La forma in cui la morte ci appare è maya

O.O. 112 – Il Vangelo di Giovanni in relazione agli altri 3 – 06.07.1909


 

Consideriamo in particolare un momento ben determinato della nostra evoluzione terrestre:

il momento in cui venne eretta la croce sul Golgota,

in cui il sangue fluì dalle ferite del Cristo Gesù.

Consideriamo questo momento della nostra evoluzione terrestre.

 

Fino a quel momento si era svolto nell’umanità ciò che era la conseguenza dell’entrata nell’interiorità umana delle forze riunite delle entità luciferiche e arimaniche. Per effetto di quell’intervento, l’uomo penetrò, nei riguardi del mondo esteriore, nella maya o nell’illusione: Arimane fece sì che il mondo esteriore non apparisse all’uomo nel suo vero aspetto, ma soltanto come un mondo fisico materiale, come se dietro alla materia non vi fosse lo spirito.

L’uomo si è dunque trovato per molto tempo (e per molti partecipanti all’evoluzione vi si trova ancora oggi), in uno stato determinato dall’errore, perché egli vede intorno a sé soltanto impressioni sensibili materiali, e le elabora con le sue rappresentazioni.

 

A causa di questo influsso di Arimane, o di Mefistofele, l’uomo vede dunque il mondo esteriore in un’immagine sbagliata, e si forma delle rappresentazioni illusorie e non vere sul mondo spirituale.

Ma tutto lo spirituale è in relazione con effetti fisici, e abbiamo visto quali effetti fisici accompagnano l’immagine illusoria dell’osservazione esteriore.

 

Abbiamo visto che fu proprio per conseguenza dell’influsso luciferico e arimanico che il sangue umano diventò sempre meno atto a dare all’uomo la facoltà di vedere nel mondo esteriore ciò che è giusto; con il deterioramento del sangue, con la sua dissoluzione, quale avvenne durante il periodo dell’antica consanguineità, con quella disgregazione, con quel morire del sangue attraverso le mescolanze, era così legato un crescendo progressivo dell’illusione, perché l’uomo non poteva più interrogare l’antica saggezza che possedeva prima come eredità, e che gli diceva non essere vero che il mondo esteriore è soltanto materia perché, se ci si attiene agli antichi residui ereditari della saggezza, essi ci dicono che dietro al mondo fisico vi è un mondo spirituale.

 

Ma quei residui di eredità andarono perdendosi sempre più, e l’uomo si trovò sempre più indirizzato con tutta la sua vita animica e la sua conoscenza verso il mondo fisico. Questo trasformò per lui ogni impressione fisica in illusione, in errore.

Se non fosse intervenuto l’influsso del Cristo, l’uomo si sarebbe ridotto alla fine a dover perdere tutti gli antichi avanzi di saggezza, e ad essere a poco a poco indirizzato al solo mondo esteriore e alle impressioni dei sensi. Egli avrebbe dimenticato l’esistenza di un mondo spirituale. Ecco ciò che sarebbe avvenuto: l’uomo sarebbe diventato cieco per il mondo spirituale.

 

Dobbiamo ora considerare molto seriamente la verità che l’uomo sarebbe caduto sempre più in balìa dell’errore e della illusione sul mondo esteriore.

Non è tanto semplice comprendere seriamente tutta la portata di questa verità, della caduta dell’uomo nell’errore in merito alle impressioni esteriori del mondo dei sensi.

Cerchiamo di renderci conto che cosa significhi riconoscere come illusioni, come errori, tutte le impressioni esteriori dei sensi, quali ci appaiono nel mondo fisico-sensibile.

 

• Dobbiamo imparare a dirci che i fatti e le impressioni del mondo dei sensi

e l’impressione che fanno su di noi, sono falsi;

dobbiamo imparare a vedere la loro vera forma dietro le impressioni esteriori.

 

Citerò un evento per il quale l’uomo difficilmente può arrivare ad applicare la verità; al punto da dirsi che la forma in cui tale evento appare nel mondo esteriore non è vera, è illusione, è maya. Si sa di quale evento parli: è la morte.

La morte ci appare nel mondo fisico esteriore e parla alla nostra conoscenza, ma a poco a poco tale conoscenza, sotto l’influenza dei fatti che abbiamo descritto, è diventata tale da poter comprendere soltanto avvenimenti fisici esteriori.

Quindi anche la morte, quale è divenuta, ha caratteristiche tali da poter essere considerata dagli uomini soltanto dal punto di vista del mondo fisico esteriore. E appunto a proposito della morte l’umanità ha dovuto cadere nelle opinioni più sbagliate e fatali.

 

Dobbiamo quindi trarne la conseguenza che la forma in cui la morte ci appare è maya, illusione, inganno.

Davanti ai nostri occhi si svolgono nel mondo fisico gli avvenimenti più diversi.

 

Si presentano ai nostri occhi le stelle, sparse nello spazio cosmico, le montagne, le piante, gli animali, tutto il mondo dei nostri minerali; anche l’uomo, e tutti gli altri fatti che possiamo conoscere mediante l’osservazione dei sensi. E se ci domandiamo da dove provengano questi fatti, da dove provenga questo mondo fisico esteriore, che ci si manifesta quale mondo materiale, dobbiamo rispondere che esso proviene dallo spirito.

 

Lo spirito è alla base del nostro mondo fisico sensibile.

Se si risalisse alla forma originaria dello spirito, dalla quale procede tutto il fisico sensibile,

si dovrebbe chiamarla la base di ogni esistenza,

vale a dire ciò che nell’esoterismo cristiano, nella Divinità, viene chiamato Principio-Padre.

Il divino Principio-Padre è alla base di tutto il creato.

 

Che cosa dunque è stato occultato all’uomo, quando tutto si immerse per lui nella maya o illusione? Il divino Principio-Padre! Invece delle immagini illusorie dei sensi, egli avrebbe dovuto scorgere ovunque attorno a lui il divino Principio-Padre. Il principio divino-spirituale del Padre, a cui appartengono tutte le cose e l’uomo stesso: ecco che cosa egli doveva vedere ovunque. Il principio divino-spirituale del Padre, di cui fanno parte tutte le cose e l’uomo stesso, non si rivela dunque nel suo vero aspetto. Per il fatto che l’uomo ha subito la diminuzione delle sue facoltà di cui abbiamo parlato, il Principio-Padre si palesa attraverso la grande illusione, attraverso la maya.

 

Che cosa è intessuto nella grande illusione?

Fra tutti i fatti che vediamo, ci se ne presenta uno di importanza essenziale: la morte.

• L’uomo dovrebbe dirsi che gli oggetti esteriori, che si offrono ai nostri sensi,

sono in realtà il Principio-Padre, manifestano l’elemento divino-spirituale del Padre.

• E se in tutto il mondo esteriore dei sensi vi è per noi intessuta la morte,

essa è dunque per noi qualcosa che appartiene al principio divino-spirituale del Padre.

• Dato che l’uomo si è evoluto come si è evoluto,

il principio Padre si è nascosto per lui in molti veli e infine nel velo della morte.

 

Che cosa si deve dunque cercare dietro la morte e dietro ogni cosa sensibile?

Il Padre, il Padre cosmico!

 

Come l’uomo deve imparare a dire di ogni singola cosa che in verità essa è il Padre, così deve imparare a dirsi che la morte è il Padre. E perché nel fisico-sensibile ci appare un’immagine falsa del Padre? Perché l’immagine del Padre ci appare talmente contraffatta, da sembrare alterata al punto da apparire sotto la forma menzognera della morte? Perché a tutta la nostra vita è frammischiato il principio di Lucifero-Arimane!

 

Se dunque l’uomo doveva venir guidato da una concezione sbagliata, menzognera e illusoria della morte, ad una concezione giusta di essa, che cosa doveva succedere?

Per mezzo dei fatti l’uomo doveva essere illuminato sulla morte. Doveva avvenire qualcosa per mezzo di cui l’uomo potesse imparare che quanto egli sapeva e sentiva intorno alla morte, non è vero; come pure non è vero tutto ciò che ha potuto fare sotto l’impulso della sua rappresentazione della morte. Doveva verificarsi un fatto che gli ponesse davanti agli occhi la vera figura della morte.

 

Doveva venir cancellata la falsa figura della morte,

e al suo posto doveva essere messa una figura vera della morte.

Questa fu la missione del Cristo sulla terra:

in luogo della figura menzognera della morte, porre con la sua azione la vera figura della morte.

 

La morte era diventata un’immagine contraffatta del Padre per il fatto che Lucifero e Arimane si erano intromessi nella evoluzione dell’umanità. La morte fu la conseguenza, l’effetto dell’influsso di Lucifero e di Arimane.

Che cosa doveva dunque fare chi voleva eliminare dal mondo questa immagine menzognera della morte?

 

Non sarebbe mai stato possibile espellere dalla vita umana la falsa immagine della morte,

se non ne fosse stata eliminata la causa: Lucifero-Arimane.

Ma nessun essere terrestre avrebbe potuto farlo.

• Un’entità terrestre può, nell’ambito dell’evoluzione della terra,

cancellare i fatti avvenuti attraverso gli esseri terrestri,

ma non già l’influenza luciferica-arimanica.

 

Questa poteva essere scacciata soltanto da un essere che, al tempo della attività di Lucifero-Arimane,

non si fosse trovato egli stesso sulla terra, ma fosse stato ancora fuori nello spazio cosmico,

un essere che fosse disceso sulla terra in un’epoca in cui Lucifero-Arimane

era già penetrato completamente nel corpo umano.

 

Orbene, questo essere venne sulla terra e, come abbiamo visto, scacciò nel momento giusto Lucifero-Arimane,

ed eliminò la causa di ciò che aveva portato la morte nel mondo.

 

Doveva trattarsi di un essere che nulla avesse a che fare con le cause usuali di morte nell’umanità, nulla a che fare con le cause per cui gli uomini subiscono la morte, con ciò che viene provocato da Lucifero – e più tardi da Arimane – e che per causa del loro influsso è stato compiuto dai singoli uomini sulla terra; in altre parole questa entità non doveva aver nulla a che fare con tutto quanto rende gli uomini soggetti al peccato, con ciò che li ha fatti cadere nel male.

 

Se invero un essere posto sotto l’influsso di tutte queste cause avesse subito la morte,

questa sarebbe stata allora giustificata.

Soltanto una morte avvenuta senza giustificazione,

una morte che un essere avesse preso su di sé senza colpa, una morte del tutto senza colpa,

soltanto una morte simile poteva cancellare ogni morte colpevole.

Per questo un innocente doveva sopportare la morte, unirsi con essa, subirla.

 

E avendola sopportata, Egli portò nell’esistenza umana le forze che creano a poco a poco per l’uomo la conoscenza del vero aspetto della morte; vale a dire la conoscenza che la morte, quale appare nel mondo dei sensi, non ha verità alcuna, che anzi è venuta nel mondo appunto perché potesse realizzarsi la vita nel mondo spirituale, e che con quella morte è stata creata la base per la vita nello spirito.

 

Con la morte innocente sul Golgota è stata fornita la prova

di ciò che gli uomini arriveranno gradatamente a comprendere:

che la morte è il Padre sempre vivente.

 

E se abbiamo la giusta concezione della morte, se abbiamo imparato a capire, per mezzo dell’evento del Golgota, che la morte esteriore non significa nulla, che nel corpo di Gesù di Nazareth è vissuto il Cristo col quale ci possiamo unire, se riconosciamo che il Cristo ha fatto sì, malgrado l’immagine della morte che ci appare sulla croce, che questa è soltanto un avvenimento esteriore, e che la vita del Cristo nel corpo eterico, prima della sua morte, è la medesima di dopo, che dunque la morte non può aver presa sulla vita, se comprendiamo che sul Golgota

ci sta dinanzi una morte che non spegne la vita, ma che è vita essa stessa,

allora, grazie a Colui che morì sulla croce,

abbiamo il simbolo perenne del fatto che in verità la morte è apportatrice di vita.

 

Come la pianta cresce dal seme, così anche la morte non è distruggitrice ma è un germe di vita, è un seme che è stato seminato nel nostro mondo fisico sensibile affinché questo non esca dalla vita, ma possa venir assunto nella vita.

 

La confutazione della morte dovette essere data sulla croce,

per mezzo di una morte contraddittoria, di una morte senza colpa.

Ma che cosa effettivamente si è verificato con questo?

 

Già sappiamo che l’uomo possiede un io, quale quarta parte costitutiva della sua entità,

e che l’io, evolvendosi, ha il sangue quale suo strumento fisico esteriore.

Il sangue è l’espressione dell’io.

 

• Per questo l’io cadde sempre maggiormente nell’errore, nella maya, nell’illusione,

quando il sangue si andò progressivamente guastando.

• Per questo l’uomo deve l’incremento della forza del suo io al fatto di avere il suo sangue.

• D’altra parte egli deve spiritualmente l’io al fatto di aver imparato a distinguersi dal mondo spirituale,

di essere divenuto un’individualità.

• Questa poteva essergli data soltanto a condizione

di una temporanea interruzione della sua capacità di vedere nel mondo spirituale.

 

Ciò che interruppe questa visione fu appunto la morte.

 

• Se l’uomo avesse sempre saputo che la morte è il seme della vita,

non sarebbe giunto ad avere un io indipendente,

perché sarebbe rimasto legato col mondo spirituale.

• Invece intervenne la morte

e gli diede l’illusione di essere distaccato dal mondo spirituale,

educandolo così all’indipendenza dell’io.

 

• Ma questo io divenne sempre più indipendente,

e precisamente in modo che tale indipendenza divenne eccessiva, superò un determinato punto.

• D’altra parte non si poteva controbilanciare questo fatto,

se non sottraendo all’io la forza che lo aveva spinto a oltrepassare la misura giusta.

• Doveva cioè venir eliminato ciò che aveva spinto l’io troppo profondamente nell’egoismo,

ciò che nell’io favoriva non solo l’egoità, l’individualizzazione, ma l’egoismo.

 

E fu infatti espulso allora, quando sul Golgota avvenne la morte sulla croce, e il sangue fluì dalle ferite;

fu espulso in modo che durante il corso dell’evoluzione futura

potesse sempre più venire eliminato anche dai singoli io.

• Nel sangue che scorre dalle ferite del Cristo vediamo dunque effettivamente

il simbolo dell’egoismo esuberante nell’io umano.

 

• Come il sangue è l’espressione dell’io,

• così il sangue che fluì sul Golgota è l’espressione dell’eccesso di individualismo nell’io umano.

 

• Se il sangue non fosse stato versato sul Golgota, l’uomo si sarebbe indurito spiritualmente nell’egoismo,

e sarebbe perciò andato incontro al destino che ieri abbiamo descritto.

• Col sangue che scorre sul Golgota fu data la spinta

perché ciò che rende l’io egoista possa sparire gradatamente dall’umanità.

 

Nella stessa misura in cui il sangue scorreva dalle ferite sul Golgota, si verificava qualcosa di spirituale. In quel momento avvenne che per la prima volta dei raggi, che prima non irradiavano dalla terra, risplendettero da questa nello spazio cosmico; possiamo così pensare a dei raggi creati in quel momento che irradiano dalla terra nello spazio cosmico. La terra era diventata sempre più buia, con il passare del tempo, fino all’evento del Golgota.

Quando scorse il sangue sul Golgota la terra cominciò a risplendere.

 

  Se nel periodo precristiano un essere qualsiasi, da un lontano corpo celeste, avesse potuto osservare la terra grazie alla forza chiaroveggente, avrebbe visto man mano offuscarsi l’aura della terra, e giungere al massimo dell’oscurità nel periodo che precedette l’evento del Golgota.

Dopo invece avrebbe visto l’aura terrestre illuminarsi di colori nuovi.

 

• L’azione compiuta sul Golgota compenetrò la terra di una luce astrale,

che diventerà a poco a poco luce eterica e quindi fisica,

perché tutti gli esseri nel mondo continuano ad evolversi.

• Quello che oggi è il «sole» fu prima un pianeta;

e come l’antico Saturno si è evoluto ed è diventato Sole,

anche la nostra Terra, che oggi è pianeta, si evolve per diventare un Sole.

 

• La prima spinta per diventare sole è stata data alla nostra Terra allora,

quando sul Golgota fluì il sangue dalle ferite del Redentore.

• Allora la terra incominciò a risplendere, dapprima astralmente, e perciò visibile soltanto al chiaroveggente;

ma in avvenire la luce astrale diventerà luce fisica, e la terra diventerà un corpo risplendente, un sole.

 

Ho detto spesso che un corpo cosmico non viene formato dall’ammassarsi di materia fisica, ma per il fatto che un essere spirituale crea un nuovo centro spirituale, un nuovo campo di attività.

Dallo spirito incomincia la formazione di un nuovo corpo cosmico.

 

• Ogni corpo cosmico fisico è stato prima spirito.

• Ciò che diventerà un giorno la nostra terra

è stato dapprima l’aura astrale che un tempo incominciò ad irradiare dalla terra.

• Quello è il primo germe della futura terra-sole.

 

Ma ciò che un uomo avrebbe potuto percepire allora mediante l’illusione dei suoi sensi è appunto inganno;

non è verità, si dissolve, finisce di esistere.

Quanto più la terra diventa « sole »

tanto più la maya viene arsa dal fuoco solare, e in esso si dissolve.

 

Ma per il fatto che la terra venne allora compenetrata dai raggi di una nuova forza, e che venne posta la base al divenire sole della terra, venne data la possibilità che tale forza compenetrasse anche gli uomini; venne dato così il primo impulso per quello che ieri ho esposto: l’irradiare della forza del Cristo nel corpo eterico dell’uomo. E mediante ciò che astralmente potè irradiare in esso, il corpo eterico umano potè incominciare ad accogliere nuova forza di vita, quale gli occorre per l’avvenire.

 

Se dunque immaginiamo un determinato periodo dopo l’evento del Golgota, e lo paragoniamo al periodo nel quale quell’evento si verificò, se dunque confrontiamo uno stato futuro dell’umanità col momento in cui si svolse l’evento del Golgota, possiamo dire che allora, quando avvenne l’intervento del Cristo, la terra era ancora tale che da se stessa non poteva più irradiare nulla nei corpi eterici degli uomini.

 

Qualche tempo dopo, invece, i corpi eterici degli uomini che si erano messi in relazione con l’impulso del Cristo sono stati compenetrati dai raggi, hanno accolto in sé — se hanno capito il Cristo — la forza risplendente che da allora in poi è nella terra, la nuova forma luminosa della terra. Essi hanno accolto nei corpi eterici la luce del Cristo!

 

La luce del Cristo fluisce nei corpi eterici.

  Ma poiché da quel tempo nei corpi eterici degli uomini vi è sempre una parte della luce del Cristo, che cosa succede ora? Che cosa avviene di quella parte del corpo eterico dell’uomo che ha accolto in sé la luce del Cristo? Che cosa ne succede dopo la morte?

 

Che cosa penetra a poco a poco nel corpo eterico umano a seguito dell’impulso del Cristo?

È qualcosa che l’impulso del Cristo ha portato e immerso nel corpo eterico,

qualcosa che da allora può essere presente nel corpo eterico umano e che prima non c’era.

 

Da allora venne data ai corpi eterici degli uomini

la possibilità che nasca in essi qualcosa di nuovo, quale effetto della luce del Cristo;

qualcosa di vivente, di immortale, che mai possa soggiacere alla morte.

 

Ma se questo quid non è soggetto alla morte,

esso, finché l’uomo sulla terra soggiace ancora all’illusione della morte, verrà salvato dalla morte,

non prenderà parte alla morte.

 

Da quell’epoca in poi vi è dunque qualcosa nel corpo eterico dell’uomo

che non partecipa alla morte, che non soggiace alle forze mortali della terra.

 

Questo quid, che non partecipa alla morte,

che gli uomini si acquistano a poco a poco mediante l’influsso dell’impulso del Cristo,

ritorna a fluire, scorre verso lo spazio cosmico,

e — a seconda della misura della sua forza nell’uomo —

costituisce una forza che scorre in tal modo verso lo spazio cosmico.

 

• Tale forza formerà una sfera attorno alla terra che è in via di divenire « sole »;

una specie di sfera spirituale si forma intorno alla terra dai corpi eterici diventati viventi.

• Come la luce del Cristo irradia dalla Terra,

così abbiamo una specie di riverbero della luce del Cristo nella sfera circostante la terra!

• Ciò che qui viene rispecchiato quale luce del Cristo,

e che è risultato come conseguenza dell’evento del Cristo, è quello che il Cristo chiama Spirito Santo.

 

Come è vero che la terra incomincia la sua esistenza solare con l’evento del Golgota,

così è vero che da quell’evento in poi la terra incomincia anche a diventare creatrice,

e a formare attorno a sé un anello spirituale che più tardi diventerà una specie di pianeta attorno alla Terra.

In tal modo, dall’evento del Golgota in poi, si svolge nel cosmo qualcosa di essenziale.

Allora, quando la croce venne innalzata sul Golgota, e il sangue colò dalle ferite del Cristo Gesù,

venne creato un nuovo centro cosmico.

• Eravamo presenti alla creazione di questo nuovo centro cosmico;

vi eravamo presenti come uomini — o in un corpo fisico; o fuori della vita fisica, fra nascita e morte.

• Così nascono nuove formazioni cosmiche!

 

Dobbiamo però comprendere che, osservando il Cristo morente,

assistiamo all’inizio della formazione di un nuovo «sole».

 

Il Cristo sposa la morte che è diventata sulla terra l’espressione caratteristica dello spirito del Padre.

Il Cristo va al Padre e si unisce con la morte, espressione del Padre.

L’immagine della morte diventa così menzognera, perché la morte diventa il seme di un nuovo sole nell’universo.

 

Se sentiamo in noi questo evento, se sentiamo il divenire menzognero della morte, se sentiamo che la morte sulla croce diventa il seme dal quale scaturisce un nuovo sole, allora sentiamo anche giustamente come l’umanità sulla terra abbia dovuto sentire ed intuire quell’evento come il momento di transizione più importante nella evoluzione dell’umanità.

 

Ci fu anticamente un tempo in cui gli uomini possedevano una chiaroveggenza ottusa. Allora essi vivevano nello spirito e guardavano indietro nella propria vita: quando erano giunti circa al trentesimo anno, essi vedevano il loro ventesimo, il loro decimo anno, fino alla loro nascita, e sapevano di essere discesi nella nascita presente dalle altezze divino-spirituali.

A quei tempi la nascita non segnava un inizio: quali esseri spirituali gli uomini vedevano la nascita e anche la morte, sapendo che in esse vi era lo spirituale, qualcosa che non poteva venir toccato dalla morte.

Nascita e morte, nel loro significato attuale, non esistevano ancora.

 

Nascita e morte sopravvennero più tardi, e ricevettero la loro forma menzognera e illusoria nella immagine esteriore del Padre; la caratteristica della morte si ebbe nell’immagine esteriore del Padre. Allora gli uomini guardarono la morte e videro come, apparentemente, essa distruggesse la vita. La morte divenne sempre più un’immagine che rappresenta l’antitesi della vita; se la vita era apportatrice di moltissime sofferenze, la morte rappresentava la sofferenza maggiore.

Che cosa doveva pensare della morte chi vedeva dall’esterno gli avvenimenti terrestri, vedeva cioè come tali avvenimenti si riflettessero nell’umanità prima della venuta del Cristo?

Discendendo da altezze divino-spirituali quale essere superiore dotato di visuali differenti da quelle degli uomini, esso avrebbe dovuto dire, guardando l’umanità, ciò che anche il Buddha aveva detto.

 

Il Buddha era uscito da un palazzo reale dove era stato educato. Egli non vi aveva veduto che ciò che eleva la vita. Ma uscendone vide un uomo che soffriva, vide un uomo malato, vide soprattutto un uomo morto. Quando ebbe sperimentato questo, gli si presentarono queste parole dinanzi agli occhi: « La malattia è sofferenza! La vecchiaia è sofferenza! La morte è sofferenza! » Così infatti sentiva l’umanità.

E ciò che tutta l’umanità aveva sentito proruppe dalla grande anima del Buddha.

 

Venne quindi il Cristo. E dopo il Cristo, dopo che furono trascorsi altri 600 anni, come 600 anni erano passati fra il Buddha e il Cristo, vi furono persone in grado di dire, vedendo la croce e su di essa un uomo morto, che ciò che pende dalla croce è il simbolo del seme dal quale fluisce vita su vita. Essi avevano imparato a sentire giustamente la morte!

 

Il Cristo Gesù si è sposato con la morte, è andato alla morte, che era divenuta l’espressione caratteristica del Padre, si è unito con la morte. E dall’unione del Cristo Gesù con la morte è nato il principio di un sole vitale. È un’immagine ingannatrice, è maya o illusione, credere che la morte equivalga alla sofferenza. Se con l’andar del tempo gli uomini impareranno a lasciarsi avvicinare dalla morte, come essa si avvicinò al Cristo Gesù, la morte allora in verità sarà il germe della vita. Essi potranno contribuire tanto al nuovo sole e ad un nuovo sistema planetario quanto, accogliendo l’impulso del Cristo, vi aggiungeranno del proprio, aumentando così sempre più la grandezza del nuovo sole vitale.

 

Qualcuno potrebbe dire che questo dice la scienza dello spirito;

ma che valore ha una cosmologia siffatta di fronte ai Vangeli?

Il Cristo ha insegnato ai suoi discepoli.

 

Per renderli maturi alle maggiori conoscenze, egli ha seguito il metodo necessario affinché potessero imparare a comprendere le maggiori verità in modo adeguato: ha parlato ai discepoli a mezzo di parabole, di paragoni e di similitudini. Giunse poi il momento in cui i discepoli erano diventati sempre più maturi, in cui essi si potevano credere pronti ad ascoltare la verità senza parabole.

 

Il Cristo Gesù fa arrivare il momento in cui egli vuole parlare ai suoi apostoli senza parabole, senza similitudini, perché gli apostoli vogliono udire il nome nel quale Egli è venuto nel mondo; essi vogliono udire il nome importante: « Fino ad ora non avete chiesto nulla nel nome mio; chiedete e riceverete, affinché la vostra allegrezza sia completa. Queste cose vi ho detto per similitudini; l’ora viene in cui non vi parlerò più in similitudini, ma apertamente vi farò conoscere il Padre » (Giov. XVI-24 e 25).

Sentiamo avvicinarsi il momento in cui egli vuole parlare ai suoi discepoli del Padre!

«In quel giorno chiederete nel mio nome; e non vi dico che Io pregherò il Padre per voi; poiché il Padre stesso vi ama perché mi avete amato e avete creduto che sono proceduto dal Padre» (Giov. XVI-26, 28). Naturalmente è proceduto dal Padre nella sua vera forma, e non dalla forma menzognera del Padre.   «Sono proceduto dal Padre e sono venuto nel mondo; ora lascio il mondo e torno al Padre» (Giov. XVI-28).

 

Allora si fa luce nei discepoli, poiché sono diventati maturi, e si accorgono che il mondo, quale sta attorno a loro, è l’espressione esteriore del Padre, e che quanto vi è di più importante nel mondo esteriore, là dove il mondo è più spiccatamente maya o illusione, è appunto l’espressione del Padre; si accorgono che la morte è il nome del Padre.

Ecco quello che si svela ai discepoli. Ma bisogna leggere il Vangelo nel modo giusto.

«I suoi discepoli gli dissero: ‘Ecco, adesso tu parli apertamente e non usi similitudini. Ora sappiamo che sai ogni cosa e non hai bisogno che alcuno ti interroghi, perciò crediamo che sei proceduto da Dio.’ Gesù rispose loro: Adesso credete? Ecco, l’ora viene, anzi è venuta che sarete dispersi, ciascuno dal canto suo, e mi lascerete solo; ma non son solo, perché il Padre è meco. Vi ho detto queste cose affinché abbiate pace in me. Nel mondo avrete tribolazione, ma fatevi animo: io ho vinto il mondo» (Giov. XVI-29, 33).

 

Sapevano i discepoli dove egli andava ora? — Sì, da allora in poi essi sapevano che egli andava alla morte, che si univa con la morte. Si legga ora ciò che egli disse loro, dopo che avevano imparato a capire le parole: « Uscii dalla morte » cioè, dalla morte nel suo vero aspetto, dal Padre – vita, «e venni al mondo; ora lascio il mondo e torno al Padre». Allora i suoi discepoli dicono:   «Ora sappiamo che sai ogni cosa e non hai bisogno che alcuno ti interroghi, perciò crediamo che tu sei proceduto da Dio».

 

I discepoli ormai sapevano che la vera forma della morte è fondata nello spirito divino del Padre; che la morte, come viene veduta e sentita dagli uomini, è un’immagine menzognera, un errore. Così il Cristo svela ai suoi discepoli il nome della morte, dietro la quale sta nascosta la sorgente della vita suprema.

 

Il nuovo sole di vita non sarebbe quindi mai e poi mai nato,

se la morte non fosse venuta nel mondo e non si fosse lasciata vincere dal Cristo.

 

Così la morte, considerata nella sua vera forma, è il Padre;

e il Cristo è venuto nel mondo perché del Padre era sorta nella morte un’immagine errata.

Il Cristo è venuto nel mondo per creare la vera forma,

la vera immagine del Dio-Padre vivente.

 

Il figlio è il discendente del Padre, e manifesta la vera figura del Padre.

In verità, il Padre ha mandato nel mondo il Figlio, affinché sia resa manifesta la vera natura del Padre,

vale a dire la vita eterna che si nasconde dietro la morte temporanea.

 

Questa non è soltanto cosmologia della scienza dello spirito. È ciò che è necessario per poter afferrare l’intera e piena profondità del Vangelo di Giovanni. Chi ha scritto il Vangelo di Giovanni ha per così dire depositato in esso le verità più sublimi, ed ha potuto dirsi che in quel Vangelo vi erano delle verità, delle quali l’umanità potrà nutrirsi per tutto l’avvenire.

 

E mentre l’umanità imparerà sempre meglio a comprendere ed esercitare queste verità, essa acquisterà una nuova saggezza e saprà elevarsi in un modo nuovo nel mondo spirituale. Ma questo non avverrà che a poco a poco. Perciò dalla guida complessiva dell’evoluzione cristiana dovette esser data la possibilità di creare, per così dire, dei libri accessori da porsi accanto al Vangelo di Giovanni; libri fatti non solamente per gli studiosi più volenterosi, come lo è il Vangelo di Giovanni quale legato del Cristo per l’eternità, ma libri accessori che invece dovevano venir creati per il prossimo avvenire.