Iniziazione dello spirito dei rosicruciani e iniziazione della volontà dei gesuiti

O.O. 131 – Da Gesù a Cristo – 05.10.1911


 

Quello che il Cristo operò da essere a essere subito dopo la cosiddetta risurrezione,

fu qualcosa che, salendo dalle forze animiche incoscienti dei discepoli,

diventò attivo nella vita della loro anima: la conoscenza con il Figlio.

 

Da questo proviene anche la diversità nella descrizione del Cristo risuscitato, le diverse caratteristiche del modo in cui il Cristo agì sull’uno o sull’altro, in cui egli apparve a questo o a quello secondo le diverse nature dell’uno o dell’altro. Sono influenze dell’entità-Cristo sul subcosciente delle anime dei suoi discepoli, e perciò esse sono anche del tutto individuali; non dobbiamo quindi urtarci se tali apparizioni non vi vengono descritte in modo uniforme, ma in modo vario.

 

Ma quando ciò che il Cristo doveva diventare per il mondo

dovette apportare a tutti gli uomini qualcosa che li accomunasse,

allora dal Cristo dovette emanare non soltanto questa azione individuale, questa azione del Figlio,

ma dovette venir rinnovato dal Cristo l’elemento dello Spirito,

cioè quello che può formare la comunanza nella vita umana.

 

Questo viene caratterizzato dal fatto che il Cristo, dopo aver agito sulla natura-Logos dell’uomo,

invia lo Spirito sotto forma di Spirito rinnovato o « santo ».

• Con ciò viene procurato l’elemento comunitario,

e questo vien caratterizzato dal racconto che i discepoli,

quando ebbero ricevuto lo Spirito, cominciarono a parlare nelle più diverse lingue;

così è indicato il principio comunitario che risiede nella discesa dello Spirito Santo.

 

Viene inoltre indicato quanto ciò sia differente dalla semplice partecipazione alla forza del Figlio, perché vien raccontato negli Atti degli Apostoli come delle persone da essi avvicinate, già battezzate secondo Gesù, nondimeno (e negli Atti degli Apostoli ciò viene simbolicamente accennato con l’imposizione delle mani) dovessero ricevere ancora lo Spirito.

Dobbiamo quindi dire che la nostra attenzione viene in modo preciso richiamata appunto su questa caratteristica dell’evento del Cristo, cioè sulla differenza tra

 

• l’azione che va indicata come vera azione-Cristo,

che penetra nei momenti subcoscienti dell’anima

e deve perciò avere un carattere intimo personale,

• e gli elementi-Spirito che rappresentano qualcosa di accomunante.

 

Questo motivo dell’evoluzione cristiana, per quanto la debolezza umana lo permette,

è stato osservato con massima cura da coloro che si sono battezzati col nome di «rosicruciani».

 

Ovunque essi vollero accuratamente osservare che,

perfino nelle regioni più elevate dell’iniziazione,

non deve venir esercitata azione alcuna se non su ciò

che nell’evoluzione dell’umanità è a disposizione comune di ogni uomo;

che si poteva agire soltanto sullo spirito.

 

L’iniziazione dei rosicruciani era una iniziazione dello Spirito.

Essa non divenne perciò mai un’iniziazione della volontà,

perché la volontà dell’uomo veniva rispettata nell’interiorità dell’anima come qualcosa di sacro.

 

L’uomo veniva dunque guidato in alto verso le iniziazioni che dovevano condurlo ai gradini dell’immaginazione, dell’ispirazione e dell’intuizione, ma soltanto fino al punto in cui, nella sua propria interiorità, egli potesse riconoscere ciò che doveva venir provocato per mezzo dell’evoluzione dell’elemento-spirito.

Non doveva verificarsi nessuna azione sull’elemento-volontà.

Questo non va scambiato però con l’indifferenza riguardo alla volontà; anzi, per mezzo dell’esclusione dell’azione diretta sulla volontà, veniva esercitata indirettamente la più pura azione spirituale attraverso lo spirito.

 

Mentre ci intendiamo con gli altri uomini sul modo di inoltrarci sul sentiero della conoscenza dello spirito,

dal sentiero dello spirito viene emanata la luce e il calore che possono allora infiammare anche la volontà;

ma sempre per il tramite dello spirito, mai per altra via.

Nel rosicrucianesimo troviamo perciò rispettato al massimo grado

quel motivo della essenza cristiana che si esprime in duplice modo:

• da una parte nell’elemento-Figlio, nell’azione-Cristo,

che penetra profondamente nell’esistenza subcosciente dell’uomo,

• e dall’altro nell’azione-Spirito,

che si estende su tutto ciò che deve rientrare nell’orizzonte della nostra coscienza.

 

Dobbiamo indubbiamente portare il Cristo nella nostra volontà, ma il modo in cui gli uomini debbono accordarsi nella vita riguardo al Cristo, secondo il rosicrucianesimo, dovrebbe consistere soltanto nella capacità della vita cosciente dell’anima di approfondirsi e penetrare sempre maggiormente nell’occulto.

Sulla via Opposta, per reazione a varie altre correnti spirituali europee, si diressero coloro che vengono generalmente indicati col nome di gesuiti.

 

La differenza radicale, fondamentale,

fra la via spirituale giustamente detta cristiana, e la via spirituale gesuitica,

la quale esalta unilateralmente il principio-Gesù,

è che la via gesuitica mira ovunque ad agire direttamente sulla volontà,

vuole avere ovunque presa diretta sulla volontà.

 

Questo già si manifesta chiaramente nel modo in cui l’allievo del gesuitismo viene educato. Il gesuitismo non va perciò preso alla leggera, non soltanto exotericamente, ma anche esotericamente, perché esso è radicato nell’esoterismo. Ma non è radicato nella vita spirituale quale s’è effuso con il simbolo della festa di Pentecoste, bensì esso vuole avere radici direttamente nell’elemento-Gesù del Figlio, vale a dire nella volontà, esaltando così l’elemento-Gesù della volontà. Questo ci risulterà evidente quando esamineremo ciò che si può chiamare la parte esoterica del gesuitismo: i diversi esercizi spirituali. Come sono disposti?

 

È importante che ogni singolo allievo del gesuitismo faccia degli esercizi che conducono sì alla vita occulta, ma verso la volontà, che portano la volontà nel campo dell’occulto con una severa disciplina, si potrebbe dire con un addestramento. L’importante è che tale disciplina della volontà non proviene solo dalla superficie della vita, ma da profondità maggiori, perché l’allievo vien condotto nell’occulto proprio nella direzione indicata.

 

Se ora facciamo astrazione dagli esercizi di preghiera che preparano a tutti gli esercizi gesuitici esoterici, ed esaminiamo gli esercizi occulti, per lo meno nei loro tratti principali, dovremo dire che l’allievo deve anzitutto destare in sé un’immaginazione vivente del Cristo Gesù come re del mondo; li noti bene: un’immaginazione!

 

Nessuno viene ammesso agli effettivi gradini del gesuitismo, se non ha sperimentato quegli esercizi, se non ha sperimentato nella sua anima la trasformatone che siffatti esercizi dell’anima esercitano sull’uomo nel suo complesso. Queste rappresentazioni immaginative del Cristo-Gesù come re del mondo devono essere precedute da un altro esercizio. In esso l’allievo, veramente in completo isolamento e solitudine, deve rappresentarsi l’immagine dell’uomo quale viene creato nel mondo e soccombe al peccato, sottoposto perciò alla possibilità di terribili castighi. Viene severamente prescritta l’immagine di un tale uomo che, abbandonato a se stesso, deve incorrere nei tormenti di ogni possibile pena.

 

Le prescrizioni sono straordinariamente severe; senza che altri concetti o idee penetrino nell’anima dell’educando gesuita, deve continuamente vivere in essa l’immagine dell’uomo abbandonato da Dio, esposto ai più terribili castighi; l’allievo deve sentire: io sono quest’uomo; in quanto sono entrato nel mondo, ho abbandonato Iddio e mi sono esposto alla possibilità di terribili pene! Questo deve provocare timore di essere abbandonato da Dio, e orrore dell’uomo, quale egli è soltanto secondo natura.

 

Poi in un’ulteriore immaginazione, di fronte all’immagine dell’uomo abbietto abbandonato da Dio, deve presentarsi l’immagine del Dio misericordioso che diventa poi il Cristo e che, con le sue gesta sulla terra, espia quel che l’uomo ha prodotto abbandonando il sentiero divino.

Di fronte all’immaginazione dell’uomo abbandonato da Dio, deve presentarsi tutta la misericordia e l’amore dell’entità Cristo-Gesù alla quale unicamente si può attribuire il fatto che l’uomo non sia più esposto a tutte le possibilità di pene che possono agire sull’anima.

E con la medesima vivacità con cui prima doveva stabilirsi nell’anima dell’allievo gesuita il sentimento del disprezzo di fronte all’abbandono del sentiero divino, deve ora impossessarsi di lui il sentimento dell’umiltà e della contrizione di fronte al Cristo.

 

Quando queste due qualità del sentimento vengono destate nell’allievo, allora per varie settimane la sua anima deve vivere in severi esercizi, mentre; essa si raffigura tutti i particolari delle immagini della vita di Gesù, dalla sua nascita fino alla morte sulla croce e fino alla risurrezione. Si verifica allora nell’anima tutto ciò che deve verificarsi quando l’allievo, tranne il tempo necessario per nutrirsi, vive in severo isolamento e lascia agire sulla sua anima soltanto le immagini che il Vangelo descrive della vita misericordiosa di Gesù. Queste non vengono soltanto rappresentate per mezzo di pensieri e di concetti, ma devono agire sull’anima per mezzo di viventi, succose immaginazioni.

 

Soltanto chi sappia come l’anima umana venga trasformata mediante le immaginazioni che agiscono con piena vivacità, può vedere come in effetti l’anima rimanga del tutto modificata in simili condizioni. Tali immaginazioni si estendono con intensità e unilateralmente prima sull’uomo peccatore, poi soltanto sul Dio misericordioso e infine soltanto sulle immagini del Nuovo Testamento, e per legge di polarità provocano appunto una volontà rafforzata. In tal modo viene esercitata un’azione diretta per mezzo di queste immagini, perché qualsiasi riflessione o interpretazione deve essere doverosamente esclusa. Si tratta soltanto di continuare a raffigurarsi queste immagini come le ho descritte.

 

Negli ulteriori esercizi segue che il Cristo-Gesù (ora si può dire non più il Cristo, ma esclusivamente Gesù) viene rappresentato come il re universale dei mondi, e così viene esaltato l’elemento Gesù.

 

Gesù è soltanto un elemento di questo mondo

perché, per il fatto che il Cristo ha dovuto essere incarnato in un corpo umano,

lo Spirito puro ha veramente preso parte al mondo fisico;

ma di fronte a questa partecipazione al mondo fisico abbiamo le parole monumentali e significative:

« Il mio regno non è di questo mondo! »

 

Si può esaltare l’elemento Gesù quando si fa di lui il re di questo mondo, quando si fa di lui ciò che sarebbe diventato se non avesse resistito al tentatore che gli voleva dare « tutti i regni del mondo e la loro magnificenza ». Allora Gesù di Nazareth avrebbe dovuto diventare un re che, diversamente dagli altri re che posseggono soltanto un pezzo della terra, avrebbe avuto per sfera d’azione la terra intera.

 

Immaginiamo dunque questo re rappresentato in quel modo con la sua forza regale talmente esaltata che l’intera terra, appartiene al suo regno, e otterremo effettivamente l’immagine che ora segue gli altri esercizi che già hanno sufficientemente rafforzato la volontà nell’individualità dell’allievo gesuita. E per preparare questa immagine del « re Gesù », di questo dominatore di tutti i regni della terra, l’allievo deve rappresentarsi in una immaginazione Babilonia e la pianura che la circonda come immagine vivente, e Lucifero con le sue insegne troneggiante su Babilonia.

 

Questa immagine deve venire raffigurata dall’allievo con assoluta precisione, perché è una possente immaginazione: il re Lucifero con la sua bandiera e le sue schiere di angeli luciferici, insediato in mezzo a fuoco e fumo, che spedisce i suoi angeli alla conquista dei regni della terra. Tutto il pericolo che emana dalla bandiera di Lucifero deve essere immaginato in un primo tempo per sé solo, senza minimamente guardare al Cristo-Gesù. L’anima deve aprirsi del tutto all’immaginazione del pericolo che emana dalla bandiera di Lucifero, deve imparare a sentire che il maggior pericolo che minaccia l’esistenza del mondo è quello del trionfo di Lucifero. Quando questa immagine ha esercitato la sua azione, allora l’altra immagine, la bandiera del Cristo, deve prendere il suo posto. L’allievo deve allora rappresentarsi Gerusalemme e la pianura che la circonda, il re Gesù, circondato dalle sue schiere, e l’immagine deve mostrare come egli invii le sue schiere e trionfi scacciando le schiere di Lucifero, diventando il re dell’intera terra: il trionfo della bandiera del Cristo sulla bandiera di Lucifero!

 

Queste sono le immaginazioni, rafforzanti per la volontà, che vengono presentate all’anima dell’allievo gesuita. Questo è ciò che trasforma completamente la sua volontà, che fa sì che effettivamente in essa (poiché egli vi è stato educato in modo occulto) ci sia un astrarsi da tutto il resto e un votarsi a questa idea: « Il re Gesù deve diventare il dominatore della terra! E noi, che apparteniamo alla sua milizia, dobbiamo avvalerci di tutto ciò che può servire a renderlo il dominatore della terra. Questo promettiamo, noi che apparteniamo alla schiera che sta raccolta sulla pianura di Gerusalemme, contrapposta alla schiera di Lucifero che sta sulla pianura di Babilonia. Massima vergogna per un soldato del re Gesù sia quella di abbandonare la bandiera! ».

 

Tutto questo, riassunto in un’unica risoluzione, conferisce indubbiamente una possente forza alla volontà. Se vogliamo caratterizzare il fenomeno dobbiamo quindi chiederci su che cosa sia stata esercitata una diretta azione nella vita dell’anima. Viene esercitata sull’elemento che deve essere considerato assolutamente sacro, nel quale non ci si deve intromettere: sull’elemento della volontà.

 

In quanto l’insegnamento dei gesuiti si intromette nell’elemento della volontà, in quanto « Gesù » ha assoluta presa sull’elemento della volontà, altrettanto il concetto Gesù è pericolosamente esagerato; pericolosamente, perché in tal modo la volontà diventa tanto forte da poter anche agire in modo diretto sulla volontà di un altro.

Quando infatti la volontà diventa così forte per mezzo delle immaginazioni, cioè con mezzi occulti, allora essa acquista anche la capacità di agire a sua volta direttamente sugli altri. Così anche per tutte le altre vie occulte alle quali può far ricorso una volontà di questo genere.

 

Negli ultimi secoli vediamo dunque venirci incontro, fra molte altre, queste due correnti: una che ha esaltato l’elemento Gesù, e soltanto nel re Gesù vede l’unico ideale della cristianità; l’altra che considera unicamente l’elemento Cristo e discerne con cura ciò che se ne potrebbe allontanare; quest’ultima corrente è stata perciò anche molto calunniata, perché essa sostiene che il Cristo ha mandato lo Spirito per poter penetrare nei cuori e nei sentimenti degli uomini attraverso lo Spirito.

 

Nell’evoluzione della civiltà degli ultimi secoli non esiste forse maggior contrasto di quello che vi è fra il gesuitismo e il rosicrucianesimo, perché il gesuitismo non contiene niente di ciò che il rosicrucianesimo considera il massimo ideale nella valutazione del valore e della dignità umana; e perché il rosicrucianesimo ha sempre voluto difendersi da qualsiasi influenza che anche debolmente potesse venir designata come un elemento gesuitico.

 

Con questo ho voluto mostrare come perfino un elemento così elevato quale il principio Gesù possa essere esagerato e diventare allora pericoloso; e quanto sia necessario immergersi nelle profondità della entità-Cristo, per comprendere come la forza del cristianesimo debba appunto consistere nell’apprezzare al massimo grado la dignità umana, il valore umano, e nell’escludere qualsiasi goffa ingerenza in ciò che l’uomo deve considerare il suo intimo santuario.

 

Il misticismo cristiano, e specialmente il rosicrucianesimo, viene perciò combattuto dall’elemento gesuitico, perché si sente che il vero cristianesimo viene cercato altrove, e non là dove si trova soltanto il « re Gesù ». Ma per mezzo delle immaginazioni e degli esercizi sopra descritti la volontà ha acquistato tale forza che essa può trionfare anche delle obiezioni contrarie dello spirito.