La filosofia Vedanta

O.O. 139 – Il Vangelo di Marco – 21.09.1912


 

In oriente, dove era vissuto Krishna, si era in certo senso in anticipo sui tempi, per quanto riguarda il declino dell’antica chiaroveggenza. C’è qualcosa di singolare nella civiltà indiana di quel tempo. Nel primo periodo dell’epoca postatlantica in India era fiorita un’altissima civiltà, caratterizzata per l’anima umana da una purissima visione del mondo spirituale; i Risci poi furono capaci di descrivere in modo stupendo quanto contemplavano spiritualmente, sì da esercitare un grande influsso sui tempi successivi.

 

Poi, quando la chiaroveggenza andò estinguendosi, essa fu conservata per i tempi seguenti, per esempio nella rivelazione di Krishna, ma alla fine del terzo periodo di civiltà postatlantico la chiaroveggenza era estinta.

 

Grazie a Krishna e ai suoi discepoli i fatti che si erano potuti percepire chiaroveggentemente erano stati espressi e conservati in parole stupende, e si possedeva ormai anche nella scrittura quanto nel passato era stato contemplato. Nell’India non si verificò mai quello che invece si svolse più a occidente, per esempio nella Grecia.

 

Se comprendiamo bene il mondo indiano, possiamo dire che mentre l’antica chiaroveggenza si estingue, coloro di cui Krishna è il più grande, mettono per iscritto in termini meravigliosi quanto un tempo era stato veduto chiaroveggentemente.

 

Questo è poi presente nella parola, nei Veda, e chi vi si immerge, ne sperimenta l’eco nella propria anima. Non avviene invece quel che si presenta in Socrate o in altri filosofi greci; nelle anime indiane non si manifesta la ragione, la forza del giudizio, di tipo occidentale.

 

La forza originaria, propria dell’io, di cui oggi parliamo a ragione, non si manifesta affatto nell’India.

Qui, non appena si è estinta l’antica chiaroveggenza, si afferma qualcosa di diverso:

cioè l’aspirazione allo yoga, a una disciplina che riporti su, alle regioni perdute per via naturale.

 

Lo yoga diventa una chiaroveggenza artificiale; in fondo, l’antica chiaroveggenza è sostituita direttamente dalla filosofia yoga, senza che vi si frapponga una filosofia puramente razionale, come ad esempio è avvenuto in Grecia. Ciò non si verifica affatto nella civiltà indiana: qui una simile fase intermedia non esiste.

 

Esaminando la filosofia vedanta, possiamo constatare che essa non è elaborata alla maniera delle filosofie occidentali, pregne di idee, permeate di raziocinio: essa è invece per così dire ancora tirata giù dai mondi superiori, solamente tradotta in parole umane.

La sua caratteristica è di non essere stata conquistata mediante concetti umani, elaborata come i sistemi socratico o platonico, ma veduta chiaroveggentemente.

 

Non è facile acquistare piena chiarezza su queste cose, però anche oggi esiste la possibilità di scorgere nettamente tale differenza. Proviamo a prendere in mano qualsiasi libro di filosofia, la descrizione di qualunque sistema filosofico dell’occidente. Come è stato conquistato ciò che oggi può adeguatamente chiamarsi filosofia? Se osserviamo il modo di procedere di qualcuno che possa venir considerato un serio filosofo, possiamo constatare come quei sistemi filosofici siano stati costruiti mediante lo sforzo della facoltà del giudizio logico, del pensare logico.

 

Tutto un edificio di questo genere viene innalzato a poco a poco, e chi fa della filosofia in tal modo non può credere che sia anche possibile scorgere davanti a sé, per effetto di chiaroveggenza, quello che egli va elaborando di concetto in concetto. Ecco perché è tanto difficile farsi intendere, quando si abbracciano d’un colpo chiaroveggentemente certi filosofemi conquistati di solito «col sudore della fronte», senza aver necessità di percorrere ogni passo del ragionamento. I concetti della filosofia vedanta sono di questo tipo, cioè concetti contemplati chiaroveggentemente.

 

Non sono conquistati, come quelli della filosofia europea, col sudore della fronte, ma ricavati chiaroveggentemente; sono i residui dell’antica chiaroveggenza diluiti fino al grado di concetti, ovvero le prime e ancora tenui conquiste fatte nel mondo soprasensibile per mezzo dello yoga.

 

Tutt’altre esperienze sono state fatte invece dalle popolazioni dei paesi occidentali: si possono in questo campo menzionare singolari esperienze e importanti eventi interiori. Prendiamo un singolare filosofo greco del sesto secolo prima di Cristo, Ferecide di Siro.

 

È un filosofo veramente strano, che i filosofi d’oggi non considerano nemmeno un filosofo! Ciò viene realmente affermato in certi testi, e vorrei citare letteralmente almeno due giudizi. C’è chi definisce le opinioni di Ferecide come descrizioni puerili; un altro scrive «puerile e geniale», ed è convinto di essere enormemente superiore a quell’antico filosofo.

 

Ecco dunque che a Siro, circa cinquecento anni prima di Cristo, fa la sua comparsa uno strano pensatore; bisogna certo ammettere che egli parla delle cose in modo ben diverso da come si esprimeranno più tardi quelli che saranno chiamati filosofi.