La percezione eterica e astrale nell’evoluzione temporale

O.O. 234 – Antroposofia – Alcuni aspetti della vita soprasensibile – 20.01.1924


 

Ieri ho indicato come l’uomo possa considerare se stesso da due lati

e come secondo questi due lati si accostino all’uomo gli enigmi dell’universo e dell’uomo.

 

Se torniamo ad osservare quel che ieri ci è risultato, vediamo da un lato ciò che a tutta prima si presta ad essere percepito nel medesimo modo che si applica al mondo fisico esterno: vediamo cioè il corpo fisico umano.

Per questo lo chiamiamo corpo fisico, perché è presente ai nostri sensi fisici come il mondo fisico esterno.

 

Ma dobbiamo nello stesso tempo constatare l’enorme divario tra il corpo umano fisico e il mondo fisico esterno, in quanto abbiamo osservato ieri che nell’attimo in cui l’uomo che ha oltrepassato la porta della morte deve consegnare il corpo fisico agli elementi del mondo fisico esterno, in quell’attimo questo corpo fisico viene annientato dalla natura esterna.

 

La natura esterna non trae dunque dalle proprie forze costruttive, ma dalle proprie forze distruttrici i mezzi con cui trattare il corpo fisico umano; dobbiamo perciò cercare assolutamente fuori del mondo fisico ciò che dà al corpo fisico umano la sua forma dalla nascita, o dal concepimento, fino alla morte.

Dobbiamo parlare di un mondo affatto diverso che costruisce questo corpo umano fisico, perché la natura esterna fisica non lo può costruire, lo può solo annientare.

 

Ma dall’altro lato vi sono due cose che pongono questo corpo umano fisico in un rapporto molto stretto con la natura: per prima cosa, questo corpo umano fisico abbisogna di sostanze per la propria costruzione, onde servirsene come materiali da costruzione, per quanto questa sia una espressione impropria; egli ha bisogno delle sostanze della natura esterna, o per lo meno possiamo dire che egli ha bisogno di assumere le sostanze della natura esterna.

 

Tuttavia se osserviamo ciò che il nostro corpo fisico manifesta esternamente, sia le molteplici escrezioni, sia l’intero corpo fisico umano come ci si presenta, cadavere, dopo la morte, troviamo sempre le sostanze del mondo fisico esterno. Dobbiamo perciò ammettere che, quali che siano i processi che si svolgono in questo essere umano, il principio e la fine dei processi interni, degli avvenimenti interni, sono apparentati al mondo fisico esterno.

 

Ma la scienza materialistica deduce dai fatti accennati una conclusione assolutamente illecita.

Quando noi vediamo che l’uomo, mangiando e bevendo o respirando, assume le sostanze del mondo fisico esterno e che, nell’espirare, negli escrementi o nel morire restituisce al mondo esterno delle sostanze che come tali corrispondono a quelle del mondo esterno, ci è lecito dedurre che si tratta di un principio e di un termine, ma quanto avviene in mezzo, dentro nel corpo fisico umano, non è con ciò ancora risolto.

 

Spesso con leggerezza si parla del sangue che l’uomo porta in sé, ma è mai riuscito un uomo ad esaminare questo sangue nello stesso organismo umano vivente?

Ciò non è possibile con i mezzi fisici. Cosicché non si può senz’altro trarre la conclusione materialistica che ciò che entra nel corpo e ciò che ne esce sia contenuto anche nell’interno dell’organismo umano.

 

Ad ogni modo vediamo che, quando avviene l’introduzione di sostanze fisiche esterne, per esempio nella bocca, interviene subito una trasformazione. Non appena abbiamo introdotto un granellino di sale in bocca esso deve sciogliersi: interviene immediatamente una trasformazione.

 

Il corpo fisico umano non è nel suo interno eguale alla natura esterna,

esso trasforma ciò che assorbe e lo ritrasforma quando lo restituisce;

cosicché ci resta da esaminare, nell’organismo fisico umano,

qualcosa che all’inizio, nell’atto dell’assorbimento delle sostanze fisiche,

è simile alla natura esterna, e lo è pure al momento della eliminazione.

 

Nell’intervallo sta ciò che deve essere riconosciuto proprio soltanto nell’essere umano.

 

Rappresentatevi ora quanto ho detto.

• Noi abbiamo ciò che l’organismo fisico umano ingerisce

e abbiamo ciò che esso espelle, anche quando espelle l’intero suo corpo;

• in mezzo stanno, nell’organismo umano,

i processi correnti tra l’ingestione e l’eliminazione.

 

Non possiamo dire proprio nulla, riguardo al rapporto dell’uomo con la natura esterna,

da ciò che l’organismo umano fisico ingerisce.

Poiché si deve notare che, seppure la natura fisica esterna annienta il cadavere dell’uomo,

disciogliendolo e polverizzandolo, egli rende la partita alla natura in rapporto al proprio organismo;

infatti, egli pure dissolve ciò che riceve dalla natura esterna.

 

• Quindi, se vogliamo prendere l’avvio per la nostra ricerca

dagli organi coi quali l’uomo accoglie la natura fisica,

non arriviamo ad appurare alcun rapporto dell’uomo con la natura fisica esterna,

perché quegli organi annientano la natura esterna.

 

• Perveniamo ad un rapporto dell’uomo con la natura esterna solo se ci volgiamo a quanto l’uomo elimina.

In rapporto alla forma che l’uomo imprime alla vita fisica, la natura è una distruttrice;

ma tenuto conto di quanto egli elimina, essa raccoglie ciò che l’organismo umano le consegna.

 

Cosicché l’organismo fisico umano diventa alla sua fine

del tutto dissimile da se stesso, ma assai simile alla natura esterna.

L’organismo umano fisico si fa simile alla natura esterna nell’atto di eliminare.

 

Riflettendo su ciò, verrete a dirvi che là fuori nella natura ci sono le sostanze dei diversi regni naturali, le quali sono, è vero, divenute quello che oggi sono, ma di certo non sono sempre state così.

Anche la scienza fisica ammette che se si ripercorre il succedersi delle epoche e si considerano gli stati della materia terrestre, li si trova del tutto diversi da oggi; quindi quello che ci circonda fuori, nei regni della natura, è solo divenuto quello che oggi è.

 

Se si considera ora il corpo fisico umano, si deve affermare che il corpo fisico umano annienta ciò che ingerisce, ovvero lo trasforma (e giungeremo poi a dire che in verità egli lo annienta, ma diciamo per ora che lo trasforma); in ogni modo lo deve portare ad uno stato dal quale lo possa poi far proseguire fino a giungere all’attuale natura fisica.

 

Vale a dire, se pensate da un lato ad un inizio, in qualche luogo nell’organismo umano, dove le sostanze cominciano a svilupparsi verso l’eliminazione, e poi pensate alla Terra, ebbene la Terra deve in un tempo assai lungo risalire, in qualche modo e in qualche luogo, ad una condizione nella quale già si trovò una volta e nella quale si trova oggi l’interno dell’organismo fisico umano.

 

• Dovete convenire che la Terra intera si è dovuta trovare in qualche luogo nel passato in una condizione in cui si trova oggi qualcosa nell’interno dell’uomo. E nel corto lasso di tempo in cui nell’organismo umano ogni tessuto organico si trasforma in escremento, in questo breve periodo di tempo, i processi interni dell’organismo umano ripetono ciò che in lunghissime epoche è stato compiuto dalla Terra.

 

Guardiamo perciò la natura esterna e diciamo:

• quanto oggi è natura esterna era un tempo assai diverso, ma se consideriamo lo stato in cui si trovò un tempo la natura esterna e vogliamo trovare qualcosa di simile, dobbiamo guardare dentro il nostro organismo.

Vi si trova ancora la Terra al suo principio.

 

Ogni qual volta noi mangiamo, la materia del cibo perviene, per via della trasformazione che subisce, a quello stato in cui era un tempo la Terra intera; la Terra si è sviluppata oltre, per diventare come è oggi, nel corso di lunghissimi periodi di tempo.

Nell’uomo abbiamo questo sviluppo nella condizione degli alimenti da lui ingeriti che si evolvono fino all’eliminazione.

In questo processo di breve durata si ripete l’intera evoluzione terrestre.

 

Vedete, si può osservare il punto in cui sorge il Sole all’equinozio di primavera: esso si sposta, procede. In antichi tempi, per esempio nell’epoca egizia, si trovava nella costellazione del Toro, dalla quale è poi progredito, ha attraversato quella dell’Ariete e si trova oggi in quella dei Pesci. Questo punto equinoziale procede percorrendo un’orbita e deve dopo un certo tempo ritornare.

• Il punto in cui sorge il Sole a primavera percorre un’orbita celeste in 25.920 anni.

Il Sole stesso percorre quest’orbita ogni giorno: sorge e tramonta seguendo lo stesso percorso sul quale si sposta il punto equinoziale di primavera.

 

Consideriamo ora il lungo periodo di tempo di 25.920 anni della rivoluzione del punto equinoziale e consideriamo il breve periodo dal sorgere del Sole fino al tramonto, e poi fino a quando si ritorna al momento del sorgere, il periodo di 24 ore: qui il Sole percorre la medesima orbita in breve tempo.

 

Così fa pure l’organismo umano: nel corso di lunghissimi anni la Terra si è formata da sostanze simili a quelle che portiamo in noi quando abbiamo raggiunto un certo grado di digestione, esattamente a metà strada tra l’ingestione e l’eliminazione,  quando l’ingestione trapassa nell’eliminazione: allora abbiamo in noi la Terra al suo principio.

In breve tempo la portiamo all’eliminazione.

E qui siamo simili alla Terra attuale, qui le sostanze, nella stessa forma come sono oggi, vengono consegnate alla Terra.

 

Col nostro processo nutritivo compiamo nel corpo fisico un’azione paragonabile a quella del Sole nella sua rivoluzione quotidiana, nei confronti di quella del punto equinoziale di primavera.

Possiamo quindi guardare fuori nella sfera terrestre fisica e dire che oggi questa sfera terrestre fisica è giunta a sottostare a leggi che dissolvono la forma del nostro organismo fisico.

 

• Ma questa Terra deve essere stata una volta in una condizione nella quale su di lei agivano leggi come quelle che oggi portano il nostro organismo fisico a quel punto in cui si trovano gli alimenti, quando sono a metà strada tra l’ingestione e l’eliminazione.

Vale a dire che portiamo in noi le leggi della Terra al suo principio.

Noi ripetiamo ciò che vi fu una volta sulla Terra.

 

Allora possiamo dire: se guardiamo al nostro organismo fisico nella sua funzione di ingestione di sostanze esterne e poi di eliminazione delle stesse, di nuovo in forma di sostanze esterne, constatiamo che questo organismo fisico è appunto predisposto, in un certo senso, all’ingestione e all’eliminazione delle sostanze come esse sono oggi, ma, nel suo interno, esso porta invece qualcosa che era bensì presente nel principio della Terra, ma che la Terra stessa oggi non ha più, che oggi è scomparso in lei, perché la Terra possiede i prodotti finali, non quelli iniziali.

 

Portiamo cioè in noi qualcosa che dobbiamo cercare nella costituzione della Terra in tempi molto, molto remoti;

e quanto così portiamo in noi, che la Terra nel suo complesso non ha più,

è proprio quello che pone l’uomo al di sopra dell’esistenza fisica terrena,

ciò che lo porta a dire: ho conservato in me il principio della Terra,

porto sempre in me, in quanto penetro attraverso la nascita nell’esistenza fisica,

qualcosa che la Terra oggi non possiede, ma che essa ha posseduto milioni di anni fa.

 

Da questo potete vedere che, quando chiamiamo l’uomo un piccolo mondo, non ci possiamo riferire a come è oggi il mondo circostante, bensì dobbiamo, per la comprensione dell’uomo, retrocedere nelle epoche evolutive oltre l’attuale condizione, fino a considerare condizioni terrestri antichissime.

 

• Quello che è ancora presente nell’uomo in questo modo, e che la Terra non possiede più, può tuttavia essere oggetto dell’osservazione umana, e ciò può avvenire in quanto l’uomo raggiunge quella condizione che si può chiamare la meditazione.