La coscienza minerale

O.O. 207 – Cosmosofia I – 7.10.21


 

Sappiamo che nel corso della vita che conduciamo in questo periodo dell’evoluzione terrestre, che abbraccia molti anni, diventiamo consapevoli delle leggi che sono a fondamento del regno minerale.

Dalla nascita fino alla morte ci colmiamo di tutto ciò che il regno minerale in un certo senso ci fa capire, e abbiamo la sensazione che con i concetti e le idee messici a disposizione potremo comprendere quel regno.

 

Così non è per il regno vegetale.

Sappiamo che la scienza si arresta davanti al regno vegetale, al massimo formula l’ideale che la complicata struttura delle cellule vegetali, soprattutto di quelle viventi, possa diventare spiegabile; come ho detto, è un inizio del tutto sbagliato, perché la struttura della pianta o delle sue cellule viventi non si distingue affatto per una particolare complessità,ma piuttosto perché la struttura chimica si dissolve nel caos.

Tuttavia non si riesce ad andare oltre i concetti del regno minerale.

 

Ancora meno con i concetti minerali si penetrerà nel regno animale, per non parlare della conoscenza di se stessi.

Tutto questo deve passare attraverso le ricerche della scienza dello spirito.

L’uomo pertanto si adatta, diciamo così, alla coscienza idonea al regno minerale.

 

Noi portiamo oltre la morte i risultati di questa coscienza che si forma tra la nascita e la morte.

Con ciò che proviene da questa coscienza, quando viviamo nel regno spirituale dopo aver superato la soglia della morte, dobbiamo attraversare la nostra ulteriore esistenza.

A questa coscienza tuttavia si aggiunge anche qualcosa d’altro.

 

Ciò che si estende fino all’interno della coscienza minerale, benché non ne faccia parte, e le conferisce una particolare sfumatura,è la coscienza morale.

Questa proviene da tutti i processi di coscienza che si collegano ai nostri impulsi volitivi, al nostro modo di agire.

Quel che percepiamo con soddisfazione delle diverse cose, i rimorsi, i rimproveri e altro del genere, tutto questo in un certo senso colora la nostra coscienza minerale e costituisce quello che l’uomo porta con sé oltre la porta della morte.

Possiamo pertanto dire che l’uomo varca la soglia della morte con una coscienza minerale cui l’esperienza morale ha conferito una particolare sfumatura; continua poi a vivere nel regno spirituale con le conseguenze che ne derivano.

 

Attraverso la coscienza minerale non capiamo solo il mondo minerale quaggiù, ma sviluppiamo proprio il legame con quell’essere della gerarchia degli Angeli al quale desideriamo rivolgerci come all’essere più vicino alla nostra evoluzione individuale.

Quando si è varcata la soglia della morte, si tratta di sapere in che modo salvaguardare il legame con quell’essere angelico a seguito della nostra coscienza minerale.

È possibile farlo solo in ragione della sfumatura morale assunta dalla coscienza minerale.

Infatti quest’ultima dopo la morte aspira in un certo qual modo ad ampliarsi nel mondo.

Aspira a divenire cosmica, ad adattarsi all’universo; tende a superare la sfera individuale.

 

Possiamo dire anche che nella vita tra nascita e morte siamo più vicini all’essere angelico quando ci troviamo nella condizione dalla quale provengono i sogni; essi hanno senz’altro a che fare anche col nostro essere individuale, e di fatto da una parte celano e dall’altra trattengono l’essere minerale-mentale.

Potremmo anche non trovare il legame subconscio con la gerarchia degli Angeli, se alla nostra coscienza minerale non venisse conferita una sfumatura dai momenti che dormiamo, ma che tuttavia si distinguono dallo stato di sonno, appartenendo ai mondi del sogno.

 

Il sogno stesso, ad eccezione di quando con i suoi contorni non si attiene alla realtà sensibile esterna, anche se spesso nasconde ogni contatto con quella, è nondimeno costituito della stessa materia di cui è costituito il mondo dei pensieri tra nascita e morte.

Quando dunque varchiamo la soglia della morte, prendiamo con noi ciò che avevamo sviluppato all’interno della nostra coscienza minerale, ai fini di mantenere il legame col nostro essere angelico.

 

Così come si vive oggi nell’attuale epoca dell’umanità, soprattutto quando si è molto illuminati, si compenetra poco con l’esperienza morale la propria coscienza minerale.

Al contrario ci si adopera più che si può per tenerla lontana dalla sfera morale.

Si vorrebbe come minimo costruire in sé due mondi:

• da un lato prendere in considerazione tutto ciò che in definitiva vi è nel regno della natura minerale, e renderlo comprensibile anche dove la natura minerale si estende al vegetale, all’animale e all’uomo;

• dall’altro si vorrebbe poi considerare la moralità come qualcosa che scaturisce dal proprio intimo.

 

Pensare che ciò che vive nella natura sia in pari tempo pervaso di impulsi morali è contrario allo spirito del tempo odierno.

Si spalanca un abisso tra ciò che è morale e ciò che è minerale.

Non si trova facilmente il legame per incorporare la moralità nel minerale.

Ho più volte richiamato l’attenzione su come ci si rappresenti l’evoluzione terrestre come puramente minerale, sulla base della teoria Kant-Laplace fino alle teorie più recenti, e su come l’uomo rimuova tutto ciò che è percezione morale.

Succede così che il legame sviluppato con l’essere degli Angeli risulti fragilissimo, che di questi tempi, per dirla in modo popolare, ci si possa legare poco intimamente con il proprio Angelo.

 

Se la coscienza minerale fosse del tutto disgiunta dalle sfumature morali, potremmo correre addirittura il pericolo di perdere del tutto il necessario legame con l’Angelo prima del momento che io chiamo mezzanotte dell’esistenza.

Ribadisco: correre il pericolo. Oggi ancora pochissimi lo corrono; se però non iniziasse sulla terra un approfondimento spirituale di tutta l’evoluzione umana, del pensiero, del sentimento e della volontà, il pericolo potrebbe diventare realtà, e un gran numero di persone che tra la morte e una nuova nascita si trovano vicine alla mezzanotte dell’esistenza dovrebbero spezzare il legame col loro Angelo.

Questi certamente manterrebbe ancora dei vincoli che rimarrebbero però unilaterali.

L’uomo non potrebbe ricambiarli in maniera sufficiente tra la morte e una nuova nascita.

 

Ci deve essere ben chiaro che la civiltà moderna protesa verso il materialismo comporta per la spiritualità dell’uomo che egli pregiudichi il legame col suo Angelo, che questo legame si allenti sempre più.

L’uomo però, avvicinatosi alla mezzanotte dell’esistenza, ha la necessità di stringere il rapporto con l’Arcangelo per mezzo dell’Angelo.

Se questo legame deve essere, come può esserlo quando ci troviamo nel mondo spirituale, non soltanto unilaterale dall’Angelo verso l’uomo, ma anche da questo ricambiato, l’uomo deve accogliere un contenuto spirituale, vale a dire tingere di religiosità i propri impulsi morali.

 

L’uomo odierno si trova pertanto davanti al pericolo, se l’evoluzione continua come ora, di avere un legame allentato con il proprio Angelo, e di non potere per conseguenza stringere un rapporto interiore con l’Arcangelo.

Questi però già deve riportarlo nella vita fisica e formare le forze che lo riporteranno in una certa comunità di popolo.

 

Se, come succede già da secoli, gli esseri umani sviluppano una vita interiore priva di spirito, il rapporto dell’Arcangelo con l’uomo rimane unilaterale, così che questi non attua un’intima adesione al carattere nazionale del suo popolo, guidare il quale è compito dell’Arcangelo, ma viene posto in esso per così dire dall’esterno, grazie all’ordine cosmico.

 

Non si giungerà a una comprensione dei nostri tempi, caratterizzati da una formazione tanto unilaterale dei caratteri nazionali, se prima non si saprà che questo è perché le anime scese di recente nell’esistenza terrena hanno un legame poco saldo con il loro Angelo e quindi nessuna intima unione con l’Arcangelo, per cui si adattano al proprio popolo solo dall’esterno; che il carattere nazionale è presente in loro solo come impulso inanimato, e che gli uomini si riconoscono in un certo popolo soltanto per motivi esteriori, come l’avere una lingua in comune ed ogni sorta di inclinazione allo sciovinismo.

 

Chi ha il proprio carattere nazionale impresso nell’anima (e oggi succede a ben pochi) non evolverà certo nel senso dello sciovinismo, del nazionalismo unilaterale, ma svilupperà le forze feconde di quel carattere nazionale, facendole proprie; non si fisserà al suo carattere nazionale in modo unilaterale: lo farà per così dire fluire in qualità di colore del suo essere in ogni sua espressione, senza esibirlo esteriormente e soprattutto in modo ostile ad altri.

 

Se infatti il legame che sopravviene prima e dopo la mezzanotte dell’esistenza, nel corso di un lungo periodo, non viene animato dalla circostanza che l’uomo porti oltre la soglia della morte un contenuto relativo alla profondità di sentimento religioso, che sia di natura spirituale e non solo una religiosità fatta di parole, l’Arcangelo può agire solo sull’elemento vegetale presente nel cosmo e che come tale viene immesso nell’uomo.

 

Questi allora verrà guidato dal suo Arcangelo per mezzo di forze del tutto subconscie che, insieme con la sua qualità vegetale, cioè con quella che lo mette in condizione di respirare, vengono modificate dal linguaggio, cioè per mezzo di tutto ciò che nel linguaggio in modo affine al vegetale si introduce nell’organismo umano, e che può solo venir guidato dal suo Arcangelo.

Avviene così che in misura più o meno grande dopo la nascita, crescendo, ci familiarizziamo con la lingua in modo superficiale. Se potessimo per mezzo dell’Angelo ritrovare il legame intimo, animico col nostro Arcangelo, allora ci adatteremmo alla lingua anche con l’anima, percepiremmo in un certo senso il genio della lingua e non solo i suoi aspetti esteriori, meccanici.

 

Tuttavia oggi vediamo con quale intensità si dia il caso che gli uomini, sotto molti aspetti, siano una copia meccanica della loro lingua, così che non soltanto la portano in tutto il loro essere come una nota fondamentale, ma sembrano addirittura un’impronta di quella. È possibile constatare come l’espressione stessa del viso diventi un’espressione della lingua. Le fisionomie particolari di un determinato popolo, così come oggi ci si presentano, ci sono giunte da parte degli Arcangeli con una caratteristica assolutamente esteriore.

 

Ciò che oggi accade all’aspetto esteriore del genere umano può diventare comprensibile nelle sue ripercussioni spirituali solo attraverso una riflessione formulata alla luce della scienza dello spirito antroposofica, e mi si lasci dire che ogni sorta di contemporanea antropologia o cose del genere non sono che un giocare con la terminologia. Sotto molti aspetti negli scritti degli antropologi o persone simili che riguardano la configurazione dell’umanità sulla terra, le sue differenziazioni, non si trovano punti di vista capaci di guidare, di orientare, poiché i concetti esposti vengono raggruppati secondo criteri esteriori. È certo possibile anche raggrupparli diversamente. La cosa tuttavia acquisisce un contenuto reale solo considerandola dal punto di vista spirituale. Non si deve però temere di innalzarsi allo studio di entità spirituali reali e concrete.

 

Ne consegue che solo l’approfondimento spirituale può porre rimedio ai danni del tempo.

Questi danni, quali si manifestano nella vita pubblica, dipendono spesso dall’allentamento del rapporto che l’essere umano ha col suo Angelo, e di conseguenza del legame con le entità arcangeliche, per cui esse possono agire solo dall’esterno.