La conoscenza come azione dell’anima umana.

O.O. 197 – Contraddizioni nell’evoluzione dell’umanità – 25.07.1920


 

Sommario: Materialismo e misticismo. Conoscenza come azione dell’anima umana. Il materialismo porta alla stupidità, il misticismo astratto porta alla puerilità.

 

Le considerazioni che abbiamo portato avanti negli ultimi tempi,

erano caratterizzate da una nota fondamentale.

• Abbiamo sempre preso le mosse dalla necessità di comprendere la gravità della nostra epoca,

se vogliamo individuare i compiti, i propositi collegati con il nostro movimento antroposofico.

 

Abbiamo poi messo in relazione questo tema centrale, in un certo senso, con ciò di cui parliamo in queste considerazioni, nonché con quello che dovrebbe aiutare a far sì che esso si trasformi sempre di più, in un numero crescente dei nostri membri, in una percezione animica.

Proseguendo dunque in questa direzione, oggi vorrei porre l’accento soprattutto su qualcosa che, per così dire, si può presentare interiormente nel nostro movimento scientifico-spirituale orientato antroposoficamente.

Come possiamo interpretare, guardando all’insieme delle correnti evolutive della cultura occidentale — che oggi, come sapete dal libro di Oswald Spengler, è destinata, persino da un punto di vista scientifico, al declino — come interpretare, dunque il conoscere, indipendentemente dal fatto che si sia d’accordo o meno, all’interno di questa cultura occidentale?

 

Ai giorni nostri,

proprio coloro che s’illudono di vivere la vita in modo sostanzialmente pratico

concepiscono il conoscere

• non come una reale azione dell’anima umana,

• ma come teoria.

 

Invece oggi quello che conta

• è guardare alla conoscenza come a una azione reale dell’anima umana,

in modo da essere consapevoli di non avere davanti a noi una teoria, una visione,

bensì un elemento permeato di volontà

e profondamente connesso con l’intero progresso dell’umanità e della Terra.

 

Innanzitutto voglio chiarire più approfonditamente un dato di fatto del mondo spirituale,

vale a dire cosa s’intende per conoscenza come azione.

Ho spesso accennato a due tendenze antitetiche nella vita dell’anima umana.

La prima è la corrente astratto-mistica, la seconda è quella astratto-materialistica.

 

La corrente astratto-materialistica è quella che è nata nel corso degli ultimi tre o quattro secoli dallo sviluppo delle scienze naturali e che, di fatto, ha impregnato tutti quegli ambienti che oggi si considerano particolarmente rivolti al progresso dell’evoluzione umana. Oggi difficilmente si ritiene che le credenze religiose tradizionali, così come si esprimono ufficialmente, favoriscano un autentico progresso dell’evoluzione umana. Si pensa, al contrario, che queste credenze religiose tradizionali, nella loro espressione ufficiale, facilitino un ulteriore declino della cultura occidentale.

Difatti, ad esempio, se l’idea di Spengler del declino dell’Occidente si realizzasse veramente, dovremmo pensare che ciò si concretizzerebbe proprio grazie alle credenze religiose tradizionali, così come sono ufficialmente rappresentate dai gesuiti, dai protestanti e così via; non ci verrebbe certo in mente di collegarle a ciò che porta verso il progresso. Oggi la corrente materialista, come ho sovente fatto notare, si percepisce nitidamente persino in coloro che non la conoscono per nulla.

È sicuramente emblematico — e dobbiamo sempre ricordarcene — che persino la concezione del mondo teosofica, allorché si presentò con il nome di “visione del mondo teosofica”, è stata inquinata, in certi ambienti, dal materialismo. Infatti, cos’erano in definitiva le descrizioni del corpo eterico e del corpo astrale degli uomini in questi circoli — che sempre di nuovo identificavano i corpi eterici e astrali come mere diluizioni della materia, immaginandoseli come qualcosa di semplicemente nebuloso — cosa erano se non materialismo mascherato, spiritualmente mascherato?

 

Il materialismo mascherato da spiritualismo è in primo luogo lo spiritismo, che parla sì di spirito, ma non vuole nient’altro se non lo spirito in forma materiale; se lo vuole rappresentare sotto forma di materia. Tutto ciò che è presente nella letteratura popolare, soprattutto nei nostri libri e giornali popolari, che in ogni articolo informano la gente su ciò che è “giusto”; tutto ciò che in tal modo si diffonde tra la gente, indipendentemente dal fatto che si tratti di cattolici o protestanti, è compenetrato di materialismo.

Questo materialismo è qualcosa che da un lato ha a che fare con la cultura progressista. Infatti, lo si valuta positivamente dato che si è immersi in tale cultura. Se ciò che storicamente appartiene alla tradizione come le confessioni religiose – rifiuta il nuovo, dovrebbe evidentemente combatterlo aspramente; ma su questo oggi non si riflette seriamente, visto che è qualcosa che tende a sparire. Al contrario, il materialismo è qualcosa che – naturalmente nel senso materialista, nell’interpretazione materialistica – porta in sé proprio quello che va conosciuto nel presente.

 

Se si vuole lavorare al progresso della vita spirituale bisogna conoscere ciò che oggi ci rivelano l’anatomia materialistica, la fisiologia materialistica, la biologia materialistica, la sociologia. È necessario approfondire ciò che si apprende in questo modo, proprio per ricavare, da tale sapere, la capacità di convertire in conoscenza spirituale la conoscenza materialistica, il modo materialistico di pensare e di ragionare.

Oggi come oggi è altresì basilare confrontarsi con quanto il materialismo porta in sé come contenuto. Non lo possiamo fare nel senso di trasformare, come alcune persone possono pensare, diciamo, la filosofia cattolica del Medioevo. Questa la possiamo trasformare, come ho spiegato a Dornach con la Tomistica, ma solo perché, in tal caso, essa si trasforma da sola. Anche il materialismo lo possiamo metamorfosare in vita spirituale interiore dell’anima. Per questo motivo è del tutto privo di senso che gli antroposofi disprezzino quanto proviene dal materialismo. Con esso è necessario fare i conti.

 

Non si può sviluppare l’antroposofia senza approfondire le cose; al contrario,

dobbiamo arricchirla immergendoci in modo vivente nella vita del presente,

dunque, prima di tutto, nella vita materialista.

 

Ora, se si vuole comprendere il materialismo nel contesto della reale evoluzione dell’umanità, dobbiamo sviluppare una precisa sensazione interiore; una sensazione che ai giorni nostri non viene avvertita dai più, in particolare nei circoli intellettuali. Si tratta della sensazione secondo la quale in tutto ciò che ci circonda nel mondo della percezione, in ciò che vedono i nostri occhi, che odono le nostre orecchie e così via, non vi è una realtà né è possibile cercarla.

È dunque fondamentalmente errato, all’interno di questo mondo esteriore della percezione, considerare reali gli atomi e le molecole, anche qualora se ne facessero delle monete commemorative. Di ciò vanno particolarmente orgogliosi diversi rappresentanti della scienza, i quali affermano di non considerare reali atomi e molecole, ma solo forme-pensiero, forme-pensiero, per intenderci, che esistono nello spazio.

Ma quello che conta non è ipotizzare elementi di materia o simili elementi di pensiero negli atomi, bensì prendere le mosse da un vivente accoglimento di entità spirituali o, al contrario, respingere inorriditi questo vivente accoglimento e basarci solamente su ciò che ci viene incontro nel mondo materiale. E questo vale anche per gli atomi, come forze puntuali.

 

Non appena si parte da rappresentazioni atomistiche,

si penetra in quel materialismo che conduce al decadimento.

Si viene a capo del mondo della percezione solo considerandolo come fenomeno,

come mondo apparente.

Quello che ci viene incontro nei sensi è qualcosa in cui la materia non c’è affatto.

 

Dobbiamo sviluppare in noi anche la comprensione – e possiamo svilupparla grazie a quanto è disponibile nella nostra letteratura antroposofica – del fatto che quando noi, innalzando lo sguardo a contemplare il vasto cielo stellato, le formazioni delle nuvole, il contenuto dei tre regni, minerale, vegetale e animale, ma anche il quarto regno, quello umano, ebbene, non siamo in grado di trovare nulla di materiale in tutto ciò che vediamo venirci incontro dalla percezione. Dietro tutto ciò non vi è materia!

Quelle sono certamente manifestazioni, fenomeni, com’è, ad esempio, l’arcobaleno, anche se a volte si manifestano in modo più tangibile rispetto all’arcobaleno. Così come nessuno scambierà l’arcobaleno per una realtà concreta — intendo dire come un vero e proprio ponte suddiviso nei sette colori — ma lo vedrà come un fenomeno, come un’apparenza, allo stesso modo ognuno dovrebbe considerare quanto gli viene incontro dal mondo esterno attraverso i sensi come fenomeno, apparenza, anche se si manifesta in modo consistente.

Persino in un cristallo di quarzo, ove è coinvolta anche la percezione sensibile — nel caso dell’arcobaleno la nostra mano vi passerebbe attraverso — pur potendolo afferrare, dovremmo, anche nel caso del cristallo di quarzo, parlare solo di fenomeno, senza fantasticare di nessuna realtà materiale, e non importa in qual modo distorto oggi la scienza naturale si raffiguri la questione.

 

Dunque quelli che definiamo fenomeni “materiali”,

in realtà non sono fenomeni materiali; in essi non c’è davvero materia alcuna.

Essi sono solo fenomeni; sono quello che viene e va da una realtà diversa,

che ci resta sconosciuta se non siamo in grado di concepirla spiritualmente.

Questa è la comprensione che dobbiamo sviluppare: non cercare la materia nel mondo esteriore!

 

Pertanto non afferra l’obiettivo reale dell’evoluzione antroposofica proprio chi disprezza la fisicità del mondo esteriore, chi dice: “Oh, quello che si percepisce esteriormente è solo materia, noi dobbiamo elevarci al di sopra di essa!”. Questo è però del tutto sbagliato.

 

• In realtà, quello che percepiamo all’esterno non è materiale e non possiamo per questo ricercarvi la materia.

Noi, infatti, non incontriamo materia nel mondo che, attraverso i nostri sensi, produce impressioni su di noi.

• Ciò emerge con chiarezza se leggete, con lo spirito giusto,

quanto è contenuto nella nostra letteratura orientata antroposoficamente.

 

Questa consapevolezza va poi educata ulteriormente. Allora ci si avvicina ad argomenti che sono piuttosto spiacevoli per gli uomini di oggi, perché ci collegano senza mezzi termini a quella che chiamiamo l’esperienza del guardiano della soglia. Si tratta di esperienze che mettono a disagio, ma che vanno affrontate se si vuole procedere nell’evoluzione interiore.

 

Ci si deve prendere la briga di passare dall’approccio teorico a quello reale.

La conoscenza deve, in certo modo, fare i conti con i fatti.

• Chi pensa che vi sia materia nel mondo che chiamiamo mondo materiale

— alcuni certamente lo crederanno, convinti che basti dire “materia” perché

la materia esista; questo è la logica verbale con cui si ha a che fare oggi —

chi dunque affermi che s’incontri materia all’interno del mondo della percezione

non commette semplicemente un errore teorico.

 

Neppure chi pensa che sia sufficiente dire che è sbagliato cercare materia nel mondo della percezione, ebbene, neppure lui si trova nell’ambito della scienza dello spirito orientata antroposoficamente, dato che la semplice correzione di un punto di vista teorico non è ancora scienza dello spirito.

La scienza dello spirito deve considerare la conoscenza come un’azione,

la scienza dello spirito deve essere conoscenza permeata di volontà,

deve pertanto, pur offrendo definizioni e spiegazioni, entrare nei fatti reali.

Ed ecco che la faccenda diventa scomoda.

 

E facile dire: “la tua idea che ci sia materia nel mondo esteriore della percezione è falsa,

devi correggere la tua opinione!” Vedete, questo è un discorso teorico.

 

Adottare teorie, rifiutarle o correggerle, sono semplicemente chiacchiere teoriche,

qualcosa di cui la scienza dello spirito in realtà non può accontentarsi;

qui si tratta di rendersi conto, nella propria conoscenza,

che quanto in noi è collegato con la rappresentazione materialistica della materia,

è qualcosa di malsano per l’intero organismo.

• Si deve comprendere che una mera definizione logica è erronea

e quindi passare a una definizione che afferri il reale, che afferri la costituzione dell’uomo.

 

È necessario convincersi

che affermare che nel mondo della rappresentazione ci venga incontro la materia

non è soltanto logicamente errato; in realtà, chi scorge materia nella percezione,

è davvero sulla via della deficienza costituzionale, dunque, in sostanza,

essere materialisti nel senso sopra indicato è una malattia.

• Si vuole afferrare la realtà con il proprio pensiero,

ma non la si afferra fin tanto che si rimane nell’elemento teorico.

 

E dato che tutti partono dal presupposto che basti ricevere un buon insegnamento per sapersi regolare,

la scienza dello spirito parte innanzitutto dal presupposto di una evoluzione vivente,

parte dal presupposto che, se si è materialisti nel senso sopra indicato, si debba guarire,

perché è una vera e propria malattia, perché è il sentiero verso la follia.

 

• A questo punto la questione ci rimanda decisamente a quello che viviamo come esperienza

nell’incontro con il guardiano della soglia.

 

Infatti, quando si accede – in questo incontro con il guardiano della soglia – a mondi diversi da quello del piano fisico, mondi che aggiungono qualcosa di nuovo a questo mondo fisico, allora ogni teorizzare cessa, tutto quello che annebbia l’intelletto cessa e inizia la realtà; a quel punto ogni parola è impregnata di realtà.

A quel punto non si può più dire: “tu affermi qualcosa di giusto o di sbagliato”, ma si deve affermare: “tu dici qualcosa che parte da uno spirito malato o da uno spirito sano”. Allora ci si avvicina alle realtà.

Così non si può neppure dire: “devi correggere il tuo punto di vista” bensì: “se stai andando verso la malattia, verso la follia, la devi trasformare di nuovo in salute”.

 

Vedete, oggi non è sufficiente che si rettifichino, si correggano le cosiddette ideologie avvolte dalla nebbia,

ma si tratta realmente – se si vuole essere scienziati dello spirito – di attuare un concreto lavoro in se stessi,

non accontentarsi di qualcosa di intellettuale o logico o teorico.

• Stiamo vivendo in un momento così grave, che l’elemento patologico della concezione del mondo razionale

deve mostrarsi in modo assolutamente chiaro davanti al nostro animo.

 

Abbiamo cercato di descrivere e di caratterizzare, dal punto di vista della realtà, un aspetto attuale della vita culturale: quello materialistico. L’altro aspetto, la polarità opposta, è il misticismo.

Oggi, infatti, vi sono molte persone che si rifugiano nel misticismo perché insoddisfatte del materialismo. Si rendono conto che questo materialismo è qualcosa di sbagliato, che ci si deve dunque rivolgere ad un’altra concezione del mondo, si devono cercare nuove strade, diverse dal materialismo. Allora gli uomini cercano di evolvere sulla strada dell’interiorità, di giungere ad afferrare l’elemento spirituale.

 

Abbiamo spesso definito il misticismo come una corrente spirituale che è evidentemente giustificata nella sua parzialità se questa parzialità viene compresa, allo stesso modo in cui il materialismo è giustificato se lo si analizza nella sua parzialità.

Abbiamo definito il misticismo come una sorta di reazione nei confronti di ciò che negli ultimi secoli si è imposto, nella civiltà americana ed europea, come materialismo. Ma quello che è stato detto ripetutamente – c’è anche nel mio libriccino: Verso una autentica conoscenza dell’enigma umano mediante lo spirito, uscito durante la guerra e spedito anche sui campi di battaglia – è che si deve fare attenzione che con questa corrente mistica non ci si limiti, ancora una volta, esclusivamente a questo teorizzare cui assistiamo normalmente.

Quando si parla di misticismo, le persone pensano che ciò significhi ritrarsi dalla vita esteriore, rifugiarsi nella propria interiorità e raggiungere così la “scintilla divina” descritta da Meister Eckhart; in tal caso – pensano – si manifesterebbe il vero elemento spirituale, che non può essere per nulla contenuto nella materialità esteriore.

Ma i mistici sono spesso autentici materialisti.

 

Guardate, i mistici sono proprio i materialisti più decisi e convinti. Cominciano a brontolare appena si parla del mondo materiale, eppure sono contenti di occuparsene – ne abbiamo parlato spesso si sentono più elevati rispetto al mondo materiale. Ma qui si tratta di affrontare la questione in un modo che non sia meramente teorico, bensì aderente alla realtà; si tratta di tornare a guardare ai fatti reali che si celano dietro a quest’anelito mistico. Si tratta di vedere cosa sia realmente attivo in noi quando diventiamo mistici, ciò che agisce in noi quando diventiamo mistici.

Anche questo lo potete ricavare dalla nostra letteratura orientata antroposoficamente. E allora dobbiamo dire: questa è proprio la base grazie alla quale incontriamo la materia!

 

• Quando diventiamo mistici, scopriamo l’elemento materiale che agisce in noi.

Come si manifestano, anche nel mistico più elevato, i fenomeni?

• Egli porta a coscienza dentro di sé quanto ribolle e brucia nel suo metabolismo,

per quanto raffinato questo possa essere.

• Incontriamo la materia vera e propria

non nel mondo esterno, che imprime su di noi le impressioni sensibili, ma all’interno della pelle umana.

Incontriamo la materia quando facciamo emergere dentro di noi ciò che brucia nel ricambio.

 

Se, ad esempio, analizziamo quanto intimamente Meister Eckhart abbia ritratto Dio, egli ci racconta con quanta attenzione abbia portato a coscienza ciò che fremeva e bruciava nel suo ricambio, quello che percepiva attivo in direzione del centro del cuore, dove si trasformava in ciò che è avvertibile come “scintilla divina” del divino sé nell’uomo.

Questa è la fiammella che viene accesa nel cuore dal ricambio.

 

• Quando sperimentiamo il misticismo giungiamo dunque alla natura reale dell’elemento materiale,

e, così come dobbiamo portare gli autentici frutti del goetheanismo in una concezione del mondo più elevata,

ci deve essere anche chiaro che i risultati del misticismo

sono quelli che troviamo nell’interpretazione dell’agire materiale.

 

Noi non scopriamo i processi materiali nel laboratorio chimico. No, quando il chimico lavora nel suo laboratorio, quello che avviene nell’alambicco è solo un fenomeno esteriore, come lo è l’arcobaleno.

Anch’esso è un fenomeno, in esso non c’è nulla di realmente materiale. Riconosciamo l’autentica materialità quando vediamo – allo stesso modo in cui la candela di stearina si accende con la fiamma – il ribollire e il bruciare dei processi che hanno luogo internamente, sotto la nostra pelle.

 

Questo è quello cui dobbiamo riferirci allorché parliamo di materialità;

• afferriamo correttamente il misticismo quando comprendiamo

che tutto ciò che il misticismo come tale, nella sua unilateralità,

produce in termini di esperienze interiori, è una azione materiale, e in esse va cercata la reale materialità.

 

Non dovremmo cercare la materia analizzando i processi chimici, la dovremmo cercare in qualsiasi struttura che svolge la sua complessa azione chimica e la sua complessa fisiologia sotto la pelle umana.

Il misticismo ci insegna a risolvere gli enigmi della materia.

Grazie al misticismo impariamo a risolvere esclusivamente gli enigmi della materia.

 

Non dobbiamo interpretare la fisicità insita nell’organizzazione umana dicendo, quando vediamo una fiamma che brucia: “questo non può assolutamente essere il risultato di quanto è nella candela, in realtà dentro la candela c’è uno spiritello che produce la fiamma”. Ovviamente questa sarebbe una sciocchezza. Allo stesso modo è una sciocchezza cercare la realtà spirituale in ciò che sperimenta il mistico.

A questo punto è necessario che ci sforziamo di appropriarci di una determinata immagine, l’immagine della verità della soglia.

Non andiamo molto lontano con ciò che si consegue con il misticismo; in esso siamo dediti ai nostri desideri egoistici, ci troviamo immersi in fenomeni che ci stordiscono, che vogliono presentare i nostri reali processi interiori solo come processi materialistici.

 

Tramite l’insieme confuso dei fenomeni, che ci viene incontro da tutte le parti del mondo fenomenico, non arriviamo a riconoscere che in esso davvero non c’è materia da nessuna parte. Riflettiamo, ad esempio, su cosa vediamo realmente quando osserviamo un pianeta o una stella fissa nello spazio cosmico. Cosa vediamo veramente? Ebbene, quello che vediamo intorno a noi sulla Terra come manto di vegetazione, formazioni di nuvole, grigio-marrone del terreno e così via, noi non lo vediamo quando alziamo il nostro sguardo verso il cosmo e osserviamo le stelle; per poter vedere ciò le stelle – e la stessa luna – sono troppo lontane. Ma quel che c’è là fuori, quel che vive su questi mondi alieni, ha in realtà un elemento interiore, ha dei processi materiali trasformati.

 

Quello che vive in termini di processi materiali nelle entità più elevate, lo vediamo quando puntiamo il telescopio verso una stella. Allo stesso modo, se da un altro corpo celeste, ad esempio dalla luna, si puntasse il telescopio verso di noi, si vedrebbero le nostre piante, gli animali e così via? No, la nostra Terra è troppo lontano dalla luna. Ma se da là si dirigesse il telescopio giù verso la Terra, si vedrebbe il nostro stomaco, il nostro cuore e così via. Questo è il contenuto di quanto irraggia nel cosmo. Dato che l’uomo appartiene al regno più alto tra i diversi regni esistenti sulla Terra, da fuori si può vedere ciò che accade dentro la sua pelle. E ciò che può essere visto dalle lontane stelle, se s’infiamma interiormente in modo cosciente, viene sperimentato dagli uomini come misticismo.

 

Come potete vedere, chi sviluppi una seria dedizione nei confronti della concezione del mondo antroposofica, deve accogliere anche questa seconda e altrettanto scomoda verità: è proprio il misticismo a farci conoscere la materia terrestre.

Se guardiamo solo al mondo esteriore non conosciamo neppure la più elementare forza terrestre. Prendete in mano un libro di fisica. Sapete che vi si parla della gravità, della gravità terrestre; ma naturalmente vi trovate scritto anche che la natura della gravità non si conosce. Ci si compiace addirittura di affermare di non conoscere la natura della gravità.

 

Come s’impara a conoscere la natura di quella forza che fa cadere il gesso se si apre la mano? Conosciamo la forza che chiamiamo gravità, nel modo che ora vi dirò.

Si giunge a conoscerne qualcosa in un determinato momento della vita, diciamo dal trentesimo anno in poi – forse anche prima, ma questo dipende dalla guida amorevole del destino – se ci si osserva in modo scientifico-spirituale e non nel solito modo – la scienza dello spirito ci presenta modi efficaci di auto-osservazione si arriva a conoscerne qualcosa all’incirca con il trentaduesimo anno di vita.

 

Se impariamo la vera autosservazione e non ci osserviamo nel modo astratto del misticismo, ci accorgiamo allora che nel periodo, per esempio, che va dal trentacinquesimo al quarantesimo anno di vita siamo diventati, da un punto di vista organico, delle persone diverse. Alcuni si accorgono che i loro capelli sono diventati grigi; oppure accade che a quell’età gli uomini vadano incontro alla calvizie. Insomma si diventa diversi. Ma se non ci siamo conquistati la capacità di osservare noi stessi, non ci accorgiamo di questo diventare diversi, non sperimentiamo interiormente come tale diventare diversi si manifesti. Lo si può sperimentare se applichiamo a noi stessi quanto viene indicato nel mio libro Come sì conseguono conoscenze dei mondi superiori? Allora possiamo sperimentare quello che si prova interiormente all’incirca dal trentaduesimo anno. Impariamo a renderci conto di come ci dobbiamo comportare diversamente con il nostro corpo, di come questo divenga più pesante. A quel punto sperimentiamo interiormente il peso, ciò che chiamiamo gravità. Ma questo va percepito interiormente.

 

Tutti i discorsi senza capo né coda che derivano dal misticismo non sono determinanti rispetto al fatto concreto di poter, come si è detto, sperimentare interiormente il diventare più pesanti. Non potete imparare a percepire il divenire più pesanti osservando un essere umano che lascia cadere un sasso. Non percepite la gravità dalla caduta di un sasso, poiché il sasso non possiede la reale materialità. Dovete invece osservare voi stessi, non guardando allo spazio, ma al tempo, in altre parole, al succedersi degli eventi che sperimentate.

• È necessario passare dallo sperimentare spaziale a quello temporale.

Prima va eseguita l’autosservazione. Ciò che non sarà giammai possibile scorgere nel mondo esteriore della percezione va trovato tramite esperienze interiori. E queste sono il secondo elemento della realtà.

 

Cos’ha in mano chi percepisce il mondo esteriore della percezione?

Egli afferra solo la verità, ma non la scienza.

Mentre chi sperimenta interiormente in modo mistico-astratto, ha solo la scienza, ma non la verità.

Questi, infatti, s’inganna sull’elemento basilare dell’interiorità,

perché l’esperienza interiore consiste nell’ardere dei processi materiali.

 

Chi cerca nel mondo esteriore solo la materialità, interpreta il mondo in senso arimanico;

mentre chi cerca solo la verità in modo mistico-astratto nella propria interiorità,

lo interpreta in senso luciferico.

• Quello che una vera scienza spirituale orientata antroposoficamente deve ricercare

è l’equilibrio tra i due, è il convergere di verità e scienza.

 

Dobbiamo ricercare la verità da una parte e la scienza dall’altra

e prendere coscienza di come le realtà viventi prendano forma

quando noi compenetriamo la verità con la scienza e la scienza con la verità.

• Allora qualcosa accade, la conoscenza diventa un’azione.

• A quel punto non viene definito o dimostrato qualcosa solo logicamente,

ma, se l’uomo cerca di sperimentare interiormente la scienza

e di afferrare esteriormente la verità, cercando di compenetrarle reciprocamente, qualcosa accade.

 

Questo è ciò che la nostra epoca deve comprendere.

Il presente deve capire che l’uomo deve mantenersi in equilibrio tra i due estremi,

l’elemento arimanico e quello luciferico. L’uomo tende sempre verso uno dei due.

 

Pertanto il gruppo tripartito a Dornach è strutturato in modo da avere in alto l’elemento luciferico e in basso quello arimanico, con al centro il Cristo che mantiene l’equilibrio. Se queste cose le raffiguriamo in idee, se le trasformiamo in un distillato d’idee, allora abbiamo verità e scienza.

È possibile, tuttavia, rappresentare tali realtà anche artisticamente, ma allora bisogna prescindere dalle mere idee, bisogna cercarle nelle linee, nella forma, nella struttura, com’è il caso, per esempio, del gruppo tripartito a Dornach. Il tutto è comunque permeato dallo spirito.

 

La mistica è unilaterale e altrettanto lo è il materialismo.

Ed è necessario sapere che essi si devono incontrare in un agire vivente

e che la reale interiorità dell’uomo va ricercata in tale agire vivente.

Il nostro tempo vuole invece legarsi unilateralmente al materialismo, e questo in realtà porta verso l’ottusità.

 

Ho mostrato che non ci possiamo fermare all’elemento teorico,

ma è necessario penetrare conoscitivamente nel reale, nel concreto:

non appena si incontra il guardiano della soglia, ci si rivela cosa è il materialismo:

un sentiero verso l’idiozia!

 

Ci si deve mantenere sani, non rifiutare qualcosa solo per passare dall’altra parte. L’estremo opposto è il misticismo astratto. Esso ci trasmette la sensazione che, in realtà, si tratti di una via verso l’infantilismo, verso – se lo vogliamo dire in tedesco non c’è nessun’altra parola tedesca per questo – la puerilità, un modo di concepire il mondo che può essere appropriato solo per un bambino molto piccolo, appunto: infantilismo!

 

Dunque il bambino non ancora sfiorato dagli eventi del mondo, immerso nella fisicità e nei processi fisici organici, ci ricorda la tipologia del mistico, ma il fatto è che i mistici hanno le stesse esperienze dei bambini molto più tardi. Queste esperienze sono naturalmente diverse, ma il bambino percepisce anche l’accumularsi della vitalità organica nel cuore e quando sente tale accumularsi si mette a sgambettare; vediamo allora che lo sgambettare della periferia, il muoversi verso l’esterno rappresenta l’opposto del concentrarsi della vitalità nel cuore. Se l’uomo resta infantile per tutta la vita, se per lui è fin troppo facile riconoscersi in ciò che può dargli solo il materialismo, allora egli rifiuta la materia esteriore; essa non rappresenta nulla per lui, è solo l’elemento più basso dal quale partire per tirarsi su. Anzi, poi anche lui sgambetta, e, sgambettando, fa emergere il suo misticismo.

Questa è la verità della soglia, una verità scomoda. Ma tutto il misticismo astratto, quello che le persone oggi – quando vengono stampate cose che sembrano uno sgambettare del pensiero – vivono come una bramosia, quasi da leccarsi le dita, non è altro che infantilismo.

 

E bisogna affermare con chiarezza che,

• come il materialismo porta alla stupidità,

così il misticismo astratto porta alla malattia dell’infantilismo, alla puerilità.

Ebbene, la vita reale consiste nel trovare il bilanciamento,

l’equilibrio tra materialismo e misticismo.

 

Tuttavia, poiché ciò è, come si è detto, piuttosto difficile, ecco che diventa davvero scomodo. Ma se siete alla ricerca dell’equilibrio non potete neppure rifiutare quello che è su un piatto della bilancia, perché, se è troppo pesante, ancora una volta disturba l’equilibrio; dovete allora davvero cercare di mettere su entrambi i piatti qualcosa che li mantenga in equilibrio.

Pertanto è necessario che non disprezziate ciò che porta verso la materialità, affermando semplicemente che questo conduce alla stupidità. Al contrario, chi voglia comprendere la questione, si deve immergere coraggiosamente nella realtà, dicendo: “devo comunque percorrere quel sentiero che, se percorso unilateralmente, porta verso la stupidità, ma vi sono preparato”. “D’altra parte sono anche preparato alla possibilità di rivolgermi all’altro sentiero; prendo dall’infanzia quel che è necessario, ma non mi fermo all’infanzia”.

 

Si deve dunque trovare l’equilibrio tra materialismo e misticismo: questo è il vero significato della vita.

Il senso della vita è l’equilibrio tra stupidità e puerilità.

E se non si è in grado di capire questa verità, non si è in grado di comprendere la realtà.

 

Le persone diventano semplicemente stupide se non prendono coscienza che l’uomo normale deve superare la stupidità che sempre lo minaccia, giorno dopo giorno, ora dopo ora, mentre rimane uomo solo se rimane infantile, vale a dire se rimane geniale. Infatti, se abbiamo mantenuto nel giusto equilibrio l’infantilità, siamo dei geni. Siamo dei geni, se abbiamo conservato l’infantilità dopo i trent’anni; questa, però, deve trovarsi nel giusto equilibrio.

Si può dunque affermare che per ognuno esiste il pericolo – non saprei come dirlo – di diventare un genio o di rimanere puerile. In realtà entrambi gli aspetti possono convivere. Una volta che ci accostiamo alla verità della soglia, la modalità ordinaria di espressione non vale più; le cose che, di regola, sono separate si compenetrano l’una con l’altra. Tutte le parole assumono un significato diverso e potremmo dire che sarebbe davvero divertente rendere questa immagine pittoricamente o plasticamente: “qui c’è la soglia del mondo spirituale, qui c’è qualcuno e di là qualcun altro; l’uno agisce nell’elemento spirituale e l’altro in quello materiale, e urlano l’uno verso l’altro. Quello dal mondo spirituale urla: puerilità! – e l’altro, da quello materiale, grida: genialità!” – Proprio come l’albero ha una forma diversa a seconda del lato da cui lo si guardi, così le cose appaiono differenti a seconda che le si osservi dal punto di vista spirituale o da quello materiale.

 

Dal punto di vista spirituale si deve parlare di genialità,

perché si è conservato lo stile del fanciullo, del pensiero giocoso, della puerilità,

perché, se ci si trova sul lato spirituale, si può vedere cosa sia davvero l’infantilità.

Qui, infatti, la puerilità la si vede in modo diverso.

 

Noi sappiamo che l’uomo è disceso dal mondo spirituale e vive in un corpo fisico,

e, pur osservando la goffaggine del bambino,

ci rendiamo conto che la spiritualità più elevata vive proprio in ciò che non è ancora sviluppato.

 

Alcune persone, tra le quali ad esempio un sempliciotto come Dessoir, si sono particolarmente infastidite quando ho affermato nel mio libriccino La Guida spirituale dell’uomo e dell’umanità che la saggezza che lavora alla formazione del cervello del bambino è decisamente superiore alla saggezza che l’uomo esprime più tardi nel corso della sua vita. Questo gli sprovveduti come Dessoir non riescono a comprenderlo; per loro la misura della saggezza consiste in quello che scrivono nei loro libri.

Ma il fatto è che quando viene pronunciato il termine puerilità dal punto di vista spirituale, si può osservare come lo spirito umano, disceso come un raggio dell’essenza divina, si sviluppi interamente nella propria interiorità. Esso si è immerso in un corpo umano non ancora evoluto, l’ha compenetrato, l’ha elaborato in modo tale che, dopo appena pochi mesi, il cervello è diverso da com’era prima, e tutto il corpo diventa qualcosa di diverso nel settimo, nel quattordicesimo anno, e così via.

Allora non si parla più di puerilità come se fosse un’offesa; se ne parla in modo da riferirsi alla puerilità come a qualcosa che si manifesta nel discendere dello spirito nel mondo fisico, come il primo afferrare la corporeità, l’essere ancora bambini, il trovarsi ancora in una costituzione umana in cui l’uomo – per via dello sviluppo del suo corpo fisico, che si sviluppa più rapidamente, mentre il capo conserva maggiormente lo spirito – non è ancora stato abbandonato dallo spirito nel suo capo. Questo abbiamo davanti quando si parla di puerilità dal punto di vista sovrasensibile.

 

Infatti,

• nel capo del bambino v’è molto spirito,

mentre con l’età – questa è una verità scomoda – di spirito ve n’è sempre di meno

e noi diventiamo sempre più pietrificati nella nostra testa.

Il bambino è ancora pieno di spirito. Questo gradualmente evapora.

 

Il senso del termine “evaporare” allude al fatto che lo spirito evapora dalla testa nel restante organismo. Da questo potete capire che quando parlo di puerilità, vista da oltre la soglia, mi riferisco a qualcosa di estremamente elevato, mentre quando parlo di puerilità da un punto di vista terreno il suo significato equivale ad un arrestarsi. Il fatto è che il linguaggio della Terra e quello del cielo sono diventati molto differenti tra loro, e la tragedia del nostro tempo è che non si vuole più comprendere il linguaggio del cielo.

Da quando è diventato normale usare dal pulpito il linguaggio più terreno possibile, le persone hanno perso la capacità di capire la lingua dell’aldilà. Ebbene, se vogliamo portare qualcosa in un qualunque ambito, qualcosa che possiamo esprimere in modo insolito dicendo – dopo aver preso, per esempio, l’espressione da oltre la soglia – che gli esseri del mondo spirituale evaporano verso il basso, può anche succedere quanto ora vi racconto.

 

Vorrei descrivervi qualcosa che è accaduto effettivamente. Naturalmente può anche capitare, che qualcuno scriva: “lo Steiner ha detto che le cose non evaporano verso l’alto ma verso il basso”. Allora, magari, un professore di anatomia lo viene a sapere e lo racconta al suo uditorio, incitando tutti a presentarsi con trombette e cricchetti quando un oratore si accinge a presentare la vera antroposofia!

Questo è quanto succede nelle conferenze di antroposofia. Dopo che il professore parla e legge qualcosa che ha individuato, ecco che gli studenti cominciano, con trombette e cricchetti da bambini che hanno portato con sé, ad usare le argomentazioni scientifiche che vengono oggi utilizzate in tali ambienti. Questo è quello che è realmente avvenuto in questi giorni a Gottinga. Leggete il supplemento che è stato appena stampato con il nuovo numero della nostra rivista sulla triarticolazione. Vedrete.

Viviamo davvero in un momento grave, e, per questo motivo, desidero continuare venerdì con il tema di oggi, descrivendo come siano realmente il materialismo da un lato e il misticismo dall’altro, in modo da indicare quali siano i nostri doveri.

 

Perché oggi il nostro compito

• non è affatto quello di riunirci in gruppi settari,

• ma di afferrare in modo vivente gli avvenimenti dell’esistenza,

immettendo gli impulsi antroposofici nella vita culturale contemporanea.

 

Se comprendiamo il compito del nostro tempo, oggi non possiamo rimanere unilateralmente materialisti o mistici; dobbiamo imboccare il sentiero verso la realtà, come ho cercato di dimostrare nel breve scritto che è stato pubblicato, grazie agli sforzi del signor Molt, per coloro che devono imparare, sul campo, qualcosa dello spirito antroposofico.

Dobbiamo sempre tener ben presente che oggi ci troviamo in un momento grave e che lo possiamo affrontare adeguatamente solo se comprendiamo che non abbiamo più il diritto di parlare con linguaggi superati, il che, se vogliamo comprendere la verità del presente, ci mette di fronte alla necessità di trovare nuove forme di linguaggio.

• La conoscenza non deve arrestarsi al fantasticare, la conoscenza deve diventare azione.

 

In tal caso non faremo, come umanità, rotta verso il declino dell’Occidente, ma troveremo, una volta ancora, una via d’uscita. Tuttavia, fintanto che il materialismo utilizzerà i simboli della puerilità – i tamburi e i cricchetti – per confutare l’antroposofia, finché il materialismo infantile e il misticismo si serviranno del materialismo per travestire di spiritualità eventi in realtà materiali, faremo rotta a vele spiegate verso il declino dell’Occidente.

Qui non si tratta di fantasticare, ma di agire.