Iniziazione post-atlantica

O.O. 112 – Il Vangelo di Giovanni in relazione agli altri 3 – 29.06.1909


 

… Poi venne la grande catastrofe che distrusse il continente atlantico.

Delle perturbazioni possenti nel campo atmosferico e acqueo,

dei violenti terremoti fecero sì che a poco a poco tutto l’aspetto della Terra si modificasse.

• L’Europa, l’Asia e l’Africa, che prima erano terra ferma soltanto in minima parte, emersero dalle acque;

e così fu per l’America; l’Atlantide sparì.

• Gli uomini emigrarono verso oriente e verso occidente, e si formarono i più svariati insediamenti.

 

Ma dopo quella grande catastrofe l’umanità era più progredita;

il nesso fra corpo eterico e corpo fisico aveva subito una nuova modificazione.

• Ormai nel periodo post-atlantico

l’unione fra corpo eterico e corpo fisico dell’uomo era diventata più salda.

• Ora non era più possibile alla volontà del maestro

di fare uscire il corpo eterico del discepolo e di trasmettergli delle osservazioni.

 

Di conseguenza l’iniziazione, che conduceva alla visione del mondo spirituale, dovette assumere un’altra forma che potremo descrivere un dipresso nel modo seguente.

Anche il modo di guidare l’umanità era prima ben diverso. Nel periodo atlantico non esisteva affatto un modo d’intendersi fra uomo e uomo per cui uno potesse fare appello al giudizio dell’altro.

In quei tempi di chiaroveggenza crepuscolare, la reciproca comprensione era basata sul fatto che un influsso subcosciente veniva esercitato da uomo a uomo. Esisteva allora in alto grado ciò di cui oggi ci sono rimasti soltanto alcuni residui ereditati, poco compresi e male interpretati; esisteva cioè una suggestione, un influsso subcosciente da uomo a uomo, che faceva soltanto un debole appello all’attività dell’altra anima.

 

Se volgiamo indietro lo sguardo verso gli antichi tempi dell’Atlantide, possiamo vedere che allora veniva esercitata una forte influenza sull’anima degli altri appena un’immagine o un sentimento sorgeva nell’anima dell’uomo, ed egli indirizzava la sua volontà verso un’altra persona. Tutti gli influssi erano potenti, e anche la volontà aveva la forza di accogliere tali influssi. Di tutto ciò sono rimasti oggi soltanto pochi residui.

Immaginiamo che un uomo di quei tempi passasse dinanzi ad un altro eseguendo determinati movimenti; il risultato su quell’altro che lo stava a guardare, ammesso che fosse più debole di lui, sarebbe stato di obbligarlo ad imitare ed eseguire tutti quei movimenti. Oggi non è rimasto di questo che un residuo ereditario: il fatto che, quando una persona sbadiglia, chi sta a vedere prova anch’egli la tendenza a sbadigliare.

 

Vi era a quei tempi un legame molto più intimo fra uomo e uomo. Ciò dipendeva dal fatto che l’uomo viveva in un’atmosfera del tutto diversa da quella odierna. Oggi viviamo in una atmosfera compenetrata di acqua soltanto quando piove molto. Allora, l’aria era continuamente pervasa da densi vapori acquei; e l’uomo, al principio del periodo atlantico, era costituito di una sostanza poco densa, press’a poco simile a quella che hanno certi animali gelatinosi che oggi vivono nel mare, e che appena si distinguono dall’acqua circostante. Così era l’uomo; egli non si densificò che gradatamente.

Sappiamo già che l’uomo di allora era sempre sottoposto a delle influenze, non solo a quelle delle superiori entità spirituali in realtà dirigenti, che abitavano sul Sole o erano distribuite sui diversi pianeti del nostro sistema solare, ma anche a quelle degli spiriti luciferici che influenzavano il suo corpo astrale.

 

Abbiamo caratterizzato la direzione in cui veniva esercitata quell’influenza; e abbiamo anche detto che le persone destinate ad essere i capi delle popolazioni atlantiche dovevano combattere l’influsso luciferico nel loro corpo astrale. Siccome a quei tempi l’uomo aveva per lo più coscienza spirituale e chiaroveggente, egli percepiva anche tutti gli influssi spirituali che vivevano in lui.

Oggi un uomo che non conosca la scienza dello spirito ride se gli si dice che nel suo corpo astrale si hanno effetti dell’attività degli spiriti luciferici. Egli non sa che così questi spiriti hanno su di lui una presa molto più forte di quanto non avrebbero se egli li riconoscesse.

«Del diavolo la gente non si accorge, nemmeno se la tiene per il collo».

Questa è una massima molto profonda nel Faust di Goethe; e molte influenze materialistiche non vi sarebbero oggi, se gli uomini sapessero che gli influssi luciferici non sono ancora tutti usciti dall’uomo.

 

A quei tempi venivano sorvegliati con severa cura, nei riguardi delle guide e dei loro discepoli, tutti gli istinti, le passioni e i desideri che potevano destare nell’uomo un interesse per il suo ambiente fisico-sensibile più profondo di quanto non convenisse per il progresso della sua evoluzione nell’universo.

Chi infatti si voleva evolvere per diventare una guida, doveva esercitare anzitutto questa autoconoscenza, ricercando severamente in se stesso tutto ciò che poteva provenire dall’influsso di Lucifero; doveva studiare a fondo le entità luciferiche nel suo proprio corpo astrale. In tal modo egli riusciva a tenersene ben alla larga e a vedere le altre entità, quelle dirigenti superiori divino-spirituali, soprattutto quelle che avevano trasferito il loro campo d’azione sul Sole o sugli altri pianeti, seconda della loro discendenza, gli uomini percepivano anzi regioni diverse.

 

Vi erano delle anime umane discese per esempio da Marte; quando queste anime si dedicavano all’evoluzione atta a combattere l’influsso luciferico nel loro corpo astrale, esse venivano condotte a un grado di chiaroveggenza superiore, ad una chiaroveggenza buona e pura, e vedevano le entità spirituali superiori del regno dal quale esse erano discese, ossia dal regno di Marte.

Le anime discese dal regno di Saturno arrivavano a vedere le entità di Saturno, quelle di Giove o di Venere vedevano le entità di Giove e di Venere. Ognuno percepiva il proprio rispettivo regno.

Ma gli uomini più evoluti, quelli che avevano superato la crisi lunare, potevano gradatamente prepararsi a vedere non soltanto gli esseri spirituali di Marte, Giove o Venere, ma anche quelli del Sole stesso, gli eccelsi spiriti solari.

 

• Per il fatto che gli esseri che venivano iniziati fossero discesi dai diversi pianeti,

potevano di nuovo percepire i mondi spirituali di quei pianeti.

• Risulta quindi comprensibile la ragione per cui nella antica Atlantide

vi fossero delle sedi, delle istituzioni, nelle quali venivano accolti per esempio gli uomini provenienti da Marte,

quando essi erano maturi per lo studio dei segreti di Marte.

• Vi erano altri luoghi dove coloro che provenivano da Venere studiavano i segreti di Venere.

• Se con una parola usata tardi vogliamo chiamarli «oracoli », troveremo nell’Atlantide

un «oracolo di Marte», dove venivano studiati i segreti di Marte,

un «oracolo di Saturno», un «oracolo di Giove», un «oracolo di Venere» e così via.

 

Il massimo era «l’oracolo del Sole»,

e l’iniziato più elevato era il più alto iniziato dell’oracolo del Sole.

 

Siccome l’uomo era suscettibile alla suggestione, ed esistevano forti influssi sulla volontà, anche tutto l’insegnamento era diverso. Cerchiamo di raffigurarci il modo in cui maestri e discepoli si intrattenevano fra di loro. Supponiamo che vi fossero dei maestri spirituali ai quali l’iniziazione era stata impartita come per atto di grazia. I loro successori, i loro discepoli, come arrivavano all’iniziazione durante il periodo atlantico?

Dobbiamo pensare anzitutto che quelli già iniziati, mediante il loro apparire, la loro semplice esistenza, esercitavano un potente influsso su coloro che erano predestinati a divenire i loro discepoli. Nessun iniziato atlantico poteva farsi vedere senza che coloro, i quali dovevano diventare discepoli, non sentissero subito vibrare nelle loro anime le corde che davano loro la possibilità di seguire quel discepolato.

 

Erano influenze che si sottraevano alla coscienza oggettiva diurna, quelle che a quei tempi passavano da uomo a uomo; né a quei tempi era necessario il metodo di insegnamento che oggi conosciamo. Tutte le relazioni col maestro, tutto ciò che egli faceva, si svolgeva in collaborazione con la facoltà imitativa dell’uomo. Molto veniva trasmesso inconsciamente dal maestro al discepolo. Perciò era di massima importanza che chi era maturato, a seguito delle circostanze precedenti della sua vita, fosse anche solo introdotto nelle sedi degli oracoli e vivesse vicino ai maestri.

Vedendo quello che facevano i maestri, e mediante l’azione di sentimenti e sensazioni, essi venivano preparati; peraltro preparati nel corso di un lungo lungo periodo di tempo. Arrivava poi il momento in cui esisteva un tale accordo armonico fra l’anima del maestro e quella dello scolaro, che tutte le conoscenze superiori possedute dal maestro fluivano nel discepolo. Così succedeva negli antichi tempi. Ma dopo che si era verificata l’unione fra il corpo eterico e il corpo fisico, che cosa avvenne?

 

Sebbene durante il periodo atlantico il corpo eterico e il corpo fisico fossero arrivati a coincidere perfettamente, pure essi non erano ancora saldamente uniti; bastava uno sforzo di volontà da parte del maestro per ottenere che, in certo qual modo, il corpo eterico si separasse. A un certo punto non fu più possibile che al momento propizio le conoscenze del maestro passassero naturalmente nello scolaro; però il maestro poteva facilmente far uscire il corpo eterico del discepolo, e allora il discepolo poteva vedere ciò che vedeva il maestro. Era cioè possibile, dato il leggero legame del corpo eterico col corpo fisico, di fare uscire il corpo eterico del discepolo, in modo che la saggezza del maestro, la sua osservazione chiaroveggente, venisse trasferita nel discepolo.

 

Poi venne la grande catastrofe che distrusse il continente atlantico.

Delle perturbazioni possenti nel campo atmosferico e acqueo, dei violenti terremoti fecero sì che a poco a poco tutto l’aspetto della Terra si modificasse.

L’Europa, l’Asia e l’Africa, che prima erano terra ferma soltanto in minima parte, emersero dalle acque; e così fu per l’America; l’Atlantide sparì. Gli uomini emigrarono verso oriente e verso occidente, e si formarono i più svariati insediamenti.

 

Ma dopo quella grande catastrofe l’umanità era più progredita;

il nesso fra corpo eterico e corpo fisico aveva subito una nuova modificazione.

• Ormai nel periodo post-atlantico

l’unione fra corpo eterico e corpo fisico dell’uomo era diventata più salda.

• Ora non era più possibile alla volontà del maestro

di fare uscire il corpo eterico del discepolo e di trasmettergli delle osservazioni.

 

Di conseguenza l’iniziazione, che conduceva alla visione del mondo spirituale, dovette assumere un’altra forma che potremo descrivere un dipresso nel modo seguente.

Al posto dell’insegnamento che si basava specialmente sulla diretta influenza animica del maestro sul discepolo, dovette subentrare a poco a poco un insegnamento che si andò lentamente avvicinando a quello che oggi conosciamo. E quanto più il periodo postatlantico andava progredendo, tanto più l’insegnamento si avvicinava a quello attuale.

Come durante il periodo atlantico vi erano stati degli «oracoli», così vennero ora organizzati dalle grandi guide dell’umanità dei luoghi che contenevano la eco degli antichi oracoli atlantici; nel periodo postatlantico sorsero così i misteri, i centri dell’iniziazione. E come durante il periodo atlantico gli uomini adatti venivano accettati negli «oracoli», così venivano ora accolti nei misteri. In questi i discepoli, poiché non si poteva più esercitare l’influenza antica, dovevano venir preparati accuratamente mediante un severo insegnamento.

 

Per lunghi periodi e presso tutte le civiltà ritroviamo quindi tali misteri. Se ritorniamo alla civiltà che conosciamo come la prima postatlantica e che si svolse nell’antica India, se esaminiamo la civiltà di Zarathustra, o quella degli Egizi, dei Caldei, troviamo sempre che i discepoli venivano accolti nei misteri, una via di mezzo fra chiesa e scuola; in questi venivano anzitutto istruiti severamente affinché imparassero a pensare e a sentire non solo quello che vi era nel mondo dei sensi, ma anche quello che accadeva nel mondo invisibile, spirituale.

Ciò che veniva insegnato può essere oggi precisato con esattezza: sono in gran parte gli insegnamenti che conosciamo ora sotto il nome di antroposofia e che appunto formavano l’oggetto dello studio nei misteri. Questi insegnamenti erano però più adatti alle usanze di quei tempi, e regolati in modo severo; non era come oggi in cui i segreti dei mondi superiori vengono liberamente comunicati, almeno in parte, con rapidità a coloro che, sotto un certo riguardo, sono per essi maturi.

L’insegnamento veniva allora regolato con severità; per esempio al primo gradino veniva comunicata soltanto una determinata quantità di conoscenze, e su tutto il resto veniva serbato completo silenzio. Soltanto dopo che il discepolo aveva elaborato le prime conoscenze gli veniva comunicato ciò che apparteneva al gradino superiore.

 

Per il fatto che il discepolo era preparato in tal modo, venivano immessi nel suo corpo astrale concetti, idee, sentimenti e sensazioni che si riferivano al mondo spirituale. Con questo mezzo egli combatteva anche, in certo modo, l’influenza di Lucifero, perché tutte le concezioni e idee derivate dalla scienza dello spirito si riferiscono ai mondi superiori, e non solo al mondo dei sensi sul quale esclusivamente Lucifero vorrebbe attirare l’interesse dell’uomo.

Dopo che l’allievo era stato così preparato, si avvicinava il momento in cui veniva condotto alla visione autonoma, in cui egli doveva guardare da sé, nel mondo spirituale. Per questo era necessario che l’uomo potesse rispecchiare nel corpo eterico tutto ciò che aveva elaborato nel suo corpo astrale, perché l’uomo arriva alla percezione nel mondo spirituale soltanto per il fatto che tutto ciò che egli ha inserito nel suo corpo astrale con lo studio, mediante determinati sentimenti e sensazioni relativi a ciò che ha imparato, venga da lui sperimentato con forza tale che non solo il corpo astrale, ma anche il corpo eterico più denso ne rimanga influenzato.

 

Se il discepolo doveva salire dallo studio alla veggenza diretta, ciò che gli era stato insegnato doveva avere delle conseguenze. Per questo, nei periodi indiano, persiano, egizio e greco, si terminava lo studio con una cerimonia finale che consisteva in quanto segue.

Il discepolo veniva anzitutto nuovamente preparato per lungo tempo, non con lo studio ma anche per mezzo della meditazione e di altri esercizi, a sviluppare fermezza, serenità e calma interiori. Egli veniva preparato a fare del suo corpo astrale un cittadino dei mondi spirituali; e poi al momento giusto, quale epilogo di quello sviluppo, veniva posto per tre giorni e mezzo in uno stato simile alla morte.

 

Mentre durante il periodo atlantico il corpo eterico era ancora così debolmente attaccato al corpo fisico da poterne facilmente esser tratto fuori, occorreva ora che l’uomo venisse immerso nei misteri in un sonno simile alla morte. Durante quel tempo egli veniva posto in una cassa simile ad una bara, oppure legato ad una specie di croce; e quello che si può chiamare iniziatore, o ierofante, aveva la capacità di esercire un’azione sul corpo astrale, e soprattutto sul corpo eterico dell’iniziando, perché durante quel processo il corpo eterico usciva dal corpo fisico.

Quello stato è diverso dal sonno. Durante il sonno il corpo fisico e il corpo eterico rimangono nel letto, fuori stanno il corpo astrale e l’io. Ora invece, durante questo atto finale dell’iniziazione, il corpo fisico rimane a giacere nel letto, mentre il corpo eterico viene semplicemente estratto per lo meno dalla maggior parte del corpo fisico. Rimangono nel corpo fisico soltanto le parti inferiori; quelle superiori vengono fatte uscire, e l’individuo è allora in uno stato simile alla morte.

 

Tutto ciò che l’iniziando aveva imparato precedentemente,

per mezzo della meditazione e degli altri esercizi,

veniva impresso nel corpo eterico durante quello stato.

In quei tre giorni e mezzo l’iniziando realmente

attraversava i mondi spirituali nei quali vi son le entità superiori.

• Dopo quei tre giorni e mezzo, chi lo aveva iniziato lo richiamava; vale a dire, aveva il potere di ridestarlo.

• Risvegliandosi, l’iniziando riportava seco la conoscenza dei mondi spirituali.

• Ora egli poteva guardare nei mondi spirituali

e diventare un annunziatore dei fatti relativi ai mondi spirituali presso i suoi simili,

non ancora sufficientemente maturi per potervi guardare direttamente.

 

Gli antichi maestri dei tempi precristiani venivano dunque iniziati nelle profondità dei misteri; ivi erano guidati per tre giorni e mezzo dallo ierofante, e diventavano testimoni viventi del fatto che vi è una vita spirituale, e che dietro al mondo fisico esiste un mondo spirituale al quale l’uomo appartiene con le sue parti costitutive superiori, e al quale deve elevarsi.

Ma l’evoluzione è ulteriormente proseguita. Il metodo di iniziazione che ora ho descritto era ancora al suo apogeo nei primi tempi dopo la catastrofe atlantica. L’unione però fra corpo fisico e corpo eterico andava facendosi sempre più stretta, e di conseguenza quel modo di procedere diventava sempre più pericoloso perché gli uomini si abituavano sempre più a vivere completamente con la loro coscienza nel mondo fisico-sensibile.

Lo scopo dell’evoluzione umana è appunto che gli uomini si abituassero a vivere con tutte le loro inclinazioni e simpatie in questo mondo fisico.

Il gran progresso dell’umanità consiste nel fatto che gli uomini abbiano realmente sviluppato questo amore per il mondo fisico.

 

Nel primo periodo della civiltà postatlantica esisteva ancora vivace il ricordo dell’esistenza di un mondo spirituale. Gli uomini si dicevano che, quali tardi discendenti, potevano ancora guardare nel mondo spirituale degli antenati. Essi avevano ancora la loro coscienza ottusa crepuscolare. Sapevano dove si trovava la verità del loro mondo, dove era la loro patria.

 

• «Quello che ci circonda durante lo stato di coscienza diurna» essi dicevano,

«è come un velo che si stende sulla verità,

è qualcosa che ci nasconde il mondo spirituale, è maya, illusione».

 

L’umanità non si abituò subito a quello che adesso percepiva; non era facile capire che era necessario perdere la coscienza dell’antico mondo spirituale. Questa è la caratteristica della prima civiltà postatlantica. Di conseguenza era anche più facile condurre quegli uomini nel mondo spirituale, poiché avevano una forte tendenza verso di esso. Naturalmente non poteva rimanere così, perché la missione terrestre consiste nel fatto che gli uomini riescano a amare le forze della terra ed a conquistare il piano fisico.

 

Guardando all’antica India, si trova una vita spirituale di grande elevatezza.

Ciò che i più antichi maestri poterono comunicare agli uomini è oggi comprensibile soltanto per mezzo di un preliminare studio della scienza dello spirito. Per ogni altra persona l’insegnamento dei grandi santi risci sembrerà una pazzia, una sciocchezza, perché non ci si può immaginare che vi sia un significato in tutto ciò che si racconta dei segreti del mondo spirituale. Dal loro punto di vista gli uomini hanno naturalmente ragione, perché dal proprio punto di vista tutti hanno sempre ragione.

La visione spirituale era straordinaria, ma mancava la capacità di servirsi degli oggetti più semplici. Si provvedeva alle proprie necessità nella maniera più primitiva. Non esisteva nessuna scienza della natura, niente di ciò che oggi si chiama con quel nome, perché in tutto quello che l’uomo poteva vedere sul piano fisico, egli scorgeva maya, la grande illusione; soltanto elevandosi verso il grande essere solare, o verso altri simili esseri, egli trovava realtà e verità. Ma così non poteva rimanere. Gli uomini dovevano imparare ad amare la Terra.

 

Nell’epoca post-atlantica dovevano esservene alcuni con la volontà di conquistare il mondo fisico. Il primo passo avvenne nel tempo di Zarathustra. Il passaggio dall’antico indiano all’antico persiano segna un grandissimo progresso. Per Zarathustra il mondo esteriore non era più soltanto maya, o illusione. Egli mostrò agli uomini che quanto ci circonda fisicamente ha un valore, ma che dietro vi si nasconde appunto l’essenza spirituale.

Mentre per la concezione di un antico indiano il fiore era maya, ed egli andava in cerca dello spirito del fiore, Zarathustra invece diceva: «Ogni cosa deve essere apprezzata, perché è parte del complessivo spirito dell’universo; la materia nasce dallo spirito».

 

Abbiamo già fatto rilevare che Zarathustra aveva indicato che il sole fisico è il campo d’azione di esseri spirituali. Ma l’iniziazione diventava difficile; e per chi voleva non soltanto ascoltare le comunicazioni degli iniziati sull’esistenza di un mondo spirituale, ma desiderava guardare di persona la grande aura solare, occorrevano norme più severe per l’iniziazione.

Anche l’intera vita umana si modificò gradatamente. Nel periodo seguente, durante la civiltà egizio-caldea, gli uomini sempre più conquistarono il mondo fisico. Ora l’uomo non si limita solamente ad una scienza puramente spirituale che indaga ciò che è nascosto dietro la materia. Egli osserva il corso delle stelle e tenta di scoprire nei loro movimenti e nelle loro posizioni, ciò che è visibile esteriormente, una scrittura degli esseri divino-spirituali. Egli riconosce la volontà degli Dei nelle scritture che conducono da un oggetto materiale all’altro, e studia in tal modo le cose nelle loro relazioni.

In Egitto vediamo sorgere una geometria che viene applicata agli oggetti esteriori.

• Così l’uomo conquista il mondo esteriore.

 

Il greco è in questo ancora più progredito;

vediamo formarsi l’unione fra ciò che l’anima sperimenta e la materia esteriore.

• Quando ci stanno dinanzi Pallade Atena o Zeus

vediamo comunicato alla materia ciò che prima viveva nell’anima umana.

• In certo qual modo è fluito dall’uomo nel mondo fisico ciò che egli si è conquistato.

 

Ma a misura che l’uomo diventava più potente nel mondo fisico,

al quale la sua anima sempre più si affezionava,

egli diveniva anche sempre più estraneo ai mondi spirituali

durante il tempo fra la morte e una nuova nascita.

 

Quando un’anima usciva dal corpo di un antico indiano ed entrava nei mondi spirituali per attraversarvi l’evoluzione fino ad una nuova nascita, la vita spirituale era ancora vivente per essa perché, durante tutta la vita, quell’uomo sentiva la nostalgia per il mondo spirituale, e tutti i suoi sentimenti erano infiammati da ciò che gli veniva annunziato sulla vita nei mondi spirituali, anche se, lui stesso non era un iniziato. Quando egli varcava la soglia della morte, si può quindi dire che il mondo spirituale gli si aprisse dinanzi, gli si palesasse chiaro e luminoso.

Ma a misura che l’uomo aumentava la simpatia per il mondo fisico, che diventava più abile per il mondo fisico, gli si oscurava corrispondentemente il periodo fra la morte e la nuova nascita.

 

Nel periodo egizio questo fatto era talmente accentuato che, per mezzo della coscienza chiaroveggente, si può constatare che l’anima penetrava nell’oscurità e nella tristezza quando dal corpo fisico passava nel mondo spirituale. L’anima si sentiva sola e come segregata dalle altre anime; provava un senso di gelo quando si sentiva sola e non trovava un mezzo per intendersi con le altre anime.

E mentre i greci vivevano in un’epoca nella quale gli uomini, per mezzo della meravigliosa bellezza esteriore della loro civiltà, avevano fatto della terra qualcosa di molto speciale, il tempo fra la morte e la nuova nascita era invece in quell’epoca per le anime della massima tristezza, oscurità e gelo.

 

Non è leggenda, ma corrisponde al vero

che il greco eminente, interrogato sul soggiorno nell’Averno, rispondeva:

«Meglio essere mendicante sulla terra, che re nel regno delle ombre!».

• Possiamo dunque dire che, con il progredire della civiltà,

gli uomini diventavano sempre più estranei al mondo spirituale.

 

• Diventavano sempre più rari gli iniziati

capaci di spingere lo sguardo nelle regioni superiori dei mondi spirituali,

perché il processo iniziatico diventava sempre più pericoloso.

• Diventava sempre più difficile rimanere tre giorni e mezzo in uno stato simile alla morte,

e ottenere il distacco del corpo eterico, senza che ne seguisse la morte.

• Per tutta la vita umana si verificò quindi un rinnovamento,

mediante l’impulso del quale parlammo già nei giorni scorsi: l’impulso-Cristo.

 

Abbiamo già detto che il Cristo, l’alto spirito solare, si era avvicinato gradatamente alla terra. Abbiamo visto che al tempo di Zarathustra era ancora necessario cercarlo sul Sole quale «Ahura Mazda», mentre Mosè lo poteva già scorgere nel roveto ardente e nel fuoco sul Sinai. Egli penetrò lentamente nella sfera terrestre che doveva rimanerne trasformata. Questo Spirito provvide anzitutto a che gli uomini la riconoscessero qui sulla terra.

Che cosa, in ultima analisi, occorreva in tutte le antiche iniziazioni?

Occorreva far uscire il corpo eterico dal corpo fisico.

 

• E anche nelle iniziazioni postatlantiche

l’uomo doveva venir portato ad un sonno simile alla morte,

vale a dire doveva esser privo di sensi per la coscienza fisica.

• In tal modo l’uomo veniva a sottoporsi al dominio dell’io di un altro.

• Questo era stato sempre necessario per l’iniziazione.

• Il suo io veniva a trovarsi completamente sotto il dominio di chi lo iniziava.

• Egli abbandonava completamente il proprio corpo fisico; non abitava più in esso

e con il suo io non esercitava più alcuna influenza sul proprio corpo fisico.

 

Ma la grande mèta dell’impulso del Cristo è invece

• che l’uomo percorra un’evoluzione dell’io,

• che possa rimanere completamente in sé,

• e non abbia bisogno, per giungere ai mondi superiori,

di immergersi in uno stato di coscienza inferiore a quello dell’io.

 

• Per ottenere questo era necessario che anzitutto qualcuno si offrisse in sacrificio

per accogliere lo spirito stesso del Cristo in un corpo umano.

 

• Abbiamo già accennato che un iniziato, preparatosi attraverso moltissime incarnazioni,

era divenuto capace, da un determinato momento della sua vita in poi,

di allontanare da sé il proprio io, e di accogliere in sé lo spirito del Cristo.

 

• Questo viene indicato nel Vangelo di Giovanni col battesimo nel Giordano.