La natura dell’uomo

O.O. 9 – Teosofia (La natura dell’uomo)


 

Le seguenti parole di Goethe contrassegnano mirabilmente il punto di partenza di una delle vie che conducono a conoscere la natura dell’uomo:

«Non appena si accorge degli oggetti attorno a lui, l’uomo li considera in relazione a se stesso; e con ragione, poiché tutto il suo destino dipende dal fatto che essi gli piacciano o no, lo attraggano o lo respingano, gli giovino o gli nuocciano. Questo modo del tutto naturale di guardare e giudicare le cose sembra essere altrettanto facile quanto necessario, eppure espone l’uomo a mille errori che spesso lo umiliano e gli amareggiano la vita.

Un compito ben più difficile si assumono quelli che, mossi da un vivace impulso di conoscenza, aspirano ad osservare gli oggetti della natura in sé e nei loro reciproci rapporti, poiché ben presto lamentano la mancanza della norma che è loro di aiuto quando, come uomini, osservano le cose in relazione a se stessi. Manca loro la norma del piacere e dispiacere, dell’attrazione e repulsione, dell’utile e dannoso. A tutto ciò devono interamente rinunciare: quali esseri indifferenti e per così dire divini, devono cercare e investigare quel che è e non quel che piace.

Così, né la bellezza né l’utilità delle piante devono commuovere il vero botanico: egli ha da investigare la loro struttura, il loro rapporto col restante regno vegetale: come il sole le ha fatte spuntare e le illumina tutte, così egli le deve guardare e abbracciar tutte con sguardo equanime e tranquillo, traendo la norma delle sue cognizioni, i dati del suo giudizio non da se stesso, ma dalla cerchia delle cose osservate».

 

Questo pensiero di Goethe richiama l’attenzione dell’uomo su tre cose.

• Anzitutto sugli oggetti dei quali gli perviene di continuo notizia attraverso i sensi, e che egli tocca, odora, gusta, ode e vede.

• Secondariamente sulle impressioni che gli oggetti fanno su di lui, sul piacere e dispiacere, il desiderio o l’avversione che gli suscitano e per i quali egli giudica gli uni simpatici e gli altri antipatici, gli uni utili e gli altri dannosi.

• In terzo luogo sulle cognizioni che egli, quale «essere per così dire divino», acquista intorno alle cose, ai segreti della loro natura e della loro attività che gli si rivelano.

Nella vita umana questi tre campi si distinguono nettamente.

 

L’uomo si avvede così di essere congiunto al mondo in triplice modo.

• Il primo è prestabilito, ed egli lo accetta come un fatto.

• Col secondo fa del mondo una cosa che lo concerne, che ha importanza per lui.

• Il terzo, lo considera come una meta verso la quale deve tendere incessantemente.

 

Perché il mondo appare all’uomo in questo triplice modo?

Una semplice osservazione può mostrarlo.

 

Cammino sopra un prato fiorito. Attraverso gli occhi i fiori mi rivelano i loro colori. Questo è il fatto che accetto come dato. Godo dello splendore dei colori. Così trasformo il fatto in vicenda mia propria.

Attraverso i miei sentimenti, congiungo i fiori con la mia esistenza.

Un anno dopo torno sul medesimo prato. Ci sono altri fiori. Mi suscitano un nuovo piacere.

La gioia dell’anno precedente risorgerà come ricordo.

Essa è in me; gli oggetti che l’avevano destata non ci sono più. Ma i fiori che vedo adesso sono della medesima specie di quelli dell’anno precedente: sono cresciuti secondo le stesse leggi.

 

Se mi sono chiarito quella specie, quelle leggi, le ritrovo nei fiori di quest’anno quali le ho riconosciute in quelli dell’anno prima. E forse rifletterò: “I fiori dell’anno scorso sono scomparsi; la gioia che mi diedero è rimasta soltanto nel mio ricordo. È congiunta solo col mio essere.

Ma ciò che l’anno scorso riconobbi nei fiori e torno a riconoscere quest’anno, durerà finché ne crescano di simili. È qualcosa che mi si è rivelato, ma che non dipende dalla mia esistenza come invece ne dipende la mia gioia.

I miei sentimenti di gioia restano in me; le leggi, l’essenza delle piante rimangono fuori di me, nel mondo”.

 

L’uomo si congiunge di continuo in questo triplice modo con le cose del mondo.

Non s’introduca a tutta prima nulla in questo fatto, ma lo si accolga semplicemente, quale si offre.

Ne risulta che l’uomo ha tre aspetti della sua natura.

Questo, e null’altro, vogliamo per ora indicare con le tre parole corpo, anima e spirito.

Chi a queste parole unisca una qualsiasi opinione preconcetta, o peggio qualche ipotesi, dovrà necessariamente fraintendere quanto andremo esponendo.

 

• Con la parola corpo si intende ciò mediante cui si palesano all’uomo le cose che l’attorniano, come nell’esempio precedente i fiori del prato.

• Con la parola anima si indica ciò mediante cui egli congiunge le cose con la sua esistenza, sente in relazione ad esse piacere e dispiacere, letizia e disgusto, gioia e dolore.

• Per spirito si intende ciò che nell’uomo si rivela quando, secondo l’espressione di Goethe, guarda le cose quale «essere per così dire divino».

 

In questo senso l’uomo consiste di corpo, anima e spirito.

• Col suo corpo può mettersi in relazione momentanea con le cose.

• Con la sua anima conserva in sé le impressioni che queste fanno su di lui,

• e col suo spirito gli si rivela ciò che le cose custodiscono in se stesse.

 

Solo osservando l’uomo sotto questi tre aspetti, si può sperare di arrivare a comprenderne la natura, poiché questi tre aspetti lo mostrano imparentato in tre modi diversi col restante mondo.

 

• Attraverso il suo corpo egli è imparentato con le cose che si offrono ai suoi sensi da fuori.

Le materie del mondo esterno compongono il suo corpo; le forze del mondo esterno agiscono anche in esso.

E come per mezzo dei suoi sensi egli contempla le cose del mondo esterno, così può anche contemplare la propria esistenza corporea.

Ma è impossibile contemplare alla stessa maniera l’esistenza dell’anima.

 

Tutto quel che in me è processo corporeo, può essere percepito dai sensi corporei.

• Il mio piacere e dispiacere, la mia gioia e il mio dolore non possono esser percepiti né da me, né da altri mediante sensi corporei.

Il campo dell’anima è inaccessibile alla percezione corporea.

L’esistenza corporea dell’uomo è manifesta agli occhi di tutti, ma egli porta in sé come suo proprio mondo quella animica.

 

• Attraverso lo spirito il mondo esterno gli si rivela però in un modo superiore.

I segreti del mondo esterno si rivelano bensì nel suo intimo, ma egli esce spiritualmente fuori di se stesso e lascia le cose parlare di sé, di quel che ha importanza per esse, non per lui.

L’uomo leva lo sguardo al cielo stellato: il rapimento che la sua anima prova gli appartiene; le eterne leggi stellari che afferra nel pensiero, nello spirito,  non appartengono a lui, ma alle stelle.

 

L’uomo è in tal modo cittadino di tre mondi.

• Mediante il suo corpo egli appartiene al mondo che può anche percepire col corpo;

• mediante la sua anima si edifica il suo proprio mondo;

• mediante il suo spirito gli si rivela un mondo più elevato degli altri due.

 

Appare evidente che, per la differenza essenziale di questi tre mondi, si potrà far luce intorno ad essi e alla parte che vi ha l’uomo solo attraverso tre diversi modi d’osservazione.