell’ambiente spirituale;

per così dire, egli ha effuso la propria entità in tutto l’ambiente spirituale,

sicché veramente non sta più al di fuori degli esseri che sono in rapporto spirituale con lui,

bensì al loro interno; sta veramente in loro.

• E poiché ciò può attuarsi soltanto di fronte a un mondo divino-spirituale,

il termine intuizione, che è lo stare in Dio, è perfettamente giustificato.

 

• Abbiamo dunque tre gradi di conoscenza soprasensibile:

l’immaginazione, l’ispirazione e l’intuizione.

 

Un uomo ha naturalmente la possibilità di conseguire questi tre gradi della conoscenza soprasensibile.

Ma può darsi che in una data incarnazione egli arrivi soltanto fino al grado dell’immaginazione;

e in tal caso gli resteranno nascoste le regioni del mondo spirituale

accessibili solo all’ispirazione e all’intuizione. Quell’uomo allora sarà un chiaroveggente.

 

Oggi in genere non si suole condurre gli uomini senz’altro ai gradi superiori della conoscenza soprasensibile, senza farli prima passare per il grado dell’immaginazione; sicché attualmente sarà ben difficile che qualcuno tralasci il grado dell’immaginazione, per giungere direttamente all’ispirazione o all’intuizione. Ma quel che oggi non è più opportuno, poteva avvenire in passato ed avveniva effettivamente.

 

Vi furono epoche dell’evoluzione

in cui questi diversi gradi si ripartivano, per così dire, tra individui diversi:

l’immaginazione da una parte, l’ispirazione e l’intuizione dall’altra.

 

Ÿ Vi furono per esempio delle scuole di misteri in cui a determinati uomini veniva aperto l’occhio spirituale, ed essi diventavano chiaroveggenti nel campo dell’immaginazione, ossia diventava accessibile a loro il mondo simbolico delle immagini. Quegli uomini, giunti a un tal grado di chiaroveggenza, rinunciavano per quella incarnazione a raggiungere i gradi più elevati dell’ispirazione e dell’intuizione, e diventavano perciò atti a guardare con tanto maggior chiarezza ed esattezza il mondo immaginativo. Si allenavano in misura del tutto speciale a contemplare il mondo dell’immaginazione. Ma allora un’altra cosa diventava necessaria.

 

Chi vuol contemplare soltanto il mondo immaginativo

e rinuncia a salire più in alto, ai mondi dell’ispirazione e dell’intuizione,

vive in certo modo in un mondo di incertezza.

Il mondo fluttuante dell’immaginazione è per così dire senza sponde;

e se si è abbandonati a se stessi, si nuota con l’anima dentro di esso in qua e in là,

senza avere un’esatta conoscenza della direzione e della meta.

• Ne conseguì in passato la necessità, per i chiaroveggenti,

ossia per gli uomini dotati della sola conoscenza immaginativa,

di vincolarsi con devozione totale alle loro guide,

a coloro che avevano sviluppato le facoltà spirituali dell’ispirazione e dell’intuizione.

 

• Soltanto l’ispirazione e l’intuizione danno infatti sicurezza nel mondo spirituale,

e fanno conoscere esattamente la via e la meta.

• Se invece all’uomo manca la conoscenza dell’ispirazione,

egli non può sapere dove conduce la via e dove deve dirigersi per raggiungere la meta;

perciò gli è necessario affidarsi all’esperta direzione di qualcuno che conosca queste cose.

• Per questo si è sempre giustamente affermato

che chi si limita ad ascendere alla sola conoscenza immaginativa,

deve vincolarsi intimamente a un maestro

il quale gli indichi direzione e meta che da sé solo non potrebbe scoprire.

 

D’altro canto però fu necessario in passato qualcosa che oggi non si fa più:

ossia far saltare, per così dire, a taluni il grado dell’immaginazione,

per condurli direttamente all’ispirazione e, se possibile, all’intuizione.

 

• Questi individui rinunciavano a vedere intorno a sé le figurazioni immaginative del mondo spirituale,

e si dedicavano soltanto alle impressioni del mondo spirituale emanate dall’interiorità di entità spirituali.

• Essi ascoltavano con orecchie spirituali le parole delle entità del mondo dello spirito.

• Era come sentir parlare un uomo da dietro una parete; non lo si vede, ma se ne odono le parole.

 

Esiste veramente la possibilità per taluni di rinunciare a vedere entro il mondo spirituale, per essere invece più rapidamente condotti ad ascoltare spiritualmente le parole delle entità spirituali.

 

Che si vedano o non si vedano le forme del mondo immaginativo,

se si è in grado di intendere con l’orecchio spirituale ciò che le entità spirituali esprimono,

si può ben dire di possedere la parola interiore,

contrapposta alla parola esteriore che gli uomini si scambiano tra loro nel mondo fisico.

 

• Vi sono dunque uomini i quali, senza vedere il mondo immaginativo, possiedono la parola interiore;

che ascoltano cioè i detti delle entità spirituali e sono in grado di comunicarli.

 

In passato, nei misteri, queste due specie di esperienze soprasensibili cooperavano. Chi possedeva l’una specie rinunciava ad acquistare l’altra, per perfezionarsi maggiormente nella propria; ne risultò in determinate epoche, in seno ai misteri, una bella, meravigliosa cooperazione.

Vi erano dei chiaroveggenti immaginativi particolarmente educati a guardare il mondo delle immagini. Ve n’erano altri che avevano saltato il grado dell’immaginazione e si erano educati particolarmente ad accogliere nell’anima la parola interiore sperimentata mercé l’ispirazione. Così l’uno poteva comunicare all’altro quello che aveva sperimentato grazie alla sua speciale preparazione.

Ciò era possibile perché tra uomo e uomo esisteva allora un grado di fiducia che oggi non può più esistere, semplicemente perché siamo in un’epoca diversa.

 

Gli uomini non hanno più la fiducia reciproca che occorre perché l’uno possa accontentarsi di ascoltare ciò che l’altro narra delle sue visioni nel mondo immaginativo, per poi aggiungervi quello che egli stesso ha appreso con l’ispirazione, sicuro che le descrizioni dell’altro siano giuste.

Oggi ciascuno vuole vedere da sé; e questa è una caratteristica giustificata dell’epoca nostra; ben pochi si accontenterebbero, come una volta, di sviluppare unilateralmente l’immaginazione; perciò è necessario che gli uomini attuali vengano a poco a poco condotti attraverso tutti e tre i gradi della conoscenza superiore, senza ometterne alcuno.

A ciascun grado della conoscenza soprasensibile ci si presentano i grandi segreti connessi con quello che chiamiamo l’evento del Cristo; cosicché tanto la conoscenza immaginativa, quanto l’ispirazione e l’intuizione hanno molte, infinite cose da dire intorno a quell’evento grandioso.

 

Se dunque, partendo da questo punto di vista, volgiamo lo sguardo ai quattro Vangeli,

possiamo dire che il vangelo di Giovanni è scritto dal punto di vista di un iniziato

che è penetrato nei misteri dell’universo fin su all’intuizione,

e che descrive perciò l’evento del Cristo com’esso si presenta all’intuizione.

 

Ma chi penetri più a fondo nelle peculiarità del vangelo di Giovanni dovrà riconoscere (come vedremo appunto in questo ciclo di conferenze) che tutto quanto in esso si presenta in modo particolarmente chiaro e spiccato è detto dal punto di vista dell’ispirazione e dell’intuizione, mentre tutto ciò che risulta dalle figure dell’immaginazione è invece pallido e indistinto.

Sicché l’autore del vangelo di Giovanni (a prescindere da quanto egli vi ha pur sempre introdotto di immaginativo) noi lo possiamo chiamare l’annunziatore di tutto ciò che, sull’evento del Cristo, consta a chi possieda la parola interiore, fino al grado dell’intuizione.

Infatti in sostanza egli ci caratterizza i misteri del regno del Cristo, dal punto di vista della parola interiore ovvero del Logos.

A base del vangelo di Giovanni sta dunque la conoscenza ispirativa e intuitiva.

 

Diverso è il caso negli altri Vangeli;

e nessuno degli altri evangelisti ha espresso quanto aveva da dire

con la chiarezza dell’autore del vangelo di Luca.

 

Al vangelo di Luca è premessa una breve, mirabile introduzione, un’introduzione che dice circa così: Molti uomini, prima dell’autore del vangelo di Luca, si sono accinti a raccogliere e a narrare ogni sorta di storie intorno agli eventi di Palestina.

Ed ora, per ordinare e precisare tutto ciò, l’autore stesso del vangelo di Luca intraprende a narrare (e qui vengono parole di grande importanza) quello che «sono in grado di comunicare coloro che fin da principio furono testimoni oculari e ministri della parola».

 

Dunque l’evangelista Luca vuol comunicare ciò che hanno da dire coloro i quali furono testimoni oculari e ministri della parola. Il vangelo di Luca, parlando di coloro che furono testimoni oculari, ossia che videro essi stessi, intende coloro che possiedono la conoscenza immaginativa, che possono penetrare nel mondo delle immagini a percepirvi l’evento del Cristo, che sono particolarmente educati a guardare attraverso tali immagini, e che hanno una veggenza autonoma, esatta e chiara.

Luca pone le loro comunicazioni a base del suo vangelo. Essi furono al tempo stesso ministri della parola. Espressione significativa!

Egli non dice che possedevano la parola, perché tale sarebbe chi possedesse la piena conoscenza ispirativa; ma dice ministri o servi della parola, persone dunque che non dispongono dell’ispirazione in ugual misura delle immaginazioni, ma che hanno a disposizione le rivelazioni del mondo dell’ispirazione.

Ai ministri viene comunicato ciò che l’iniziato percepisce; essi possono annunziarlo perché i loro maestri glielo hanno detto. Essi sono ministri e non possessori della parola.

 

Così il vangelo di Luca si fonda sulle comunicazioni di coloro che sono veggenti,

che sperimentano autonomamente il mondo immaginativo,

od hanno imparato ad esprimere quanto vedono in esso, coi mezzi di chi possiede l’ispirazione;

si fonda sulle comunicazioni di coloro che si sono fatti ministri della parola.

 

Ecco un nuovo esempio di come esatte siano le parole dei Vangeli e di come esse siano da intendersi letteralmente. Tutto è esatto e preciso in questi documenti scritti sulla base della scienza dello spirito; spesso l’uomo moderno non ha nessuna idea della precisione ed esattezza con le quali vengono scelte le parole in questi documenti.

Ma anche questa volta – come sempre quando si svolga questo genere di considerazioni dal punto di vista antroposofico – dobbiamo ricordare che

• per la scienza dello spirito i Vangeli non sono la vera fonte della conoscenza.

 

Chi stia rigorosamente sul terreno della scienza dello spirito,

non riconoscerà la verità di una notizia, solo perché essa sta scritta nei Vangeli.

L’occultista non attinge la sua conoscenza da alcun documento scritto,

ma da ciò che gli vien fornito dall’indagine spirituale del suo tempo.

• Quello che attualmente gli esseri spirituali hanno da dire agli iniziati e ai chiaroveggenti,

è fonte della vera scienza dello spirito.

• E oggi, in un certo senso, queste fonti sono le stesse che in passato.

 

Anche oggi si possono chiamare chiaroveggenti coloro che hanno la visione del mondo immaginativo,

mentre si possono chiamare iniziati soltanto coloro

che possono elevarsi al grado dell’ispirazione e dell’intuizione.

Anche oggi dunque il vocabolo «chiaroveggente» non è sinonimo di iniziato.

 

Ciò che troviamo nel vangelo di Giovanni poteva fondarsi soltanto sull’indagine dell’iniziato capace di innalzarsi fino alla conoscenza ispirativa e intuitiva.

Ciò che troviamo negli altri vangeli poteva fondarsi sulle comunicazioni dei chiaroveggenti: dei chiaroveggenti non ancora iniziati i quali non potevano ascendere al mondo dell’ispirazione e dell’intuizione.

 

Se dunque ci atteniamo strettamente alla distinzione sopra indicata, possiamo dire che il vangelo di Giovanni è fondato sull’iniziazione, e gli altri tre vangeli (soprattutto quello di Luca, secondo la dichiarazione stessa del suo autore) sono basati sulla chiaroveggenza. E appunto perché si basa particolarmente sulla chiaroveggenza, appunto perché trae partito da tutto ciò che il più esperto chiaroveggente può contemplare, il vangelo di Luca ci offre un’immagine precisa di quanto nel vangelo di Giovanni ci si presenta soltanto in pallide immagini.

Cercherò di mettere ancor meglio in evidenza queste distinzioni.

 

Supponiamo (ciò che però difficilmente potrebbe accadere) che oggi a un iniziato si aprissero i mondi dell’ispirazione e dell’intuizione, senza però che egli fosse chiaroveggente in modo da poter conoscere il mondo dell’immaginazione. Supponiamo che costui incontrasse qualcun altro che non fosse iniziato, ma che, per una ragione qualsiasi, potesse contemplare in tutta la sua estensione la sfera dell’immaginazione. Quest’ultimo potrebbe allora comunicare al primo molto di ciò che egli è in grado di vedere, e che il primo potrebbe essere capace di spiegare coi mezzi dell’ispirazione, anche senza poterlo vedere da sé perché gli manca la chiaroveggenza.

 

Oggi molti uomini sono chiaroveggenti senza essere iniziati;

invece ben difficilmente avviene il contrario;

potrebbe però darsi che un iniziato avesse il dono della chiaroveggenza,

ma che per qualche ragione non potesse arrivare, in un determinato caso, alla visione immaginativa;

allora un chiaroveggente potrebbe comunicargli molti fatti rimasti a lui finora ignoti.

 

Dobbiamo sempre di nuovo affermare decisamente che l’antroposofia o scienza dello spirito poggia esclusivamente sulle indagini degli iniziati, e né il vangelo Giovanni né gli altri vangeli sono fonti della sua conoscenza. Fonte della conoscenza antroposofica è solo ciò che oggi è possibile investigare senza alcun documento storico. Poi si potrà accostarsi ai documenti e cercare di confrontarli con i risultati delle indagini spirituali.

 

Noi ritroviamo espresso in modo grandioso nel vangelo di Giovanni ciò che l’indagine spirituale può scoprire oggi, e sempre, intorno all’evento del Cristo. Ecco perché questo Vangelo ci è così immensamente prezioso: perché ci mostra che allora un individuo sapeva scrivere come scrive anche oggi chi è iniziato ai mondi spirituali. Da tempi remoti giunge a noi, per così dire, la medesima voce che può farsi sentire oggi.

 

Anche per gli altri vangeli, incluso quello di Luca, si può dire circa la medesima cosa. Le immagini che Luca ci descrive non sono per noi la fonte della conoscenza dei mondi spirituali; fonte di conoscenza è per noi quanto l’ascesa ai mondi spirituali ci offre di per se stessa. E quando parliamo dell’evento del Cristo, fonte di conoscenza è per noi quel grande quadro di immaginazioni che ci si presenta quando volgiamo lo sguardo ai fatti che stanno all’inizio della nostra èra. Confrontiamo poi quello che ci si palesa in tal modo con le immagini descritte nel vangelo di Luca.