La forza purificatrice del pensare

O.O. 138 – Dell’Iniziazione – 31.08.1912


 

Abbiamo potuto chiudere le considerazioni di ieri con un accenno alla posizione di ogni singolo di fronte a quella che possiamo chiamare una descrizione dei mondi sopra- sensibili, proveniente da investigazioni, osservazioni ed esperienze iniziatiche; al riguardo abbiamo notato come in alcuni potrebbe facilmente sorgere il giudizio che i frutti dell’iniziazione abbiano solo importanza e valore per la vita animica di chi ha fatto i primi passi verso l’iniziazione, ed è in grado di sperimentare e osservare i mondi superiori per veggenza propria.

Già spesso abbiamo detto che non è così: vedere, osservare e investigare i fatti dei mondi superiori è sì soltanto possibile a chi abbia trasformato il proprio essere, la propria anima, così da renderla capace di vedere che cosa avviene in quei mondi che, pur essendo del tutto diversi dal mondo dei sensi, ne sono connessi per più d’un aspetto come ieri abbiamo mostrato, e vanno riguardati come la sua base, ma per quanto concerne la comprensione di quei mondi sarebbe errato dire che, per capirli, per accogliere le comunicazioni di chi ha compiuto i primi o anche i successivi passi dell’iniziazione sia necessario sperimentarli in proprio. Dobbiamo anzi sempre tornare a rilevare che chiunque si dedichi senza preconcetti ad accogliere quanto è stato investigato dai veri ricercatori spirituali, chi accolga senza preconcetti le loro descrizioni e la comunicazione delle loro esperienze e si valga davvero di un giudizio libero, di una libera attività di comprensione, può capire tutto quanto gli viene comunicato.

Per l’esistenza sensibile siamo in tutt’altra condizione. Qui è giusto affermare che sarà difficile farsi un’idea della Madonna Sistina oppure di una contrada lontana e diversa a seguito di una mera descrizione. Chi abbia una vivace fantasia potrà farsi una certa immagine di quanto gli viene descritto: rimane tuttavia giusto affermare che le cose del mondo sensibile vengono solo comprese da chi può anche vederle; in esso la comprensione deve seguire la percezione. Per i mondi superiori non è affatto così. Gli investigatori possono tradurre in forma di concetti e di idee umane quanto hanno tratto dai mondi superiori e offrirlo al mondo. S’intende che alcuni potranno essere irretiti in dogmi materialistici o d’altra natura o non vorranno affatto accogliere in modo libero da preconcetti quanto viene loro comunicato; in tal caso essi non lo capiranno. Può senz’altro essere che non abbiano colpa di tale incomprensione, che la vita fin lì percorsa e l’educazione ricevuta non abbiano loro dato la possibilità di aprirsi liberamente a quelle comunicazioni. Ma ognuno che sia in grado di aprirvisi senza preconcetti, di vagliare tutto quanto la sana ragione e un sano giudizio offrono al riguardo, finirà per dirsi: per quanto incredibili le cose possano apparire in un primo tempo, appunto un pensare sano, ampio e poliedrico porta infine a comprenderle, pur se non percepisce ancora nulla dei mondi spirituali.

Come in questi giorni potei affermare che chi giunge a una visione del mondo spirituale porta in sé le immagini di ciò che egli stesso ha nella sua interiorità, viene anzi guidato dalle immagini che ha in sé, così avviene anche per la comprensione delle cose dei mondi spirituali: la comprensione precede cioè la percezione e non ne viene punto influenzata, né la influenza. L’avere in precedenza capito una cosa non esercita il minimo influsso sulla successiva visione che rimarrà del tutto libera e vera. La preventiva comprensione, l’accoglimento mediante forza intellettiva aperta in ogni direzione (cosa a cui il nostro tempo non è di solito incline) prepara invece l’anima a poter giustamente accedere alla percezione. Dobbiamo perciò sempre tornare a ripetere che il vero occultismo, la vera scienza dello spirito seria e onesta non desisterà mai dal proclamare: si cerchi di capire, di capire senza preconcetti le cose comunicate, si cerchi di penetrarle col sano intelletto, con la forza della ragione liberamente attiva in tutti i campi, e allora si capirà. Si troverà qualche chiarimento al riguardo nel mio scritto Una via per l’uomo alla conoscenza di se stesso che contiene qualche completamento a queste conferenze. Dobbiamo anche far notare in modo particolare che chi, dalle tenebre dell’esistenza, cercherà la via della scienza dello spirito e si sforzerà di capirne oggettivamente il contenuto mediante la sana ragione che è a disposizione di ognuno purché lo voglia, lavorerà alla purificazione della sua anima. Su questa via del sano intendimento, del rifiuto d’ogni autorità e di ogni fede nell’autorità, cade ancora maggior luce badando a certe sottigliezze dell’osservazione occulta.

Da tutto il senso e lo spirito di queste conferenze è senz’altro emerso che ad ogni passo verso l’iniziazione ci si deve rendere sempre più indipendenti nelle proprie esperienze da ciò di cui è tramite il corpo fisico; si deve imparare a sperimentare attraverso i corpi superiori: il corpo elementare o eterico, il corpo astrale e anche quello che può venir chiamato corpo dell’io o del pensiero. Ogni nuovo passo sulla via dell’iniziazione dipende principalmente dal rendersi atti a percepire mediante i corpi superiori. Allo scopo è però necessario che l’uomo faccia quello che varrà a liberarlo dal corpo fisico-sensibile, che si spogli coscientemente di quanto lo collega al mondo in una maniera quale può solo risultare attraverso quel corpo. Naturalmente, e soprattutto in un’epoca materialistica come la nostra, questo non è possibile a tutti, e in particolar modo non è possibile a chi si arroga il diritto di formulare giudizi intorno agli enigmi del mondo, ai fenomeni dell’universo e a chi, a seguito della singolare educazione impartita ai nostri giorni, è anzi cresciuto nell’opinione che fin dalla prima giovinezza sia possibile, non solo aspirare alla conoscenza, ma anche a un giudizio generale intorno ai fenomeni del mondo. Perché oggi vien fatto tanto male nel mondo a seguito di giudizi immaturi, scaturiti solo da passione ed emotività? Chi si guarda intorno vede che il mercato librario è sommerso dalle pubblicazioni più immature, da scritti sgorgati solo da simpatia e antipatia. Quale ne è la ragione? Qualcuno forse domanderà: non vissero forse anche in altri tempi uomini che dalla tenebra della loro vita guardavano come oggi con odio e avversione alle pure conquiste dell’indagine sopra-sensibile? non vi furono anche prima «uomini delle tenebre» (quali sono gli attuali materialisti) che usarono tutti i mezzi suggeriti da odio, ignoranza e tenebra? Sì, ve ne furono sempre, ma come agiscono oggi non operarono mai. Per quale ragione? Occorre talvolta accogliere queste cose nella propria coscienza.

Vi furono anche in altri tempi odiatori dei mondi spirituali e di ogni penetrazione in essi, perché la libera penetrazione in quei mondi porta talvolta a galla fatti assai sgradevoli per gli uomini, ma spesso essi non sapevano leggere e scrivere. Il loro gradino culturale era quello di chi non sa né leggere né scrivere. Chi oggi osteggia la conoscenza soprasensibile possiede invece una cultura che lo rende capace di leggere e scrivere, e il grande pubblico non ha facoltà discriminatrici sufficienti per accogliere in modo adeguato quanto appare sul mercato librario, né d’altronde è molto sviluppata la buona volontà di servirsi di tali facoltà. Esse porterebbero a riconoscere che oggi deve operare l’azione chiarificatrice della scienza dello spirito. In proposito gli uomini dovranno imparare molte cose che per loro sono dure da apprendere; dovranno tuttavia impararle semplicemente dai fatti che risulteranno dal mondo soprasensibile.

Dovranno per esempio apprendere che, anche quando si penetra nei mondi spirituali con una parziale preparazione del proprio organismo animico, può ancora essere rimasto qualche residuo dell’attaccamento al mondo esterno che si esplica solo mediante il corpo fisico-sensibile. Dopo aver superato il limite che così nettamente separa il mondo dei sensi dal mondo spirituale, se si conservano le debolezze che sono legittime nel dominio dei sensi si è avvolti di tenebra o maya sperimentando nella sfera della veggenza superiore spirituale. Solo chi incessantemente si adopera per cercare di spogliarsi, per il tempo della veggenza spirituale, di tutto ciò che, quale essere sensibile deve possedere nel mondo dei sensi, e si sforza di ottenere che nell’atto della percezione spirituale nulla vi penetri di quanto gli appartiene qui, solo questi potrà vedere il mondo soprasensibile nella sua realtà e senza maya.

Prendiamo un caso preciso, senza con esso voler alludere a nulla di particolare. Qualcuno, avviato ai primi passi dell’iniziazione o dopo averli già superati, ha un rapporto personale, fondato su sentimenti, su emozioni personali con un’altra persona. Supponiamo che in chi voglia guardare spiritualmente, in chi voglia iniziare o abbia già fatto alcuni passi verso l’iniziazione, vi siano condizioni personali verso qualcun altro, basate sull’affetto che si forma nel mondo dei sensi, diciamo anche sull’amore che si stabilisce fra corpo e corpo, sia pure in senso superiore (non penso ora in senso basso). Supponiamo dunque un tal caso, e supponiamo che l’indagatore dello spirito in questione intenda fare qualche ricerca relativa alla persona verso cui nutre tali sentimenti, ma che non sia in grado di spogliarsi di tutto quanto in lui vive dell’affetto creatosi nel mondo sensibile. In tal caso, gli sarà del tutto impossibile apprendere la verità in merito all’esistenza soprasensibile della persona che gli è cara. Per quanto nel mondo sensibile si ami, per quanto si nutrano inclinazioni personali, ci si deve spogliare di tutti questi sentimenti nel tempo dedicato all’osservazione della vita soprasensibile. È possibile che si abbiano affetti personali del genere, che non li si cancellino, e che si continui ad amare la persona come avviene nel mondo dei sensi, ma allora al ricercatore dello spirito si presenteranno immagini sul passato e sull’avvenire di quella persona che in ogni caso dovranno essere false, allora si presenteranno molte immagini illusorie. Chi sente tutta la serietà e la responsabilità collegate con la sapienza spirituale che deve venir data al mondo, non potrà quindi mai essere abbastanza prudente, soprattutto nel comunicare fatti relativi alla cerchia delle persone a lui familiari, a lui vicine. È bene cautelarsi, perché quando si accenna a risultati occulti che si riferiscono a qualcosa riguardante persone vicine al ricercatore, essi in larga misura dovranno far sorgere dubbi in chi deve ascoltare.

Non lo dico per alludere a fatti specifici, ma perché sono realtà oggettive note a ogni occultista. Rientrano in questo campo anche fatti che per così dire toccano le sfere superiori. Se ad esempio un investigatore spirituale, sulla base di suoi preconcetti, di suoi sentimenti personali, propende per una data comunità religiosa, se la preferisce alle altre o, peggio ancora, se ne fa propagandista, egli non potrà acquisire giuste idee di base in merito ai problemi religiosi. Chi è incline a una propaganda personale, non può al contempo essere un occultista oggettivo! È un’affermazione che va espressa nel modo più deciso. Esistono circostanze che possiamo mettere in relazione col nostro karma nella civiltà occidentale, circostanze per cui in certo modo l’occidentale, se arriva a conoscere un poco le esigenze fondamentali della vita soprasensibile, non avrà molta difficoltà a formarsi un giudizio oggettivo proprio sulla posizione che occupa nell’evoluzione umana il massimo evento di tutti i tempi, quello che chiamiamo il mistero del Golgota. Da che cosa dipende che nella vita religiosa e nella comprensione di essa si introduca tanta oscurità? da che cosa dipendono gli elementi che proprio nella vita religiosa vogliono soltanto aver a che fare con l’attimo senza sollevarsi alla luce spirituale e all’eterno? Dipendono dal fatto che quel che concerne la vita religiosa è intimamente legato a tutti gli egoismi umani, non solo agli egoismi delle singole persone, ma anche a quelli di stirpi, razze e popoli. Vorrei al riguardo richiamare l’attenzione sopra un fenomeno, perché è necessario che anche queste cose vengano esaminate in modo del tutto scevro da preconcetti.

Quando un orientale studia l’evoluzione della propria stirpe o della propria nazione, come gli si presentano la vita religiosa e il fondatore stesso della sua religione? Si esamini se un orientale, o comunque un non-occidentale, possa facilmente pensare intorno al cammino storico della civiltà alla quale appartiene senza collegarlo ai nomi di Krishna, Buddha, Maometto, Confucio, e così via, e sempre si vedranno le vicende della vita religiosa collegate nel modo più ovvio a quanto accade nella vita profana esteriore e fluisce nelle anime degli uomini. Non è ad esempio possibile immaginare un’esposizione storica fatta da un buddista senza che essa non abbia al centro la figura del Buddha. Non lo intendo come una critica; per gli appartenenti a quelle civiltà, è anzi giusto che sia così.

Passiamo ora all’occidente e non guardiamo ai dogmi, ma ai fatti. Prendiamo uno storico di fama: Leopold von Ranke, noto in tutto il mondo per la sua oggettività, la pacatezza del giudizio, e il suo modo tutto particolare di porsi oggettivamente di fronte alle cose. Ranke scrisse diversi capitoli dell’evoluzione storica; pure di lui è nota un’osservazione molto singolare. Una volta cioè egli disse a un amico di aver esposto il cammino della storia senza mai prendere in considerazione il Cristo, né i fatti direttamente connessi con il Cristo. Con la sua oggettività, Ranke si era sforzato di scrivere una storia dell’occidente prescindendo dal Cristo. In vecchiaia la sua coscienza fu turbata da problemi come questo: se negli eventi storici fluisce l’azione di fatti intorno ai quali non esistono documenti, sarebbe ancora vera una storia come quella da me scritta? Non ho accennato a Ranke per poi esaminare se la sua storia sia vera o meno (io la ritengo altamente giustificata), ma perché una delle nostre migliori opere di storia, l’opera di uno dei più rinomati storici dell’occidente, fu scritta prescindendo dal Cristo, senza che il Cristo abbia avuto alcuna parte nell’esposizione. Questo è un fatto di somma e fondamentale importanza! A che cosa ha portato la civiltà dell’occidente? Ha portato a non guardare a un Essere come alla figura centrale di tutta la storia. Non fu la scienza a portare a questo atteggiamento. Qual è dunque la sua origine? Vogliamo illuminare il problema in un’altra prospettiva.

Dove vissero i grandi fondatori di religione, che furono grandi iniziati e che, attingendo alla sostanza stessa dei loro popoli, diedero loro ciò di cui avevano bisogno? È per esempio pensabile che Ermete agisse sulla propria epoca dal grembo di un altro popolo? Oppure che Buddha non partisse dalle caratteristiche della razza alla quale apparteneva, e non immergesse in quella le proprie forze? Volgiamo ora lo sguardo all’Essere che non chiamiamo un iniziato, ma che conosciamo come la personalità sulla quale agì l’iniziazione universale, l’iniziazione cosmica. Appartiene Egli forse a un determinato popolo? Egli nacque in un oscuro angolo del mondo, lungi dai grandi regni, ed ivi si svolsero gli eventi. Siccome poi la validità storica dei Vangeli come quella degli altri documenti del Nuovo Testamento può essere dubbia, si può dire che di tutti quegli eventi non esiste testimonianza alcuna basata su documenti. Quelli che lo seguirono come discepoli si volsero a lui senza distinzione di stirpe, razza, sesso, e così via. Qui è la differenza! Mentre prima i popoli guardavano agli iniziati della loro stessa stirpe, essi si rivolsero ora a uno che non si col- legava a un particolare popolo, le cui maggiori azioni storiche si esplicarono anzi presso popoli in mezzo ai quali non aveva vissuto. Questo è un grande progresso dalla tenebra dell’esistenza alla luce dello spirito, un progresso che non andrebbe disconosciuto da chi è mosso da retto sentire per l’evoluzione dell’umanità. Queste sono le cose che hanno davvero importanza e che vanno segnalate con energia dalla scienza che scaturisce da una vera osservazione dei mondi soprasensibili.

Dalle molte cose che ho potuto esporre si vedrà che si tratta di comprendere il giudizio formulato dal doppio eterico di Giovanni Tomasio nel dramma II Guardiano della soglia*’. «Il pensiero ha una forza purificatrice». La forza purificatrice del pensiero agisce in modo da portare realmente dalla tenebra dell’esistenza alla luce dello spirito, dall’attimo all’eternità. Solo che non si vuole attribuire al pensare la sua forza purificatrice, perché nella natura occulta del pensare si cela qualcosa di particolare. La scienza materialistica crede che si pensi col cervello, ma non è così, è un errore. Afferrando tutto il senso di quanto ho esposto nel mio scritto Una via per l’uomo alla conoscenza di se stesso, si comprenderà anche che il processo, l’attività del pensare, i collegamenti e il formarsi delle idee non avvengono nel corpo fisico, ma nel corpo elementare o eterico. In verità anche l’uomo inserito nella vita ordinaria pensa col corpo eterico, solo che per quel suo inserimento non può avere coscienza dell’attività che si svolge in lui quando pensa e che avviene solo nel corpo eterico. In realtà l’uomo pensa di continuo, il corpo eterico è sempre in movimento, e quel movimento significa «pensare». Ma che cosa ci diviene cosciente di tutto quanto così si svolge nel corpo eterico? Ci diviene solo cosciente quel che è «rispecchiato». Uno dei nessi fra corpo elementare e corpo fisico va pensato nel modo seguente.

Supponiamo di camminare in questa sala davanti a quelle finestre, e che fra luna e l’altra vi siano degli specchi. Passando davanti a ogni specchio vediamo – il nostro volto, dove non vi è specchio non lo vediamo più. Andando oltre, torniamo a vederlo poiché vi è un altro specchio che di nuovo lo riflette. Il nostro volto esiste sempre, lungo tutto il percorso, però lo vediamo solo quando viene riflesso. Così pure il corpo eterico è in incessante attività di pensiero, ma quando ne abbiamo la percezione? Ne abbiamo la percezione quando un organo del corpo fisico, il cervello, la rispecchia, la riflette. Quel che sempre esiste, e che l’uomo ordinariamente ignora, viene riflesso dal cervello che va considerato come un apparecchio riflettente. In tutti i casi in cui è riflessa, la vita diventa cosciente. Di conseguenza deve esservi il corpo fisico, affinché il corpo eterico, il quale propriamente pensa, possa avere cognizione del proprio pensare. Non è dunque il cervello, non è il corpo fisico che pensa. Come l’immagine che compare nello specchio non siamo noi, altrettanto poco lo è ciò che si percepisce nel cervello, il pensare, perché il pensare ha sede nel corpo elementare o eterico. Quando l’uomo intraprende i primi passi verso l’iniziazione, è in fondo come se cercasse di essere in se stesso, evitando di cogliere la propria immagine riflessa, e infine divenisse capace di sentire la propria forma, percependosi da dentro.

Così è l’ascesa dall’esistenza sensibile a quella spirituale. Mentre di solito l’uomo può solo percepire quanto avviene nel suo apparecchio riflettente, nel riflesso che egli vede nel suo cervello, con l’iniziazione egli arriva a sperimentare e sentire direttamente nel corpo eterico. Ma con tale sperimentare e sentire interiori egli entra in contatto con tutt’altro mondo: col mondo dell’essere. Il suo essere, il suo sperimentare, il suo sentire si allargano allora su di un mondo oggettivo. Quel che allora sperimenta è un mondo di esistenza spirituale, un mondo che, riguardo al complesso di quanto si sperimenta, si può anche sperimentare nell’esistenza sensibile. Egli può solo allora salire per afferrare nell’esistenza spirituale qualcosa di ciò che nelle immagini dei sensi è solo un riflesso. Egli comprende allora che gli impulsi degli iniziati non sono fluiti soltanto da sapere terreno, ma che ai grandi iniziati giunsero i massimi impulsi, gli impulsi morali, e agirono con forza poderosa, perché quel che essi avevano non lo presero solo dalla Terra, ma da ciò che è al di là della Terra.

Non appena infatti ci si solleva al di sopra della Terra, si accede anche a quanto di superiore è connesso con la sua esistenza. Se con l’iniziazione si sale dall’esistenza terrena a quella cosmica, si arriva a vedere, studiando in questa prospettiva un iniziato come per esempio il Buddha, che egli aveva vissuto sulla Terra molte incarnazioni da bodhisattva.

Chi ha imparato a capire il buddismo in questo senso, è di necessità altrettanto credente quanto un buddista e sa che nella personalità di Gotama Buddha visse per l’ultima volta in un corpo fisico quell’individualità, che in quell’incarnazione egli divenne «Buddha», e che salì poi nei mondi spirituali per determinati compiti. Lo sguardo spirituale viene dunque diretto a osservare il trapasso dell’individualità del Buddha da un’esistenza terrena a un’esistenza spirituale, connessa con la vita spirituale. Seguendo a ritroso quell’individualità, si vede sì come il bodhisattva percorra molte incarnazioni, ma si risale alla fine a tempi antichi dei quali non è più possibile dire che abbiamo a che fare con un’individualità vivente sulla Terra. Occorre infatti seguirla in una precedente dimora, e si vede così quella singolare individualità trasformarsi, e trascendere l’esistenza terrestre. Vediamo dunque in un determinato tempo il Buddha scendere da un altro pianeta del nostro sistema solare dove aveva prima operato preparandosi alla sua vita terrestre; lo seguiamo poi nelle sue incarnazioni quale bodhisattva fino al momento in cui diviene Buddha, e riconosciamo che l’opera da lui svolta durante quelle incarnazioni è sì connessa con la Terra, ma entra a far parte di un grande insieme cosmico. Lo vediamo poi ascendere a un altro pianeta del nostro sistema, su Marte, e ivi intraprendere una nuova missione che si riallaccia a quella assolta sulla Terra. È meraviglioso constatare come da tale visione risulti un insieme in sé compiuto. Vediamo prima il Buddha svolgere la sua azione su un altro pianeta, poi discendere sulla Terra ove opera per un certo tempo; se vogliamo però seguire ulteriormente la sua individualità, dobbiamo tornare ad ascendere su un altro pianeta. Si ottiene così una linea chiusa. Per il Buddha è possibile dire che era disceso da un altro pianeta e che dopo la sua azione sulla Terra egli è risalito su un altro, la cui popolazione non ha importanza per l’umanità terrestre, per ivi lavorare ulteriormente, dato che da quell’ulteriore azione risulta appunto un significato.

Così avviene per molti iniziati: essi portano dalle ampiezze cosmiche i beni che sulla Terra sono in connessione col cosmo, e noi vediamo le trasformazioni da loro attraversate nell’universo. Cercando di scendere alla radice delle cose, si trova così anche quel che illumina la tenebra dell’esistenza, movendo dalla vera investigazione occulta.

È singolare come a volte taluno domandi: non è forse ingiusto che un’individualità come quella del Cristo abbia portato qualcosa di particolare nel mondo? Se è così, dicono, gli uomini che sono vissuti dopo la sua venuta fruiscono di un particolare privilegio. Perfino alcuni antroposofi hanno mosso tale domanda! Ma le anime viventi dopo la venuta del Cristo sono le stesse che vissero prima; non si può quindi parlare d’ingiustizia. Una sola eccezione è da segnalarsi al riguardo; sembra essere rappresentata dal Buddha. Egli attraversò la sua ultima incarnazione terrena nel tempo precristiano e non partecipò quindi in alcun modo a quanto penetrò nella Terra con l’evento del Golgota. Se su questo punto sentiamo esservi tenebra davanti a noi e non possiamo comprendere come in un dato momento un’anima si allontani dalla Terra e non partecipi al mistero del Golgota (chi ha udito le mie precedenti conferenze sa che egli vi ha partecipato da altre sfere, ma qui si tratta della partecipazione terrena), se dunque ci poniamo tale problema davanti all’anima e cerchiamo di investigarlo, ci risulta che il Buddha era stato mandato sul pianeta in cui si svolse la sua attività preterrestre dall’individualità centrale di tutto il nostro sistema planetario, dallo spirito che chiamiamo il Cristo cosmico. In tempi antichissimi il Buddha era stato mandato a operare su un altro pianeta e poi, in seguito all’opera ivi compiuta, ad agire sulla Terra. Mentre la Terra è il pianeta divenuto teatro del mistero del Golgota, Marte è il pianeta sul quale il Buddha doveva compiere un evento simile, dopo ciò che egli aveva compiuto sulla Terra.

Tali cose sono lontane dalla nostra esperienza e sembrano contraddire quanto abbiamo detto, e cioè che un sano intelletto può comprendere quel che fluisce dall’iniziazione. Ma si prenda tutto ciò che la storia presenta in merito ai fatti ora esposti, si considerino i nessi e le relazioni, e si vedrà che l’andamento dei fatti conferma quanto abbiamo detto. Chi lo contesta non adopera a sufficienza il proprio sano intelletto, come spesso si verifica nel nostro tempo.

Con tutto quanto dissi nel corso di queste conferenze, come già con i drammi, volevo dare un’idea della diversità e della grandezza e potenza dei mondi soprasensibili nei quali penetriamo varcandone la soglia, volevo farne sorgere un’idea più ampia di quanto non sia possibile attraverso solo teorie e dogmi. Volevo presentare e descrivere qualcosa, non attraverso mere caratterizzazioni verbali, ma cercando di suscitare un sentimento di quel che sta dietro la soglia vigilata dal Guardiano. Se taluno oggi abbraccia con lo sguardo la vita spirituale, forse quel che deve venir detto intorno al Guardiano della soglia penetrerà particolarmente addentro nella sua anima. Il Guardiano sta davanti alla soglia perché l’anima umana che vive nell’ordinario mondo dei sensi non ha maturità bastante a conoscere e sperimentare gli avvenimenti soprasensibili. È lì per proteggere. Questo è altrettanto vero quanto è vero che in futuro le anime dovranno accogliere sempre maggiori conoscenze intorno ai mondi spirituali. Perché vi è dunque il Guardiano? Perché l’anima che entrasse nei mondi spirituali in condizione d’immaturità (cosa che non potrà mai accadere a chi percorra una giusta via, occulta), cadrebbe preda d’infinito terrore e di infinita paura. Infatti gli uomini, nella loro piccolezza, immaturità e attaccamento al mondo sensibile, non sopporterebbero ciò che si collega con l’ingresso nei mondi spirituali. Di fronte a chi si ritiene all’altezza dei tempi non è difatti neppur possibile affermare quel che pure dovrebbe venire conosciuto!

Da dove finora ci fu concesso annunciare le verità soprasensibili, dovemmo indicare che nel corso del secolo ventesimo un evento soprasensibile si sarebbe verificato nei corpi soprasensibili degli uomini in quanto, come per un processo di natura, essi avrebbero visto il Cristo riapparso. Questo ci fu dato annunciare. Egli però non viaggerà per mare, per ferrovia o per l’aria, ma apparirà nell’essere individuale umano, in ciò che passa da anima ad anima; a seconda della loro conformazione, le anime lo riconosceranno con i mezzi esistenti nel mondo eterico.

Quel che così possiamo annunciare, come cioè sarà la ricomparsa del Cristo, è debole cosa in confronto a ciò che dai mondi soprasensibili apparirà alle anime umane. Gli uomini però amerebbero vedere con gli occhi sensibili il grande Essere che verrà; essi amano pensare che Egli viaggi in aeroplano, navighi i mari, amano concepirlo e afferrarlo in forma sensibile. Per qual ragione? Perché il vero contatto con i mondi spirituali fa loro paura. Molte cose che accadono in questo campo si presentano all’occultista sotto varie maschere come terrore e paura della verità. Sia detto senza emotività e solo come fatto oggettivo. Ma l’occultista che riconosce il Guardiano al limite tra mondo dei sensi e mondo dello spirito, vede anche come gli uomini che sono inseriti nella vita ordinaria non possano capire che occorra cominciare a fare i primi passi nel mondo soprasensibile. Tutti sono in realtà paurosi e ignorano la loro paura; tale paura prende la maschera di una particolare forma di senso della verità, di un senso materialistico della verità. Presso coloro che si oppongono alla conoscenza del mondo e delle entità soprasensibili prende la forma di un certo odio, di una collera e di uno scatenamento della propria piccolezza contro gli altri mondi, i mondi soprasensibili.

Potrà così accadere che da una parte vi saranno gli uomini volonterosi di conoscere il mondo soprasensibile, e dall’altra quelli che non ne vogliono sapere o che diranno: la scienza oggettiva non dice nulla intorno a quei mondi e quindi la loro esistenza non è dimostrabile. Questa opinione tratterrà anche i comuni seguaci della scienza dal presentarsi al Guardiano della soglia; essi diranno di non voler riconoscere i mondi spirituali perché così impone loro il senso della verità, la loro personale convinzione scientifica. È invece la paura che non li fa avvicinare al Guardiano della soglia, è la forza di quella paura che si maschera in tutto quanto vorrebbe oggi aprir la lotta contro la luce spirituale che dai mondi soprasensibili deve scendere nella tenebra dell’esistenza. Tutto ciò viene sentito da chi conosce il Guardiano che sta al limite dell’esistenza spirituale, sapendo l’importanza delle conoscenze soprasensibili per tutta la vita spirituale del presente.

Perché siete voi qui? Perché un raggio della luce spirituale è penetrato in voi e vi dice che il sapere soprasensibile deve afferrare le anime. E, poiché l’annuncio di quel raggio spirituale si è fatto sempre più vivo, va aumentando anche il numero delle persone presenti alle nostre manifestazioni. Se sarà lasciato libero corso al linguaggio naturale della luce spirituale, esso penetrerà davvero nelle anime. Se invece trionferanno gli avversari della conoscenza soprasensibile, per un certo tempo la luce spirituale forse si oscurerà, sarà costretta a ritirarsi o meglio dovrà venir ritirata, se è lecita questa inadeguata espressione. Il collegamento fra la tenebra dell’esistenza e la luce dello spirito mancherà allora per un certo tempo al mondo. È però anche necessario che chi già deve sapere qualcosa della luce spirituale impari a guardare con veracità a quanto ne è già ora disceso nel mondo sensibile. Chi ancora si lascia confondere da quel che viene detto a favore o contro la conoscenza spirituale, chi non cerca nella propria anima il fermo impulso proveniente dal mondo soprasensibile e che da quel mondo soltanto può discendere, non lo troverà.

Spesso ho detto che quel che sino ad ora esiste nelle opere antroposofiche, per grazia dei maestri della saggezza e dell’armonia dei sentimenti, già racchiude in sostanza tutto ciò di cui si può dire che fu largito agli uomini per «grazia». Se a partire da questo momento io non potessi né scrivere né dire altro, purché si cercasse di sviluppare ulteriormente quanto già esiste (anche se io non potessi essere presente), purché si cercasse di capire quel che le cose significano, già si troverebbe quanto occorre. Se ora, al termine di queste conferenze, mi è lecito parlare della connessione fra il mio karma personale e quello di questo movimento spirituale, con ciò è data la possibilità che quello che è penetrato nel mondo non come «corrente steineriana» (poiché una tale corrente non esiste) ma come occultismo oggettivo, non possa più venire soppresso. Per quanto grandi possano essere gli sforzi degli avversari, essi non spegneranno l’occultismo nell’avvenire: quel che esiste rimarrà. Ne vedo una prova nel fatto che i nostri tempi hanno bisogno di un movimento spirituale e che ci è concesso un periodo in cui, per grazia delle nostre guide spirituali, questi beni spirituali poterono venir recati sulla Terra. Vengano pure gli avversari! Forse proprio attraverso la loro opposizione sorgerà quanto è necessario! Varie persone che oggi accolgono con buona volontà i beni spirituali antroposofici, che ne sono felici, sono tuttavia disattente di fronte a quel che dovrebbero vedere, hanno (scusate l’espressione) come un berretto da notte sugli occhi! Di fronte alla verità alcuni non sentono l’obbligo di riconoscerla. Forse un minimo di persecuzione, che non potrà far danno, concorrerà a far sì che alcuni, i quali non hanno solo il berretto da notte sulla testa ma se lo sono tirato sugli occhi e sulle orecchie, se lo strappino via. Forse anche questo sarà necessario.

Comunque possano andare le cose, al termine di questo ciclo di conferenze (durante il quale, per ineluttabile necessità ci siamo imbattuti in alcune cose che sono in fondo spiacevoli), come ogni altra volta, noi vogliamo pensare che abbiamo di nuovo potuto accogliere qualcosa della vita spirituale.

Ora ci separeremo: alcuni andranno in una direzione, altri in un’altra, ma la luce spirituale verso cui tutti aspiriamo e che cerchiamo nelle tenebre dell’esistenza, quella luce ci unirà, qualunque sia spazialmente il luogo in cui ci troveremo.

Possano le anime qui presenti sentirsi unite nel rivivere in loro stesse, nel rimeditare quanto hanno ascoltato, e nel rivivere i reciproci sentimenti di amore che si sono destati in loro. Siamo stati fisicamente insieme, ma non potremo continuare ad esserlo; lo siamo soprasensibilmente. Impariamo ad essere uniti in modo soprasensibile così da fornire una dimostrazione dell’esistenza dei mondi superiori. Se, dopo essere stati a lungo insieme, portiamo con noi questi sentimenti, le nostre anime avranno accolto quanto di meglio l’antroposofia può dare agli uomini: l’amore che scaturisce dalla verità spirituale. Qualunque evento accada prima che possiamo di nuovo ritrovarci, una cosa potrà ad ogni modo verificarsi, e cioè che, anche se spazialmente saremo separati, la nostra attuale vicinanza fisica si trasformi in vera unione spirituale e che per tal modo viva, operi e prosperi in noi il bene spirituale. Abbiamo avuto fra noi persone di diversissimo pensiero, la cui presenza sempre ci è cara anche se recano in mezzo a noi contrastanti opinioni. Ma non si tratta di opinioni o di contrasti di opinioni, ma di vero e schietto senso della verità. Si tratta, direi, di un’alleanza per la veracità e l’onestà già durante la vita fisica! Queste mie parole non vanno considerate come conseguenza obbligata del tema trattato in questo ciclo di conferenze. Era però necessario in questa nostra epoca, nel momento presente, che potessimo sperimentare in diversi campi i risultati della ricerca della verità.

Mi sia concesso di esprimere ora, al termine di questo ciclo di conferenze, quel che al principio non ebbi occasione di dire: intendo la mia gratitudine anzitutto verso quelle personalità che con cariche ufficiali presenziarono a queste non ufficiali manifestazioni. Non posso nominarle tutte singolarmente, ma ieri tutti hanno udito l’amichevole invito a partecipare al prossimo congresso delle sezioni europee della Società Teosofica* da parte del nostro caro amico, il Segretario Generale della Sezione scandinava, e alcuni dei presenti avranno forse anche sentito le parole del Segretario Generale della Sezione ungherese. A loro il nostro saluto fu già rivolto durante la prima di queste conferenze, ma anche quelli che non furono nominati, devono sapere di essere nel senso più vero i benvenuti nei nostri cuori; noi consideriamo la loro presenza come una conferma del fatto che essi non pensano che siamo gente così cattiva come si comincia a dire nel mondo… Sia o no possibile che ci si torni a riunire nel prossimo anno e qualunque aspetto possano prendere gli eventi, noi consideriamo l’odierno nostro convegno come il germe di qualcosa che forse, attraverso tutto quanto potrà succedere, non potrà venirci tolto.

In questo momento desidero fare appello a ciò che nelle anime dei presenti, per loro libero sperimentare, esse possono sentire quale eco di queste giornate di Monaco, e salutare cordialmente ogni singolo amico nel momento del congedo, con l’augurio di nuovi incontri nel senso con cui gli amici, che hanno imparato ad amarsi attraverso la conoscenza spirituale, sempre si ritrovano e sempre devono ritrovarsi nel giusto momento.