La guarigione del cieco nato

O.O. 103 – Il Vangelo di Giovanni – 26.05.1908


 

Che cosa significa dunque dire che l’uomo accoglie gli impulsi del Cristo?

Significa ch’egli impara a comprendere la forza che sta nel Cristo;

significa ch’egli accoglie in sé le forze che lo portano a diventare padrone anche del proprio corpo fisico.

 

Cercate d’immaginare che un uomo possa accogliere pienamente in sé l’impulso del Cristo: che questo impulso possa trasfondersi compiutamente in un uomo, che il Cristo stesso si trovi di fronte a qualcuno e che infonda in quest’uomo in modo diretto e completo il proprio impulso. Che cosa significa ciò?

Se quell’uomo fosse cieco, egli potrebbe riacquistare la vista, grazie all’immediato influsso dell’impulso del Cristo, poiché l’ultima mèta dell’evoluzione è il superamento delle forze di malattia e di morte.

Quando lo scrittore del vangelo di Giovanni ci descrive la guarigione del cieco nato, parla da queste profondità, e ci mostra con un esempio che la forza del Cristo è una forza risanatrice, quando si manifesta in tutta la sua pienezza.

 

E dove si trova, quella forza?

Nel corpo del Cristo, nella Terra.

 

Occorre solo che la Terra sia in verità compenetrata con l’essenza dello spirito di Cristo o del Logos.

Vediamo un po’ se lo scrittore del vangelo di Giovanni ci racconta la cosa vista a questo modo. Come ce la racconta?

Ecco là il cieco: Cristo prende la terra, la impasta con la propria saliva e la impone al cieco: egli applica dunque al cieco il corpo compenetrato dal suo spirito. Con questa descrizione, lo scrittore del vangelo di Giovanni mostra un mistero, da lui esattamente conosciuto.

 

Ed ora dobbiamo trattare una volta a fondo, prescindendo da tutti i preconcetti, quest’uno fra i grandi segni compiuti dal Cristo Gesù: per poter apprendere con esattezza la natura di un simile fatto, senza preoccuparci che i nostri intelligentissimi contemporanei prenderanno per stupidità, per follia ciò che stiamo per dire.

Dobbiamo al contrario affermare una volta che nel mondo esistono grandi, profondi misteri che non convengono ancora all’uomo. Gli uomini odierni, per quanto possano essere evoluti, non sono abbastanza forti per poter compiere quei grandi misteri.

 

Possono conoscerli, comprenderli, coloro che ne abbiano esperienza spirituale; ma quanto a tradurli in atto nel fisico, l’uomo odierno, così profondamente disceso entro la materia, non ne è in grado.

Ogni forma di vita consiste in realtà di elementi opposti, di estremi contrastanti: questi estremi sono vita e morte. Al sentimento e all’atteggiamento d’animo dell’occultista si manifesta qualcosa di molto singolare, quando egli osserva, ad esempio, uno accanto all’altro un cadavere e un uomo vivente.

 

Quando si ha dinanzi a sé un uomo vivente e desto, si è consapevoli che in quello si trovano anima e spirito. Ma in quest’uomo vivo, l’anima e lo spirito, per quanto riguarda la coscienza, sono esclusi dalla connessione col mondo spirituale, non guardano entro il mondo spirituale.

Se invece ci troviamo di fronte al cadavere, sentiamo che l’anima e lo spirito già appartenuti a quello, si trovano adesso sulla via di penetrare nei mondi spirituali, e che si sta accendendo per loro una nuova coscienza, la luce del mondo spirituale. Così il cadavere diviene il simbolo di ciò che accade nei mondi spirituali.

 

D’altra parte, anche nel fisico si ritrovano le immagini riprodotte di quanto avviene nello spirituale: però, in modo singolare.

Quando un uomo ridiscende verso la nascita, occorre che gli venga edificata una parte corporea. Della materia deve per così dire concorrere, affinché gli venga edificato un corpo. Per il chiaroveggente questo concorso di materia si manifesta col progressivo spegnersi della coscienza nel mondo spirituale. Lì, la coscienza muore; qui si accende.

Nel concorrere della materia a formare un corpo umano fisico

si scorge in certo qual modo l’estinguersi d’una coscienza spirituale;

e proprio, davvero, nel decomporsi o nell’incenerirsi del corpo fisico,

mentre le parti materiali si dissolvono ci si mostra al contempo nello spirituale l’inverso:

l’accendersi d’una coscienza spirituale.

Il dissolvimento fisico è nascita spirituale.

 

Perciò per l’occultista tutti i processi di decomposizione, di dissolvimento hanno anche un aspetto del tutto diverso.

Un cimitero, dove vanno dissolvendosi dei corpi fisici, veduto spiritualmente

(e prescindendo qui affatto dagli uomini, ma badando solo a ciò che vi avviene spiritualmente)

offre la vista di un processo singolareun continuo accendersi e risplendere di nascite spirituali.

 

Poniamo ora il caso (ma naturalmente non lo si consiglia a nessuno: i corpi odierni degli uomini non possono in alcun modo sopportarlo), poniamo il caso che un uomo si sottoponga a una certa disciplina, ch’esso alleni il proprio corpo a respirare per un tempo determinato aria di putredine, di decomposizione, con la coscienza di accogliere in sé il processo spirituale che abbiamo ora menzionato. Chi faccia questo in modo adeguato, potrà certo ritrovarsi in qualche incarnazione successiva (la cosa non è possibile in una sola incarnazione) dotato della forza capace di diffondere impulsi vivificatori e risanatori.

 

Il respirare aria di morti fa parte della disciplina necessaria per ottenere che la saliva acquisti a poco a poco la forza per cui, mescolata alla terra comune, ne risulti ciò che il Cristo pose sugli occhi del cieco.

 

Questo mistero per cui si assimila la morte, mangiandola o respirandola, per cui si consegue la forza di risanare, è il mistero al quale allude l’autore del vangelo di Giovanni, nel narrarci segni come quello della guarigione del cieco-nato. Sarebbe assai meglio che la gente, invece di continuare a disputare, sul modo d’intender la cosa, imparasse piuttosto che fatti come quelli esistono veramente; che apprendesse a considerare al giusto modo una personalità come quella dell’autore del vangelo di Giovanni, riconoscendo in lui un uomo iniziato in questi misteri e proponendosi di conquistare la comprensione di questi misteri.

 

Era ben necessario, peraltro, avvertire poco fa che ci troviamo in un gruppo di studiosi della scienza dello spirito, preparati a non fermarsi ai pregiudizi correnti, nel menzionare un siffatto mistero della saliva mescolata alla terra per fame un rimedio, e rilevando che quel fatto narrato ha proprio un significato letterale.

 

Cerchiamo però ora di renderci conto quanto intimamente una nozione come questa ci riallacci all’idea che oggi ci occupa: l’idea che il Cristo è lo spirito della Terra, e la Terra il suo corpo. In quell’episodio abbiamo veduto il Cristo permeare di spirito la Terra e offrire una parte di se stesso per compiere ciò che in quel momento voleva compiere.