Inizio dell’epoca di Michele

O.O. 26 – Massime antroposofiche – Lettera del 17.08.1924


 

Fino al secolo nono dopo il mistero del Golgota,

la posizione dell’uomo di fronte ai suoi pensieri fu diversa da poi.

• Egli non aveva il sentimento di essere lui stesso il generatore dei pensieri che vivevano nella sua anima.

• Li considerava ispirazioni di un mondo spirituale.

• Anche quando pensava su ciò che percepiva con i suoi sensi,

i pensieri erano per lui rivelazioni del mondo divino che gli parlava dagli oggetti sensibili.

 

Chi è dotato di veggenza spirituale comprende questo sentimento perché, quando all’anima si palesano realtà spirituali, non si ha mai il sentimento di stare dinanzi alla percezione spirituale e di formare da sé i pensieri per comprenderla; si vede invece il pensiero che è contenuto nella percezione, e che è dato nella medesima, altrettanto oggettivamente quanto la percezione stessa.

 

Col secolo nono (e si intende che queste indicazioni si riferiscono alla media di un’epoca perché il trapasso avviene del tutto gradualmente), spuntò nelle anime umane la luce dell’intelligenza personale-individuale.

L’uomo ebbe il sentimento: « Io formo i pensieri ». Questo formare i pensieri divenne l’elemento preponderante della vita animica, di modo che i pensanti scorsero l’essenza dell’anima umana nel suo comportamento intelligente.

 

Prima di allora si era avuta dell’anima una rappresentazione immaginativa. Non si vedeva la sua essenza nella capacità di formare pensieri, ma nel suo partecipare al contenuto spirituale dell’universo. Si stimava che le entità spirituali soprasensibili pensassero, che esse agissero nell’uomo e che anche pensassero in lui. Si sentiva come anima ciò che del mondo spirituale soprasensibile viveva così nell’uomo.

 

Non appena con la propria veggenza si penetra nel mondo dello spirito,

ci si accosta ad esseri, a potenze spirituali concrete.

Nelle antiche dottrine

veniva indicata col nome di Michele la potenza dalla quale fluivano i pensieri delle cose.

Questo nome può ancora venir usato.

Si può quindi dire: un tempo gli uomini ricevevano i pensieri da Michele;

Michele amministrava l’intelligenza cosmica.

 

Dal secolo nono in poi gli uomini non sentivano più che Michele ispirava i loro pensieri.

Questi erano sfuggiti alla sua signoria; cadevano dal mondo spirituale nelle singole anime umane.

La vita del pensiero venne ormai sviluppata in seno all’umanità.

 

A tutta prima si fu incerti sulla natura del pensiero, e tale incertezza viveva nelle dottrine scolastiche.

Gli scolastici si divisero in realisti e nominalisti.

 

I realisti, di cui furono a capo Tommaso d’Aquino e quelli più vicini a lui,

sentivano ancora l’antica parentela fra pensiero e oggetto.

Vedevano perciò nei pensieri una realtà che vive negli oggetti.

I realisti consideravano i pensieri dell’uomo come una realtà che dagli oggetti penetra nell’anima.

 

I nominalisti sentivano fortemente il fatto che l’anima forma i propri pensieri.

Sentivano i pensieri soltanto come un elemento soggettivo che vive nell’anima e nulla ha da fare con gli oggetti.

Credevano che i pensieri altro non fossero che nomi formati dagli uomini per gli oggetti

(allora non si parlava di « pensieri », ma di « universali », ma questo non modifica la sostanza della considerazione

fatta, perché i pensieri hanno sempre qualcosa di universale in confronto alle singole cose).

 

Si può dire che i realisti volevano rimanere fedeli a Michele; anche dopo che i pensieri erano caduti dal suo dominio in quello degli uomini, essi volevano, come pensatori, servire Michele, principe dell’intelligenza del cosmo.

I nominalisti, nella parte subcosciente della loro anima, compirono il distacco da Michele. Essi considerarono proprietario dei pensieri non Michele, ma l’uomo.

Il nominalismo guadagnò in diffusione ed influenza. Ciò potè continuare fino all’ultimo terzo del secolo diciannovesimo. In quest’epoca gli uomini esperti nella percezione degli eventi spirituali in seno all’universo, sentirono che Michele aveva seguito la corrente della vita intellettuale. Egli era alla ricerca di una nuova metamorfosi del suo compito cosmico.

 

• Prima egli (Michele) faceva fluire i pensieri dal mondo spirituale esterno nelle anime degli uomini;

dall’ultimo terzo del secolo diciannovesimo in poi,

egli vuol vivere entro le anime umane in cui i pensieri vengono formati.

• Prima, gli uomini congiunti a Michele lo vedevano svolgere la sua attività nei domini dello spirito;

ora essi riconoscono di dover lasciare che Michele dimori nel loro cuore;

ora gli consacrano la loro vita spirituale sostenuta dal pensiero;

e in libera, individuale vita di pensiero si fanno insegnare da Michele quali siano le giuste vie dell’anima.

 

Uomini che nella vita terrena precedente erano vissuti nell’essenza del pensiero ispirato, ed erano quindi ministri di Michele, ritornati sulla terra sul finire del secolo diciannovesimo, si sentirono spinti a siffatta volontaria comunità con Michele. Considerarono ormai il loro antico ispiratore di pensieri come la guida nel pensare più alto.

Chi è capace di osservare queste cose può sapere quale rivolgimento si sia operato nell’ultimo terzo del secolo diciannovesimo, riguardo alla vita di pensiero degli uomini.

 

Prima l’uomo poteva soltanto sentire come dal proprio essere si formassero i pensieri;

dall’epoca indicata in avanti, egli può elevarsi al di sopra del suo essere;

può dirigere il suo senso interiore verso le regioni dello spirito;

là gli viene incontro Michele che si mostra congiunto fin dai tempi antichi a tutta la vita del pensiero.

 

Egli libera i pensieri dal dominio della testa; apre loro le vie del cuore; proscioglie dall’anima l’entusiasmo,

in modo che l’uomo possa dedicare la propria anima a ciò che può venir sperimentato nella luce del pensiero.

L’epoca di Michele è sorta.

I cuori cominciano ad avere dei pensieri;

l’entusiasmo non fluisce più soltanto da oscurità mistiche,bensì da chiarezza d’anima sostenuta dal pensiero.

Comprendere ciò vuol dire accogliere Michele nel proprio intimo.

 

• I pensieri che oggi tendono ad afferrare la spiritualità

devono germogliare da cuori che battono per Michele,

riconoscendolo nell’universo come il fiammeggiante principe del pensiero.