«Io sono l’Alfa e l’Omega»

O.O. 346 – Apocalisse ed agire sacerdotale – 07.09.24


 

La frase “Io sono l’Alfa e l’Omega” (Apocalisse, 1,8), si capisce soltanto

se si sa che il suono A – alfa – in tempi antichi

non era quella parte della parola astratta, selettiva e senza alcuna importanza, come ora viene percepita,

bensì era davvero importante per il fatto di portare una denominazione.

 

L’umanità ha curato, in una maniera degna di nota, i suoni della lingua che dischiudono di fatto un così grande mistero. L’umanità ha trattato i suoni della lingua, come un poliziotto tratta un delinquente. Ha numerato i suoni della lingua come numeriamo i delinquenti quando vanno in cella. E come hanno perso i loro nomi e hanno ricevuto dei numeri, così, attraverso la numerazione hanno perduto soprattutto il loro essere. Ciò è stato detto in immagine, ma è una pura verità.

 

Retrocedendo al periodo romano-latino in cui si sono numerati i suoni, troviamo nell’umanità una piena coscienza – ed è il caso soprattutto nell’ebraico – del fatto che il suono può portare un nome in pieno diritto, che gli si può dire: Alfa – oppure Alef in ebraico – perché è un essere, perché è un qualcosa di divino, un essere sovrasensibile.

Osservando questo primo suono del cosiddetto alfabeto, dobbiamo percorrere una specie di sviluppo spirituale del concetto, se vogliamo giungere a ciò che è propriamente l’Alfa.

 

Sapete, l’Antroposofia va indietro, nella rappresentazione dell’evoluzione dallo stato terrestre agli stati della Luna, del Sole, fino allo stato di Saturno e tenta di trarre all’interno delle considerazioni dell’evoluzione del mondo, ciò che è in rapporto con l’evoluzione dell’uomo. In effetti sull’antico Saturno troviamo il primo germe umano cosmico, che è poi divenuto l’attuale corpo fisico dell’uomo dopo numerose trasformazioni attraverso gli stati di Sole, Luna e Terra.

L’uomo era presente già sull’antico Saturno, nel primo stato germinale.

 

Per chi, con grande serietà, vuole scorgere la verità in questo campo, è forse di grande importanza il porsi per una volta la domanda: Com’era la vita di questo germe umano sull’antico Saturno?

La vita sull’antico Saturno scorreva in stati di calore. L’uomo accoglieva in sé differenze di caldo e di freddo.

L’uomo viveva in condizioni che molto gli dicevano sui rapporti di calore del cosmo, che gli dicevano molto sullo spirituale che però gli schiudevano soltanto in un certo ambito, questo spirituale, cioè in quello che agiva in differenza di caldo e freddo.

 

Proseguendo dall’antico Saturno all’antico Sole, troviamo che ora l’uomo viveva all’interno del suo corpo fisico, in modo tale che questo fosse differenziato soltanto in calore e aria e in modo tale da possedere un organismo costituito dall’elemento di aria e dall’etere di calore. Qui nell’uomo abbiamo già una differenziazione. L’uomo diviene interiormente più ricco. Non percepisce soltanto differenze di calore nel modo in cui viveva durante lo stato di Saturno della Terra, bensì affiora in lui qualcosa che si può chiamare interiorità.

 

L’uomo sul Sole percepisce cos’è il calore, ma percepisce anche in sé un ritmo interiore di respiro

che esprime nuovamente i segreti del cosmo, che è un’immagine speculare dei segreti del cosmo.

 

Dobbiamo solo osservare come l’essere umano diviene più ricco, mentre si sviluppa nel tempo, dallo stato di Saturno a quello solare della Terra, e di nuovo diviene ancora più ricco sviluppandosi dallo stato solare a quello lunare, e da quello lunare al quello terrestre. E questi diverrà ancora più ricco, quando si continuerà a sviluppare attraverso gli stati planetari futuri passando per Giove e, più avanti, fino a Vulcano.

Domandiamoci: Come era il rapporto dell’uomo con il mondo sull’antico Saturno?

 

Il rapporto dell’uomo con il mondo sull’antico Saturno era tale, che egli percepiva molto in maniera infinitamente quantitativa le differenze di calore, ma ancora poco qualitativamente. Vi era ancora poco mondo nell’uomo. L’uomo era presente come uomo, ma egli era soltanto uomo, non vi era ancora molto del mondo in lui.

Passando attraverso Sole, Luna, Terra fino a Giove, la sua interiorità si riempirà sempre più del mondo.

La sua vita nel mondo diverrà sempre più ricca. Qui, sulla Terra, ne abbiamo già una grande parte in noi.

 

E quando la Terra raggiungerà lo stadio in cui scomparirà,

l’uomo, porterà in sé, rielaborata in immagini terrestri, una grande parte del Macrocosmo.

Una parte del cosmo la portiamo già in noi, ma con la conoscenza abituale non se ne sa nulla.

• Tanto più l’uomo progredisce in immaginazione, ispirazione, intuizione,

tanto più la sua interiorità nell’animico diviene più grande.

 

Ma che cos’è l’occhio dell’uomo, come esso viene conosciuto dalla coscienza abituale!

Ma in ogni suo particolare quest’occhio umano è un cosmo, grande e potente come il macrocosmo.

Ogni singolo organo umano, si rivela meravigliosamente già nel corpo fisico come un mondo a sé.

Così l’uomo guardando attorno a sè come iniziato, vede un mondo,

un mondo giù con gli elementi e sopra con le stelle, il Sole, e la Luna.

 

Vede in sé stesso che ogni organo, occhio, orecchio, polmone, fegato è un mondo a sé;

che questo corpo fisico umano è una grandiosa azione reciproca di mondi,

mondi che sono ultimati, mondi che sono in germe, mondi sensibili,

sovrasensibili a metà, mondi totalmente sovrasensibili.

Proseguendo nell’evoluzione l’uomo porta realmente in sé sempre più mondi.

 

Possiamo così distinguere l’uomo all’inizio dell’antica evoluzione di Saturno in cui era proprio al principio dell’essere uomo e che non portava ancora alcun mondo in sé. La prima cosa che egli ha ricevuto durante l’antica evoluzione di Saturno fu la percezione di essere corpo di calore, di percepire il perimetro di questo corpo di calore. Possiamo così dire schematicamente: L’uomo, sull’antico Saturno, percepiva sé stesso come calore, ma con il passare del tempo, dopo avere sentito sé stesso come una specie di mollusco di calore, percepì un qualcosa di simile ad un agglomerato di calore, poi qualcosa di simile alla pelle esterna, una pelle di calore, qualcosa come una copertura più fredda del calore che era in lui. Sentiva l’interiorità più calda, in una molteplice differenziazione, all’esterno percepiva il calore con un’intensità minima rispetto la pelle di calore.

 

Oggi ci esprimiamo nella nostra lingua, ma la nostra lingua possiede qualcosa di astratto, ed andando a ritroso nei periodi passati fino all’antico Saturno, essa, di fronte alla nostra anima, non produce l’incantesimo della grandiosità di una simile immagine. Ma coloro che vengono anche solo un po’ toccati da questa visione, vengono di conseguenza toccati dalla sacra soggezione in cui questa cosa veniva vista, negli antichi misteri. Ancora nei miseri ctonici dell’antica Grecia si parlava di queste cose in modo da conoscere, in un certo senso, l’uomo di Saturno, che non aveva ancora una pelle di calore e si sapeva che questo uomo di Saturno, per prima cosa, ricevette dal mondo circostante la pelle di calore che, nella sua configurazione, imitava il mondo. Fu la prima cosa che l’uomo ricevette dal mondo.

 

Come si considerava allora, ciò che l’uomo viveva in sé, quando ancora era un uomo di calore? Egli viveva in sé stupore puro per il mondo. Se si deve esprimere ciò che viveva, ciò era puro stupore. Perché il calore non si può intendere altrimenti che come puro stupore. Esteriormente è calore, interiormente viene percepito come puro stupore. Solo perché l’uomo è divenuto così infinitamente imbranato nei suoi concetti, parla dell’inspiegabilità della “cosa in sé”, come il vecchio Kant. La “cosa in sé” del calore è lo stupore; e l’uomo, come uomo di Saturno, era tanto stupore quanto egli era calore. Egli viveva nello stupore, nella meraviglia per la propria esistenza, perché, per prima cosa, giunse a questa esistenza.

 

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Questo è l’Alfa: L’uomo di calore che viveva nello stupore, l’uomo di Saturno.

 

E la prima cosa che l’uomo percepì come mondo, come contenitore del mondo, la pelle, è la Beta, la casa dell’uomo.

L’uomo nella sua casa, nel suo tempio.

E la casa fu la prima cosa che l’uomo ricevette dal mondo: la pelle, la Beta.

E proseguendo nell’alfabeto percorriamo, con ciò, il mondo.

 

Accogliendo l’uomo, progressivamente, tutto ciò che è il mondo ed unendolo al suo intero essere,

fino che avrà unito a sè su Vulcano, il mondo in tutta la sua estensione,

di questo grande universo egli poi sarà ciò che era al principio dell’evoluzione di Saturno, ed il mondo intero.

 

Egli sarà il suo Alfa ed Omega, l’uomo che unisce in sé tutto ciò che è il mondo.

• Con l’espressione “Io sono l’Alfa e l’Omega” dell’Apocalisse di Giovanni

abbiamo caratterizzato ciò che l’uomo sarà alla fine dell’evoluzione di Vulcano.

• Alla fine dell’evoluzione di Vulcano anche l’uomo potrà dire: Io sono l’Alfa e l’Omega.

 

Guardiamo a ciò che abbiamo rappresentato come inizio, centro e fine dell’evoluzione dell’umanità,

in relazione al mistero del Golgota.

Troviamo quell’essere che si incorporò in Gesù attraverso il mistero del Golgota,

circa nel mezzo dell’evoluzione umana,

in un punto dell’evoluzione cosmica a cui l’uomo perverrà alla fine dell’evoluzione di Vulcano.

• Qui abbiamo presente quell’essere come Divinità

che l’uomo, in quanto uomo, sarà alla fine dell’evoluzione di Vulcano.

 

In che consiste l’essere Dio, in rapporto all’essere uomo?

Consiste nel fatto che, nella progressione temporale, il Dio è prima ciò che l’uomo sarà poi.

Non dite che con ciò l’uomo è divenuto uomo o si è fatto uomo. Non è così.

 

Infatti per l’osservazione sovrasensibile il tempo – se posso avvalermi di un’espressione paradossale –

è una realtà contemporanea.

Però, la distanza fra l’uomo e Dio, appare in ciò che accadde al tempo del mistero del Golgota.

• Nel voler considerare questi rapporti,

non è lecito porre in relazione l’uno con l’altro, periodi diversi ed esseri differenti, di tempi diversi.