La 2° civiltà paleo-persiana

O.O. 103 – Il Vangelo di Giovanni – 29.05.1908


 

Nella civiltà che noi chiamiamo paleo-persiana (e della quale la civiltà persiana o zaratustrica di cui parla la storia non è che l’ultima eco), in questo secondo periodo di civiltà, gli uomini compirono il primo passo per superare l’antico principio indiano, alla conquista della realtà fisica. Non che esista già un’amorevole immersione entro la realtà fisica, e neppure qualcosa che assomigli a uno studio del mondo fisico: però c’è già, in quella direzione, qualcosa di più che durante la civiltà paleo-indiana.

Persino ciò che di questa antichissima civiltà si trasmise ai tempi più recenti ci mostra ancora gli echi di quell’atteggiamento, che considerava la realtà fisica come illusione.

 

Perciò la nostra civiltà odierna non avrebbe mai potuto svilupparsi da quella indiana. In seno a quest’ultima, ogni saggezza distoglieva lo sguardo dal mondo fisico per innalzarlo ai mondi spirituali ch’erano ancora presenti nel ricordo, e lo studio e l’elaborazione della realtà fisica apparivano privi di valore.

Ecco perché il vero principio indiano non potè mai produrre una scienza utile al nostro mondo terreno: mai esso avrebbe potuto condurre a quel dominio sulle leggi naturali che costituisce la base della nostra civiltà. Tutto questo non avrebbe mai potuto scaturire dall’antica civiltà indiana: perché, infatti, indagare le forze d’un mondo fondato solo sull’illusione? Se più tardi anche nella stessa civiltà indiana le cose mutarono, questo derivò da influssi stranieri posteriori e non da quella civiltà stessa.

 

Alla civiltà paleo-persiana la realtà fisica esteriore si presentava come un campo d’attività. Essa viene ancora considerata come l’espressione d’una divinità ostile, ma è già fiorita la speranza di poter penetrare, con l’aiuto della divinità luminosa, nel campo della realtà fisica, di poterlo compenetrare interamente di potenze spirituali e divinità buone. A questo modo l’uomo paleo-persiano sentiva già la realtà del mondo fisico, la considerava bensì ancora come dominio del Dio delle tenebre, ma non senza la speranza di poterle incorporare le forze degli dèi buoni.