La comprensione del Cristo e il Mistero della Trinità

O.O. 214 – Il Mistero della Trinità – 30.07.1922


 

Sommario: La piena coscienza dell’Io umano e il mistero della Trinità. Il vivente principio del Padre dell’universo. Il principio del Figlio risanatore del corpo umano in decadimento e l’Ascensione. L’invio dello Spirito Santo attraverso il Cristo. La possibilità per l’uomo di afferrare il sovrasensibile attraverso lo Spirito che dimora in lui. Impossibilità di comprendere il Cristo operante nell’evoluzione dell’umanità senza la Trinità.

 

Vogliamo guardare indietro agli antichi principi dell’Iniziazione, poggianti su facoltà ataviche, per osservare come quegli uomini che ancora si conformavano ad essi, movessero verso il Cristianesimo da Iniziati, e, fondati sulle loro visioni, creassero ciò che in seguito divenne quel contenuto dogmatico che, dall’VIII, IX secolo, non potè più essere compreso.

 

Dobbiamo pensare che, prima del Mistero del Golgota,

alla civiltà umana mancava essenzialmentel’apporto del principio dell’Io.

• L’uomo, invero, recò sempre in sé la disposizione al principio dell’Io.

• Egli era anche costituito in modo tale da formare il suo essere interiore ed esteriore in virtù di tale principio.

Ma solo lentamente e progressivamente l’uomo giunse al sentimento e quindi alla coscienza

di ciò che in lui è entità dell’Io o forza dell’Io.

 

Onde si può dire che, naturalmente, anche nei secoli precedenti il Mistero del Golgota,

l’entità umana fosse costituita da corpo fisico, corpo eterico, corpo astrale e Io,

ma che la coscienza umana non sperimentasse in sé l’entità dell’Io. Essa era più o meno incosciente.

• In quegli antichi tempi si aggiravano sulla Terra uomini che non vivevano nella piena coscienza del loro Io.

 

Tuttavia l’Io ha modo di esplicarsi come tale entro l’entità umana,

solo quando l’uomo cessa di sviluppare con pienezza di vigore il suo corpo fisico.

• Quanti ancora non possedevano la coscienza del loro Io,

svilupparono il loro corpo fisico con maggior vigore di coloro che invece ne avevano piena coscienza.

• Questo non avvenne improvvisamente, ma a poco a poco, lungo i secoli precedenti e successivi al Mistero del Golgota,

come è chiaramente osservabile dall’indagine storica svolta secondo i metodi della scienza dello spirito.

 

Dobbiamo dunque dire:

ciò che l’uomo può conservare in pieno vigore del suo corpo fisico, ed anche del corpo eterico ed astrale,

può venir conservato solo se un elemento di natura divino-spirituale fluisce nell’entità umana.

Tale elemento divino-spirituale fluì dal cosmo entro l’entità umana,

fino a quando gli uomini, in assenza della coscienza dell’Io, possedettero ancora una chiaroveggenza atavica.

 

Ma gli uomini non sarebbero mai potuti diventare esseri liberi,

se l’Io non fosse comparso in loro, facendo regredire l’antico fluire del divino-spirituale.

• Essi divennero liberi solo in quanto si rafforzarono nella coscienza del loro Io,

il che fu possibile grazie allo sviluppo di ciò che chiamiamo pensieri astratti.

I pensieri astratti sono i cadaveri del mondo spirituale.

 

Nel corso di queste conferenze ho già accennato al fatto che,

come il cadavere rimane quale residuo nel mondo fisico nel momento in cui passiamo attraverso la morte terrena,

così rimane anche un cadavere di quella entità animico-spirituale che noi siamo nel mondo spirituale,

prima di discendere nel mondo fisico.

Ma questo avviene soltanto a partire dall’epoca in cui all’uomo venne conferita la coscienza dell’Io.

Proprio i pensieri, i pensieri astratti, costituiscono questo cadavere.

 

• Quando diventiamo capaci di afferrare in noi i pensieri astratti,

afferriamo in realtà il cadavere del nostro essere animico-spirituale,

quale era prima della sua discesa nel mondo terrestre.

 

Ma il fatto che noi afferriamo il cadavere della nostra entità animico-spirituale,

comporta che il principio della morte, della rigidità, penetri anche nel nostro corpo fisico.

L’evoluzione dell’uomo è tale che la sua natura viene modificandosi nel corso delle epoche terrestri.

I vecchi corpi erano diversi da quelli odierni: erano costituiti in modo tale

che l’uomo non era libero entro la struttura corporea, pur muovendosi in essa come in una natura vigorosa,

che esplicava spontaneamente la propria attività fisico-eterico-astrale.

 

Possiamo dunque dire che noi viviamo nel mondo civilizzato in un’epoca dell’evoluzione umana

in cui il corpo comincia già a decadere.

E proprio grazie a questo decadimento del corpo, che offre il supporto ai pensieri intellettualistici, ossia astratti,

noi entriamo in possesso della nostra libertà.

Grazie al decadimento del corpo,

l’uomo ha conseguito ciò di cui, quale scienziato di tempra intellettualistica, va così orgoglioso.

 

Se riflettiamo su tutto questo, dobbiamo dirci: prima del Mistero del Golgota

non viveva ancora, nell’uomo, la piena coscienza dell’Io,

anche se vi erano singole personalità che già allora svilupparono tale coscienza attraverso le pratiche dei Misteri.

Questi erano gli Iniziati.

 

Abbiamo già esposto le cose più svariate intorno a ciò che avveniva entro le sedi dei Misteri in coloro

che, attraverso l’Iniziazione, si elevavano a questo Io cosciente, mentre la comune natura umana ne era ancora priva.

 

Solo l’antico Iniziato poteva ascendere alla piena coscienza dell’Io,

poiché, grazie alle sacre pratiche dei Misteri, penetrava in lui qualcosa

che nelle antiche culture e civiltà veniva sentito come l’eterno Padre dell’universo.

• Ed il myste degli antichi Misteri, l’Iniziato, giunto ad un determinato punto della sua Iniziazione,

aveva un’esperienza che gli faceva dire: «Il Padre vive in me».

 

Se ci rappresentassimo un simile Iniziato, per esempio nell’ambito dell’antica civiltà ebraica, dovremmo dire

che egli avrebbe caratterizzato quanto avvenuto in lui tramite l’Iniziazione, con le seguenti parole:

«L’umanità ordinaria ha come caratteristica peculiare il fatto che il Padre la conservi e sostenga nell’esistenza, senza tuttavia penetrare nella sua coscienza, né accendervi l’Io. Il Padre dona all’uomo solo lo spirito del respiro. Egli alita in lui il respiro, facendolo diventare anima vivente».

L’Iniziato sentiva come in ciò che gli veniva insufflato quale anima vivente,

penetrasse nell’uomo un particolare elemento spirituale, il vivente Principio-Padre dell’universo.

 

L’antico Iniziato ebraico, divenuto cosciente del Principio-Padre penetrato in lui,

poteva pronunziare con pieno diritto ciò che in lui significava la parola Io: Io sono l’Io sono.

• In un tale uomo poteva riconoscersi il rappresentante del Padre sulla Terra:

proprio in lui che, aggirandosi tra i popoli antichi, con diritto, grazie al dimorare in lui del divino principio del Padre,

poteva pronunziare la parola Io, quale ineffabile nome di Dio.

Questi Iniziati venivano chiamati Padri,

in quanto rappresentanti, tra gli altri uomini, del principio del Padre.

 

Si guardava così ai Misteri come ai luoghi in cui veniva coltivato, nel mondo terreno,

qualcosa che pervadeva e compenetrava l’intero universo.

Entro le sedi dei Misteri, e tramite esse,

nell’uomo stesso, veniva edificata una dimora al divino principio del Padre.

L’uomo stesso diventava la dimora del divino principio del Padre.

 

Così, attraverso i Misteri, si percepiva il passaggio del Dio Padre nel mondo terrestre. Si guardava fuori nell’universo, nel «grande mondo», e lo si chiamava, in quanto pervaso ed intessuto del divino principio del Padre, macrocosmo. Si guardava poi alla sede dei Misteri, dove veniva costruita una dimora al Dio Padre e venivano iniziati coloro che erano diventati essi stessi, come uomini, dimora del Dio Padre. I Misteri, e ciò che l’uomo diventava grazie ad essi, venivano chiamati «piccolo mondo», microcosmo. Si tratta di qualcosa che si è conservato fino a Goethe. Divenuto infatti membro delle logge, egli fece propria l’espressione «grande e piccolo mondo», intendendo con «grande mondo» l’universo e con «piccolo mondo» la loggia che per lui deve valere come un’immagine del «grande mondo».

Tutto ciò pervenne ad un altro stadio, quando nell’evoluzione dell’umanità cominciò ad avvicinarsi il Mistero del Golgota. Si trattava ora di qualcosa di essenzialmente diverso.

 

Al tempo del Mistero del Golgota,

già vi erano sulla Terra quegli uomini che avvertivano in sé la presenza dell’Io autonomo.

La coscienza dell’Io aveva cominciato a penetrare nell’uomo.

In seguito a ciò era subentrato un altro fatto:

il corpo fisico cominciò a diventare, nel suo interno, fragile, cominciò a decadere.

 

Così l’umanità a quel tempo, nel mezzo dell’evoluzione terrestre, si trovò di fronte al grande pericolo di perdere sempre più il nesso con il mondo spirituale e contemporaneamente di decadere nel corpo fisico.

Per porre rimedio a questa situazione, l’Essere che conosciamo come il Cristo, decise di riversarsi in Gesù di Nazareth, come precedentemente il divino principio del Padre si era riversato negli Iniziati. In seguito a ciò, oltre al corpo fisico, al corpo eterico e all’astrale, si accendeva in essi l’Io. Come ho già detto, soltanto coloro in cui era penetrato il Padre divino, potevano pronunziare la parola Io, che era in realtà lo stesso inesprimibile nome di Dio.

 

Ma ora, nel mezzo dell’evoluzione terrestre, vi erano uomini che cominciavano a dire Io a se stessi,

che avevano sollevato l’Io alla coscienza.

• In uno di tali uomini, in Gesù di Nazareth, penetrò quel principio che è il principio del Figlio, il principio del Cristo.

Questo principio del Cristo penetrò nell’Io.

• Mentre prima abbiamo la immissione del principio del Padre nel corpo fisico, eterico e astrale,

ora abbiamo l’immettersi del principio del Figlio nell’uomo che aveva sperimentato un’ulteriore evoluzione.

 

Richiamate ora alla memoria l’aspetto sotto il quale vi ho descritto in questi giorni l’uomo.

Vi ho detto che le piante annientano in sé la natura fisica, la corrompono.

Si potrebbe dire:

• La pianta corrompe la natura fisica

• l’animale corrompe la natura fisica ed eterica,

• l’uomo corrompe la natura fisica, eterica ed astrale.

 

Nei secoli precedenti il Mistero del Golgota, l’uomo non la corrompeva integralmente:

questo avvenne quando l’Io cominciò a penetrare nella sua entità.

L’Iniziato antico si liberava completamente del corpo fisico, eterico ed astrale,

facendo rifluire in sé il principio del Padre, e divenendo così un Io.

Il Cristo, penetrando in Gesù di Nazareth, annientò non solo il fisico, l’eterico e l’astrale,

ma lo stesso Io, quale poteva essersi sviluppato a quel tempo in Gesù.

• Così nel Cristo Gesù visse il superiore principio del Cristo, che si rapporta all’Io come l’Io umano al corpo astrale.

 

Si tratta di qualcosa che gli antichi Iniziati, dotati di superiori facoltà di veggenza, erano in grado di vedere. Quando essi guardavano all’uomo, così come era allora costituito, scorgevano come egli riunisse in sé tutte le forze degli altri esseri della natura, e come si elevasse al di sopra di essi, compendiandoli in sé. Essi vedevano come nel corpo fisico umano si possa ritrovare il regno minerale, nel corpo eterico il regno vegetale e in quello astrale il regno animale e quindi il vero e proprio uomo. Quando questi Iniziati dotati di veggenza, questi Padri dei popoli, dei quali alcuni ancora esistevano, ebbero ricevuto l’annuncio dell’evento del Cristo e dell’ormai prossimo evento del Golgota, poterono ravvisare nel Cristo un’entità in cui era contenuta qualcosa di più; una entità nella quale non solo gli elementi terrestri si elevavano al grado di umanità, ma l’umanità stessa si elevava fino all’essere divino-spirituale.

 

Se nell’espressione di un uomo è presente ciò che riconosciamo come un elemento interiore che si manifesta nell’esteriorità del corpo fisico, possiamo comprendere come questi Iniziati vedessero nel Cristo Gesù qualcosa di più di un essere umano, qualcosa che si aggirava sulla Terra elevandosi al di sopra dell’umanità. Questi Iniziati vedevano il Cristo Gesù pervaso di un particolare splendore, non solo nel suo incarnato, ma interamente pervaso da uno splendore radiante.

 

Gli antichi Iniziati potevano percepire questo splendore radiante anche nei loro compagni: era la forza del Principio-Padre che dimorava negli Iniziati. Ma ora essi non percepivano più soltanto ciò che viveva negli antichi Iniziati quale divino principio del Padre, ora essi percepivano ciò che irradiava dal Cristo Gesù in una maniera particolare, per il fatto che in Lui non erano stati annientati solo il corpo fisico, eterico ed astrale, ma lo stesso Io, quale poteva essere presente in un uomo di quei tempi. Ne conseguì che il Cristo Gesù, quale entità irradiante splendore, potè essere veduto non solo dagli Iniziati, ma anche da altri uomini a ciò particolarmente predisposti. Il fatto che anche altri uomini, seppure in piccolo numero, uomini dotati di semplici facoltà naturali, e non di ciò che era frutto della disciplina dei Misteri, potessero riconoscere la superiore natura nel Cristo Gesù, fu una novità grandiosa per gli stessi Iniziati del tempo del Mistero del Golgota.

 

Da ciò nacque la comprensione del fatto che, con tale Mistero,

doveva avvenire qualcosa che in precedenza sarebbe potuta avvenire solo nel grembo dei Misteri.

Nel «grande mondo», nel macrocosmo,

era stato immesso qualcosa che prima si svolgeva soltanto nel microcosmo, nel «piccolo mondo».

 

Ed invero il Mistero del Golgota venne annunciato inizialmente, con grande purezza e chiarezza, proprio nelle ultime sedi dei Misteri dell’antichità, annuncio che andò poi scomparendo per l’evoluzione successiva nel corso dei primi quattro secoli della civiltà europea. Questi antichi Iniziati, vivendo nel Cristo Gesù non solo il principio del Padre, ma anche quello del Figlio, sapevano che il Cristo Gesù rappresentava una realtà unica in tutta l’evoluzione terrestre, unica appunto per il fatto che un tale Mistero del Golgota non si sarebbe potuto ripresentare una seconda volta, che non si sarebbe potuta nuovamente verificare una tale messa a dimora del principio del Figlio in un essere umano, quale era avvenuta in Gesù di Nazareth.

 

E questi antichi Iniziati sapevano pure che il Cristo è penetrato nell’umanità come il Grande Risanatore,

come Colui che impedisce che il corpo umano subisca dei danni

per il fatto di diventare fragile in seguito all’immissione dell’Io.

 

Che cosa sarebbe infatti accaduto se il Cristo non fosse comparso come il Grande Risanatore? Gli uomini, morendo, abbandonando il loro corpo in decadimento, avrebbero sperimentato un riflettersi dei fenomeni della decadenza nella vita animica che si sviluppa dopo la morte. I defunti sarebbero diventati inquieti, tormentati, a causa di ciò che il corpo fisico in decadimento rappresenta nella vita terrestre. Queste anime, passate attraverso la morte, avrebbero scorto come la Terra stessa subisse un danno, per il fatto di dover accogliere un corpo in decadimento. Così gli antichi Iniziati sapevano che coloro che si chiamano cristiani nel senso vero della parola, essendo interiormente compenetrati dal principio del Cristo, possono guardare in basso al corpo sottratto loro dalla morte e dire: in virtù della nostra vita in Cristo, quando eravamo figli della Terra, abbiamo rigenerato a tal punto il corpo, che questo può esser deposto senza arrecare nessun danno alla Terra, senza rappresentare per questa un principio di decadimento.

 

Nella Terra dovette venir risanato ciò che l’uomo aveva ricevuto per diventare un Io.

Infatti, affinché egli divenisse un Io, aveva dovuto ricevere un corpo in decadimento.

Ma se tale corpo fosse rimasto, la Terra ne avrebbe subito un danno,

e le anime, guardando in basso al loro corpo fisico accolto dalla Terra dopo la morte,

sarebbero state tormentate dalla sensazione

che la Terra stessa subisse un danno per aver accolto un corpo in decadimento.

 

Grazie al Mistero del Golgota, le anime umane, una volta varcata la soglia della morte, possono ora dire a se stesse:

• «Sulla Terra abbiamo portato questo fisico in decadimento;

ad esso siamo debitrici della possibilità di sviluppare un Io libero nell’entità umana.

Ma il Cristo, grazie al Suo dimorare in Gesù di Nazareth, ha risanato questo corpo,

per cui esso non reca più danno all’esistenza della Terra,

e noi possiamo guardare giù, all’esistenza terrena, rassicurate, consapevoli che, dopo il Mistero del Golgota,

con il corpo fisico, necessario all’uomo per lo sviluppo dell’Io, non penetra nell’esistenza della Terra un seme iniquo».

 

• Così il Cristo ha attraversato il Mistero del Golgota

per risanare il corpo fisico umano in relazione all’esistenza della Terra.

 

Che cosa sarebbe accaduto nel corso dell’evoluzione terrestre, se le cose fossero rimaste tali? Se le cose fossero rimaste tali, si sarebbe potuto dire che nei tempi antichi il Dio Padre è penetrato negli uomini perché essi, come anime, potessero elevarsi all’Io e annunziare, in qualità di Iniziati, l’essere peculiare dell’uomo, l’essere dell’Io. In seguito il Figlio, il Cristo, penetrò nell’entità umana.

 

Coloro che possono elevarsi fino a lasciar dimorare il Cristo in sé,

salvano il loro corpo rispetto all’evoluzione della Terra.

• Come, in virtù dell’antico principio del Padre e della sua immissione nell’evoluzione dell’umanità,

venne salvato, nei Misteri, l’elemento animico dell’uomo,

• così, grazie al Risanatore, al Salvatore, al Cristo, passato per il Mistero del Golgota,

viene salvato l’elemento corporeo dell’uomo.

 

Ma se le cose fossero rimaste tali, coloro il cui corpo è stato salvato, avrebbero recato in sé il Cristo come entità operante in loro, operante in loro anche corporalmente. Ma lungo questa strada gli uomini non sarebbero mai potuti diventare esseri liberi. Se le cose fossero rimaste a tal punto, allorché, nel XIV secolo, sorse la libertà, gli uomini si sarebbero evoluti accogliendo in sé il Cristo per rassicurare le loro anime dopo la morte, affinché non guardassero giù alla Terra, così come vi ho descritto. Ma gli uomini, in tal modo, non sarebbero mai potuti diventare liberi. Per diventare buoni, avrebbero dovuto far agire in sé il Cristo così come il Padre aveva agito nell’antichità negli uomini non iniziati. Allora gli uomini, sviluppando in sé l’Io, diventavano liberi.

Nei tempi antichi gli Iniziati diventavano uomini liberi, mentre gli altri no,

perché il Padre viveva in questi altri in maniera ancora incosciente.

 

Se i cristiani fossero diventati coscienti del Cristo, avrebbero dovuto, ogni qual volta avessero voluto operare secondo bontà, estinguere la propria coscienza dell’Io, affinché il Cristo si destasse in loro. Non sarebbero stati buoni loro stessi, ma il Cristo in loro. Gli uomini si sarebbero dovuti muovere qui, sulla Terra, il Cristo avrebbe dimorato in loro e, servendosi dei loro corpi umani, ne avrebbe operato il risanamento. Ma le buone azioni che gli uomini avrebbero dovuto compiere sarebbero state azioni del Cristo, non azioni umane.

Non era questo il compito, la missione del Figlio divino, il quale si era unito all’evoluzione della Terra con il Mistero del Golgota. Egli voleva dimorare nell’umanità, ma non voleva offuscare la nascente coscienza dell’Io.

Egli aveva già compiuto ciò una volta in Gesù, nel quale visse, a partire dal Battesimo, la coscienza del Figlio in luogo della coscienza dell’Io. Ma questo non sarebbe dovuto avvenire negli uomini delle epoche successive. In essi l’Io avrebbe dovuto elevarsi in piena coscienza, e però divenire dimora del Cristo.

 

A tal fine fu necessario che il Cristo scomparisse dall’immediata visione degli uomini, che Egli restasse sì unito all’esistenza terrestre, ma celandosi al loro sguardo. A Lui fu applicabile quell’espressione comune nel linguaggio degli antichi Misteri, che si usava per indicare che un essere fisicamente visibile, la cui esistenza può venir seguita da uomini il cui sguardo è rivolto al mondo fisico, smette di rendersi visibile: si diceva allora che egli ha compiuto la sua Ascensione. Così il Cristo ha compiuto la Sua Ascensione, è divenuto invisibile. Infatti, Egli avrebbe conservato in qualche modo la sua piena visibilità, se avesse dimorato negli uomini estinguendo il loro Io, onde essi sarebbero potuti diventare buoni solo per il fatto che, in realtà, fosse il Cristo ad agire in loro.

 

La modalità con cui il Cristo, ancora dopo la Resurrezione,

si era reso visibile agli Apostoli e ai discepoli, dovette venir meno: il Cristo compì la Sua Ascensione.

Egli tuttavia inviò agli uomini quella entità divina che non estingue la coscienza dell’Io

e alla quale ci si eleva non nella visione, bensì appunto nell’invisibile spirito.

Egli inviò agli uomini lo Spirito Santo.

È propriamente lo Spirito Santo ciò che il Cristo dovette inviare all’uomo,

affinché questi potesse conservare la coscienza dell’Io, vivendo il Cristo in lui senza che egli ne fosse cosciente.

 

Così l’uomo, se vuole recare innanzi all’anima ciò in cui consiste propriamente il suo essere, deve dirsi: se guardo indietro a quanto conoscevano gli antichi Iniziati, riconosco che in me vive il principio del Padre, che riempie l’intero universo e che si manifestava a quegli Iniziati portando l’Io al suo sviluppo. È questo il principio che viveva in noi prima che discendessimo nel mondo fisico. Grazie al dimorare in loro del principio del Padre, gli antichi Iniziati ricordavano con assoluta chiarezza le modalità in cui erano vissuti prima di discendere nel mondo fisico. Essi cercavano il divino nel mondo che precede la nascita, nella preesistenza: Ex Deo nascimur.

Dopo il Mistero del Golgota, per l’uomo non poteva più valere «io sto di fronte al Cristo», altrimenti egli non sarebbe diventato buono in virtù di se stesso, perché sarebbe stato il Cristo ad essere buono in lui. Per l’uomo poteva valere soltanto: In Christo morimur. Egli poteva morire nel Cristo, poteva congiungersi al Cristo in virtù di un principio di morte.

Ma grazie all’Entità che il Cristo gli inviò, grazie all’Entità dello Spirito Santo, potè venir destata una nuova coscienza: Per Spiritum Sanctum reviviscimus.

 

Vedete, con questo potete scorgere il nesso all’interno della Trinità

e riconoscere al tempo stesso che è proprio dell’essenza del Cristianesimo

il fatto che, anche senza la visione del Cristo, sia possibile pervenire al risveglio dello spirito.

 

Il Cristo, inviando lo Spirito Santo all’umanità, ha donato a questa la facoltà

di sollevarsi alla concezione dello spirito, liberandosi dall’elemento intellettuale.

Non è più giustificato, dunque, dire che l’uomo non sia in grado di afferrare il sovrasensibile con il suo spirito.

 

Egli potrebbe giustificare una mancata comprensione del sovrasensibile,

solo nel caso che ignorasse lo Spirito Santo, limitandosi a parlare di Dio Padre e del Dio Cristo.

Anche nel Vangelo si accenna con chiarezza, per chi solo lo voglia intendere,

che è già una rivelazione il fatto che l’uomo, per lo spirito che dimora in lui, tendendo al Cristo,

possa giungere a comprendere il sovrasensibile.

 

Per questo ci viene attestato che con il Battesimo del Cristo si manifestò lo Spirito Santo.

E con la manifestazione dello Spirito Santo risuonano nel cosmo le parole:

• «Questo è il mio figlio diletto, oggi l’ho generato».

 

Il Padre è il generante non generato che pone il Figlio nel mondo fisico.

Ma al contempo il Padre si serve dello Spirito Santo per rivelare all’umanità

che nello spirito può venir afferrato il sovrasensibile,

ancorché questo spirito non venga veduto, ma operi interiormente per rendere vivente il suo astratto apparire,

per destare a nuova vita, in virtù del Cristo dimorante in lui, il cadavere del pensiero,

che rechiamo come residuo della nostra esistenza prenatale.

 

Una volta, nel Battesimo del Giordano,

il trasmettersi e il manifestarsi dello Spirito Santo, avvenne per virtù del Padre.

E quando il Cristo inviò ai suoi discepoli lo Spirito Santo, questo avvenne per virtù del Cristo, il Figlio.

 

Perciò, secondo l’antico dogma,

• il Padre è il generante non generato,

 • il Figlio, il generato dal Padre,

• lo Spirito, l’inviato dal Padre e dal Figlio all’umanità.

 

Non si tratta di un dogma stabilito arbitrariamente, bensì di una conoscenza iniziatica dei primi secoli cristiani,

solo in seguito dimenticata, come del resto vennero dimenticate la tricotomia e la Trinità.

 

Il principio divino operante nell’evoluzione dell’umanità secondo il cristianesimo,

non è comprensibile senza la Trinità,

e qualora subentrasse, invece della Trinità, un’altra rivelazione di Dio,

non si tratterebbe più di una rivelazione integralmente cristiana.

• È necessario comprendere il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo,

se si vuole comprendere l’autentica e concreta rivelazione di Dio.

 

Così lo stesso Vangelo non venne più compreso, quando, dalla Scolastica, fu decretato

che l’uomo possiede una rivelazione solo nella fede e che non può elevarsi con la conoscenza al sovrasensibile.

Tale decreto sul conoscere umano delimitato dalla fede, costituì esso stesso un peccato contro il cristianesimo:

fu un peccato contro l’annuncio dello Spirito Santo attraverso il Padre nel Battesimo di Gesù,

e attraverso Gesù stesso nell’invio dello Spirito Santo a Pentecoste.

 

Nell’evoluzione della civiltà europea, in ciò che continuò a chiamarsi cristianesimo, si è dunque molto peccato contro gli originari impulsi cristiani, e oggi urge nell’umanità un ritorno ad essi.

Questi originari impulsi cristiani vennero in vario modo irrigiditi attraverso i dogmi. Tuttavia, ove si penetri nello spirito vivente, si può nuovamente suscitare un fuoco vivo dalla verità dei dogmi. L’errore della Chiesa non consiste nel fatto che essa abbia tramandato dogmi, ma piuttosto nel fatto di averli congelati, cristallizzati, sottratti alla conoscenza umana. Limitando questa a quanto è dato ai sensi, i dogmi dovettero cristallizzarsi, irrigidirsi, divenire incomprensibili. Infatti, è impossibile che la fede possa arrecare una vera comprensione.

Ciò che deve venire redento nell’umanità, è la conoscenza stessa:

il suo venir ricondotta al sovrasensibile.

 

• Tale esortazione ci viene dal Golgota, se lo comprendiamo rettamente,

se sappiamo come il Cristo, dopo essere passato per il Mistero del Golgota,

abbia inviato all’umanità, che già possedeva il divino principio del Padre, lo Spirito.

• Chi guarda alla croce del Golgota, deve guardare al contempo alla Trinità,

poiché il Cristo, in tutto il suo connettersi all’evoluzione terrestre dell’umanità, rivela invero la Trinità.

 

Questo, miei cari amici, è ciò che proprio oggi volevo porgere ai vostri cuori

e che deve costituire il fondamento per ulteriori considerazioni in un prossimo futuro.