La coscienza antica

O.O. 55 – Il sangue è un succo molto peculiare – 25.10.1906


 

Tutto nel mondo è in evoluzione, anche la coscienza umana.

Il tipo di coscienza che l’uomo ha ora non gli fu sempre propria.

Se risaliamo nel tempo ai nostri antichi progenitori, troviamo un altro tipo di coscienza.

 

Oggi l’uomo, nella sua diurna vita di veglia,

percepisce le cose esterne mediante i sensi, e le trasforma in rappresentazioni.

Le rappresentazioni del mondo esterno agiscono sul suo sangue.

Di conseguenza nel suo sangue egli vive ed elabora

tutto ciò che ha ricevuto attraverso le esperienze esteriori dei sensi.

La memoria è così riempita con le esperienze dei sensi.

 

Per l’uomo di oggi rimane di contro incosciente

quel che egli ha ereditato nella sua vita interiore corporea dai suoi antenati.

Egli non sa nulla delle forme dei suoi organi interni.

Così non era in tempi antichissimi.

 

Allora nel sangue non viveva soltanto quel che i sensi ricevevano dall’esterno,

ma anche ciò che esiste nella struttura corporea,

e poiché tale struttura è ereditata dagli antenati, l’uomo sentiva in sé la vita degli antenati.

 

Se si pensa potenziata una simile vita cosciente,

si ha un’idea come si manifesti anche in una corrispondente memoria.

 

Un uomo che sperimenti solo quel che percepisce attraverso i suoi sensi,

si ricorda anche soltanto di ciò che ha sperimentato attraverso le esperienze esteriori dei sensi.

Può solo avere coscienza di quel che ha sperimentato in tal modo dalla sua infanzia.

 

Diverso era nell’uomo di epoche antichissime.

Egli sperimentava ciò che vi era in lui, e poiché tale interiorità è il risultato dell’ereditarietà,

nelle sue rappresentazioni egli sperimentava le esperienze dei suoi antenati.

Non si ricordava solo della sua infanzia, ma anche delle esperienze dei suoi antenati.

La vita dei suoi antenati era presente nelle immagini che il suo sangue riceveva.

 

Per quanto sia incredibile per il modo materialistico di pensare di oggi,

pure è vero che un tempo vi era una coscienza mediante la quale

la gente aveva le proprie percezioni sensorie come proprie esperienze,

ma aveva anche le esperienze dei propri antenati.

 

Allora la gente diceva: «Lo ho sperimentato»

non solo per quello che personalmente sperimentava,

ma anche per quello che avevano sperimentato gli antenati; se ne ricordava.

 

Questa antica forma di coscienza umana,

rispetto all’attuale coscienza di veglia diurna, era sì crepuscolare,

piuttosto come un vivo sogno potenziato, ma in compenso era più ampia.

Si estendeva anche alle esperienze degli antenati.

Il figlio si sentiva legato in un io con il padre e con il nonno,

perché sperimentava come proprie le loro esperienze.

 

Poiché l’uomo aveva tale coscienza, poiché non viveva solo nel suo mondo personale, ma poiché nella sua interiorità riviveva la coscienza della generazione che lo aveva preceduto, per questo egli non indicava con un nome solo la sua persona, ma tutta un’intera serie di generazioni. Il figlio, il nipote e così via indicavano con un nome l’elemento comune che passava attraverso tutti loro.

 

Il singolo si sentiva come un anello di tutta la serie delle generazioni.

Era una sensazione vera e reale.

Come venne poi modificata questa forma di coscienza in un’altra?

Lo fu mediante un evento che la storia scientifico-spirituale ben conosce.

 

Risalendo a ritroso nella storia, per tutti i popoli della Terra viene un momento che può essere indicato con molta precisione in ogni singolo popolo. È il momento in cui il popolo entra in una nuova fase della civiltà: cessa di avere antiche tradizioni e di possedere un’antichissima saggezza, la saggezza che si è tramandata attraverso il sangue delle generazioni. I popoli ne hanno una coscienza, e noi la troviamo espressa nelle vecchie saghe popolari.

In tempi precedenti le stirpi, le tribù rimangono chiuse in sé, i singoli membri delle famiglie si sposano fra di loro. Si trova questo fenomeno presso tutte le razze e presso tutti i popoli.

Per l’umanità è un momento importante quello in cui questo principio viene rotto, quando sangue estraneo si mischia con sangue estraneo, quando il matrimonio fra consanguinei si modifica in matrimonio fra lontani.

 

• Il matrimonio fra vicini conserva il sangue delle generazioni,

fa scorrere attraverso i singoli membri lo stesso sangue

che era fluito da generazioni nella stirpe, nella nazione.

• Il matrimonio fra lontani versa nuovo sangue nell’uomo,

e la rottura del principio della stirpe, la mescolanza del sangue,

che presto o tardi si verifica in ogni popolo,

significa la nascita del raziocinio esteriore, dell’intelletto.

 

È appunto importante che nei tempi antichi esistesse una specie di chiaroveggenza crepuscolare, e che miti e saghe siano derivati da quel patrimonio di chiaroveggenza che si poteva manifestare nella consanguineità, come si manifesta la coscienza attuale nella mescolanza del sangue.

Con il matrimonio fra lontani si ha anche la nascita del pensiero logico, la nascita dell’intelletto.

Per quanto appaia strano, pure è così.

È una conoscenza che sempre più viene confermata dalla scienza ufficiale; già ne abbiamo un inizio.

 

La mescolanza del sangue, che avviene col matrimonio fra lontani,

è in pari tempo ciò che estingue la chiaroveggenza antica e che solleva l’umanità a un superiore livello evolutivo.

Come chi segue uno sviluppo occulto risveglia la chiaroveggenza e le dà una forma nuova,

in senso inverso l’attuale coscienza di veglia diurna si è sviluppata da un’antica chiaroveggenza crepuscolare.

 

Oggi tutto il mondo circostante al quale l’uomo si dedica si esprime nel sangue;

il mondo forma l’interiorità in base agli elementi esterni.

Nell’uomo di un tempo l’interiorità corporea si esprimeva nel sangue.

In tempi antichissimi, con il ricordo delle esperienze degli antenati

si ereditavano anche le loro tendenze al bene o al male.

Nel sangue del discendente si avvertivano gli effetti delle tendenze degli antenati.

 

Quando poi il sangue venne mischiato a seguito di matrimoni con lontani,

venne anche interrotto questo nesso con gli antenati.

L’uomo passò a una vita personale propria.

Nelle sue tendenze morali apprese a orientarsi in base a ciò che sperimentava nella sua vita personale.

 

Così nel sangue non mischiato si manifesta la potenza della vita degli antenati,

in quello mischiato la potenza delle proprie esperienze.

Di questo raccontano le saghe e i miti dei popoli.

Essi dicono: quel che ha potere sul tuo sangue, ha potere anche su di te.

 

Il potere delle tradizioni dei popoli cessò quando esso non potè più agire sul sangue,

quando la capacità di accogliere il potere degli antenati si spense a seguito della mescolanza con sangue estraneo.

Questo concetto è valido nel senso più lato.

 

Qualsiasi sia la potenza che vuole impossessarsi di un uomo,

essa deve agire su di lui in modo che la sua azione si manifesti nel sangue.

Se quindi una potenza malvagia vuole influire su di un uomo, essa deve avere il dominio sul suo sangue.

 

È questo il profondo e spirituale significato del passo del Faust.

Per questo il rappresentante del principio del male dice: sottoscrivi il patto con il sangue,

perché se ho il tuo nome scritto con il sangue, ti ho afferrato

in ciò attraverso cui l’uomo può venir afferrato, ti ho attirato a me.

Quello cui appartiene il sangue possiede anche l’uomo o l’io dell’uomo.

 

Quando due gruppi umani si scontrano, come avviene nel caso della colonizzazione,

hi conosce l’evoluzione potrà dire se una civiltà estranea potrà venir accolta oppure no.

Prendiamo un popolo cresciuto nella sua terra, nel cui sangue si esprima ciò che lo circonda,

e cerchiamo di innestargli una civiltà estranea. Sarà impossibile.

Questa è la ragione per la quale certi abitanti originari dovettero estinguersi,

quando i coloni arrivarono in determinate zone.

 

Si dovrà giudicare questo problema in questa prospettiva,

e allora non si crederà più di poter innestare ogni cosa su qualsiasi altra.

Al sangue non si può imporre se non quello che può ancora sopportare.