La parabola del seminatore applicata all’antroposofia

O.O. 114 – Il Vangelo di Luca – 24.09.1909


 

Le piccole verità appagano il nostro bisogno di conoscenza;

le grandi verità riscaldano la nostra anima.

 

Così potremo dire: i cosmici eventi dell’evoluzione sono anche qualcosa di immensamente bello.

E se li sentiremo così in tutta la loro bellezza, in tutta la loro grandiosità,

allora questi eventi cominceranno a mettere radice in noi

e a suscitare in noi una comprensione che supera la mera comprensione teorica.

 

Come dice infatti Gesù nel vangelo di Luca?

• «Un seminatore uscì a seminare la sua semente; e, mentre seminava, parte del seme cadde lungo la strada e fu calpestato, e gli uccelli del cielo se lo beccarono; una parte cadde sulla roccia, e, appena nato, seccò perché non aveva umore; parte cadde tra le spine, e le spine, nate insieme, lo soffocarono; il resto poi cadde sul buon terreno e, cresciuto, fruttò il cento per uno» (Luca 8, 5-8).

Lo stesso è per la concezione antroposofica; anche ad essa possiamo applicare ciò che il Cristo Gesù disse ai suoi discepoli, per spiegare la parabola del seminatore.

 

Il seminatore è il regno degli dèi, è il regno dei cieli, è il regno dello spirito. Il regno dello spirito deve penetrare come un seme nelle anime umane, deve diventare attivo sulla Terra. Vi sono uomini che hanno in sé soltanto forze dell’anima atte a respingere la concezione spirituale del mondo, a respingere il regno delle entità divino-spirituali. E allora il seme viene divorato dagli avversari dentro l’anima umana; viene subito respinto, prima ancora di potere in qualche modo germogliare. Ciò vale per molti, sia per quanto concerne le parole del Cristo Gesù, sia per quanto concerne ciò che l’antroposofia ha da portare nel mondo. Essa viene respinta; gli uccelli, per così dire, la divorano, e non la lasciano nemmeno penetrare nel terreno.

 

Può accadere poi, sia per la parola del Cristo Gesù, sia per la parola della sapienza spirituale, che le verità antroposofiche vengano sì rivelate a un’anima, ma che questa non sia abbastanza profonda per assimilarle. Essa è forse sufficientemente preparata per comprenderne la plausibilità, ma non abbastanza per congiungerle con la propria sostanza, con la propria natura. Forse quell’anima sarà in grado di trasmettere ad altri quelle verità, ma non le ha assimilate in modo da immedesimarsi con esse: allora la semente è caduta sulla roccia, e non può germogliare.

 

La terza semente poi è caduta nel cespuglio di spine; ivi germoglia sì, ma non può crescere. Ciò significa, dice il Cristo Gesù, che vi sono uomini la cui anima è talmente riempita dalle cure e dagli interessi della vita quotidiana, che, pur essendo in grado di comprendere la parola della verità spirituale, questa vi resta soffocata dagli interessi materiali, come da un cespuglio di spine. Anche oggi vi sono anime, e sono molto numerose, che elaborerebbero volentieri in sé le verità della scienza dello spirito, ma la vita esteriore le afferra e le assorbe continuamente.

 

Solo pochi sono in grado di sviluppare liberamente le verità spirituali, come si sviluppa il quarto seme della parabola. Questi sono coloro che cominciano a sentire l’antroposofia come una verità vivente, che l’accolgono nell’anima come un elemento vitale, e vivono interamente in essa. Sono questi pochi a preparare l’azione delle verità spirituali per l’avvenire.

 

Nessuno che non abbia la convinzione dell’autenticità e dell’efficienza della saggezza spirituale,

potrà mai venirne persuaso da fuori, se non lo è per propria forza interiore.

 

Infatti, è forse una prova contro l’efficienza della saggezza spirituale se oggi essa non può ancora agire fisicamente su molti uomini? Al contrario, si potrebbe dire: è prova della sanità della saggezza spirituale il fatto che spesso essa agisca negativamente sui corpi fisici massicci nei quali s’imbatte.

 

Se un uomo fisicamente debole, nato in città e abituato fin da bambino a respirare l’aria della città, – il che ha indebolito appunto la sua salute – non risana quando viene portato all’aria vivificatrice e vibrante della montagna, ma anzi forse ammala più gravemente, ciò non costituisce una prova contro la salubrità dell’aria di montagna.

 

Così non costituisce una prova contro l’efficienza delle verità spirituali che esse, penetrando in certi organismi umani, vi possano portare del danno, sia pur transitoriamente. Queste verità infatti, penetrando in quanto si è accumulato per eredità nei corpi umani ormai da secoli e millenni, non vi trovano se non ciò che ad esse non è adatto.

 

Sotto questo riguardo non possiamo cercare prove nel mondo esterno; dobbiamo penetrare noi stessi in quelle verità e convincerci noi stessi della loro potente azione. Per quanto si possano trovare nel mondo esterno indizi e prove, dobbiamo noi stessi immergerci in quelle verità da dentro, dobbiamo noi stessi persuaderci della loro azione e dirci: se queste verità antroposofiche esercitano talvolta un effetto troppo energico, ciò avviene perché la gente che le riceve è in condizione malsana.

La sapienza spirituale è sana, ma non sempre è sana la gente.

 

È comprensibile perciò che oggi non venga ancora rivelata tutta la saggezza spirituale destinata all’umanità per l’avvenire. Si deve provvedere affinché non ne nascano dei danni: non si mandano ad un tratto i bambini residenti in città all’aria di montagna, troppo vibrata per loro. Potrà perciò essere comunicato agli uomini solo quel tanto che la media di loro potrà sopportare.

 

Se le conoscenze spirituali fossero rivelate interamente,

taluni, dotati di organismi deboli, ne resterebbero spezzati,

come la malferma salute può venir danneggiata dall’aria di montagna.

Solo a poco a poco le grandi verità potranno essere rivelate all’umanità;

ma quando questa rivelazione avverrà,

produrrà un grande risanamento nelle condizioni dell’umanità.

 

Tutto quanto abbiamo detto ora è connesso col movimento scientifico-spirituale.

Gli uomini devono lentamente riconquistare ciò che hanno dovuto perdere:

la signoria dell’anima e dello spirito sulla materia.