Il peccato originale e il suo superamento

O.O. 220 – Conoscenza vivente della natura – 21.01.1923


 

Sommario: Peccato originale e il suo superamento. La nascita dei limiti della conoscenza. Superamento spirituale del peccato con un energico pensare. L’ampliamento della conoscenza nel cosmo per la comprensione del Cristo

 

Da quanto è stato detto finora si sarà visto che in questo tempo mi propongo di parlare della coscienza che deve essere conquistata come uno dei compiti della Società Antroposofica. Oggi desidero anzitutto indicare come tale coscienza può solo venir conquistata facendo sì che tutti i compiti della civiltà attuale siano davvero compresi nella prospettiva della scienza dello spirito.

 

In diverse occasioni cercai di indicare in questa prospettiva

che cosa è inteso per il peccato originale ricordato dalle diverse confessioni religiose.

Esse ne parlano come posto all’inizio dell’evoluzione storica dell’umanità,

e noi abbiamo visto nelle diverse esposizioni fatte nel corso degli anni passati

come esso, e non occorre che oggi lo descriva con maggior precisione,

sia l’espressione di quanto avvenne un tempo nel corso dell’evoluzione dell’umanità:

il divenire cioè autonomo dell’uomo rispetto alle potenze divino-spirituali che lo guidavano.

 

Sappiamo che la coscienza di tale autonomia si ebbe soltanto

quando l’anima cosciente si mostrò nell’evoluzione dell’umanità, vale a dire nella prima metà del secolo quindicesimo.

Abbiamo molto spesso parlato di quel momento in diverse conferenze.

 

• In sostanza tutta l’evoluzione dell’umanità, descritta dalla storia e dai miti è una specie di preparazione

per quel momento del divenir cosciente da parte dell’uomo della sua libertà e della sua autonomia,

una preparazione del fatto che l’umanità sulla terra

deve arrivare a conquistare un’autonoma capacità di giudizio rispetto alle potenze divino-spirituali.

 

Così le confessioni religiose indicano un evento cosmico-terreno a seguito del quale

gli istinti spirituali-animici, che da tempi antichissimi erano determinanti per quanto l’umanità faceva,

vennero appunto sostituiti dalle libere decisioni umane.

 

Come ho detto non occorre ora che parliamo di come questo sia da esaminare nei particolari; comunque l’evento viene presentato dalle confessioni religiose in modo che per gli impulsi morali umani l’uomo stesso sia in un certo senso contrapposto alle potenze spirituali di guida, e se parliamo dell’Antico Testamento alla potenza di Jahve o Jehova. La cosa è per così dire presentata, guardando a questa interpretazione, come se da un certo momento della sua evoluzione l’uomo non avesse più sentito che in lui erano attive potenze divino-spirituali, e che ora egli stesso era attivo.

 

Per quanto riguarda l’atteggiamento morale umano, avvenne così che l’uomo si sentisse colpevole,

mentre non sarebbe caduto nel peccato se fosse rimasto nell’antico stato,

in quello istintivo di essere guidato dalle potenze divino-spirituali.

• Mentre prima era incapace di peccare, sarebbe cioè rimasto innocente come ogni essere naturale,

• a seguito dell’autonomia rispetto alle potenze divino-spirituali divenne ora soggetto al peccato.

 

Nell’umanità si formò così la coscienza del peccato:

io non sarò più soggetto a peccare se ritrovo la mia via verso le potenze divino-spirituali;

quanto io decido autonomamente è soggetto al peccato

e riesco a liberarmene soltanto ritrovando la via verso le potenze divino-spirituali.

 

La coscienza del peccato fu fortissima nel medioevo.

Cominciò allora anche a svilupparsi l’intellettualità umana che prima non era ancora una capacità autonoma.

Così in qualche modo anche l’intelletto dell’uomo, il contenuto intellettuale che egli andava sviluppando,

fu anch’esso contagiato dalla coscienza del peccato, persino con una certa ragione.

 

•  Non ci si diceva però che l’intelletto, che nel corso dell’evoluzione era sorto dal terzo, quarto secolo dell’era cristiana,

era stato contagiato dalla coscienza del peccato.

• Si sviluppò una non avvertita coscienza del peccato intellettuale soprattutto nella saggezza scolastica del medioevo.

Essa si diceva: se anche l’uomo sviluppa l’intelletto in modo acutissimo, lo può applicare soltanto alla natura fisica.

• Con il solo intelletto si riesce al massimo a dimostrare che vi è un’esistenza pervasa da forze divino-spirituali;

non si arriva tuttavia a conoscerle, ma solo a credere in esse.

• Si può credere a quanto esse hanno rivelato, sia attraverso l’Antico, sia attraverso il Nuovo Testamento.

 

Così l’uomo, che in tempi precedenti si era sentito moralmente soggetto al peccato (vale a dire separato dalle potenze divino-spirituali), con la saggezza scolastica si sentì in un certo senso soggetto al peccato anche con l’intelletto. Si attribuì la capacità di avere un intelletto adatto solo per il mondo fisico-sensibile. Si disse di essere troppo cattivo per salire per forza propria alle regioni della conoscenza in cui poter afferrare lo spirito. Non si notò come il peccato intellettuale fosse dipendente dal generale peccato morale. Quella che giocava nella concezione dell’intellettualità umana era la diretta continuazione del peccato morale.

 

Passando dalla saggezza della Scolastica alla concezione scientifica moderna, si dimenticò del tutto il nesso con l’antico peccato morale e venne persino negato, come spesso feci rilevare, l’intenso legame esistente fra i concetti scientifici moderni e l’antica Scolastica.

 

Nella scienza moderna si dice anche che l’uomo ha limiti alla sua conoscenza

e che si deve accontentare di estendere le sue osservazioni solo al mondo fisico-sensibile.

• Così ad esempio Du Bois-Reymond e anche altri affermano che l’uomo ha limiti nelle sue ricerche,

e in generale ha limiti nel suo pensare.

 

Questa è però una diretta continuazione della Scolastica. La sola differenza è che essa affermava che se dunque l’intelletto è limitato occorre elevarsi a qualcosa d’altro, vale a dire alla rivelazione, volendo conoscere qualcosa sul mondo spirituale. La moderna concezione scientifica prende la metà invece del tutto, lascia la rivelazione dov’è e si mette del tutto nella prospettiva (ed è la sola possibilità dopo che sia stata eliminata la rivelazione) che l’umana capacità conoscitiva è troppo cattiva per elevarsi ai mondi divino-spirituali.

 

Tuttavia al tempo della Scolastica, o meglio al suo massimo splendore alla metà del medioevo, non esisteva ancora l’atteggiamento animico di oggi. Allora si stimava che l’uomo, impiegando il suo intelletto, riusciva ad acquisire conoscenze del mondo sensibile, e si sentiva di sperimentare ancora qualcosa del confluire dell’uomo col mondo sensibile sempre impiegando l’intelletto.

 

Si aveva comunque l’opinione di dover salire alla rivelazione, che appunto non si poteva comprendere, che non si riusciva ad afferrare con l’intelletto, volendo conoscere qualcosa dell’elemento spirituale.

Va però rilevato che, sia pure non avvertita, fluiva spiritualità nei concetti che lo scolastico applicava al mondo dei sensi. I concetti degli scolastici non erano privi di spirito, come invece lo sono quelli di oggi. Con i concetti che formavano sulla natura gli scolastici si avvicinavano all’uomo, sì che questi non era del tutto escluso dalla conoscenza.

 

Infatti gli scolastici, almeno nella loro corrente realistica, erano senz’altro dell’opinione

che i pensieri erano dati agli uomini da fuori e non fabbricati nell’interiorità.

Oggi si stima invece che i pensieri non siano dati da fuori, ma appunto fabbricati nell’interiorità.

• Così si è giunti a poco a poco nell’evoluzione umana

a far cadere tutto quanto non si riferisce al mondo esterno dei sensi.

•  L’ultimo effetto del far cadere tutto quanto non si riferisce al mondo dei sensi

è la moderna dottrina dell’evoluzione nella sua accezione darwinistica.

 

Goethe iniziò una vera dottrina dell’evoluzione che sale fino all’uomo.

Riguardando i miei scritti su questi argomenti si vedrà che egli soltanto si svia quando arriva all’uomo.

Scrisse un’eccellente dottrina sulle piante e molte cose interessanti sugli animali,

ma s’incagliò sempre volendo arrivare all’uomo.

 

L’intelletto rivolto soltanto al mondo dei sensi non è sufficiente per avvicinarsi all’uomo,

e lo si vede proprio in Goethe in ampia misura: anch’egli non riesce a dire nulla in merito all’uomo.

La sua dottrina della metamorfosi non sale fino all’uomo.

 

È noto come io abbia ampliato di molto in senso goethiano quella dottrina

e come dovetti ampliarla nel senso della concezione antroposofica del mondo.

 

A che cosa è infine arrivato nella scienza il moderno intellettualismo?

È giunto a comprendere l’evoluzione degli animali sino alle scimmie, includendovi anche l’uomo, senza però riuscire ad arrivare interiormente all’uomo stesso. Intendo dire che quanto più l’uomo si avvicina agli animali superiori, i concetti divengono sempre più inadatti a comprendere qualcosa. E non è proprio vero che l’uomo stesso comprenda ancora gli animali superiori: crede soltanto di capirli.

 

Così a poco a poco l’uomo scomparve dalla concezione del mondo,

perché scomparve la concezione stessa dai concetti.

I concetti divennero sempre più privi di spirito e come tali,

considerando l’uomo solo come la conclusione della serie animale, formano oggi il contenuto di tutto il pensare;

vengono istillati così ai bambini già nei primi anni di scuola,

e in tal modo la cultura generale non arriva più a vedere l’essere umano.

È anche noto che io tentai di considerare tutta la conoscenza in un’altra prospettiva.

 

Fu quando scrissi la mia Filosofia della libertà col suo proemio Verità e scienza, anche se le relative premesse erano già nelle Linee fondamentali di una gnoseologia della concezione goethiana del mondo, pubblicato negli anni Ottanta del secolo scorso.

Cercai di aggirare il problema in tutt’altra prospettiva, mostrando a che cosa l’uomo moderno possa elevarsi quando intenda arrivare non nel senso tradizionale, ma per libera scelta interiore, al pensare puro, a un puro pensare permeato di volontà che è qualcosa di positivo, di reale, quando opera in lui.

 

Nella mia Filosofia della libertà cercai gli impulsi morali movendo dal pensare purificato.

L’evoluzione continuò dunque arrivando sempre più a considerare l’uomo troppo scadente per le sue azioni morali,

trasferendo anche tale eccessiva cattiveria alla sua intellettualità.

 

Per esprimermi graficamente potrei dire: l’uomo si è evoluto in modo da divenire sempre più sottile (chiaro nel disegno) quanto egli sapeva di sé, mentre al di sotto della superficie si sviluppava di continuo ciò che viveva nel pensare vero e non in quello astratto (rosso).

 

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Alla fine del secolo scorso si era giunti al punto che quanto ho ora indicato col rosso non veniva più notato, mentre quanto ho indicato col chiaro non veniva più stimato in relazione con qualcosa di divino-spirituale. La coscienza del peccato allontanò così gli uomini dall’elemento divino-spirituale; le forze storiche che si affermarono non riuscirono a inserirvelo.

 

Con la mia Filosofia della libertà intendevo tuttavia dire:

guardate dunque una volta nella profondità dell’anima e troverete che all’uomo è rimasto qualcosa,

vale a dire il vero ed energico pensare che da lui proviene, il puro pensare

che non è semplice pensare, che è pieno di sensazioni e di sentimenti e che alla fine si manifesta nella volontà,

tale da poter diventare impulso per l’azione morale.

 

Per questa ragione parlavo di intuizione morale

nella quale in definitiva fluisce quella che altrimenti è solo fantasia morale.

 

Quello che in realtà è inteso con la Filosofia della libertà riesce tuttavia a diventare giustamente vivente

soltanto se il cammino intrapreso viene di nuovo percorso a ritroso,

il cammino che consisteva nell’isolarsi sempre più,

nello staccare il pensiero dal contenuto divino-spirituale del mondo, indirizzandolo verso l’intellettualità.

 

Ritrovando la spiritualità nella natura si ritroverà anche l’uomo.

Per questo in una conferenza che tenni molti anni fa a Mannheim dissi (anche se molto poco notato)

che in effetti l’umanità è giunta nella sua evoluzione al punto da fare a ritroso il peccato originale.

 

In altre parole il peccato originale fu concepito nel suo aspetto morale,

ma oggi influenza anche l’intelletto che si sente al limite della conoscenza.

 

Che parli del peccato l’antico teologo o che parli dei limiti della conoscenza Du Bois-Reymond

è in definitiva la stessa cosa, solo in forma diversa.

 

Feci notare

• come si debba ora afferrare lo spirito per altro filtrato fino al puro pensare,

• come si debba superare il peccato originale,

• come ci si possa elevare al divino-spirituale attraverso la spiritualizzazione dell’intelletto.

 

Se cioè in tempi antichi ci si riferiva al peccato originale morale,

e l’evoluzione dell’umanità era pensata nel senso appunto di tale peccato originale,

oggi occorre pensare a un ideale dell’umanità,

a un superamento del peccato originale grazie alla spiritualizzazione della conoscenza,

al riconoscimento del contenuto spirituale del mondo.

 

A seguito del peccato originale morale l’uomo si è allontanato dagli dèi,

e lungo la via della conoscenza deve ritrovarli; deve trasformare la sua discesa in un’ascesa.

 

Movendo dallo spirito del proprio essere afferrato schiettamente, con energia e forza interiori

deve raggiungere lo scopo, l’ideale, di prendere di nuovo sul serio il peccato originale.

Esso va preso sul serio, perché infatti si estende fino ai discorsi sulla conoscenza della natura dei nostri giorni.

L’uomo deve avere il coraggio, con la forza della sua conoscenza,

di aggiungere a poco a poco al peccato originale un superamento del peccato stesso,

di elaborare un superamento del peccato

grazie a quanto riesce ad afferrare di una vera e pura conoscenza scientifico-spirituale dei tempi moderni.

 

Si potrebbe dire che, guardando indietro all’evoluzione dell’umanità, la coscienza umana

pone il peccato originale all’inizio dell’evoluzione storica dell’umanità sulla terra.

•  Tuttavia il peccato originale deve essere di nuovo bilanciato

e gli va contrapposto un superamento del peccato stesso.

• Questo può solo avvenire nell’epoca dell’anima cosciente.

 

Nel nostro tempo è cioè giunto il momento storico

in cui il massimo ideale dell’umanità deve essere il superamento spirituale del peccato.

Senza di questo l’evoluzione dell’umanità non riesce a proseguire.

 

Questo intendevo esporre in quelle conferenze di Mannheim.

Dissi che al peccato originale morale nella concezione scientifica dell’epoca moderna

si è aggiunto anche il peccato originale intellettualistico,

ed esso è il grande segno storico dal quale deve aver inizio il superamento spirituale del peccato.

 

Che cosa significa in sostanza superare spiritualmente il peccato?

Non altro che comprendere davvero il Cristo.

 

Coloro che ne comprendono ancora qualcosa, che con la teologia moderna non hanno perduto del tutto il Cristo, ne parlano dicendo che venne in terra e che quale essere di natura superiore si incorporò in un corpo umano. Collegano alla tradizione scritta quel che era stato annunziato sul Cristo. Parlano appunto del mistero del Golgota.

 

Oggi è però giunto il tempo in cui il Cristo deve essere compreso. Si resiste contro questa comprensione del Cristo, e il modo in cui lo si fa è molto caratteristico. Se ancora una scintilla di che cosa è veramente il Cristo vivesse in quelli che dicono di comprenderlo, che cosa dovrebbe accadere? Essi dovrebbero allora aver ben chiaro che il Cristo è un essere celeste disceso sulla terra e che Egli parlò agli uomini non con un linguaggio terrestre, ma con uno celeste.

 

Dobbiamo quindi impegnarci a comprenderlo, a parlare un linguaggio cosmico, extraterreno.

Vale a dire dobbiamo non limitare la nostra scienza soltanto alla terra,

perché quest’ultima era un terreno nuovo per il Cristo;

dobbiamo allargare la nostra scienza al cosmo.

 

• Dobbiamo imparare a comprendere gli elementi, i movimenti dei pianeti,

le costellazioni stellari e il loro influsso su quanto avviene sulla terra.

• Così ci avviciniamo al linguaggio che il Cristo parlava.

Questo corrisponde al superamento spirituale del peccato.

 

Perché l’uomo si dovette limitare a comprendere soltanto quel che vive sulla terra?

Perché appunto aveva la coscienza del peccato,

perché si sentiva troppo cattivo per comprendere il mondo nella sua spiritualità al di fuori della terra.

Per questo si dice in effetti che l’uomo nulla arriva a conoscere al di fuori dell’elemento terrestre.

 

Ieri ho cercato di caratterizzare il fenomeno dicendo che si comprende il pesce quando è sulla tavola e anche l’uccello solo quando è nella gabbia. La coscienza che è possibile elevarci al di sopra della sola conoscenza terrena, una coscienza simile non esiste certo nella scienza del mondo civile, perché essa dileggia ogni cosa che va al di là dell’elemento terreno. Appena si comincia a parlare delle stelle è subito presente il più feroce dileggio da parte della scienza.

 

Se vogliamo ascoltare parole adeguate relative all’uomo e agli animali

dobbiamo dirigere lo sguardo alla sfera extraterrena,

perché in quella terrestre trovano una spiegazione solo le piante, non più gli animali.

 

Per questo poco fa ho dovuto dire che l’uomo non capisce bene neppure le scimmie e che gli animali non sono spiegabili. Volendo comprendere gli animali occorre prendere la strada al di là della sfera terrestre, poiché essi sono dominati da forze extraterrene. L’ho mostrato ieri con il pesce, e ho detto che in esso agiscono nell’acqua forze solari e lunari e, se posso usare questa espressione, lo fanno sorgere dall’acqua; proprio come l’uccello dall’aria. Appena si passa agli elementi si arriva al di là della sfera terrestre.

 

Tutto il mondo animale è spiegabile al di là della sfera terrestre, e l’uomo ancor di più.

Se però si comincia a parlarne si viene subito dileggiati.

• In una concezione veramente scientifico-spirituale occorre cresca il coraggio di parlare della sfera extraterrena.

• Seguire la scienza dello spirito è infatti oggi più una questione di coraggio che di intellettualità;

è in sostanza qualcosa di morale, perché occorre opporsi a un elemento morale,

in particolare al peccato originale morale.

 

Diciamo dunque che dobbiamo imparare il linguaggio del Cristo, vale a dire il linguaggio del cielo nel senso greco.

Dobbiamo riapprendere quel linguaggio per dare un senso a quello che il Cristo voleva sulla terra.

Se mentre sino ad ora si è parlato del cristianesimo, si è descritta la storia del cristianesimo,

il problema è oggi di comprendere il Cristo, di comprenderlo quale essere extraterreno.

Ciò corrisponde, è identico a quello che si può chiamare l’ideale del superamento del peccato originale.

Certo che precisare questo ideale è legato a qualcosa di molto difficile,

perché si sa che la coscienza del peccato ha reso gli uomini umili.

 

Nell’epoca moderna essi sono tuttavia molto di rado umili. Spesso quelli che si credono i più umili sono i più presuntuosi. Oggi si trova la massima presunzione in coloro che tendono alla cosiddetta semplicità della vita. Costoro vanno oltre a tutto quanto un’anima umile, innalzandosi ad alti ideali, ricerca nelle verità spirituali e dicono che tutto va cercato in pura semplicità. Tali nature ingenue (si vedono loro stessi come nature ingenue) oggi sono spesso le più presuntuose.

 

Comunque nel tempo della coscienza del peccato vi furono uomini umili; l’umiltà venne anche considerata come qualcosa che aveva un valore nell’operare dell’umanità. Pure a poco a poco e senza giustificazione sorse la presunzione.