La gerarchia occulta dei maestri

O.O. 92 – Leggende e misteri antichi – 1.07.1904


 

Vi troviamo degli esseri che non si lasciano mai vedere: i maestri.

Gli uomini che vivono sul piano fisico, dapprima non possono percepirli.

• Sotto di loro stanno dei chela, dei discepoli occulti,

che si incaricano di trasmettere le grandi disposizioni dei maestri al piano fisico.

• I primi che vi esercitano questo insegnamento sono detti hamsa, ossia “cigni”.

 

I chela invece che sono detti “uomini senza patria” si chiamano così in quanto non hanno la loro patria in questo mondo, ma sono radicati nei mondi superiori. Essi trasmettono agli uomini l’insegnamento che hanno a loro volta ricevuto dagli hamsa. Sono i messaggeri inviati agli uomini geniali della storia universale. Così, per esempio, si può dimostrare che anche i capi della Rivoluzione Francese si trovavano in relazione con questo lato spirituale della storia universale.

 

La grande Loggia bianca doveva inviare i suoi messaggeri a preparare gli uomini e a istruirli perché potessero divenire gli organi che avrebbero dato esecuzione alla volontà dei maestri sul piano fìsico. Questa è anche la testimonianza di Wolfram von Eschenbach. Nel Medioevo si sapeva dell’esistenza di una Loggia bianca, che veniva chiamata a quei tempi la “rocca del Gral“.

 

Qui aveva sede la Fratellanza bianca. Colui che venne inviato allora per promuovere la fondazione di città nel mondo fìsico si chiamava Lohengrin; egli fu istruito direttamente da un hamsa, e istruì a sua volta Enrico I, detto il fondatore di città. Ciò significa che le anime dell’epoca erano destinate a ricevere una nuova impronta dagli “uomini senza patria”.

 

Nel linguaggio occulto l’anima viene sempre simboleggiata da un personaggio femminile. Elsa di Brabante rappresenta l’anima dell’epoca. Elsa dunque, ossia l’anima dell’epoca, è stata promessa in sposa a Telramund, un cavaliere che figura nell’antica tradizione, ma un inviato del Gral giunge a liberarla. Wolfram von Eschenbach caratterizza quest’epoca narrando che Enrico viene condotto a Roma, dove il cristianesimo interiore, esoterico, combatte i nemici universali della cristianità, i Saraceni.

 

Lohengrin è un “uomo senza patria”, al quale non si può domandare donde venga. Domandarglielo significa andare contro l’obbligo imposto dal suo ordine. Egli ha come il capo di un Giano bifronte: da una parte deve guardare alla fratellanza occulta, e dall’altra agli uomini cui ha il compito di fare da guida nel mondo fìsico.

 

Richard Wagner ha spesso trovato parole commoventi per Lohengrin, come per esempio quando gli fa cantare: «Grazie a te, mio caro cigno!». È questo il momento in cui il cigno lo lascia ed egli è sottoposto alle condizioni fisiche, venendo trapiantato in un mondo che è poco adatto per lui, che non è il suo vero mondo. Il suo mondo è quello che sta dall’altra parte, così che lo si deve considerare un senza patria. Quando la sua missione è compiuta, il senza patria scompare tornando là donde è venuto. Una volta scoperta la sua origine, egli deve nuovamente scomparire. Per colui che è entrato in rapporto con il piano fisico, ciò è difficilmente accettabile. Perciò Elsa di Brabante deve chiedergli per tre volte da dove provenga.

 

Vediamo così che Wolfram von Eschenbach, il poeta iniziato, caratterizza quest’epoca cogliendone il nesso con i mondi superiori. Lohengrin è l’inviato, è il messaggero dei cavalieri del Gral, che costituiscono la Loggia bianca del Montsalvat. Il compito degli inviati del Gral, dei suoi cavalieri, era quello di ripristinare continuamente le antiche tradizioni del cristianesimo genuino, del vero cristianesimo. Dal medesimo intento era mosso altresì chi narrava della rocca del Gral e del santo Gral.

 

I cavalieri del Gral erano visti come i custodi di ciò che era entrato nel mondo attraverso il vero cristianesimo. È quello cui si allude anche nel Vangelo di Giovanni: «La Parola è stata fatta carne». Ciò che il Cristo ha trasfigurato è la stessa esistenza fìsica: egli ha preso dimora nel mondo fisico. Gli altri grandi personaggi sono stati maestri dell’umanità: Buddha, Zarathustra, Pitagora, Mosè sono stati tutti dei maestri. Essi sono la “via” e la “verità”, mentre la “vita”, in senso occulto, è il Cristo soltanto; perciò sta scritto: «Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me». La vita poteva trovare la propria santificazione solo a patto che la Parola prendesse direttamente dimora nel corpo dell’uomo.

 

Questo scendere del divino sul piano fisico era ciò che la Loggia bianca doveva far continuamente rivivere. Perciò il calice del Gral viene identificato con quello che Gesù ha offerto per l’ultima cena, e nel quale Giuseppe di Arimatea ha raccolto il sangue del Golgota.

 

Che il principio del cristianesimo possa serbarsi e perpetuarsi, e che gli si possa comunicare nuova forza,

è assicurato dunque dal fatto che dodici cavalieri del Gral, in continuità con gli apostoli,

vengono inviati come messaggeri ad assolvere nuovi compiti.

 

Quando la civiltà deve raggiungere un nuovo importante stadio, bisogna che gli uomini vengano istruiti da un chela, da un “cigno”: fu questo il modo di pensare di tutto il Medioevo. E allo stesso modo anche Wolfram von Eschenbach ha considerato e descritto la storia. Chi sa leggere fra le righe nel Lohengrin di Richard Wagner scoprirà che lo stesso Wagner ha avvertito, sia pure su un piano non tanto razionale quanto piuttosto sentimentale, intuitivo, che era in gioco qualcosa di molto importante. Perciò credeva a un rinnovamento dell’arte che nascesse da un legame con l’elemento sovrumano.

 

La narrazione medievale della storia diceva che, quando Elsa di Brabante volle confinare Lohengrin in questo mondo, egli si ritirò, e precisamente, come narra Wolfram von Eschenbach, si ritirò in India. Alla fine si pensò che anche la rocca del Gral avesse trovato sede in India. Anche dei Rosacroce si dice che, dopo essere usciti di scena alla fine del secolo decimottavo, si siano spostati in Asia, in Oriente. Tale è la storia della fondazione delle città nel Medioevo, stando a come è registrata nella cronaca dell’akasha. Qualcun altro potrebbe forse presentarne un po’ diversamente i particolari, ma nella sostanza concorderanno sempre con questa descrizione.