La formazione del karma

O.O. 119 – Macrocosmo e microcosmo – 19.03.1910


 

A che cosa lavora l’uomo nel mondo spirituale?

 

Egli dirige l’azione verso tutto ciò che quanto a frutti, a estratto, ha conseguito dall’ultima vita e dalle altre precedenti, di cui abbiamo potuto dire l’altro ieri che certamente si è accostato come esperienza alla nostra anima; l’uomo però nella vita fra nascita e morte, poiché ha un limite al corpo fisico e a quello eterico o vitale, deve prima trattenerlo in sé e non può inserirlo nella sua entità complessiva.

 

Ora non ci sono più il corpo fisico e il corpo eterico o vitale,

ora egli lavora in una pura sostanzialità spirituale e vi imprime tutto ciò

che ha sì sperimentato nell’ultima vita e che però non poteva inserire in se stesso

a causa della limitatezza dei suoi corpi fisico ed eterico o vitale.

 

Se ci preoccupiamo d’ora in avanti della durata del tempo in cui l’uomo inserisce dunque in modo creativo nell’elemento spirituale quanto ha conseguito nell’ultima vita, dobbiamo soprattutto chiederci: «Ha un certo senso questa legge delle ripetute vite terrene che abbiamo indicato?». Ebbene sì, e questo si mostra per il fatto che l’uomo, quando ha attraversato un’incarnazione, non appare più o meno in una nuova vita quando può ancora attraversare le stesse esperienze, ma solo quando il mondo terreno esteriore si è modificato nel frattempo in modo che egli possa fare esperienze del tutto nuove.

 

Chi rifletta un po’ sull’evoluzione, troverà che la fisiognomia terrestre, già in rapporto all’elemento fisico, cambia notevolmente di millennio in millennio. Pensiamo un po’ a come possa esser sembrato qui dove ora sorge questa città al tempo del Cristo, come ci fosse tutt’altro e come questo luogo terreno si sia modificato da allora; e pensiamo a come innanzitutto ciò che chiamiamo sviluppo morale, intellettuale e spirituale abituale dell’umanità si sia trasformato nel corso di qualche secolo. Riflettiamo a quanto i nostri bambini, qualche secolo fa circa, accoglievano in sé nei primi anni di vita e a quanto oggi vi assimilano. La Terra muta la sua fisiognomia, e dopo un certo periodo l’uomo può di nuovo mettervi piede; a quel punto tutto è così cambiato che egli può fare nuove esperienze. Solo se l’uomo ha la possibilità di vivere delle cose nuove, entra in questo mondo di nuovo.

 

Il tempo tra la morte e una nuova nascita è determinato dal fatto che l’uomo, quando si incarnava, diciamo, in un secolo, con la nascita lo faceva in condizioni ereditarie del tutto specifiche.

Sappiamo che non ci è lecito rappresentarci il nucleo essenziale umano, l’animico-spirituale dell’uomo, come se provenisse dalla somma di ciò che sono le qualità dei genitori, dei nonni, bisnonni e così via. Abbiamo messo in evidenza che come altrettanto poco il lombrico nasce dal fango, così l’anima umana altrettanto poco deriva dall’elemento fisico.

 

L’animico sorge da ciò che è animico, come il vivente deriva da ciò che è vivente.

 

Abbiamo fatto rilevare che quest’anima umana ci riconduce a una vita precedente e che essa entra nell’esistenza con la nascita così da riunire le qualità ereditarie. Ponendo però questa questione davanti all’anima, dobbiamo anche renderci conto che, quando guardiamo indietro a una vita precedente, da quella vita umana passata portiamo dentro, attraverso la nascita, quelle qualità che si sviluppano a poco a poco nel decorso tra la morte e una nuova nascita.

 

Portiamo con noi, attraverso il momento della morte, ciò che abbiamo acquisito di nuovo tra la nascita e la morte, ciò che non abbiamo ancora potuto prendere da una vita precedente. Così che – è già stato evidenziato – attraverso la morte d’ora in poi portiamo tutto quello che è stato conquistato brano a brano nell’ultima vita. E lo possiamo rielaborare in una nuova condizione, quando attraversiamo la vita nello spirito fra la morte e una nuova nascita, solamente non dipendendo in questa nuova esistenza, per così dire, dal fatto di ritrovare le condizioni lasciate in eredità, avute nell’esistenza precedente.

 

Nella vita precedente abbiamo tirato dentro nella nostra anima certe qualità degli antenati. Non incontreremmo nulla di nuovo in una nuova esistenza, se quelle qualità venissero trovate allo stesso modo. Se ci siamo incarnati in un determinato secolo, per poter anche in tal senso viver appieno in una nuova esistenza, dobbiamo attraversare il mondo spirituale così a lungo fino a perdere tutte quelle qualità, trasmesse per eredità, da cui ci siamo sentiti precedentemente attratti e a cui lo saremo per molto tempo finché ci saranno. La nostra reincarnazione dipende dalla scomparsa di quelle qualità che ricorsero nelle generazioni. Se dunque volgiamo lo sguardo ai nostri antenati, troviamo nei nostri genitori, nonni, bisnonni e così via certe qualità che sono trasportate giù ereditariamente fino alla nostra attuale esistenza. Dopo la morte entriamo nel mondo spirituale.

 

Vi restiamo finché sono scomparse nella linea ereditaria tutte quelle qualità da cui ci siamo sentiti attratti in questa incarnazione. Ma questo dura molti secoli, e certamente l’indagine spirituale mostra che il periodo di tempo dura molti secoli così che possiamo quasi dire che si trasmettono per via ereditaria certe qualità che vanno di generazione in generazione.

 

Se dura approssimativamente settecento anni, le qualità che passano di generazione in generazione sono da tempo sparite al punto tale che possiamo dire che è svanito quanto in quel periodo si trovava negli antenati. Ma ora devono formarsi delle qualità così da coprire di nuovo settecento anni. E arriviamo a due volte settecento anni quale periodo indicativo – naturalmente è solo un numero di media, ma per l’indagine spirituale si mostra come quel periodo di tempo che in tal modo si svolge tra la morte e una nuova nascita –, fino a che l’anima entra di nuovo nell’esistenza con una nuova nascita.

E dobbiamo soprattutto informarci sul fatto che si eleva in quel mondo spirituale tutto ciò che qui sulla Terra è già spirituale.

 

Abbiamo proprio messo in evidenza che quanto includiamo nel nostro spirito, fuori nel mondo spirituale è creatore. Abbiamo visto che noi stessi in certo modo siamo dentro in quel mondo creativo col nostro elemento creatore. Questo mondo spirituale che all’esterno è creativo si rispecchia in certo modo nella nostra propria anima. Per quanto essa sperimenti lo spirituale, percorra una vita spirituale, anche le esperienze animico-spirituali della nostra interiorità hanno cittadinanza nel mondo spirituale.

 

Come il mondo spirituale si innalza giù in quello fisico, così il nostro spirito svetta nel mondo spirituale generale. Ma in tal modo ci è comprensibile ciò che afferma l’indagine spirituale: ciò che nell’uomo riguarda i diversi elementi costitutivi del suo essere depone gli involucri esteriori, e resta lo spirituale, e accresce nel mondo spirituale creatore; ci è pure comprensibile che anche i rapporti spirituali, tutto l’animico, depongano ciò che avviene qui nel mondo fisico, gli involucri esteriori, e salgano alla vita del mondo spirituale.

 

Prendiamo l’amore della madre verso i figli. Questo cresce a partire dal mondo fisico. Dapprima porta un carattere animale. Sono delle simpatie che collegano madre e figlio, una specie di effetto della forza fisica. Ma poi quanto cresce a partire dal mondo fisico si purifica, l’amore di entrambi si affina; questo amore diventa sempre più animico-spirituale.

 

Tutto ciò che scaturisce dal mondo fisico, con la morte viene deposto allo stesso modo come gli involucri esteriori. Ma per questo continua ad esistere tutto ciò che in questo involucro fisico-umano viene edificato di animico, di spirituale con questo amore: allo stesso modo come l’interiorità umana stessa vive entro il mondo spirituale, così anche l’amore tra madre e figlio continua a vivere in quel mondo. Essi si ritrovano lì, non più limitati ora dalle barriere del mondo fisico, bensì in quell’ambiente spirituale dove noi non abbiamo le cose fuori di noi, ma dove viviamo, tessiamo e siamo in esse.

 

Perciò ci dobbiamo rappresentare quanto c’è nel mondo spirituale

come il risultato dell’amore e delle amicizie strette nel mondo fisico;

dobbiamo rappresentarci che coloro che si sono congiunti nei mondi spirituali

lo sono molto più intimamente rispetto ai vincoli d’amore e d’amicizia che vengono stretti nel mondo fisico.

 

Ed è senza senso chiedere se dopo la morte noi rivediamo quelli con cui viviamo assieme in amore e amicizia nel mondo fisico. Non solo li vediamo, ma viviamo in loro; siamo per così dire effusi su di loro.

E tutto ciò che viene intessuto all’interno delle barriere del mondo sensibile riceve il suo giusto senso, il suo giusto significato, solo se noi ne cresciamo con la componente spirituale su nel mondo spirituale.

 

Vediamo così la spiritualizzazione non solo dell’uomo, ma dell’umanità nei suoi più nobili rapporti, nella regione spirituale in cui l’uomo vive tra la morte e una nuova nascita. Ma lì si ricompongono in vive immagini primigenie anche tutti gli impulsi che l’uomo ha portato dentro nel mondo spirituale. Abbiamo visto che l’uomo entrava nel mondo spirituale con un’essenza del corpo eterico o vitale, vale a dire con un’essenza di tutte le esperienze avute fra la nascita e la morte.

 

Vediamo l’uomo entrare nel mondo spirituale con quel possente impulso che gli fa pareggiare quanto ha compiuto di sbagliato.

Egli tesse tutto ciò insieme a un’immagine spirituale primigenia. E il tempo che trascorre nel mondo spirituale procede in modo che tale immagine viene sempre più tessuta così da avere sempre più intrecciati i frutti dalla vita precedente e l’impulso, la volontà di pareggiare i suoi sbagli, ciò che di cattivo ha compiuto.

E così l’uomo in quel periodo è capace da una parte di configurare plasticamente tutto ciò che egli ha acquisito di facoltà nella vita precedente, nel corpo che gli viene messo a disposizione nella reincarnazione, dall’altra, con l’aver intrecciato nella sua immagine primigenia la spinta, l’impulso a pareggiare quanto ha compiuto di sbagliato, di cattivo, di malvagio, viene rivestito delle condizioni che gli consentono di controbilanciare di nuovo questa ingiustizia e cattiveria.

 

Attraverso la nascita entriamo nell’esistenza

con la volontà di metterci in quelle condizioni

che ci permettono di pareggiare le imperfezioni della nostra vita precedente.

 

Ricerchiamo così, grazie a una volontà occulta, il dolore in casi corrispondenti, quando abbiamo l’inconscia conoscenza a partire dal nostro impulso prenatale, che solo il superamento di questo dolore ci può rimuovere certi impedimenti che precedentemente ci siamo posti sul cammino.

Così vediamo come l’uomo procede attraverso il mondo spirituale in cui già prima della nuova nascita può plasticamente organizzare la sua vita fisica.

 

Ed ora vediamo pure come ciò che abbiamo tessuto entro la nostra immagine primigenia si congiunga solo a poco a poco con la nostra vita dopo la nascita. Poiché chi non conosce la vita, crede che nel bambino stia già tutto all’interno quanto di capacità, di possibilità animiche si forma nella vita.

Chi ha la possibilità di osservare giustamente la vita, vede l’uomo entrare, attraverso la nascita, nell’esistenza, e vede come egli trovi se stesso solo a poco a poco nella vita, come nei primi anni non abbia affatto già completamente all’interno ciò che egli può diventare.

 

Possiamo comprendere la vita molto meglio dicendo che l’uomo si congiunge solo gradualmente con ciò che ha tessuto come un’immagine spirituale primigenia nella vita fra la morte e una nuova nascita, se ne attacca a poco a poco, finché egli affronta il mondo esteriore in una libera partita.

Chi considera la vita senza pregiudizi è in grado di vedere come l’uomo, da bambino, sia ancora circondato da quell’atmosfera spirituale che egli ha tessuto per sé tra la morte e una nuova nascita, e come egli si conformi a poco a poco alla sua propria immagine primigenia che non ha ancora intrecciato alla corporeità di cui dispone alla nascita.

 

Mentre l’animale già fin dalla nascita è intrecciato alla sua immagine primordiale, vediamo l’uomo crescere solo in modo individuale e determinato dentro quell’immagine che ha tessuto su di sé attraverso le ripetute vite terrene fino all’ultima. E comprendiamo al meglio l’elemento fisico-sensibile della vita umana se lo recepiamo in modo da dire: per noi è davvero come la conchiglia di un animale, di un’ostrica, che troviamo sul ciglio della strada. Finché vogliamo considerarla semplicemente come formata, diciamo, dal fango, a lungo non ci potrà diventare comprensibile. Ma se presupponiamo che la parte della conchiglia che appare stratificata sia secreto dall’interno di un animale, che ha poi abbandonato quella conchiglia, allora ne capiamo la forma.

 

Non comprendiamo la vita dell’uomo tra la nascita e la morte,

e la vogliamo intendere solo per conto suo,

se la vogliamo capire solo mettendo insieme quanto sta nell’immediato ambiente.

 

A questo punto possiamo disquisire che l’uomo si adatta all’ambiente, al popolo, alla famiglia. Quanto poco ci diventa comprensibile la conchiglia dell’ostrica senza l’ostrica, altrettanto lo sarà per noi la vita umana se la considerassimo solo come formata a partire dal suo immediato ambiente. Ma diviene chiarissima se possiamo presupporre che l’uomo provenga da un mondo spirituale e animico, dove ha elaborato le conquiste, l’estratto, i frutti della vita precedente, e che egli riorganizzi la sua nuova esistenza con l’aiuto di questo lavoro. Così la vita stessa ci diventa comprensibile solo grazie a ciò che sta oltre la vita, così il mondo fisico ci diviene comprensibile solo grazie al mondo spirituale e animico.

 

Questo è il percorso dell’uomo attraverso il mondo dei sensi, il mondo dell’anima e il mondo dello spirito. Noi vediamo l’uomo così: nella sua vita fisico-sensibile abbiamo, per così dire, solo una parte del suo ciclo di vita completo. E la nostra conoscenza, se la pratichiamo così in modo corretto, è allora non solo una conoscenza teorica che ci dice questo o quello come fa la scienza esteriore, ma è una conoscenza che ci mostra obiettivamente, allo stesso tempo, come la vita tra la morte e una nuova nascita abbia senso e significato, mentre quanto qui raccogliamo trova la sua elaborazione in un mondo superiore. Da tale conoscenza ci viene sapere e forza di volontà per la vita, sorge senso e significato, fiducia e speranza per essa.

 

Non abbiamo bisogno di attribuire semplicemente a una tale conoscenza il fatto di guardare in modo sconfortante in vite passate, di cui per esempio diciamo: «Ebbene, qui si afferma che abbiamo preparato noi stessi il nostro dolore. Al dolore vien anche aggiunto questo sconforto!». No, possiamo dirci che questa legge non è solo quella che indica il passato, ma anche il futuro; che ci mostra che il dolore superato è accrescimento di forza che utilizziamo per la nuova vita, e quanto più lavoriamo, quanto più abbiamo superato il dolore, tanto più forte sarà la nostra forza. Nella felicità si può solo soffrire in senso superiore, essa è un compimento derivato dalla vita passata.

 

Nel dolore si possono sviluppare delle forze,

e le forze formate grazie al suo superamento significano un rafforzamento per la vita futura.

 

E noi attraversiamo con fiducia il momento della morte, sapendo che essa dev’essere portata nella vita, affinché questa possa migliorare di gradino in gradino. Con ciò appare ben giustificato quando vien detto che la scienza dello spirito in questo senso non è soltanto una teoria; essa è linfa e forza per la vita, mentre ciò che si riversa direttamente in tutta la nostra esistenza animica rende sani, vigorosi e forti. La scienza dello spirito è ciò che conferma la verità di queste parole che a ciascun ricercatore dello spirito e probabilmente a ogni essere umano che intuisce qualcosa del mondo spirituale devono vivere nell’anima come parole di verità, come parole guida per la sua vita che si accresce, che si rende sana e forte, la quale persino nel superamento del dolore scorge accrescimento di forza:

 

Si pone enigma dopo enigma nello spazio,

scorre enigma dopo enigma nel tempo;

porta soluzione solo lo spirito che coglie se stesso

al di là dei confini dello spazio

e a di là del fluire del tempo.