La meditazione sulla rosacroce

O.O. 119 – Macrocosmo e microcosmo – 28.03.1910


 

Sommario: La meditazione sulla rosacroce. Attività interiore dell’uomo necessaria all’acquisizione di capacità per innalzarsi alla conoscenza immaginativa, ispirativa e intuitiva.

 

Ciò che l’essere umano ordinariamente conosce è il mondo fisico esteriore.

Se egli vuole conseguire una conoscenza superiore, deve quindi fare qualcosa per crearsi innanzitutto degli organi superiori. Deve bloccare in sé un mondo superiore, come è il mondo della ragione, e questo accade per il fatto di eseguire una nuova attività.

 

Possiamo facilmente comprendere che è impossibile giungere ad una conoscenza superiore con ciò che l’uomo elabora con la coscienza normale, poiché ciò che egli sviluppa con questa si esaurisce con quanto abbiamo citato. Egli deve quindi fare qualcosa per sviluppare in sé una nuova attività che possa contrapporsi al mondo degli archetipi e trattenerlo.

Questo succede in modo che egli, ad esempio, impari ad attraversare tali esperienze interiori che non appartengono alle esperienze coscienti ordinarie. E una tale esperienza interiore che è anche una specie di esperienza tipica, la troviamo descritta nel mio libro La scienza occulta, nella costruzione della rappresentazione della “rosacroce”.

 

Come si procede per avere in modo corretto interiormente, quale esperienza, questa rappresentazione della rosacroce? Sebbene anche qui a Vienna sia già stato detto, oggi va tuttavia ancora una volta ripetuto, perché deve inserirsi in tutto il nostro essere.

Colui che volesse guidare un discepolo spirituale ai gradini superiori della conoscenza e volesse perciò fargli dapprima compiere un piccolo inizio di sentiero, direbbe: guarda un po’ come una pianta cresce a partire dal terreno. Lì vedi come cresca foglia dopo foglia fino al fiore e al frutto. Essa cresce in modo tale che tu la vedi percorsa dal verde succo vegetale. Ora paragoniamo questa pianta ad un uomo. Sappiamo che costui è percorso da ciò che chiamiamo sangue e sappiamo che nel sangue c’è l’espressione esteriore di quanto nell’uomo pulsa come passioni, istinti, brame e così via. Per il fatto che egli è un essere-Io ci appare come un’entità superiore rispetto alla pianta.

 

Soltanto un fantasticone potrebbe credere – sebbene ve ne siano molti – che la pianta abbia anche una coscienza come l’uomo e sia in grado di riflettere interiormente le impressioni esteriori. Non si ha una coscienza per il fatto di svolgere una qualche attività – questo lo fa anche la pianta –, ma per il fatto di essere capaci di riflettere interiormente le impressioni esteriori.

L’essere umano lo può fare. Egli è salito ad un’evoluzione superiore rispetto alla pianta che non può fare questo. E per tale sviluppo l’uomo ha dovuto mettere in conto, in certo senso, una specie di degrado, ha dovuto accollarsi la possibilità di sbagliare. La pianta non commette errori seguendo le proprie leggi.

 

Qui non possiamo parlare di errore. Essa non possiede nemmeno una natura superiore e una natura inferiore in sé, non ha dentro di sé quelli che si chiamano istinti, brame, passioni e via dicendo, che vanno verso l’elemento inferiore. Se stiamo davanti a una pianta possiamo essere impressionati dalla sua purezza a differenza di quanto permea l’uomo come istinti, brame, passioni.

 

Così l’uomo sta di fronte alla pianta col suo sangue rosso, come un essere che si è sviluppato nella propria coscienza a un’altezza superiore, ma per tale evoluzione superiore ha dovuto accollarsi uno spostamento in giù in una specie di svilimento.

 

La guida spiegherà tutto questo al discepolo dello spirito. Poi farà notare che l’uomo deve raggiungere da sé ciò che gli appare nella pianta a un gradino inferiore. Egli deve diventare di nuovo padrone dei suoi istinti, delle sue brame e passioni, di ciò che ha la sua espressione nel sangue che si agita. Lo diventa quando con la sua natura superiore ha conseguito vittoria su quella inferiore, quando il suo sangue rosso è divenuto così puro come il succo verde della pianta che si tinge di rosso nel petalo rosso della rosa.

 

Così la rosa rossa può essere per noi un simbolo di ciò che l’essere umano deve diventare, quando conduce la vita incontro a un ideale reale, grazie al cui compimento la sua natura superiore diventa padrona di quella inferiore. Noi solleviamo lo sguardo alla rosa come a un modello; essa è un simbolo, un emblema del sangue depurato, purificato.

 

E quando uniamo la rosa rossa alla croce nera di legno, al legno morto che ci lascia la pianta quando muore e si dissecca, allora la corona di rose rosse attorno alla nera croce di legno può essere per noi un simbolo del trionfo della natura superiore, della natura purificata dell’uomo sulla sua natura inferiore che egli deve domare.

 

Nella croce di legno nera abbiamo l’emblema della natura inferiore dell’uomo domata

e nella rosa rossa l’emblema del sangue rosso purificato.

La rosacroce è un simbolo dell’evoluzione dell’uomo come si svolge nel mondo.

 

Con la rosacroce abbiamo davanti a noi non un concetto astratto,

bensì un emblema di qualcosa di sentito, di partecipato;

possiamo accaldarci nella nostra anima

se guardiamo all’evoluzione umana come viene rappresentata nella rosacroce.

 

Questo ci mostra che l’uomo può avere delle rappresentazioni

che non corrispondono a nulla di esteriore.

 

Chi vuole rimanere soltanto nella coscienza normale, ora direbbe: «Sei un formidabile sognatore! A che cosa serve questa rosacroce? Se non raffigurano nulla di esteriore, sono delle rappresentazioni non vere. Ti sei formato una rosacroce. Dove si trova mai questa? Dove crescono delle rose rosse su del legno secco?».

Così potrebbe dire qualcuno. Ma è proprio questo che conta, il fatto che con la nostra anima acquisiamo delle capacità che non sono già presenti nella coscienza normale.

 

Dobbiamo innalzarci ad una attività interiore in cui non ci raffiguriamo solo qualcosa di esteriore, bensì dove elaboriamo vivacemente l’elemento esteriore a rappresentazioni che stanno in un certo rapporto col mondo esteriore, tuttavia non raffigurano solo quello.

 

La rosacroce sta in un certo rapporto col mondo esteriore, ma il modo in cui sta in rapporto, noi stessi ce lo siamo costruito. Abbiamo sentito il salire dalla pianta all’uomo e l’innalzarsi dell’essere umano. Con sentimento vivace tratteggiamo la rosacroce davanti a noi nella nostra rappresentazione. In tal modo diversi simboli potrebbero essere posti davanti all’anima.