Introduzione


 

L’espressione «l’eterico»

viene usata in questo contesto quale designazione di un ambito della realtà,

come le denominazioni «il fisico», «l’animico», «lo spirituale»,

indicano a loro volta le regioni della realtà corrispondenti.

 

L’eterico è collocato tra il fisico e l’animico.

In tutti i tempi sono sempre stati distinti quattro regni naturali:

• il regno minerale,   • il regno vegetale,   • il regno animale   • e quello umano.

 

In ciascuno affiora in modo caratteristico e costitutivo un determinato principio:

• nel minerale, il principio fisicoinorganico;

• nel vegetale, la vita;

• nel regno animale, l’animico;

• nell’uomo, lo spirituale.

 

La «vita» è la regione dell’ETERICO;

esso è il FONDAMENTO delle manifestazioni viventi nella pianta, animale e uomo.

 

• Ci si può fare un’immagine complessiva di ciò che è l’ambito eterico

se si prende in considerazione il passaggio di un organismo vivente alla condizione di morte;

osservando cioè il cadavere, cercando di cogliere cosa è andato perduto, cosa non è più presente nell’organismo morto.

Il cadavere è privo di funzioni vitali, quali la respirazione, la circolazione, la nutrizione, la crescita ecc.;

non edifica più alcuna sostanza propria, non può preservare la sua forma e quindi si decompone.

 

Dalla vita si estrinsecano tre azioni:

• la configurazione della forma dell’organismo,

• la sua sostanzialità specifica

• e le effettive attività vitali.

 

Formavitasostanza di un essere vivente sono manifestazioni dell’eterico.

La scienza moderna non conosce le leggi e le forze del vivente.

Certo conosce assai bene le sue esternazioni.

Prende il fenomeno della vita così com’è,

interviene su di essa, senza però comprenderla o poterne seguire gli svolgimenti.

 

Il grande anatomista di Gottinga prof. Erich Blechschmidt, che ha indagato e descritto dettagliatamente le forze formatrici nell’embrione umano, nel suo libro Vom Eizum Embryo scrive:

• «Quando nella biologia parliamo di processi organici, di processi viventi, si presuppone implicita l’idea della vita. Questo concetto fondamentale, in modo simile all’idea dello spazio e del tempo, non è il risultato della nostra tecnica moderna. Ciò che chiamiamo «vita» non è una scoperta dei biologi. Il pensiero che esista la vita è tuttavia uno dei presupposti più fecondi dell’odierna biologia».

 

L’idea della vita è consapevolmente presupposta;

in altre parole non si può indicare positivamente ciò che agisce nelle funzioni vitali e nel divenire organico.

Perché questo? Perché la vita è una realtà soprasensibile.

La nostra condizione attuale è di poter percepire solo mediante i sensi corporei,

e abbiamo un’immagine del mondo derivata da questo modo di percepire.

I nostri sensi, di cui la natura ci ha provvisti,

possono percepire solo quanto è inorganico, morto, meccanico.

 

Solo quando il ricercatore si conquista conoscenze più elevate, sviluppando organi di percezione animici, è in grado di percepire il soprasensibile e, ad esempio, di contemplare in modo diretto l’eterico. In ogni epoca ci sono stati uomini con queste facoltà. All’inizio del nostro secolo Rudolf Steiner ha accennato a tali cose.

I sensi dell’uomo si comportano secondo la loro natura. Ma per il modo in cui essi si estrinsecano non si potrà mai percepire altro se non quanto è meccanico. Se si vuole pervenire a ulteriori conoscenze bisogna da se stessi dare conformazione alle forze organiche situate più in profondità rispetto a quelle dei sensi di cui la natura ci ha dotato. Le forze di conoscenza per quanto è meccanico sono deste da se stesse, quelle per forme di realtà più elevate devono invece essere destate.

 

Rudolf Steiner ha esposto in molte conferenze pubbliche e in diverse sue opere i metodi che consentono di sviluppare capacità di percezione soprasensibile. Si tratta di metodi meticolosi e del tutto scientifici di cui ognuno può disporre; cosicché ciascuno si può convincere delle realtà spirituali per visione diretta. Sulla via di perfezionamento antroposofica questi gradi più elevati della conoscenza sono chiamati: immaginazione, ispirazione e intuizione.

Nell’odierna vita culturale non si può fare assegnamento su queste facoltà soprasensibili. La loro esistenza e le vie per ottenerle sono diffusamente poco conosciute. La scienza attuale non le conosce e non le impiega.

 

Si deve dunque rinunciare nella scienza alla conoscenza della vita?

È un problema molto serio.

Il percepire mediante i sensi è forse l’unico modo attraverso cui possiamo sperimentare la realtà?

Ecco sorgere la domanda sull’essenza della conoscenza.

Ciò ci spinge a indagare la comune conoscenza e i processi che la generano.

 

L’osservazione tramite i sensi corporei, e il pensare, sono gli unici strumenti conoscitivi della scienza. I nostri sensi ci danno un’immagine percettiva del mondo, ma questa da sola è una conoscenza incompleta. Perché si giunga alla completezza deve ancora aggiungersi alla percezione il corrispondente concetto tramite il pensare.

Quando dico: «questo dinnanzi a me è un melo», in tale giudizio confluiscono due elementi: la percezione dell’albero mediante i sensi, e il concetto di melo attraverso l’attività del pensare.

 

Oggi sperimentiamo la realtà tramite percezione e pensiero.

Quando si presenta una nuova realtà, una nuova percezione, si deve creare, escogitare il concetto corrispondente. Una volta verificatosi ciò la nuova realtà è conosciuta e d’ora in poi fa parte della scienza.

Si pensi alla scoperta della legge del pendolo avvenuta con Galilei nel duomo di Pisa. Molti hanno visto una lampada oscillare nel duomo, Galilei ha trovato il corrispettivo ideale a quella percezione, e da allora tale legge è diventata fondamento della meccanica. Ognuno che sia in grado di pensare la può impiegare.

 

Un altro esempio: i concetti matematici sono idee prodotte autonomamente dall’uomo e che in un primo momento sono presenti solo nel pensare. Nel mondo esse sono invece principi di azione. Keplero ha prima di tutto concepito nel pensiero la legge delle orbite ellittiche, e poi ha scoperto che i pianeti realizzano questo principio.

 

Kant era dell’opinione che l’uomo aggiunga in modo nominalistico concetti e idee alla realtà del mondo.

Goethe e Rudolf Steiner hanno invece dimostrato che le idee sono a fondamento di questo mondo.

Il compito della scienza è di afferrare coscientemente l’idea nella realtà.

Affinché un fatto sia riconoscibile come realtà sono necessarie percezione e pensiero.

Ciò vale sia per la conoscenza sensibile, sia per quella soprasensibile.

 

Un fatto che è stato percepito, e al quale si è unito il concetto corrispondente, è diventato realtà conoscitiva, e come tale si inserisce nella scienza. Nella sua formulazione concettuale è diventata patrimonio comune nel sapere degli uomini. Chiunque può impiegarla in modo appropriato senza più aver bisogno della percezione che le corrisponde.

Gran parte del nostro sapere consiste di tali concetti, per i quali ci mancano le corrispettive percezioni.

 

Ciascuno parla del Polo Nord come una realtà senza averlo mai visto; oppure sa che un atomo è formato da protoni, elettroni e neutroni. Viviamo con questi concetti, che per noi sono realtà, sulla cui base fondiamo i nostri giudizi e il nostro comportamento. Cosa ci dà garanzia della loro verità? È la convinzione che qualcuno le abbia percepite in modo giusto e vi abbia unito il giusto concetto. Alcuni colleghi scienziati esprimono un giudizio sulla scientificità di un ricercatore facendolo apparire degno di fiducia.

 

Un ricercatore spirituale come Rudolf Steiner non ha inizialmente dei colleghi che, partendo dalla conoscenza e dalla competenza, possano giudicare l’esattezza dei fatti da lui comunicati.

La scientificità di Rudolf Steiner, e la fiducia che si merita, risultano dai suoi scritti; in primo luogo dalle opere fondamentali filosofiche, ma soprattutto dalle conferme che la vita porta incontro quando si vogliono verificare le sue idee scientifico-spirituali nella vita stessa.

Le comunicazioni scientifico-spirituali di Rudolf Steiner riguardo al mondo spirituale e ai fatti soprasensibili sono configurate in idee tali da poter essere accolte nel patrimonio ideale e concettuale della scienza. Sebbene solo in pochi casi sia possibile congiungere ad esse le percezioni soprasensibili corrispondenti, c’è tuttavia un’altra strada per comprendere queste indicazioni e connetterle con una manifestazione.

 

L’essenzialità spirituale reale ha infatti la proprietà di manifestarsi, in un modo o nell’altro,

come «fenomeno» entro il mondo sensibile.

Si può fare il paragone con l’esperienza di un sentimento, l’ira, o la timidezza;

essendo fenomeni psichici non sono direttamente percepibili, ma si rivelano nella mimica, nella colorazione del viso ecc.

 

In modo analogo, anche l’essenzialità eterica si rivela in manifestazioni sensibili.

Il nostro compito consiste nell’individuare quali fenomeni nel mondo percepibile

sono una manifestazione dell’eterico.

Essere e manifestazione sono le categorie guida delle nostre indagini.

Manifestazione è ciò che percepiamo coi sensi corporei; il pensare coglie l’essere come idea.