La concezione del mondo quale vera medicina per guarire l’umanità

O.O. 206 – Il divenire dell’uomo, l’anima e lo spirito del mondo – 06.08.1921


 

L’evoluzione dell’umanità ha bisogno dell’impulso spirituale, coscientemente spirituale per la vita,

poiché si deve sempre distinguere

• tra la considerazione che qualsiasi saggezza o qualcos’altro nella vita ha di per sé,

• e ciò che ha per l’evoluzione dell’umanità.

 

L’intellettualismo, che va assieme al materialismo, ha sviluppato l’umanità in modo tale

da portare la vita di rappresentazione al massimo livello:

• dapprima la tecnica del pensare nella scolastica, nello scolasticismo, fu la prima azione di emancipazione;

• poi la scienza della natura nei tempi moderni ne è stata la seconda.

 

Ma quel che nel frattempo imperversava nel subconscio ha asservito l’uomo ai suoi istinti.

Questi devono di nuovo venir affrancati, emancipati.

Lo possono solo se abbiamo una scienza, una conoscenza,

una concezione spirituale del mondo altrettanto diffusa come quella materialistica,

se abbiamo una visione spirituale del mondo che formi il polo opposto

di ciò che si è sviluppato sotto la mera scienza della testa.

 

Da questo punto di vista va sempre di nuovo considerata la questione, perché, come ho detto, le persone amano ancora tanto parlare del fatto che dall’etica, dal rilancio della religiosità e così via debba insorgere una nuova era – affinché non si raggiunga nulla in realtà; affinché ci si abbandoni addirittura solo alle bugiarde pretese dell’epoca.

Dobbiamo effettivamente renderci conto che una cosa del genere, per come debba penetrare nell’interiorità umana – nonostante si parli in modo apparentemente teorico di come la Terra si sia evoluta a partire da Luna, Sole e Saturno -, se viene intesa correttamente, spiritualizza gli uomini fin dentro gli impulsi morali, gli impulsi religiosi.

Come altrettanto poco si può costruire qualcosa nel mondo esterno con i soli desideri, anche se questi sono tanto buoni, così non si può costruire qualcosa nel mondo sociale con le sole prediche pie, con le semplici esortazioni alla gente ad essere buona, con il mero parlare che si debba essere così o cosà.

 

Ciò che oggi c’è di distruttivo nel mondo non è ancora sorto dal volere arbitrario degli uomini,

ma è derivato come conseguenza di quello che è insorto come concezione del mondo

dall’inizio del quindicesimo secolo.

Quello che rappresenterà il polo opposto, quello che sanerà le ferite procurate

sarà e dovrà essere di nuovo una concezione del mondo.

E non si dovrebbe indietreggiare vigliaccamente

davanti al promuovere una visione del mondo

con la sua forza che favorisce l’elemento morale e religioso, perché questo soltanto può guarire.

 

Colui che riesce a capire tutto questo contesto prova di nuovo un sentimento

di ciò che, in fondo, si è sempre avuto là dove si sapeva qualcosa della vera saggezza.

 

Ho anche già parlato degli antichi luoghi dei misteri. Lo troviamo pure rappresentato nel senso della scienza dello spirito nella letteratura antroposofica. Da qui si può vedere come si sviluppi un’antica saggezza istintiva, come essa poi si trasformi nell’elemento intellettualistico, materialistico dei tempi moderni.

Ma persino se si torna alle scienze più essoteriche dei tempi antichi, diciamo, se si va indietro nell’ambito medico fino a Ippocrate, per non parlare della più antica visione medica egizia, il medico è ovunque, allo stesso tempo, filosofo.

 

Non si può davvero pensare come il medico non dovesse essere allo stesso tempo filosofo e il filosofo medico, e il sacerdote non dovesse essere entrambi e tutt’e tre. Non lo si poteva pensare. Perché no? Prendiamo una verità di cui ho spesso parlato.

L’uomo in effetti conosce – non è vero? – il momento della morte, questo momento unico in cui si depone veramente il corpo fisico e in cui l’elemento spirituale è in relazione con il mondo spirituale, in una relazione particolarmente forte. Ma questo avviene solo in un momento. Vorrei dire che sono integrati infiniti differenziali là dove sopraggiunge il momento della morte, i quali sono sempre contenuti in noi come differenziali durante tutta la nostra vita. Anzi, moriamo continuamente.

 

Quando nasciamo, iniziamo già a morire, e in ogni momento vi è un minuzioso morire in noi. E non potremmo pensare una gran parte della nostra vita animica, ma soprattutto non potremmo nemmeno immaginare la vita spirituale, se non avessimo costantemente la morte in noi. Abbiamo proprio di continuo la morte in noi, e quando non ce la facciamo più moriamo in un attimo. Ma moriamo continuamente tra nascita e morte.

Un’antica saggezza istintiva ha sentito che la vita umana è in realtà un morire.

 

Lo ha anche detto Eraclito, quale ultimo rampollo dell’antica saggezza primordiale: «La vita umana è un morire».

Il sentire umano è un continuo essere ammalati. Si ha la disposizione a morire e ad essere malati.

E ciò che si impara, a cosa serve? Serve come una medicina.

L’apprendimento è un processo di guarigione.

Avere una concezione del mondo deve essere un processo di guarigione.

 

I medici hanno avuto proprio questo sentore, perché curavano sì solo là dov’era necessario curare materialmente quando la malattia era acuta, ma essi ritenevano la vita umana soltanto come una malattia cronica.

E chi era un filosofo o un medico si sentiva con quanto era umanità terrestre anche come guaritore, si sentiva solo come guaritore per ciò che si considera di solito normale, che però è anche propriamente malato, che è la disposizione a morire.

Dobbiamo di nuovo provare questi sentimenti per la concezione del mondo: che essa non è solo un formale ripieno della testa, dello spirito, un ripieno di cognizioni, ma un reale processo nella vita; e la concezione del mondo serve per guarire l’umanità.

 

Riguardo alla nostra evoluzione storico-culturale viviamo effettivamente non solo in una lenta malattia, ma attualmente viviamo in una malattia acuta della cultura.

Quello che si presenta come concezione del mondo deve essere una vera medicina, deve essere una vera scienza medica, una cura.

 

Per conseguire un certo risultato nell’attuale civiltà e cultura si deve essere compenetrati del reale significato di una tale concezione del mondo come qui è intesa, compenetrati del fatto che veramente con la concezione del mondo è inteso qualcosa di reale, non solo questa formalità di voler sapere qualcosa, di voler in certo qual modo avere in sé i concetti per ciò che come cose stanno fuori, di voler conoscere le leggi di natura e applicarle tecnicamente.

No, dev’esserci questo elemento interiore, questa connessione con l’essere umano dove c’è una vera e propria concezione del mondo.

 

E si deve sapere che da questa vera concezione del mondo si possono ottenere quei rimedi efficaci che devono continuamente esserci per malattie, anzi, per un processo di morte. Finché non si parla in questo modo e finché non si comprendono tali cose, si parlerà sempre soltanto superficialmente dei mali del nostro tempo e non di ciò che è necessario.