Ispirazione e intuizione

O.O. 227 – Conoscenza iniziatica – 20.08.1923


 

Sommario: Il mondo vivente dei pensieri. L’aura dei colori. La coscienza vuota. La calma interiore. L’udire negativo. Il dolore cosmico. Il mondo astrale. Aumento della capacità di amore e l’intuizione. Pensare attivo e pensiero a ritroso. L’esperienza di esseri spirituali. Scienza iniziatica di oggi e di un tempo. Dallo spirito alla natura e dalla natura allo spirito.

 

Immaginiamo di nuovo a dove conduce la nuova iniziazione,

dopo che i primi passi verso la conoscenza immaginativa hanno avuto un risultato.

 

L’uomo arriva a tanto che il suo precedente mondo astratto di pensieri puramente ideali viene pervaso di interiore vitalità. Di conseguenza non gli stanno più di fronte i pensieri inanimati che vengono acquistati nella conoscenza passiva, ma un mondo interiore vitale di forza che egli sente, come di solito si sente attraversare dalla pulsazione del proprio sangue o pervadere dal proprio respiro. L’elemento ideale del pensiero si trasforma in una realtà che viene sperimentata interiormente. Allora anche le immagini, che erano prima i pensieri, non sono più astratte, non più come ombre, non più semplici proiezioni del mondo esteriore, ma sono interiormente riempite di esistenza vivente. Sono vere immaginazioni che, come già ho accennato, si sperimentano in due dimensioni; ma non come se ci si trovasse di fronte a un’immagine dipinta nel mondo fisico (chi sperimenta in tal modo sperimenta visioni, non immaginazioni) ma come se col proprio essere, il quale ha pure perduto la terza dimensione, ci si muovesse dentro l’immaginazione stessa. Si vede dunque ciò che ivi si sperimenta, non come Io si vede nel mondo fisico. Tutto quanto ancora si mostra come nel mondo fisico è visione.

Vera conoscenza superiore vi è soltanto, quando l’immaginazione viene sperimentata in modo che per esempio in essa non si vedano i colori come nel mondo fisico, ma si sperimentino i colori. Come si sperimentano i colori? Quando nel mondo fisico si percepiscono i colori, si hanno esperienze diverse a seconda dei diversi colori. Percepiamo il rosso come qualcosa che ci assale, che vuol scagliarsi su di noi. Il toro si difende dal rosso che lo aggredisce e che viene sperimentato dal toro molto più fortemente di quanto non lo sperimenti l’uomo, per il quale ogni impressione è indebolita.

 

Quando sperimentiamo il verde abbiamo in noi qualcosa di equilibrato: nessun dolore, ma anche nessuna esperienza che prometta speciale piacere. Se sperimentiamo l’azzurro, abbiamo una sensazione di devozione, di umiltà. Ci si può compenetrare bene di queste diverse esperienze che si hanno nel mondo fisico dei colori, e si può allora riconoscere, quando qualcosa ci muove incontro in modo aggressivo nel mondo spirituale come il rosso lo è nel mondo fisico, che ciò corrisponde al colore rosso. Quando qualcosa ci muove incontro disponendoci all’umiltà, abbiamo un’esperienza uguale a quella nel mondo fisico del colore azzurro o azzurro-violetto, e si può allora dire riassumendo, che si è sperimentato il rosso, o l’azzurro nel mondo spirituale. Altrimenti, se si volesse parlare esattamente, si dovrebbe sempre dire che si è , sperimentato qualcosa di analogo a ciò che si sperimenta nel mondo fisico quando si guarda il rosso o l’azzurro. Per evitare questo giro di parole, si abbrevia e si dice che si ha una visione aurica che si differenzia in rosso, verde, azzurro e così via.

 

In proposito occorre sempre osservare che questo passaggio nel soprasensibile, questa eliminazione di ogni fisicità, che è nondimeno uno sperimentare concreto, vi è sempre. Appunto in questo sperimentare concreto si sente quello che ho descritto: come se il pensare fosse un organo tattile che riempie l’intero organismo umano, in modo da sentirsi spiritualmente come in atto di tastare un mondo nuovo che sorge, che veramente non è ancora il vero mondo spirituale, ma quello che potrei chiamare il mondo delle forze formatrici, il mondo eterico. Chi vuole veramente conoscere l’etere, deve concepirlo in questo modo. Ogni speculazione sull’etere, ogni riflessione concettuale non conduce alla vera conoscenza dell’etere. In questo pensare, che per così dire si avvera, viviamo ormai noi stessi con le nostre forze formative, col corpo eterico. Si vive però in un modo diverso da come finora si era vissuti nel mondo fisico. Esprimerò con un paragone come si vive nel mondo eterico. Se consideriamo un dito del nostro organismo, esso è una sua parte vivente. Tagliandolo, esso non è più quello che era, muore, non vive più.

 

Se il dito avesse una coscienza direbbe: io sono soltanto qualcosa nell’organismo, non sono un’entità indipendente.

E così appunto si deve dire nel momento in cui si sta in quel mondo con la conoscenza immaginativa. Ivi non ci si sente più come un essere distaccato, individualizzato, ma come una parte dell’intero mondo eterico, dell’intero cosmo eterico; dopo si sa che si è arrivati all’individualità, alla personalità, soltanto per il fatto di avere un corpo fisico. Il corpo fisico individualizza. Il corpo fisico è ciò che fa di noi degli esseri separati.

Vedremo in seguito che anche nel mondo spirituale potremo essere individualizzati, ma ne parleremo più tardi. Salendo come ho descritto nel mondo spirituale, ci si deve assolutamente sentire come una parte del cosmo eterico, e se nei riguardi del corpo eterico si venisse distaccati dall’etere cosmico, si morirebbe etericamente. È molto importante comprenderlo, perché poi si possa ben intendere ciò che verrà in seguito detto del passaggio dell’uomo attraverso le porte della morte.

 

Questa esperienza immaginativa, che diventa un quadro panoramico della vita estesa sull’intera vita trascorsa dalla nascita fino al momento attuale di esistenza terrena, questo intero sperimentare nell’eterico, è accompagnato da un fortissimo sentimento di felicità. Questa è la prima esperienza superiore molto piacevole per l’uomo, questa corrente di sentimento interiore di felicità che pervade l’intero mondo immaginativo.

 

Come già ho accennato, si deve poi far sparire di nuovo volontariamente dalla propria coscienza l’immaginazione panoramica della propria vita che si è conseguita. Si deve lasciare che la coscienza diventi vuota, e soltanto quando si ha la coscienza vuota si capisce come le cose si comportino veramente nel mondo spirituale. Allora infatti si sa che tutto ciò che prima si vedeva non era ancora il mondo spirituale, ma solo un quadro immaginativo del mondo spirituale. Ora soltanto, quando si è arrivati al gradino di avere la coscienza vuota, come il mondo fisico fluisce a noi attraverso i sensi, così il mondo spirituale fluisce in noi attraverso il pensiero tastante. Cominciamo ora soltanto ad acquistare una vera esperienza, una vera percezione del mondo spirituale esterno. Nel nostro quadro della vita avevamo soltanto il nostro mondo interiore. La conoscenza immaginativa dà solo il mondo interiore che per la conoscenza superiore si caratterizza però come un mondo d’immagini. La conoscenza immaginativa dà le immagini del cosmo. Il cosmo stesso e il nostro vero essere, quale era prima della nascita, prima dell’esistenza terrestre, sorgono solo con l’ispirazione, quando il mondo spirituale fluisce in noi dal di fuori. Se però arriviamo a stabilire la coscienza vuota, la nostra anima è dapprima riempita soltanto dall’esser svegli, e in questo semplice essere svegli dobbiamo poter arrivare a ima certa calma, a un riposo interiore. Lo posso soltanto caratterizzare nel modo seguente.

 

Immaginiamo di essere in una città molto rumorosa. Udiamo attorno a noi il suo frastuono. Ci diciamo che è terribile sentirlo risuonare da tutte le parti. Pensiamo che si tratti di una grande città moderna: Londra per esempio. Immaginiamo poi di lasciare la città. Man mano che a passo a passo ce ne allontaniamo, tutto si va sempre più acquietando nel silenzio; penetriamoci bene di questa graduale diminuzione del suono; tutto diventa sempre più silenzioso. Alla fine arriviamo per esempio in un bosco, dove regna la massima quiete, dove non udiamo più nulla, dove tutto tace intorno a noi. Siamo ormai arrivati in certo qual modo al punto zero dell’udibile.

Ma la cosa può andare più oltre, e adoprerò ora un paragone un po’ grossolano per mostrare questo ulteriore processo. Supponiamo di aver del denaro nel borsellino, e di spenderlo ogni giorno un poco. Il denaro va sempre più diminuendo, come l’udibile va sempre più diminuendo quando abbandoniamo la città. Arriva alla fine il giorno in cui, se non riscuotiamo nulla, non vi è più niente nel borsellino. Possiamo paragonare questo niente con il silenzio di prima. Che facciamo ora se vogliamo continuare a mangiare? Facciamo debiti. Non intendo certo consigliarlo, ma lo faccio come esempio. Quanto abbiamo allora nel portamonete? Meno di zero; e quanti più debiti faremo tanto meno avremo di zero.

 

Immaginiamo ora che lo stesso si verifichi per il silenzio. Non vi sarebbe soltanto quiete assoluta, il punto zero del silenzio, ma vi sarebbe di più, vi sarebbe il negativo dell’udito, si verificherebbe una quiete maggiore della quiete, più silenziosa del silenzio. Questo deve succedere in effetti se, come ho detto, per mezzo di una forza intensificata si è arrivati a stabilire la calma e il silenzio interiori.

Quando però siamo arrivati a questa negatività interiore dell’udibile, a una calma che è più grande del punto zero della calma, siamo nel mondo spirituale in modo che non soltanto lo vediamo, ma che esso risuona per noi. Allora ciò che prima era stato veduto, grazie al suono diviene un mondo più vivente. Ci troviamo ora nel vero mondo spirituale. Durante quegli attimi siamo in certo qual modo passati ora all’altra sponda dell’esistenza; al di là di questa sponda sparisce l’ordinario mondo dei sensi: ci troviamo nel mondo spirituale.

 

Come dirò più avanti, dobbiamo però essere ben preparati per poter in qualsiasi momento tornare di nuovo indietro. Ma ora succede ancora qualcosa. Si presenta un’esperienza che l’uomo prima non ha mai potuto fare. Quello che ho descritto come un sentimento vasto, direi cosmico di gioia, interiormente del tutto sperimentato, si trasforma nell’attimo in cui stabiliamo la coscienza vuota con la calma, in un dolore animico altrettanto vasto, in una sofferenza animica altrettanto generale. Facciamo l’esperienza che il mondo è edificato sulla base del dolore cosmico, e di un elemento cosmico che può essere sperimentato dall’uomo solo nel dolore. Impariamo profondamente a conoscere la verità che con tanta facilità è disprezzata dall’umanità che è alla ricerca soltanto del piacere esteriore: impariamo cioè che ogni esistenza deve in ultimo essere nata dal dolore. Se siamo penetrati in questo modo fino all’esperienza cosmica .del dolore nella conoscenza iniziatica, possiamo dire quanto segue, per virtù di vero sapere interiore.

 

Consideriamo il nostro occhio: esso ci rivela nel mondo fisico la bellezza di questo mondo, ci procura in generale i nove decimi del contenuto della nostra vita per l’esistenza terrestre fra nascita e morte, ed è posto in una infossatura del corpo che in origine, nel suo divenire, rappresenta realmente una lesione del corpo stesso. Quel che oggi può verificarsi soltanto creando nel corpo delle infossature per mezzo di ferite ha determinato le incavature. La storia esteriore della evoluzione si rappresenta in modo troppo neutrale, troppo indifferente, ciò che ha determinato l’orbita dell’occhio. In essa poi dal di fuori (e ce lo mostra anche la storia fisica dell’evoluzione) venne compresso il globo oculare. Le cavità degli occhi si formarono al tempo in cui l’uomo era ancora un essere incosciente, attraverso un processo che, se fosse affiorato alla coscienza, sarebbe stato sentito come una lesione dell’organismo. Così però l’intero organismo umano si formò da un elemento che, se venisse sperimentato dalla coscienza che l’uomo oggi possiede, sarebbe una esperienza di dolore. Si sente appunto profondamente a questo gradino della conoscenza come ogni piacere, ogni felicità, ogni beatitudine nel mondo scaturisca dal terreno dell’elemento dolore, come la pianta scaturisce dal suolo della terra, che veramente significa sempre dolore.

 

Se come uomini si potesse per un attimo essere trasformati nella sostanza del suolo terrestre, pur conservando la nostra coscienza, ne risulterebbe un’infinita intensificazione del nostro sentimento di dolore. Le persone superficiali, quando si comunica loro questo fatto che si manifesta dal mondo spirituale, dicono: io pensavo la divinità diversa; pensavo che la divinità fosse tanto potente da poter far scaturire tutto dal piacere, come noi uomini desideriamo. Tali persone sono simili a quel re di Spagna il quale, davanti a un’immagine plastica dell’universo, del cammino delle stelle, dovette fare un grande sforzo per capire tutti quei movimenti, senza però riuscirvi, ed esclamò: se Iddio mi avesse dato l’incarico, avrei fatto il mondo più Semplice.

Questo è in fondo il sentimento che molta gente ha della conoscenza e della religione: se Dio avesse lasciato a loro di creare il mondo, lo avrebbero fatto più semplice. Costoro non sanno appunto quanto siano ingenue le loro parole.

 

Una vera scienza iniziatica non può però condurre semplicemente a ciò che rende gli uomini felici, ma deve condurli a comprendere realmente il loro essere e la loro destinazione nel procedere del mondo nel passato, nel presente e nel futuro. Per questo occorrono fatti spirituali, e non un semplice contenuto che a priori ci soddisfi. Ma in ultimo (e anche queste conferenze ce Io devono presentare) proprio attraverso l’esperienza di questi fatti, anche con la loro semplice conoscenza concettuale, si potrà accogliere per la vita terrestre una buona parte di soddisfazione interiore. Sì, se ne potrà ricavare ciò che occorre all’uomo per la vita terrestre per essere un uomo completo, come gli occorrono le sue singole membra fisiche per essere un uomo completo.

 

Il mondo in cui ci si trova, quando si è arrivati, al di là dell’immaginazione, nella calma dell’esistenza, dalla quale, come ho già accennato, il mondo spirituale si manifesta risuonante e irradiante in colori, è essenzialmente diverso da quello che percepiamo coi sensi. Familiarizzandosi con quel mondo (e ci si deve familiarizzare col mondo spirituale se esso deve esistere per noi), si osserva che tutte le cose e tutti i processi sensibili fisici provengono in realtà dal mondo spirituale. In quanto uomini terrestri, vediamo veramente soltanto una metà del mondo; l’altra si nasconde, ci rimane occulta. Per così dire essa si rivela come spirituale da tutti gli spiragli, da ogni evento del mondo fisico sensibile, e anzitutto nelle immagini dell’immaginazione; poi in ciò che essa stessa può dare creativamente nell’ispirazione.

Col mondo dell’ispirazione ci si può familiarizzare, e vi si trova allora appunto l’origine di tutte le cose terrestri, di tutte le creazioni terrestri. Come già ho accennato, si trova in esso la propria esistenza preterrestre. Secondo un antico uso, ho chiamato mondo astrale (il nome non ha importanza, ma occorre pure dargli un nome) il mondo che sta dunque al di là di quello immaginativo. Ciò che da quel mondo portiamo in noi stessi, che già portiamo con noi nel corpo fisico e in quello eterico, conformemente a quel mondo si può chiamare corpo astrale dell’uomo. In esso è in certo qual modo racchiusa la vera organizzazione dell’io. Così l’uomo si palesa alla conoscenza superiore come un essere quadruplice, costituito dal corpo fisico, da quello eterico o formativo di forze, dal corpo astrale e dall’organizzazione dell’io. A quest’ultima ci s’innalza però soltanto per mezzo di un ulteriore passo nella conoscenza soprasensibile, per mezzo del passo che nei miei libri, e soprattutto nel libro L’iniziazione ho chiamato intuizione.

 

Si può facilmente fraintendere il termine intuizione, perché ad esempio chi è dotato di fantasia, chi ha doti poetiche, chiama intuizione anche le proprie sensazioni di sentimento. Ma questa è un’intuizione oscura, semplicemente sentita, tuttavia affine con quella che chiamo ora intuizione, perché come l’uomo sulla Terra ha la sua percezione sensibile, così ha pure un riflesso della più elevata conoscenza dell’intuizione per mezzo del sentimento terreno e della volontà terrena. Non potrebbe altrimenti essere un essere morale. Quello che si manifesta oscuramente come presentimento per l’uomo nella coscienza morale, è così un riflesso, in certo qual modo un’immagine riflessa, di quella che gli si rivela soltanto nella vera intuizione, nella più sublime conoscenza che all’uomo terrestre sia possibile di raggiungere.

 

L’uomo terrestre ha veramente qualcosa di ciò che vi è di più basso, e d’altra parte ha un’immagine riflessa di quanto vi è di più alto, soltanto raggiungibile nell’intuizione. Come uomo terrestre gli mancano appunto del tutto le parti intermedie. Egli si deve conquistare immaginazione e ispirazione. Deve anche conquistare l’intuizione nella pura luminosa interiorità, ma appunto nella sensazione morale, nel contenuto della coscienza morale, egli ha ima riproduzione terrestre dell’intuizione che sorge poi. Si può anche dire: quando l’uomo come iniziato, come conoscente, ascende a una vera conoscenza intuitiva del mondo, questo altrimenti per lui conoscibile soltanto nelle leggi della natura, diventa per lui così intimo che egli si sente ad esso altrettanto legato quanto di solito, come uomo terrestre, si sente legato al mondo morale. È appunto significativo nell’entità umana sulla Terra che proprio con un intimo oscuro presentimento noi dipendiamo da quanto vi è di più alto, mentre questo a sua volta, nella sua vera figura, non è accessibile che alla conoscenza evoluta.

 

Il terzo passo della conoscenza superiore, necessario per arrivare nella regione dell’intuizione, può essere raggiunto soltanto per mezzo della massima educazione di una capacità interiore che oggi, nell’attuale epoca materialistica, non si annovera neppure fra le forze conoscitive. Soltanto per mezzo della massima educazione e spiritualizzazione della capacità dell’amore può venir raggiunto ciò che si rivela nell’intuizione. Deve divenir possibile all’uomo fare della forza dell’amore una forza di conoscenza. Ci prepariamo già bene a questa capacità spiritualizzata di amore, se in un determinato modo ci liberiamo del nostro attaccamento alle cose esteriori, se per esempio ci esercitiamo regolarmente a pensare le cose che abbiamo sperimentate, non secondo la consecutività con cui le abbiamo sperimentate, ma a ritroso.

Col nostro pensiero passivo si potrebbe dire che siamo del tutto abbandonati come schiavi agli eventi del mondo.

 

Ho già detto ieri che anche nel formare i pensieri noi pensiamo ciò che è prima, prima, e ciò che è dopo, dopo. Se vediamo lo svolgersi di un dramma a teatro, esso ha nell’ordine il primo atto, poi il secondo, il terzo, il quarto, il quinto. Se però possiamo elevarci a pensare quel dramma dalla sua fine, risalendo poi a ciò che viene subito prima, a quel che vi è al principio del quinto atto, risalendo poi al quarto, al terzo, al secondo e finalmente al primo atto, ci distacchiamo del tutto dal corso esteriore di ciò che si verifica nel mondo. Ci raffiguriamo quel corso a ritroso; nel mondo però le cose non si svolgono così.

Dobbiamo compiere uno sforzo attinto solo dalla nostra interiorità per pensare i fatti a ritroso. In questo modo liberiamo l’attività interiore della nostra anima dai vincoli ai quali di solito siamo sempre legati, e con quel mezzo portiamo a poco a poco questo sperimentare interiore spirituale-animico fino al punto in cui lo spirituale-animico si libera in realtà dal corporeo e anche dall’eterico.

 

L’uomo si può ben preparare a un tale distacco, se è in condizione di poter pensare a ritroso ogni sera le proprie esperienze diurne: di pensare cioè, prima quello che ha sperimentato in ultimo e poi, risalendo all’indietro, di pensare possibilmente anche i singoli particolari: così quando si è salita una scala, ci si veda prima sul gradino superiore, dopo sul penultimo, poi sul terz’ultimo; scendendo a ritroso, si pensi in discesa ciò che si è percorso nel salire.

Si dirà: si sperimentano tante cose durante il giorno; l’esercizio durerà a lungo. Orbene, si pensi all’inizio veramente un episodio come quello di salire e di discendere una scala a ritroso: discendere e salire; si consegue una mobilità interiore, e a poco a poco si arriva veramente a pensare in tre o quattro minuti l’intero corso della vita di un giorno. Con questo si è però compiuto soltanto la metà, in fondo la parte negativa, di quel che ci occorre per l’intensificazione, per l’elaborazione spirituale della capacità dell’amore. Quest’ultima deve infatti arrivare fino al punto da seguire con amore il crescere della pianta (nella vita ordinaria si vede soltanto la crescita della pianta, come essa prende forma nello spazio; così non si accompagna la crescita); la si accompagna però seguendo ogni singolo particolare che si palesa nella crescita della pianta, quando ci s’immerge nella pianta e con la propria anima si diventa la pianta stessa; quando se stessi si cresce, si fiorisce, si portano i frutti della pianta, quando dunque ci s’immerge completamente nella pianta, ed essa acquista per noi il medesimo valore che diamo alla nostra persona. Dopo accompagnata la crescita della pianta, si sale allo stesso modo alla rappresentazione dell’animale, e si discende a quella del minerale; si sente come il minerale si formi a cristallo, sviluppando in certo qual modo una soddisfazione interiore per la formazione di superfici, di spigoli, di angoli, provando già nella percezione di queste superfici, di questi spigoli e di quegli angoli un sentimento di piacere, mentre con lo spaccarsi e il frantumarsi del minerale si sente come un senso di dolore che guizza attraverso il proprio essere; in questo modo si accompagna col sentimento, anzi si accompagna nell’anima con la volontà, ogni divenire della natura.

Questo processo deve essere preceduto da una vera capacità di amore che si estenda su tutti gli uomini.

 

Non si potrà amare giustamente la natura nel modo descritto, se prima non si è acquistata la capacità di amore per tutti gli uomini, perché quando si è così acquistata una capacità di amore per gli uomini e per l’intera natura, allora accade che ciò che si rende a noi percepibile, per esempio nei colori aurici, nella musica delle sfere, si arrotonda, assume contorni di vere entità spirituali.

Ma si sperimentano queste entità spirituali diversamente da come si sperimentano le cose fisiche. Quando ho una cosa fisica dinanzi a me, per esempio un orologio, io sono qui e l’orologio è lì; non posso sperimentarlo che vedendolo, esso è lontano da me. Io sto con l’orologio in un rapporto determinato dallo spazio.

In questo modo non si può sperimentare veramente un essere spirituale; per sperimentarlo ci si deve immergere in esso, applicando appunto la capacità di amore che già si è sviluppata per la natura. L’intuizione spirituale è soltanto possibile applicando nel silenzio, in ciò che è vuoto per la coscienza, tutta la capacità di amore che si può sviluppare nella natura. Supponiamo di avere sviluppato la capacità di amore per i minerali, le piante, gli animali, gli uomini. Ci si trova ora nel vuoto della coscienza.

Attorno a noi è la calma negativa che è al di sotto dello zero. Sentiamo il dolore che è a base dell’intera esistenza del mondo; è al contempo il dolore dell’isolamento. Nulla ancora vi è; ma la capacità di amore che sgorga dall’interiorità, che è differenziata nei modi più diversi, ci conduce a poter penetrare col nostro essere in ciò che ora sorge nell’ispirazione, in ciò che è visibile, udibile. Ci si immerge per mezzo della capacità di amore ora in un essere, ora in un altro.

 

Le entità che ho descritte nel mio libro La scienza occulta entità delle gerarchie superiori, si possono ora sperimentare, diventano esistenza reale, essenziale. Si sperimenta un mondo spirituale concreto, come si sperimenta un mondo fisico concreto con gli occhi e le orecchie, con il sentimento e il calore. Ma bisogna essersi spinti fino a questo gradino, se si vuole arrivare a una conoscenza specialmente essenziale per l’uomo. Ho detto come, attraverso l’ispirazione, l’esistenza preterrestre puramente spirituale penetri nella nostra anima, e come soltanto per mezzo dell’ispirazione noi cominciamo a imparare che cosa eravamo prima di discendere per mezzo della concezione in un corpo terrestre.

Se con la chiaroveggenza, come appunto ho descritto, possiamo penetrare negli esseri spirituali, grazie alla capacità di amore, ci si manifesta allora anche ciò che l’essere umano fa completamente soltanto nel suo sperimentare interiore. Si manifesta quello che ora, durante il tempo della vita, risiede nel mondo spirituale; si manifesta quel che eravamo prima di salire nell’ultima vita spirituale fra la morte e la nuova nascita. Si rivela la vita terrestre antecedente e a poco a poco si rivelano le altre vite precedenti.

Il vero io, che esiste nelle ripetute vite terrene, si può infatti manifestare soltanto, se si è intensificata la capacità di amore al punto che gli altri esseri, che sono nella natura o nel mondo spirituale, siano da noi altrettanto amati, quanto noi stessi ci amiamo. All’amore egoistico non si rivela mai il vero io che percorre le ripetute nascite e morti. Le ripetute vite terrestri si manifestano all’uomo soltanto quando egli non vive più nei momenti di conoscenza, nell’amore di se stesso, ma vive nell’amore che può del tutto dimenticare l’amore egoistico e può vivere nell’essere obiettivo, così come di solito noi viviamo nell’esistenza fisica, amando noi stessi.

L’io delle vite terrene antecedenti è infatti diventato altrettanto obiettivo per l’attuale vita terrena, quanto ogni pietra o pianta esterna lo è per noi, quando ci troviamo nello spazio, al di fuori di essa. Dobbiamo avere imparato a comprendere con amore obiettivo ciò che per noi, per l’attuale personalità soggettiva, è diventato del tutto obiettivo, completamente estraneo. Dobbiamo aver superato noi stessi nell’attuale esistenza terrestre, per poter conseguire una qualsiasi visione di un’esistenza terrena antecedente.

 

Quando dunque sviluppiamo la conoscenza, l’intera esistenza dell’uomo si palesa come una vita che percorre in ondate i gradini terrestri dell’esistenza dalla nascita o dalla concezione fino alla morte, e di nuovo percorre gradini di esistenza puramente spirituali dalla morte fino a una nuova nascita, per poi di nuovo ritornare alla Terra e così di seguito.

La completa vita terrestre si presenta come ripetuti passaggi attraverso nascite e morti, intercalate da vite in puri mondi spirituali. È una conoscenza che può essere acquistata per mezzo dell’intuizione come una conoscenza reale sperimentata.

 

Ho dovuto descrivere la via della conoscenza iniziatica (per ora soltanto accennata) e come debba essere percorsa appunto all’epoca nostra, nell’attuale punto di evoluzione dell’umanità, per arrivare a ima vera conoscenza spirituale dell’essenza del mondo e dell’uomo. Vi fu però sempre una conoscenza iniziatica, fin da quando esiste l’umanità. Essa dovette assumere aspetti diversi a seconda delle diverse epoche dell’evoluzione dell’umanità. Poiché l’uomo è un essere che veramente percorre con l’anima ogni successiva vita terrestre in un modo diverso, così anche ciò che nelle singole epoche dell’evoluzione del mondo compare nell’umanità è ogni volta del tutto diverso. Vedremo le singole differenze nel corso dei prossimi giorni; oggi volevo dire soltanto che, proprio nei riguardi della conoscenza iniziatica, nei tempi antichi dell’evoluzione dell’umanità tutto era completamente diverso da oggi. Possiamo risalire per millenni (più tardi tutto ci risulterà con più esattezza) e in tempi molto anteriori al mistero del Golgota troviamo da parte dell’uomo un modo del tutto diverso da quello attuale nel suo comportamento verso il mondo naturale e verso quello spirituale, e di conseguenza anche una scienza iniziatica del tutto diversa da quella che oggi è giusta per l’uomo.

 

Abbiamo oggi una scienza della natura molto sviluppata. Non intendo parlare delle parti più elevate della scienza, ma soltanto di quella che viene insegnata ai bambini dal sesto, settimo anno in poi. Così il bambino accoglie in un’età relativamente giovane le leggi che si ricollegano al sistema copernicano del mondo; partendo da quel sistema si formulano ipotesi di come l’universo sia potuto nascere. Si parla dell’ipotesi di Kant-Laplace, ora in parte riveduta, ma che in sostanza ancora oggi si tiene in considerazione. Si pensa in effetti a una nebulosa primordiale e si ritiene che da essa, per mezzo di forze roteanti, come si mostra nell’apposito esperimento fisico, siano stati creati i pianeti e il Sole sia rimasto indietro. Ci si raffigura poi come, da questo speciale cerchio che si è poi conglomerato come Terra e che si è distaccato dalla nebulosa primordiale, si siano formati per differenziazione gli altri esseri, minerali, vegetali, animali e finalmente anche l’uomo. E lo si descrive nel senso della scienza della natura.

 

Si rende tutto ciò facilissimo per i bambini, presentando loro una specie di esercizio dimostrativo che chiarisce subito tutto. Si prende ima goccia di olio, una goccia di liquido che galleggi al centro di un po’ d’acqua; si fissa uno spillo in un foglio di cartone, e poi si gira il cartone. Si può allora mostrare come si distacchi prima una gocciolina che rotea, poi una seconda, e così di seguito: si ottiene con l’olio un piccolissimo sistema planetario con al centro il Sole. Quando si è visto questo da bambini, perché non dovrebbe sembrare assolutamente plausibile la formazione dell’intero sistema planetario dalla nebulosa primordiale? Lo si è pur visto eseguire con i propri occhi.

 

È certo bello che nella vita morale si arrivi a dimenticare se stessi, ma nel dimostrare i fenomeni della natura non ci si dovrebbe dimenticare. L’intero processo della goccia d’olio non si sarebbe svolto, se non vi fosse stato qualcuno che faceva girare lo spillo con la mano. Se ne deve tener conto. Di necessità dunque, se quel processo deve valere come ipotesi, bisogna presupporre nell’universo la presenza di un gigantesco maestro che metta la nebulosa primordiale in movimento rotatorio, e che continui a farla girare; altrimenti non si ha l’idea nella sua essenza.

Ma questa è appunto la peculiarità dell’epoca materialistica: si commettono col pensiero infrazioni piccole e grandi della verità, e l’anima umana si familiarizza con esse per virtù di straordinaria suggestione. Viviamo così oggi con una concezione unilaterale della natura e delle leggi che la regolano.

Potrei citare vari fatti che nei più diversi campi mostrerebbero chiaramente la posizione dell’uomo odierno di fronte alla natura, dato che egli subisce l’influenza della civiltà attuale e considera la natura come regolata da una cosiddetta legge di causalità. Questo sentimento pervade l’intera sua esistenza attuale. Egli può considerare il mondo spirituale soltanto seguendo la tradizione religiosa.

 

Se si vuole ascendere al vero mondo spirituale bisogna percorrere un corso interiore di evoluzione per mezzo di immaginazione, ispirazione e intuizione, come già ho descritto. Bisogna dunque essere condotti dalla scienza iniziatica, da una compenetrazione del mondo secondo leggi, o per lo meno della credenza di detta compenetrazione secondo leggi naturali, alla comprensione dell’esistenza spirituale. Ogni scienza iniziatica deve tendere oggi a condurre l’uomo dalla sua attuale concezione naturale del cosmo, alla concezione spirituale del cosmo.

 

Nella antica scienza iniziatica, vari millenni addietro, succedeva proprio il contrario. A quei tempi i saggi dei misteri, le guide dei santuari iniziatici, che allora erano contemporaneamente scuola, chiesa e centri d’arte, avevano attorno a loro un’umanità che veramente nulla sapeva della natura nel senso di quanto l’uomo sa dopo la concezione del mondo copernicana, una umanità la quale però interiormente sperimentava per istinto lo spirituale-animico anche nel suo aspetto cosmico, portandolo in miti e leggende che oggi, nella civiltà attuale, non sappiamo più comprendere. Ne parleremo in seguito più esaurientemente. Comunque, l’esperienza era a quei tempi esperienza istintiva, animica, spirituale, e riempiva l’uomo durante la sua vita di veglia sotto forma di immagini trasognate, di immaginazioni. Sempre, dall’interiorità dell’umanità antica, sorgevano queste immaginazioni sotto forma di leggende, di miti, di saghe. In quelle si viveva. Si guardava fuori nel mondo e si sperimentavano le proprie immaginazioni trasognate. Si sperimentava che quando non si viveva in queste immaginazioni trasognate si viveva nell’esistenza naturale.

Si vedeva l’arcobaleno, le nuvole, le stelle, il Sole che percorre frettoloso il cielo, si vedevano i fiumi, si vedevano le montagne nel loro divenire e nel loro essere, si vedevano i minerali, le piante, gli animali.

 

Tutto ciò che si vedeva allora con i sensi diventò appunto per l’umanità antica il grande enigma, perché l’epoca di cui intendo parlare (ve ne furono anteriori e posteriori in cui la civiltà era diversa) nell’epoca a cui alludo, che è anteriore di alcuni millenni al mistero del Golgota, l’umanità si sentiva interiormente felice quando aveva le sue immaginazioni trasognate. Il mondo sensibile, nel quale essa scorgeva l’arcobaleno, le nuvole, il Sole, i minerali, le piante, gli animali e tutto ciò che l’occhio vedeva, attraverso il quale si scorgeva anche del mondo stellare soltanto ciò che veniva poi registrato nel sistema cosmico pre-copernicano, dunque nel sistema cosmico tolemaico, questo mondo dei sensi appariva allora all’umanità in modo che in generale essa si diceva: con la mia anima vivo tuttavia in un mondo divino-spirituale; là fuori vi è una natura spogliata del divino; la sorgente non ha spiritualità mentre la guardo; l’arcobaleno non ha spiritualità, i minerali, le piante, gli animali e gli altri uomini fisici non hanno spiritualità, mentre li miro esteriormente con i sensi. La natura apparve agli uomini come un cosmo universale decaduto dalla spiritualità divina.

 

Questa sensazione dell’umanità viveva in un’epoca in cui si considerava l’intero cosmo visibile come qualcosa di decaduto dal divino-spirituale. Non occorreva soltanto la conoscenza astratta per ricollegare queste due esperienze fra di loro, cioè Io sperimentare di Dio in sé, e l’esperienza esteriore di un mondo sensibile decaduto; occorreva una conoscenza che fosse al contempo un conforto all’uomo, perché egli apparteneva col proprio corpo fisico e col proprio corpo eterico al mondo sensibile decaduto. Occorreva agli uomini una consolazione che spiegasse loro il rapporto del mondo sensibile decaduto con quello che potevano sperimentare grazie a un’immaginazione istintiva, a uno sperimentare trasognato e oscuro del mondo spirituale, tuttavia sufficiente per le condizioni di quell’epoca. La conoscenza doveva essere consolazione. E consolazione cercavano coloro i quali accorrevano ai misteri, o perché desiderosi soltanto della consolazione che poteva venir data esteriormente nei misteri, o anche come discepoli dei sacerdoti per essere iniziati ai segreti dell’esistenza, all’enigma che si affacciava all’umanità.

 

Quegli antichi saggi dei misteri, che erano al contempo sacerdoti, maestri e artisti, grazie a tutto ciò che esisteva nei loro misteri e che andrò descrivendo, mostravano all’umanità che in questo mondo decaduto, nella sorgente sgorgante, nell’albero fiorente, nel fiore sbocciante, nel minerale che si va formando a cristallo, nell’arcobaleno che appare, nella nube fuggente, nel corso del Sole vivevano le medesime potenze divino-spirituali che l’uomo sperimentava istintivamente nella sua immaginazione trasognata. Essi presentavano all’uomo la conciliazione del mondo decaduto col mondo divino che egli percepiva nelle sue immaginazioni istintive. Gli portavano là conoscenza consolante. Essi portavano all’umanità la salvezza mediante una conoscenza che mostrava tutta la natura nuovamente pervasa da Dio, anche per la visione umana, quando l’uomo cercava appunto questa conoscenza consolatrice nei misteri.

 

Da quanto ci viene trasmesso di quegli antichi tempi dell’evoluzione dell’umanità (e ci viene pure detto della Grecia), vediamo che ciò che oggi insegniamo ai bambini più piccoli nelle scuole, che il Sole sta fermo e la Terra gli gira attorno, veniva allora conservato nei misteri come una scienza occulta. Le cognizioni che sono oggi per noi di tutti erano allora segrete.

La spiegazione della natura era allora una scienza segreta. Come ognuno può vedere purché segua il corso dell’evoluzione dell’umanità nella nostra civiltà, e come fa ogni persona colta e pensante, oggi l’uomo si familiarizza invece con la natura e le sue leggi. D’altra parte il mondo spirituale si è ritirato. Le antiche immaginazioni sognanti sono terminate. L’uomo sperimenta la natura come qualcosa in cui egli anzitutto non trova completa soddisfazione, che gli viene presentata neutralmente, non come un universo peccaminoso, come un cosmo decaduto, ma come un cosmo che per interiore necessità deve essere appunto quale esso è. Così l’uomo sperimenta la sua autocoscienza, così impara a conoscere in ogni singolo punto la spiritualità, così sente l’intima aspirazione che vuole riallacciare l’interiorità stessa a Dio.

 

Ora gli occorre soltanto che alla conoscenza della natura, conformemente alla conoscenza stessa, egli venga condotto nel mondo spirituale per mezzo di una nuova scienza iniziatica. L’antica scienza iniziatica poteva prendere le mosse dallo spirito, che l’uomo sperimentava istintivamente e incorporava nei suoi miti, per condurlo alla natura. La nuova scienza iniziatica deve prendere le mosse da ciò che oggi è per l’uomo la prima esperienza (in quanto percepisce le leggi della natura alle quali egli crede), deve dunque prendere le mosse da questa conoscenza della natura e indicare la via di ritorno verso il mondo spirituale attraverso immaginazione, ispirazione e intuizione.

 

Abbiamo così nell’evoluzione dell’umanità, un paio di millenni prima del mistero del Golgota, il momento importante in cui gli uomini partivano da un’esperienza istintiva dello spirito per arrivare a concetti e idee che costituivano una scienza occulta e abbracciavano le leggi della natura. Oggi per esempio si sperimentano fin da bambino le leggi della natura. Di fronte a questa oggettività, a questa prosa della vita, a questo naturalismo, il mondo spirituale si è ritirato nell’interiorità dell’uomo, e oggi una scienza iniziatica deve indicare la via di ritorno dalla natura alla spiritualità. La natura era per l’umanità antica nelle tenebre, lo spirito era nella luce.

L’antica scienza iniziatica doveva trarre la luce dalla luminosa spiritualità e condurla nelle tenebre della natura, perché anche le tenebre venissero illuminate. La scienza iniziatica odierna deve prendere le mosse dalla luce che è stata gettata sulla natura dal di fuori, per via naturalistica, da Copernico, Giordano Bruno, Galilei, Kepler, Newton e così via. Questa luce va dunque tratta dalla morte e vivificata, per prendere la via verso lo spirito che va cercato nella sua luce mediante una via inversa rispetto a quella dell’antica iniziazione.