Karma – il cieco nato

O.O. 100 – Evoluzione dell’Umanità e conoscenza del Cristo – 25.11.1907


 

Nella maggior parte delle traduzioni della Bibbia,

la risposta che il Cristo dà alla domanda su chi abbia peccato, il cieco nato o i suoi genitori,

è resa in questo modo:

«Né lui né i suoi genitori hanno peccato, è così perché si manifestassero in lui le opere di Dio».

 

Ma può essere degno di un cristiano affermare che Dio faccia nascere cieco un uomo

affinché Dio possa manifestare in lui la sua gloria?

Una concezione di Dio, capace di giungere a simili conclusioni, è impossibile.

 

Molto più chiara e semplice è la lettura di questo passo ponendole a fondamento la visione teosofica.

Cristo rispose: «Né lui né i suoi genitori hanno peccato, egli porta a compimento il suo karma,

affinché si manifesti la scintilla divina in lui, affinché si manifestino in lui le opere di Dio».

 

Così va tradotta la risposta del Cristo (9, 3):

«Egli è nato cieco, affinché le opere del Dio in lui si manifestino nel corpo fisico».

 

Ogni essere umano passa attraverso ripetute vite terrene.

Non è detto che, se vediamo un cieco nato, egli abbia peccato in questa vita, può darsi anche che la colpa che lo ha condotto a questa nascita se la sia portata dietro da una vita precedente.

L’evento descritto in questo passo corrisponde appieno alla dottrina teosofica del karma, secondo la quale esso agisce nel corso delle incarnazioni.

 

Che Cristo, con la sua dottrina, dovette necessariamente entrare in collisione con la concezione ebraica corrente,

è evidente; essa spiega anche il dissidio che s’instaurò con gli ebrei (cap. 9, 22).