La civiltà paleo-indiana degli antichi santi Risci – I

O.O. 103 – Il Vangelo di Giovanni – 27.05.1908


 

Negli ultimi tempi dell’Atlantide, le zone più occidentali di quel continente erano andate sommergendosi nel mare, mentre l’Europa andava assumendo gradualmente la sua attuale configurazione; frattanto nell’Asia vasti territori dell’attuale Siberia erano ancora sommersi dalle acque, mentre le zone asiatiche meridionali erano già presenti, sia pure ancora diversamente configurate da oggi.

 

Le masse meno evolute della popolazione atlantica si associarono in parte a quel nucleo che emigrò verso oriente: alcuni si fermarono prima, altri si spinsero anche più in là del nucleo suddetto. Ma anche l’antica popolazione dell’Europa ebbe in gran parte questa origine: da masse emigrate dall’Atlantide e stabilite in questi territori. In quelle migrazioni si incontrarono poi anche altre popolazioni, emigrate in tempi precedenti, provenienti da altre zone dell’Atlantide, persino dall’antica Lemuria, che si erano dirette in Asia. Cosicché nell’Europa e nell’Asia andarono stabilendosi popolazioni dotate, anche spiritualmente, nei modi più diversi.

 

Quella piccola frazione, guidata dalla grande individualità spirituale a cui abbiamo accennato, si stabilì nel centro dell’Asia e vi coltivò la più alta spiritualità che fosse possibile in quei tempi. Da quel nucleo di civiltà si dipartirono correnti di civiltà dirette verso le più disparate regioni della Terra e i popoli più diversi.

 

La prima corrente di civiltà si diresse verso l’India, dove si formò, sotto l’influsso dell’irradiazione spirituale di quella grande individualità, ciò che chiamiamo la civiltà paleo-indiana. Non si tratta della civiltà di cui ci rimangono le vestigia nei meravigliosi libri dei Veda; né di ciò che più tardi per tradizione ha raggiunto i posteri. Tutta questa civiltà esteriore è stata preceduta da una civiltà più antica e molto più splendida, la civiltà degli antichi santi Risci, di quei grandi maestri che in epoca remotissima dettero all’umanità la prima civiltà post-atlantica.

 

Cerchiamo ora di trasferirci nell’anima di questa prima corrente di civiltà dell’età post-atlantica.

Questa prima civiltà postatlantica fu realmente la prima civiltà religiosa dell’umanità.

Le precedenti civiltà dell’Atlantide non furono civiltà religiose, in senso proprio.

 

La religione è in fondo una caratteristica dell’età post-atlantica.

Perché? Come vivevano dunque gli abitanti dell’Atlantide?

 

Per il fatto che la testa eterica si trovava ancora al di fuori della testa fisica, l’antica chiaroveggenza crepuscolare non era ancora del tutto scomparsa.

Quando nel sonno notturno l’uomo si trovava fuori del corpo fisico, egli poteva percepire ampiamente il mondo spirituale.

Mentre di giorno, quando s’immergeva nel suo corpo fisico, vedeva gli oggetti del mondo fisico, di notte era in grado di vedere fino a un certo punto le regioni del mondo spirituale.

Nella prima metà dell’epoca atlantica, quando l’uomo si destava al mattino, il suo corpo astrale si ritirava entro i corpi fisico ed eterico.

Gli oggetti del mondo fisico non possedevano ancora i contorni netti e distinti che hanno oggi.

Potete raffigurarvi l’aspetto che presentava allora il mondo terrestre esterno, se pensate a una città avvolta dalla nebbia, di sera, quando i fanali sono circondati da aure colorate e sfumate.

 

D’altra parte non c’era neppure quella netta distinzione fra la nostra chiara coscienza diurna e l’incoscienza notturna, quale si è venuta formando dopo l’epoca atlantica, il corpo astrale usciva sì di notte dal connesso col fisico e con l’eterico, ma poiché l’eterico rimaneva ancora in parte collegato con l’astrale, si avevano sempre dei riflessi del mondo spirituale: l’uomo poteva avere sempre una chiaroveggenza crepuscolare, si ambientava nel mondo spirituale, vedeva intorno a sé entità e fatti spirituali.

I sapientoni moderni dicono, parlando per esempio dei miti e delle saghe germaniche: ecco il frutto della fantasia popolare antichissima! Per loro, Wotan e Thor e gli altri dèi sarebbero personificazioni delle forze naturali, ecc. Sono state create intere teorie mitologiche, fondate a questo modo sulla « fantasia popolare ».

 

Vien fatto di pensare che questi dottissimi siano nati, come l’Homunculus del Faust di Goethe, in una storta, e non abbiano mai veduto un uomo vero! Infatti chi conosce veramente il popolo non riesce neppure a immaginare che si possa parlare di una siffatta « fantasia creatrice popolare ».

Quelle saghe mitologiche non sono altro che i residui di processi reali  che gli uomini di tempi remoti percepivano davvero chiaroveggentemente.

Quel Wotan è esistito davvero. Di notte l’uomo si aggirava per così dire fra gli dèi, nel mondo spirituale e ivi conosceva Wotan e Thor altrettanto bene quanto oggi conosce i suoi simili in carne ed ossa. Ciò che allora certe nature primitive percepirono ancora per molto tempo, con vaga chiaroveggenza, è diventato il contenuto delle saghe e dei miti, soprattutto di quelli germanici.

 

Gli uomini che trasmigrarono da occidente verso oriente e si stabilirono nelle regioni che più tardi costituirono la Germania, erano rimasti dotati (quale più, quale meno) d’un certo grado di chiaroveggenza che permetteva loro di vedere il mondo spirituale, almeno in certi periodi di tempo.

Mentre il sommo iniziato trasmigrò nel Tibet coi suoi discepoli e di lì inviò più tardi nell’India la prima colonia civilizzatrice, in Europa erano rimasti presso i diversi popoli altri iniziati che coltivavano lo spirituale entro i misteri. Per esempio c’erano i misteri druidici, dei quali oggi non si sa in genere più nulla, poiché ciò che se ne va dicendo è frutto di pura fantasia.

 

Ma è importante stabilire che quando a quei tempi si parlava dei mondi superiori, fra i druidi oppure fra le popolazioni delle regioni russe occidentali e di quelle scandinave dove fiorivano i misteri dei Drotti, c’era sempre un certo numero di persone che di questi mondi superiori aveva esperienza.

Quando si parlava di Wotan, o di quanto si era svolto fra gli dèi Baldur e Ilódur, non si parlava di cosa che fosse del tutto sconosciuta all’ascoltatore. Molti avevano ancora sperimentato essi stessi fatti del genere, in particolari stati di coscienza, oppure li aveva sperimentati il loro vicino al quale prestavano fede.

Ovunque ci si volgesse, in giro per l’Europa, c’era ancora un vivente ricordo di quanto era avvenuto nell’Atlantide. E che cos’era stato, sull’Atlantide? Si potrebbe definirlo una convivenza, una naturale convivenza dell’uomo col mondo spirituale, con ciò che oggi si chiama il cielo.

 

L’uomo entrava di continuo nel mondo spirituale e viveva in esso:

in altre parole, non gli era affatto necessario che una religione particolare gli indicasse l’esistenza d’un mondo spirituale.

 

Che cosa significa religione?

Significa collegamento, collegamento del mondo fisico con quello spirituale. In quei tempi l’uomo non abbisognava per niente di un collegamento col mondo spirituale, poiché quest’ultimo era un mondo d’esperienza.

Come nessuno è costretto a insegnarvi la fede nei fiori del campo, negli animali del bosco, poiché li vedete, così l’uomo d’Atlantide credeva agli dèi e agli spiriti, non per religione, ma perché li vedeva e sperimentava.

 

Col progredire dell’umanità si venne instaurando la chiara coscienza di veglia diurna; questa coscienza diurna è la caratteristica dell’età postatlantica.

• L’uomo conseguì questa coscienza diurna di veglia sacrificando l’antica coscienza chiaroveggente.

• In avvenire egli sarà nuovamente dotato d’una coscienza chiaroveggente, in aggiunta alla normale coscienza di veglia.

 

Presso i nostri progenitori che abitavano l’Europa, nelle saghe e nei miti vivevano spesso in immagini i ricordi del tempo passato.

Ma in che cosa consisteva l’essenza dei più progrediti fra gli uomini di quei tempi?

Per quanto strano possa sembrare, i più progrediti fra tutti, quelli che la guida aveva condotto verso oriente, fino nel Tibet, erano più progrediti in quanto avevano più degli altri perduto l’antica coscienza di-chiaroveggenza trasognata.

 

In che cosa consiste infatti il progresso dalla quarta alla quinta epoca?

Consiste nel perdere l’antica chiaroveggenza, nell’acquistare la chiara coscienza di veglia.

Quel grande iniziato condusse lontano il suo piccolo gruppo d’uomini, affinché non dovessero vivere in mezzo a coloro che si trovavano tuttora al grado di coscienza degli antichi atlanti; per pervenire ai mondi superiori, gli uomini di quel piccolo gruppo dovevano già sottoporsi a una disciplina occulta artificiale.

 

Che cos’era rimasto dell’antica convivenza col mondo divino-spirituale, all’uomo dei primi tempi postatlantici? La nostalgia! La porta dei mondi spirituali gli si era chiusa dinanzi, ma la nostalgia era rimasta. Nell’ascoltare le antiche saghe e tradizioni, lo stato d’animo dell’uomo dei primi tempi postatlantici poteva esprimersi così: « Ci fu un tempo in cui i nostri progenitori scorgevano il mondo spirituale e vivevano con gli spiriti e gli dèi, avendo diretto contatto con la realtà spirituale più profonda. Oh, se potessimo entrarci anche noi! » E da questa nostalgia prese le mosse il metodo d’iniziazione paleo-indiano scaturito appunto dal rimpianto per ciò che era andato perduto, e fondato sul temporaneo abbandono della chiara coscienza diurna per risalire agli stati di coscienza del passato.

 

Lo yoga è il metodo dell’iniziazione paleo-indiana che con la sua particolare tecnica ristabiliva artificialmente ciò che in via naturale era andato perduto per gli uomini.

• Raffiguratevi un uomo dell’Atlantide più antica, con la sua testa eterica notevolmente sporgente oltre la testa fisica.

• Quando poi usciva fuori dal connesso corporeo il corpo astrale, una gran parte della testa eterica rimaneva ancora collegata col corpo astrale, per cui le esperienze di quest’ultimo potevano imprimersi nel corpo eterico: così diventava possibile il prendere coscienza delle proprie esperienze.

Quando poi verso la fine dell’età atlantica la parte eterica della testa si ritrasse entro i limiti della testa fisica, il corpo astrale ogni notte usciva del tutto dal corpo eterico.

 

• Nell’antica iniziazione si dovette perciò tentare di estrarre artificialmente il corpo eterico, di immergere cioè l’uomo in una specie di stato letargico, di sonno mortale, che durava tre giorni e mezzo, durante il quale il corpo eterico emergeva dal corpo fisico, se ne distaccava parzialmente: in questo modo le esperienze del corpo astrale potevano imprimersi entro l’eterico.

Quando poi il corpo eterico veniva ricongiunto al corpo fisico, l’uomo era in grado di sapere ciò che aveva sperimentato nel mondo spirituale.

Questo era l’antico metodo dell’iniziazione yoga, mediante la quale l’uomo si sollevava per così dire dal mondo in cui era venuto a trovarsi, per riportarsi di nuovo nel mondo spirituale.

L’intonazione della civiltà scaturita da questa iniziazione è quella che ha trovato i suoi echi nella civiltà indiana posteriore. E lo stato d’animo che si esprime in questo atteggiamento: la verità e la realtà e l’essenza delle cose stanno esclusivamente nel mondo spirituale, in cui l’uomo penetra quando si sottrae al mondo fisico sensibile.

 

Adesso l’uomo si trova nei regni del mondo fisico, circondato com’è dal regno minerale, da quello vegetale e da quello animale; ma questi non sono la verità, ciò che qui circonda l’uomo non è altro che apparenza esteriore; la verità, egli l’ha perduta da tempi remoti ed ora vive in un mondo di apparenza, d’illusione, di maya!

Così il mondo fisico divenne per la civiltà paleo-indiana il mondo della maya.

Questo va inteso non come un’astratta teoria, ma come espressione dello stato d’animo dominante in quell’antica civiltà.

Per l’uomo paleo-indiano, se voleva essere particolarmente santo, il mondo della maya era privo di valore; questo mondo fisico per lui era pura illusione.

 

Il mondo reale esisteva quando egli si ritraeva da questo mondo fisico, quando per mezzo dello yoga egli tornava a vivere nel mondo in cui i suoi progenitori atlantici erano ancora vissuti.

Tuttavia, il senso dell’ulteriore evoluzione consiste nel fatto che l’uomo si abitui gradualmente a considerare nel suo giusto valore e secondo il suo significato il mondo fisico che gli viene assegnato come dimora nell’epoca postatlantica.

In confronto alla civiltà paleo-indiana rappresenta già un passo avanti il secondo periodo di civiltà, preistorico anch’esso, che noi però denominiamo paleo-persiano, dal nome del popolo che più tardi abitò quelle regioni