La differenza dell’essere nella vita terrena e nel post-mortem

O.O. 157a – Formazione del destino e vita dopo la morte – 20.11.1915


 

Sommario: Sostrati della vita dell’anima e la vita spirituale dopo una morte prematura. Le parti costitutive umane nei periodi postatlantici. La formazione dell’anima cosciente nel presente. La profonda saggezza del corpo eterico, la chiaroveggenza del corpo astrale e l’evoluzione dell’uomo nel nostro tempo. Il significato delle numerose morti. La differenza dell’essere nella vita terrena e nel post-mortem. La funzione dell’idealismo e di chi muore da idealista. Effetti di una morte sacrificale per l’incarnazione successiva.

 

Abbiamo impiegato i giorni in cui siamo stati insieme per gettare qualche luce su diversi aspetti dei nessi fra la vita umana qui sul piano fisico e la vita fra la morte e una nuova nascita, e anche sulle relazioni fra le singole e succedentesi vite terrene attraversate dall’uomo.

Abbiamo visto che, cercando di entrare con precisione nelle diverse relazioni, la ricerca diventa tuttavia complicata; in sostanza risulterà però feconda, perché soltanto una ricerca che entri nei particolari anche dei problemi e negli enigmi della vita può dare delle spiegazioni.

 

Vogliamo ora continuare nelle nostre considerazioni, ma dovremo oggi iniziare occupandoci un poco della costituzione dell’uomo; già la conosciamo, ma la ripeteremo tenendo presente alcune caratteristiche che risulteranno importanti per quello che diremo.

 

Quali uomini che vivono ora qui sulla terra siamo in una ben determinata epoca dell’evoluzione terrestre, come sappiamo dai miei libri e dai miei cicli di conferenze. Da tutto lo spirito dei nostri studi abbiamo potuto rilevare che ha un intimo significato, una certa intima importanza, portare la nostra anima attraverso le diverse epoche dell’evoluzione terrestre.

Dalle descrizioni fatte si sarà anche visto che nelle varie epoche è naturalmente diversa non solo la vita esteriore, ma anche tutta la vita dell’uomo sulla terra. Era diversa la vita dell’anima (considerando per ora solo quella) già soltanto nell’epoca postatlantica; era diversa nel periodo paleoindiano, in quello paleopersiano, in quello egizio-caldaico e in quello greco-latino; sempre diversa dalla nostra attuale. Attraversammo tutti quei periodi con la nostra anima – la maggior parte degli uomini ha due incarnazioni per ognuno dei periodi – e le nostre anime cercarono corpi che permettessero loro di comprendere il mondo come appunto andava compreso con le forze di ogni singolo periodo.

Se ricordiamo quel che era stato detto in merito alle caratteristiche della vita dell’anima nei diversi periodi, riusciremo a farcene un’idea più precisa.

 

• Se guardiamo ad esempio la vita del primo periodo postatlantico, troviamo che durante la vita terrena l’anima umana era soprattutto occupata a elaborare l’azione reciproca fra il proprio essere e il corpo eterico, cioè a sperimentare in modo giusto quanto poteva essere sperimentato quando qui nella vita terrena si vive principalmente il reciproco rapporto dell’anima col corpo eterico.

• Nel secondo periodo postatlantico

l’anima vive tutto quanto può venir sperimentato quando è posta nel giusto rapporto col corpo astrale.

• Nel terzo periodo postatlantico

l’anima vive tutto quanto può venir sperimentato nel reciproco rapporto con l’anima senziente.

• Nel quarto periodo l’anima vive il reciproco rapporto con l’anima razionale o affettiva,

• e nel nostro tempo si vive tutto quanto può venir sperimentato

quando si è in un rapporto reciproco con l’anima cosciente.

 

Dopo essersi mossa nei singoli periodi in quelle parti costitutive della natura umana e facendo le sue diverse esperienze, l’anima seguì il generale progresso del mondo. Fondamentalmente diverse nei vari periodi sono le esperienze della propria anima con tutto il mondo.

Dopo quanto detto sino ad ora occorre già farsene un’immagine. Nel nostro tempo si vive dunque nell’anima cosciente, e tutta la civiltà del nostro quinto periodo consiste appunto nel far sì che tutta l’anima umana e tutto l’io umano stabiliscano col mondo i rapporti che sono determinati dall’anima cosciente. Nel nostro periodo si sperimenta ciò che è possibile sperimentare inviando la propria forza nell’anima cosciente.

Possiamo però anche affrontare il problema in un’altra prospettiva.

 

Grazie a che cosa avviene che nei generali nessi cosmici si viva nell’anima cosciente?

Ovviamente viviamo non solo nell’anima cosciente, ma anche nelle altre parti costitutive della natura umana.

• In senso stretto formiamo nel nostro tempo le facoltà che appunto ora l’umanità elabora,

soprattutto perché col nostro io e attraverso l’anima cosciente

viviamo giustamente fra nascita e morte nell’organizzazione del corpo fisico.

 

Nel quarto periodo postatlantico il Greco non viveva una simile forte dipendenza dal suo corpo fisico come noi ora; viveva nel corpo ancora in un modo interiore, e ciò faceva sì che egli elaborasse l’anima razionale o affettiva. Era quindi in grado di inserirsi nel corpo fisico in un modo del tutto diverso da quanto non ci è ora possibile. Ad esempio il Greco aveva di ogni movimento della mano una sensazione interiore molto più forte di quella che ha l’uomo di oggi. Di queste cose non può occuparsi la scienza ufficiale, pure esse esistono. Piegando il braccio, il Greco sentiva come i singoli muscoli si gonfiassero, come si formasse un angolo. Per questo, quale scultore, era in condizione di creare in modo del tutto diverso. Gli scultori di oggi lavorano secondo un modello, lo guardano e vi si adeguano. Non faceva così il Greco: egli aveva un interiore sentimento della forma del braccio, della fisionomia e di tutto il resto. Tutto era in lui esperienza interiore.

 

In un certo modo oggi l’uomo, vivendo nell’anima cosciente, è strappato da ciò che può sperimentare nel corpo fisico; è penetrato certo più a fondo nel corpo fisico, è ad esso più affine di quanto non lo fosse il Greco, ma è anche diventato meno sensibile per tutto quanto offre il corpo fisico. Si serve degli organi del corpo fisico in un senso più elevato del Greco.

Questi non riusciva a vedere determinate sfumature di colore che noi oggi vediamo, perché non era ancora inserito nel corpo fisico come noi lo siamo oggi. In Omero si vede quanto poco egli parli di colori.

Le condizioni si modificano però nel senso indicato, l’uomo è più congiunto col suo corpo fisico e di conseguenza non sente più in quel modo la sua interiorità nel corpo fisico. Si dovrebbe anche dire che egli non sente più nel corpo fisico la sua interiorità, ma si rivolge piuttosto verso il mondo esterno. In breve, vi è una lotta con le facoltà del corpo fisico, mentre in Grecia vi era più una lotta con la forma.

 

Possiamo così dire che noi formiamo l’anima cosciente proprio perché siamo in certo modo più intimamente congiunti col corpo fisico, perché poggiamo appieno sul corpo fisico. Di conseguenza il nostro è anche il tempo in cui non si sa più molto dei processi e delle cose spirituali, è il tempo del materialismo perché si è tanto penetrati nel corpo fisico.

Naturalmente nel corpo fisico vi è anche il corpo eterico. Il Greco sapeva ancora molto di più del suo corpo eterico, e anche come in una leggera eco sentiva come il corpo eterico ripetesse i movimenti fisici del corpo; sentiva ancora che non si muoveva solo la mano fisica, ma si muoveva insieme anche la mano eterica ed era anzi alla base del movimento fisico. Tutto questo si è perduto.

Durante il periodo greco l’uomo si sperimentava nel corpo eterico in un modo più intenso di ora. Per lui ciò non era ancora perduto. In quanto anime noi abbiamo sperimentato tutto questo, è nel nostro corpo eterico, è nei pensieri conservati. Quando poi usciamo dal mondo in cui siamo fra morte e rinascita lasciamo come in un dimenticatoio tutto quanto in effetti avevamo potuto bene dominare nel nostro corpo eterico.

 

Essendo ora penetrati tanto a fondo nel corpo fisico, lasciamo indietro quel che avevamo acquisito nel periodo greco. Già da questo si vede che il nostro corpo eterico contiene in effetti molto di più di quanto oggi non ne abbiamo coscienza. Oggi sviluppiamo la coscienza soprattutto nel corpo fisico e copriamo quindi quanto vi è in quello eterico.

Se fossimo coscienti di tutto il sapere da noi nascosto nel corpo eterico ed esistente nell’interiore organizzazione umana, sapremmo molto di più di quanto ora sappiamo. Il corpo eterico ha infatti conseguito una certa perfezione, maggiore di quanto oggi si sappia. In merito al corpo eterico molto è soffocato, perché non lo portiamo a coscienza in modo adeguato; non sappiamo molto del corpo eterico.

 

Come sappiamo, nel corpo eterico lavora quello astrale. Tutto quanto il corpo eterico fa va naturalmente pensato come compenetrato dall’astrale. Se fosse possibile portare d’un colpo alla luce quel che contiene il corpo eterico, saremmo molto più assennati di quanto non si è nel nostro tempo nel quale si lotta appunto col proprio corpo fisico.

Certo con la partecipazione del corpo astrale, quello eterico contiene infatti infiniti tesori di saggezza che sono nel fondo della nostra anima. Anzitutto vi sono molte capacità, molte conoscenze, ad esempio nel campo della geometria; già dissi una volta quanta geometria conosciamo inconsciamente. È questa davvero una verità: quando cioè si studia la geometria, non la si apprende dalle cose esterne, ma la si fa salire dall’interiorità, portando a coscienza ciò che vi è nel corpo eterico. Le figure che disegniamo servono solo come sollecitazione.

Quando disegno un triangolo del quale so che ha 180 gradi, quella conoscenza mi viene dal corpo eterico. Che si disegni la figura è solo una trovata della pigrizia umana. In realtà si sa che tutta la geometria si impara in modo inconscio, perché è nascosta nelle profondità dell’inconscia vita dell’anima. In genere proprio non si crede quanto si sia assennati nelle profondità inconsce dell’anima. Se soltanto lo si sapesse!

 

Il male dell’evoluzione umana non è che gli uomini non abbiano saggezza in loro, ma che non siano capaci di estrarla dalle profondità dell’anima. Ogni progresso educativo è basato sulla capacità di estrarre dalle profondità dell’anima la saggezza ivi nascosta. Se non estraessimo queste cose non saremmo in grado di favorire la nostra evoluzione come dovremmo.

Se non avessimo con il corpo fisico un rapporto come quello che ora abbiamo, nasceremmo come bambini intelligentissimi, e non sarebbe difficile far affiorare relativamente presto quel che si nasconde nel corpo eterico. Ci si darebbe però troppa poca pena per raggiungere la saggezza, e quindi essa entrerebbe troppo poco in nostro possesso, sarebbe una copia della saggezza. Acquisirla personalmente è possibile stabilendo col corpo fisico un rapporto quale è ora nel quinto periodo di civiltà. Soltanto l’acquisizione personale fa sì che il sapere diventi nostro, ma lo conseguiremo solo estraendolo in questo modo. Tutto ciò vale per il corpo eterico.

 

Per il corpo astrale vale qualcosa del tutto diverso: se riuscissimo ad estrarre tutti i particolari che vi sono nel corpo astrale, tutto quanto esso conosce, non si avrebbe in effetti alcun vantaggio per la nostra vita attuale, perché vivremmo allora davvero come automi nella comunità umana.

Non la nostra coscienza, ma il corpo astrale sa ad esempio in quale rapporto esso sia con i singoli individui che si incontrano nella vita. Il nostro corpo astrale ne ha coscienza. Se potessimo avere coscienza di tutto quanto sa il corpo astrale (ma chi lo vorrebbe fare non ne è capace, e chi lo è non lo fa, perché questo porterebbe alla formazione di un egoismo occulto della peggior specie) si saprebbe ad esempio che da certe persone ricaveremmo solo danni, e con altre sperimenteremmo cortesia.

Il saperlo modificherebbe ovviamente molto la vita, ma per le attuali condizioni terrestri non in senso favorevole. Potrei certo raccontare ancora molto di quel che conosce il corpo astrale; esso comunque fa già uso del suo sapere in modo inconscio, ed è un sapere che davvero viene poco osservato nella vita umana.

 

Facciamo il caso che qualcuno muoia a seguito di un incidente. In base alla normale vita umana il fatto ci appare come se la disgrazia lo avesse raggiunto. Secondo la nostra attuale coscienza l’uomo non cerca l’incidente. Se però si esaminasse il corpo astrale si vedrebbe che non esiste incidente che l’uomo non si cerchi, in quanto è nel suo corpo astrale.

Quel che è necessario per la coscienza usuale è cercato per libera scelta dal corpo astrale, è voluto, realmente voluto dal corpo astrale. Persino l’essere travolti da un treno è in effetti sollecitato dal corpo astrale in base a tutti i nessi della vita; non è qualcosa che solo capiti.

 

Nella saggezza del corpo astrale non abbiamo dunque soltanto relazioni con gli altri uomini, ma le abbiamo anche realmente con tutta la vita esterna, con tutti gli eventi naturali e sociali nei quali siamo implicati. È quindi bene che qualcosa ci resti ignoto, altrimenti nulla impareremmo per l’evoluzione successiva.

Però nel corpo astrale esiste un reale pensiero, vale a dire una specie di sapere per tutto ciò che mostra il nostro essere in relazione con gli uomini e gli eventi nei quali siamo implicati. Nella vita corrente si bada in effetti molto poco a tutto ciò. Quando infatti ci capita qualcosa del quale appunto si dice che “ci è capitato”, di regola si considera che appunto ci è capitato. Non si pensa che cosa sarebbe accaduto, se quel “qualcosa” non ci fosse capitato.

 

Ne faccio un esempio evidente. In un momento della sua vita un tale rimane ferito. Di solito si pensa appunto che è stato ferito e a questo ci si limita. Non si vede tuttavia che cosa sarebbe successo se non fosse stato ferito, perché a seguito della ferita cambia tutta la sua vita, tutti gli avvenimenti successivi si modificano. Però il corpo astrale vede tutti i nessi ponendosi prima della ferita. Si può dire che è chiaroveggente.

 

Il vero io, che ancora riposa nel più profondo del subconscio,

è ancora più chiaroveggente, molto più chiaroveggente.

 

Sappiamo che abbiamo formato il nostro corpo fisico sull’antico Saturno, il corpo eterico sul Sole, e il corpo astrale sull’antica Luna. L’io è invece il neonato fra le nostre parti costitutive, è il più giovane. L’io sarà formato come ora lo è il corpo fisico soltanto su Vulcano, dopo che avrà attraversato l’evoluzione di Giove e quella di Venere. Esso è però ancora in pari tempo nel grembo del mondo spirituale. Poi, durante il periodo di Vulcano, dall’io emanerà un’enorme conoscenza di tutte le connessioni della vita. Quella conoscenza è però ora già in noi, e le evoluzioni di Giove e di Venere ne svilupperanno le capacità.

 

Osservando la base della nostra vita animica,

vediamo quindi in modo magnifico il nostro nesso col mondo spirituale.

Nella nostra vita normale ci è solo dato di ricevere qualcosa in quanto l’io si riflette nel corpo fisico.

• Dietro a ciò è tuttavia radicata la vasta conoscenza terrestre che è nel corpo eterico,

• in più la conoscenza chiaroveggente che è nel corpo astrale,

• e inoltre la conoscenza ancora più chiaroveggente che è nel vero io.

È bene riflettere su queste cose prima di addentrarsi in quel che ora intendo esporre.

 

Prendiamo il caso che ora ci tocca l’anima migliaia di volte, il caso di qualcuno che passi la porta della morte in giovane età, come oggi spesso avviene sui campi di battaglia.

Avviene che le parti costitutive più profonde della natura umana, corpo eterico, corpo astrale e io, vengano strappate dalla loro connessione col corpo fisico in modo del tutto diverso da quando si muore lentamente nel proprio letto in tarda età. Si ha così spesso una rapida separazione dal corpo fisico.

Ho già detto della natura profetica del corpo eterico. Abbiamo visto che già nelle immagini del sogno, quando riusciamo a interpretarli, vi è qualcosa di profetico che accenna alla nostra vita futura; esso si forma perché il corpo astrale tende verso il corpo eterico, e perché nel corpo eterico viene rispecchiato ciò che sperimenta il corpo astrale.

 

Per chi osserva queste cose da indagatore dello spirito, da queste riflessioni deriva una domanda importante. Essa va comunque posta, ma per il fatto stesso di averla avanzata si ha una specie di guida per la risposta che risulta dall’osservazione chiaroveggente.

Ci si dice ad esempio che quando la vita si svolge normalmente qui sulla terra l’uomo è in linea di massima destinato a raggiungere un’età patriarcale, a consumare la vita lentamente. A questo sono predisposti il corpo eterico, quello astrale e l’io. Così avviene nel corso normale della vita.

D’improvviso il colpo di una pallottola disturba tutta la connessione. Di conseguenza una facoltà, ad esempio la facoltà del corpo eterico (volendo ora solo considerare un singolo individuo), la forza dello stesso corpo eterico che avrebbe potuto agire profeticamente lungo tutta la vita, che lo avrebbe ancora condotto attraverso tanti casi della vita, gli viene tolta dalla vita; viene separata dal piano fisico.

 

Prescindendo dalla realtà che la cosa dipende comunque dal karma, facciamo ora l’ipotesi che la pallottola non lo colpisca: quel tale avrebbe consumato a poco a poco la forza del suo corpo eterico forse per molti anni ancora. Quella forza esiste comunque nell’interiorità della sua anima, non è scomparsa. Che essa esista, lo si vede quando il soggetto colpito da una pallottola guarda il suo quadro mnemonico, lo vede a ritroso nel corpo eterico. Ho già detto che il quadro mnemonico ha un carattere del tutto particolare: è come se provenisse dal mondo esterno, non come se fosse prodotto dall’interiorità. In breve, l’energia, la forza che era stata recisa rimane nel soggetto. L’osservazione mostra anche che essa è presente e che modifica tutta la vita successiva alla morte.

 

Altrettanto avviene per la forza che è nel corpo astrale. Anch’essa sarebbe stata impiegata nel resto della vita. Anch’essa esiste ancora. In breve, si attraversa la porta della morte in modo del tutto diverso se si viene strappati con violenza dalla vita fisica, perché la si abbandona dopo esser stati colpiti da una pallottola, oppure se si muore lentamente nel proprio letto.

Nasce così la grande domanda per l’indagatore dello spirito: che cosa significa in sostanza tutto ciò? che cosa significa per un’epoca nella quale, a seguito di quanto ho detto, l’uomo porti in effetti nel mondo spirituale qualcosa del tutto diverso da quanto vi avrebbe portato se avesse vissuto tutta la sua vita per intero?

Per l’epoca nella quale viviamo ciò ha una grandissima importanza, perché molto di quanto ho descritto viene portato nel mondo spirituale. Ma questo che cosa significa per il mondo spirituale? È un problema molto significativo.

 

Considerando un poco il nesso del mondo spirituale con quello fisico, come si può leggere nel ciclo di Vienna: Natura interiore dell’uomo e vita fra morte e nuova nascita, ci si avvicina a quello che non si crede con facilità e che pure è chiarissimo all’indagine spirituale, e cioè che tutti i concetti e tutte le rappresentazioni si modificano quando si giunge nel mondo spirituale. E questo non soltanto quando vi si giunge grazie all’iniziazione, ma anche a seguito della morte.

In effetti qui l’umanità si evolve sempre più in una determinata direzione, si può dire in quella del cosiddetto concetto di “esistente”. Oggi già si preferisce con grande forza e si è immersi nel concetto di “esistente”. Che cosa intendo in sostanza con questo concetto?

 

Oggi nessuno ammette che vi sia qualcosa che non sia “esistente”. Se si presenta qualcuno che non parla subito di qualcosa che si possa toccare con le mani, viene considerato un sognatore. La gente va in giro e parla della “realtà” a fronte della quale un semplice pensiero è un nulla. Moltissimi oggi non badano ai pensieri perché non ne possono venir addentati. “Esistere” significa per costoro avere grande come una casa quel che si percepisce. Non occorre fare nulla perché qualcosa esista, si presenta come esistente, e quel che non appare viene preso sempre meno in considerazione.

 

Nell’evoluzione del mondo spirituale le cose sono al contrario. Ciò che esiste, che fa un’impressione come la fa un oggetto fisico per chi è nel mondo spirituale, è qualcosa di nemico, di disturbante, qualcosa di cui si sa che non esiste, che è destinato a scomparire nel nulla. Giungendo senz’altro in una sfera spirituale in cui vi siano anime defunte non molto evolute, intendo anime che per lo spirito sono altrettanto ingenue, come molte possono esserlo per la terra, vi si trova il giudizio contrario. Qualcosa cui esse diano valore non deve “esistere” nel senso in cui sulla terra si parla di “esistente”. Per quelle anime è privo di valore ciò che qui è “esistente”. Nella vita spirituale si è di fronte soltanto a esseri spirituali che agiscono sulle anime. Essi vanno anzitutto visti. Quando si è nel mondo spirituale, si hanno intorno esseri delle gerarchie spirituali: Angeli, Arcangeli e così via. Si sa che essi sono presenti.

Se devono esserlo, occorre però anzitutto destarli a quel che qui si chiama “esistente”. Ciò che nel mondo spirituale agisce su di noi deve portare all’immaginazione. L’esistente non risvegliato, rispetto a cui nulla si fa, ciò che è semplicemente presente non ha ivi valore di esistenza.

 

Qui sulla terra si è circondati dalla natura, ma il mondo spirituale al quale ci si deve elevare non è senz’altro presente. Non occorre una speciale fatica per avere la natura attorno a sé. Essa si presenta come qualcosa di esistente, e per questo i materialisti amano averla attorno. Non è però più così nel mondo spirituale. Nulla vi esiste che non vada sempre elaborato; occorre essere sempre attivi. Quello che esiste è l’altro mondo, il mondo che si è abbandonato, e ad esso si guarda sempre come al mondo dell’essere; è un mondo che porta in sé l’effimero, che sempre lotta con il nulla.

 

Se per un momento il mondo tanto amato dai materialisti scomparisse, e gli uomini nulla sapessero del loro corpo e dovessero immaginare le cose, se nulla sapessero ad esempio di una tavola fino a che non l’avessero creata pensandola, ma invece vedessero il mondo spirituale, avrebbero allora qui la vita quale si ha nel mondo spirituale. In esso il mondo è appunto visibile soltanto a seguito della propria attività. L’altro mondo, cioè il nostro, là è sempre presente. Mentre qui il cielo rimane nascosto, ed è sempre presente solo il mondo che ci circonda, là il mondo rimane in effetti nascosto se non ce lo rendiamo visibile a seguito della nostra attività. Il nostro mondo visto da là non è un mondo al quale occorra credere, ma che si conosce direttamente.

 

Considerato nella prospettiva dell’altro mondo, il nostro risulta funesto perché è compenetrato dall’esistente. Veramente disturba che questo mondo sia compenetrato dall’esistente. L’opinione di molti che dicono: crederei certo in un mondo spirituale, se solo qui lo potessi vedere, è confrontabile con quanto dicono le anime nel mondo spirituale: si potrebbe anche sopportare il mondo fisico esistente laggiù se non fosse sempre tale, se non fosse tanto insistente nel suo esistere. Non si può guardare giù alla terra senza che essa mostri lo spaventoso “esistere” in tutti i suoi punti.

 

Se qualcuno è qui materialista pratico e non crede negli ideali, ama soltanto l’esistente. Affinché tuttavia non si diffonda la concezione che vi sia soltanto la crassa esistenza, di tempo in tempo sorgono sempre gli idealisti che fanno credere nella forza degli ideali e nella loro efficacia per il progredire della storia. Vengono immessi nel mondo gli ideali della moralità, del bello, della religione.

Certo, i gretti materialisti non vi dànno alcuna importanza o al massimo li sbrigano con due parole. Viene così portato sul piano fisico proprio ciò che ha maggior valore nella vita e che non appare soltanto materiale crasso.

 

Osservando poi l’evoluzione dell’umanità sulla terra in una prospettiva umana superiore, va certo detto che la natura è grandiosa e importante, che esiste, ma che cosa sarebbe tutta la vita umana se ci fosse solo la natura, per bella che sia, se l’uomo non potesse avere ideali, se non potesse venir stimolato non dall’esistente, ma da come dovrebbe essere la vita morale, religiosa, artistica e pedagogica?

Si potrebbe dire che la vita acquista un valore soltanto dal non-esistente che discende come un ideale dell’umanità dal mondo spirituale, dal non-esistente che dovrebbe divenire. Lo sente giustamente chiunque non sia sprofondato nella palude del materialismo. Nel corso della storia compaiono così quelli che sono i portatori degli ideali, coloro che intendono trasformare la vita esistente in quella che dovrebbe diventare.

 

All’indagatore dello spirito risulta dunque che dal mondo spirituale ci si volta a guardare in modo analogo al mondo terrestre e che il maggior desiderio delle anime tende a far sì che non tutto sulla terra soltanto “sia”, che oltre a quanto in essa si presenta vi sia anche qualcosa che nel senso più eminente non sia soltanto terrestre. All’esistente va mischiato anche quanto non è terrestre nel senso corrente.

Direi che la cosa si presenta come infinitamente importante all’indagatore dello spirito per le anime che erano disposte per una vita lunga, che furono allontanate con la violenza e che quindi hanno a disposizione per l’aldilà una parte della loro vita, in effetti prevista per l’esistente, ma che non è stata vissuta.

 

Immaginiamo che qualcuno, invece di vivere fino a settanta o ottanta anni in base alle forze vitali di cui disponeva, sia arrivato a venticinque, ventisei anni e poi sia stato raggiunto da una pallottola. Le parti costitutive della sua natura vengono separate. Il corpo eterico, il corpo astrale e l’io avrebbero potuto sviluppare ancora a lungo i talenti per tenere in vita il corpo fisico. Quel che si sarebbe potuto svolgere dopo il colpo ricevuto era certo destinato all’esistenza terrena, ma non è passato nell’esistente.

 

Visto dall’aldilà appare tale da far dire: laggiù non vi è solo l’esistente, laggiù nell’esistenza terrena è anche mischiato qualcosa che era destinato all’esistere ma che non è stato vissuto, qualcosa che era presente solo come disposizione, che in un certo senso dovrebbe divenire. Coloro che terminano la loro vita a seguito di accidenti esterni, che passano così la porta della morte, per il mondo spirituale sono messaggeri spirituali, simili agli idealisti che vengono sulla terra per mischiare all’esistente ciò che dovrebbe divenire. Chi attraversa prematuramente la porta della morte sale così al cielo per testimoniare che sulla terra non vi è solo l’esistente, ma anche ciò che dovrebbe divenire.

 

Si fa una profondissima e importante scoperta quando si giunge a questo capitolo dell’indagine spirituale, quando si conoscono gli idealisti rivolti al cielo e tali diventati perché qui sulla terra avevano attraversato la porta della morte nel modo indicato. Accogliere veramente nella nostra anima questo pensiero si addice molto bene al nostro tempo.

Entrando quindi nei campi della vita spirituale è necessario che accanto a quelli che per così dire vi svolgono il loro compito, vi siano anche quelli che fanno riferimento alla terra dopo che essi avevano in effetti intessuto qualcosa nella sua evoluzione, ma ne furono distolti prima di avervi portato quanto avrebbero potuto in base alle loro disposizioni.

 

Si può quindi anche dire: coloro che attraversano così la porta della morte diventano per molti aspetti per le anime umane nel mondo spirituale coloro che fanno credere all’elevatezza della vita della terra, che fanno credere nell’aldilà che davvero la vita terrena contiene anche un elemento spirituale di valore. Essi assumono là una posizione simile a quella degli idealisti qui sulla terra.

Occorre sapere bene che non dobbiamo immaginare che gli uomini continuino a vivere nel mondo spirituale come furono in ultimo qui. L’idea corrente che ci si fa ad esempio che chi muore da bambino continui a vivere quale bambino è ovviamente sbagliata. La forma che chi muore aveva alla fine sulla terra può apparire come un’immagine, non è però la sua figura, ma appunto un’immagine. Uno può morire bambino, ma l’essere umano che era incarnato in un bambino può essere un’anima molto evoluta e dopo la morte continuare a vivere appunto come tale. Lo avevo già detto.

 

Vediamo così che si porta nel mondo spirituale qualcosa che è legato con l’esistenza terrena, però qui non sbocciato, qualcosa che nell’aldilà dovrebbe divenire; ciò si aggiunge all’evoluzione che l’anima attraversa fra morte e rinascita.

Uomini passati presto attraverso la porta della morte svolgono una vita fra morte e rinascita in modo da vedere nell’aldilà l’elemento umano terreno molto più ricco e vasto di quanto non riescano a farlo anime che vissero una vita terrena normale. Certo questo nulla decide su quanto per il singolo è stabilito dal karma. È karma invecchiare e karma morire giovani.

 

Proprio come non si può stabilire arbitrariamente sulla terra di diventare qualcuno in base alla coscienza terrena, così non si può stabilire con la coscienza terrena il modo di strutturare la vita fra morte e nuova nascita. Se quindi a seguito di una violenza si sale dall’esistenza fisica nel mondo spirituale, si hanno immagini molto più intense di tutto ciò che è umano di quanto non se ne avrebbero entrandovi appunto in altre circostanze.

Si può dire che coloro che attraversano la porta della morte, nella vita fra morte e rinascita, sono specialmente vicini a quanto avviene sulla terra in merito a ciò che è universalmente umano. Lo si vede osservando uomini che fecero qualcosa di molto importante in un qualsivoglia periodo della loro vita, e che proprio loro lo abbiano fatto.

 

Diciamo che qualcuno aveva fatto qualcosa a quarantanove anni (ovviamente lo si vede soltanto con la veggenza occulta) che era molto notevole in una determinata direzione: lo si osserva a ritroso. Si trova poi che in una precedente incarnazione egli era magari morto di una morte più o meno violenta proprio a quarantanove anni. Questo significa che grazie alla forte connessione con l’evoluzione ideale sulla terra egli accoglie l’impulso di ciò che dovrebbe divenire per il mondo spirituale. Ha quindi la forza, incorporata in tutto il suo essere animico, di compiere qualcosa di preciso in un determinato anno. Dissi anche l’ultima volta che da ciò si può vedere che uomini, che in effetti hanno da compiere qualcosa in base alla loro volontà, che vivono cioè più per l’umanità in generale, avevano portato seco da una precedente incarnazione l’impulso per ciò che dovrebbe divenire.

 

È specialmente difficile, volendosi rappresentare la vita nel mondo dello spirito, pensare che sia solo qualcosa di più sottile della vita terrena, conciliarsi con l’idea che invece si ha della vita spirituale: qui la vita fisica è di continuo nota di per se stessa, mentre nell’aldilà la vita è sconosciuta, e quindi là vale il contrario.

Non si arriva subito a comprendere che in effetti, se non si è attivi, nella vita spirituale tutto è buio e oscuro, che tutto deve essere prima portato alla luce, che tutto quanto è qui è anche visibile dall’aldilà, e che l’importante che vi è frammisto è ciò che deve divenire. Questa è l’idea che occorre acquisire volendo pensare in modo giusto il nesso fra la vita fìsica e quella spirituale.

 

Ho detto che è davvero molto bene ai nostri giorni familiarizzarsi con queste idee, perché l’anima colpita dal dolore si chiede molto spesso oggi: perché in così gran numero devono uomini nel fiore degli anni essere chiamati nel mondo spirituale? perché non possono svolgere qui la loro vita? Come ho detto, a volte le verità spirituali possono apparire spietate, ma per quanto possa suonare strano è pur vero che nel mondo spirituale va portata la possibilità di guardare alla terra in modo che la terra stessa possa venir compenetrata dallo spirito.

Se tutti gli uomini raggiungessero la loro età normale, e nessuno fosse in grado di sacrificarsi in giovane età, la terra sarebbe vista dall’aldilà come compenetrata dall’esistente senza valore. Gli ideali della terra sono in pari tempo qualcosa che dal passato prepara un futuro migliore. Questo è anche in relazione con quanto viene sacrificato.

 

Chi a ventisei anni sacrifica tutta la sua vita futura, che altrimenti avrebbe dedicata al suo lavoro, la dedica al progresso dell’umanità. Così la vita continua. Nelle forze di progresso ora esistenti vi è la vita che uomini sacrificarono mentre avrebbero potuto viverla ancora qui. L’evoluzione della terra richiede questi sacrifici di vita. Da tutto ciò si vede quanto diventi infinitamente concreto quel che nella nostra epoca materialistica è altrimenti solo un concetto astratto.

In un senso ancora diverso da quanto sviluppai qui in luglio, si può dire che non solo i corpi eterici agiscono per così dire nel nesso complessivo del progresso dell’umanità, ma agisce anche il lavoro di chi è morto giovane. Il lavoro di queste individualità è tale che ci permette di chiedere: chi sono coloro che operano di preferenza per tutta l’umanità, che si propongono compiti generali nelle future incarnazioni? Sono coloro che in una precedente incarnazione in qualche modo sacrificarono la loro vita. Le nature piene di abnegazione, dedite qui sulla terra allo spirito, devono il loro atteggiamento a una vita martoriata subita in una precedente incarnazione. La terra non potrebbe progredire se uomini non si sacrificassero.

 

Riflettendo su tutto ciò, si getta uno sguardo dal presente all’avvenire. Moltissimi sono oggi sacrificati, si sacrificano. Per quanto doloroso questo sia in una prospettiva personale, ci si può consolare vedendolo nella prospettiva della saggezza universale. Quel che oggi viene sacrificato risulterà in futuro forza di progresso. L’umanità ha bisogno di queste forze di progresso. Oggi non vi si riflette ancora a sufficienza, ma lo si farà quando saranno trascorsi non centinaia ma decine di anni dall’evoluzione materialistica dell’umanità. Il materialismo trarrà molto alla svelta le sue conseguenze.

Interiormente il culmine del materialismo si ebbe nel secolo diciannovesimo, ma gli uomini sprofonderebbero nel materialismo se non ci fosse una svolta, svolta che dovrebbe esser data dalla scienza dello spirito. Sarà tuttavia possibile soltanto se saranno al lavoro potenti forze, se ideali saranno davvero inseriti nella vita terrestre.

 

Molti che oggi vengono chiamati serviranno affinché la terra non si abbandoni al materialismo, affinché non solo esso domini la vita.

Si rilegga nel ciclo di conferenze che tenni sull’Apocalisse quel che dissi a grandi tratti per dare un’idea di quante morti sacrificali e dei loro frutti la terra avrà bisogno per poter essere salvata dal cadere nel materialismo e in quanto è ad esso legato: lotte, odio, ostilità; salvata almeno per poter percorrere il suo ulteriore cammino nel cosmo.

È una realtà che tempi come i nostri più di altri richiedano di pensare non solo a quanto avviene, ma anche ai frutti di quanto avviene.

 

Riusciremo però solo a riconoscerli se considereremo i due aspetti dell’esistenza nel cosmo, i due aspetti che ci mostrano che noi attraversiamo nella realtà due poli della vita del tutto diversi: uno qui fra nascita e morte, e l’altro là fra morte e nuova nascita.

Col nostro essere intimo noi siamo qui in un certo senso passivi, e dobbiamo davvero lavorare, anche se per molti è troppo il cammino, se vogliamo elevarci a una visione del mondo spirituale. Là è necessario essere attivi per riuscire a vedere il mondo in cui siamo, il mondo che ci è direttamente presente; di contro abbiamo sempre davanti e sotto di noi il mondo dell’esistente, come un’esortazione.

 

Nel nostro mondo gli idealisti portano l’impulso a ciò che dovrebbe divenire,

a ciò che dà valore all’esistente.

 

Nel mondo in cui vanno gli uomini attraverso la porta della morte, in cui entrano coloro che hanno esaurito la loro vita per continuare il corso regolare della vita terrena, entrano anche quelli che muoiono più o meno presto come martiri; ivi testimoniano che sulla terra non vi è solo l’elemento materiale, non vi è solo ciò che è soggetto al nulla, all’effimero, ma che mischiato alla terra vi è anche ciò che trattengono coloro che non esauriscono la loro vita perché viene loro tolta con violenza.

Queste cose non vanno soltanto capite, ma penetrate a fondo col proprio sentimento, affinché molto risulti chiaro. Nel presente vi sono certo molti enigmi, ma alcuni si chiariscono considerando quanto di doloroso avviene in relazione con la grande saggezza dell’universo.

 

Anche questo è un capitolo che ci permette di dar corpo a un’importante verità,

applicando quanto abbiamo detto al nostro tempo:

 

Dal coraggio dei combattenti,

dal sangue dei campi di battaglia,

dal dolore dei rimasti,

dal sacrificio del popolo

nasceranno frutti dello spirito.

 

Anime guidino coscienti la loro mente

nel regno dello spirito.