La quadruplice entità umana – II

O.O. 206 – Il divenire dell’uomo, l’anima e lo spirito del mondo – 13.08.1921


 

Oggetto delle nostre considerazioni di ieri è stato il modo di funzionare dell’uomo nelle sue diverse parti costitutive, il corpo fisico, il corpo eterico, il corpo astrale e il portatore dell’Io, e nel far ciò abbiamo gettato uno sguardo retrospettivo su ciò che, riversandosi dall’anima umana, effettivamente si svolge in queste parti costitutive.

 

Avete visto che abbiamo dovuto, da un lato, porre un accento particolare sull’osservazione della percezione sensoria e sul modo in cui l’uomo vive in questa percezione sensoria conformemente al proprio Io, e dall’altro, che il ricordare ci ha accostati maggiormente all’interiorità stessa dell’uomo.

 

Ci troviamo qui in presenza di qualcosa che deve essere esaminato con precisione, ed io devo fin da oggi pretendere che mi seguiate in regioni forse più difficili da comprendere, perché solo attraverso questa comprensione è possibile capire sul serio ciò che è effettivamente connesso con l’essere dell’uomo.

 

Poniamoci ancora una volta davanti all’anima qualcosa di ciò che è stato detto ieri.

Per la coscienza abituale l’Io vive nella percezione dei sensi.

Fin dove arrivano le nostre percezioni sensorie,

fin lì arriva in un primo momento questa coscienza dell’Io abituale.

 

• Non dico l’Io, dico la coscienza dell’Io.

• E a quanto sperimentiamo come Io e percezione sensoria annodiamo le nostre esperienze del rappresentare.

• Con questo sperimentare nella rappresentazione viviamo nel nostro corpo astrale.

• Poniamoci ancora una volta la cosa dinanzi agli occhi in maniera schematica.

 

                                                                                                  

 

• Nella regione della coscienza abbiamo la percezione sensoria;

in questa percezione sensoria abbiamo quindi attivato l’Io,

• abbiamo poi in un certo qual modo esteso questa attività al nostro corpo astrale,

in cui sperimentiamo le rappresentazioni.

• Abbiamo poi visto: dall’attività del nostro corpo eterico ci vengono i ricordi.

• E nel corpo fisico si formano, questo ho detto ieri, tutte le immagini.

 

Ora si tratta di questo,

di cercare di portare a coscienza qualcosa che può esserlo con una osservazione interiore già più sottile.

• Se in qualche modo gettate lo sguardo spirituale sul campo delle percezioni sensorie

e vi compenetrate col fatto che in quelle si dispiega la coscienza dell’Io, allora vi direte:

• «Per quanto riguarda le percezioni sensorie veniamo stimolati da fuori».

 

Perciò, se vogliamo disegnare schematicamente il rapporto dell’uomo con le proprie

percezioni sensorie, dovrò disegnare effettivamente in modo tale che io possa dire:

•«Le percezioni sensorie vengono stimolate dal mondo esterno (vedi disegno, blu),

ma dentro a queste percezioni che vengono lì suscitate vive l’Io (arancione)».

Pertanto è del tutto assodato che propriamente non dovremmo dire:

• “Il nostro Io è dentro di noi in quanto ne diveniamo coscienti”, ma:

• “Ne riceviamo certezza dall’esterno”.

 

• Proprio come riceviamo in noi dall’esterno le esperienze sensibili, così apprendiamo dall’esterno l’Io stesso.

• È quindi una vera e propria illusione dire questo, che il nostro Io è dentro di noi.

Noi respiriamo in un certo senso, se mi è concesso esprimermi in questo modo,

con le percezioni dei sensi

– se ci immaginiamo l’afferrare queste percezioni sensorie come un respirare più sottile –

inspiriamo l’Io insieme a queste percezioni sensorie.

 

Cosicché fin da ora dobbiamo dire:

• “Questo Io vive veramente nel mondo esterno e ci riempie delle percezioni sensorie, e continua a farlo,

mentre a queste percezioni sensorie (arancione), che si spingono fino al corpo astrale,

si aggregano ora le rappresentazioni (giallo).

Vedete allora:

• se volete rappresentarvi nel modo giusto questo rapporto dell’Io

con ciò che comunemente chiamiamo uomo e che riteniamo confinato entro i limiti della nostra pelle,

allora dovrete effettivamente rappresentarvi

– se qui disegno l’occhio quale rappresentante delle percezioni dei sensi –

che l’Io non è nell’interiorità, ma che l’Io vive qui fuori e preme verso l’interno attraverso i sensi.

 

                                                                                                  

 

Di solito ci abbandoniamo all’illusione

che il nostro Io si trovi all’interno di ciò che chiamiamo il nostro organismo fisico.

Ma, per essere esatti, l’Io è posto nel mondo esterno in relazione con questo organismo fisico,

ed è come se allungasse i suoi tentacoli verso l’interno,

prima di tutto nel rappresentare, verso il corpo astrale o fino al corpo astrale.

 

Osserviamo ora in modo un po’ più preciso il mondo dei ricordi.

I ricordi vengono spinti verso l’alto da ciò che chiamiamo la nostra interiorità.

• E per il fatto che vengono mossi verso l’alto, indicano prima di tutto un’attività del corpo eterico,

la quale a sua volta stimola rappresentazioni nel corpo astrale;

ma qui arrivano capovolte (vedi disegno 1 – frecce).

• Ma, da ultimo, devono scaturire da ciò che sono le immagini nel corpo fisico.

 

• A questo punto notate dunque come, partendo dal corpo fisico,

al corpo eterico fluisca l’eccitazione che è a base del ricordo, e poiché lì dentro c’è l’Io, l’Io è anche qui.

• Dovrò quindi disegnare la cosa in modo che io possa pensare schematicamente l’Io non soltanto qui fuori,

ma che l’Io sia appunto anche nel corpo fisico (rossastro) e dal corpo fisico vengano stimolati i ricordi ( verde),

che poi si trasformano in rappresentazioni (giallo, per tutti questi colori vedi disegno 1 ).

 

                                                                                             

 

Vedete allora, non posso fare assolutamente a meno dello schema che ho disegnato.

Avrei dovuto fare un disegno diverso.

Dovrei dire: Io, corpo astrale, corpo eterico, corpo fisico (dall’alto verso il basso nel disegno qui sopra).

Se prendo in considerazione il ricordo, allora

dovrei inserire ugualmente nel corpo fisico ciò che là sopra appare quale Io.

 

Esso è allo stesso tempo scisso in se stesso, e dall’altro lato riempie anche il corpo fisico.

Vedete: mediante una conoscenza minuziosa di ciò che avviene nell’uomo,

è possibile crearsi una rappresentazione dell’inserimento di questo Io,

di come esso da un lato sia nel mondo esterno, dall’altro nell’interiorità.

 

E ora considerate il fatto seguente.

Immaginate un po’ di incontrare un uomo per la strada: ora avete la percezione sensibile dell’uomo.

 

                                                                                               

 

Il vostro Io è lì dentro, ma allo stesso tempo dal vostro intimo affiora il ricordo: riconoscete l’uomo. Da una parte c’è il ricordo che viene da dentro, e dall’altra ci sono le percezioni sensibili che vengono da fuori. Si afferrano reciprocamente.

 

Questo fenomeno dell’afferrarsi in modo reciproco era già noto agli antichi ricercatori spirituali istintivamente dotati. Lo ricaviamo di nuovo dall’insieme dei fatti. E quanto ora io vi espongo accostando di nuovo i fatti era noto agli antichi ricercatori spirituali, i quali erano soliti rappresentare tali cose in immagini e hanno disegnato ciò che proprio adesso vi dicevo, questo esserci dell’Io, questo suo incontrarsi con ciò che viene dall’esterno, come il serpente che si morde la coda.

• Come l’uomo sia in relazione col mondo esterno, lo si rappresentava come il serpente che si morde la coda.

 

Quando si hanno davanti a sé raffigurazioni del passato scaturite da visioni istintive, si può sovente riconoscere come in tali visioni si nascondano conoscenze profonde. Arrivano poi gli astrattisti e spiegano le cose diversamente. In questo modo si banalizza a volte ciò che è terribilmente spirituale; non serve a nulla tradurlo in simboli e spiegarlo, perché, malgrado ciò, non si è capaci di comprendere i fatti sofisticando con l’intelletto, mentre, come stiano veramente le cose, lo si può scoprire soltanto se si risale di nuovo alle sorgenti stesse.

 

Vogliamo però raffigurarci ancora con un’altra immagine ciò di cui propriamente si tratta. Pensiamo a questo Io umano, a come esso sia presente nel percepire sensibile e nel rappresentare che a questo si unisce. Qui le cose stanno in modo che veramente viviamo in un’illusione, che si è creata nel modo seguente.

 

 

Immaginate dunque di avere uno specchio e di vedervi in questo specchio e di non avere mai – oso supporre soltanto in via ipotetica – avuto occasione di conseguire alcun’altra conoscenza se non quella derivante dal fatto che vi siete sempre visti allo specchio, e che ciò abbia portato al fatto che vi scambiate per l’immagine dello specchio.

 

L’immagine dello specchio va e viene. Ora, diciamo, voi non vi percepite dentro la vostra pelle, ma vedete l’immagine che appare e scompare, e allora pensate: “quello sono io” – e dite sempre: “quello sono io”. In realtà state guardando la vostra immagine, ma la scambiate per voi stessi.

 

Vedete, in realtà è questo che fa l’uomo. In effetti l’Io è come una corrente, che apporta al corpo lo stimolo dei sensi. Il corpo la rifrange, prima di tutto quella parte in cui si trova l’Io vero e proprio. L’Io è proprio qui, ma è anche nel mondo esterno. Ed è perfino nel corpo fisico, ma a voi arriva riflesso.

L’uomo non percepisce il proprio Io reale, ma il suo riflesso.

 

E mentre ha la sensazione: “si tratta di immagini speculari”, già ne percepisce il riflesso.

Ho esposto tutto questo in maniera più dettagliata nel libro Enigmi dell’anima.

A questo punto anche le rappresentazioni sono immagini speculari, sono i riflessi delle esperienze nel mondo.

 

L’Io vive infatti nel mondo esterno e sperimenta se stesso nella coscienza,

mentre ciò che come Io incosciente provoca nel corpo gli viene rifranto.

Ossia, quando consideriamo le percezioni sensorie e la rappresentazione.

Diversamente invero stanno le cose quando si forma il ricordo.

Ora in realtà ci troviamo qui sotto, nelle immagini formatesi con dentro il nostro Io.

Qui agisce qualcosa di altamente incosciente.

 

Riflettete soltanto su quanto sia difficile fare affiorare i ricordi,

su quanto poco possiate fare a questo riguardo con la piena coscienza dell’intelletto.

Qui agisce qualcosa di incosciente.

Nei ricordi agisce infatti – e potete sentirlo – una realtà. Qui le cose stanno diversamente.

In effetti qui non scambiate più per il vostro Io ciò che vedete, poiché in questa attività vi ci sentite dentro.

 

Ma la cosa rimane ugualmente molto oscura; come ho già ricordato più di una volta, quest’io rimane interiormente attivo, ma come un sogno o perfino qualcosa che dorme: perché in esso agisce la volontà. E nel ricordare è essenzialmente la volontà che opera. Lì dentro opera una volontà singolarmente fluttuante e mutevole.

 

E se vogliamo usare un’immagine, possiamo dire: immaginiamo di guardare spiritualmente col nostro Io in quella direzione in questo modo. Quando abbiamo questo percepire e rappresentare, guardiamo in quest’alto, in quest’altro modo. Quando formiamo dei ricordi e tutto ciò che vi appartiene, allora facciamo una specie di giravolta animica.

 

In effetti questo concetto della giravolta animica, quando avanziamo dalla percezione sensoria al ricordo, è un concetto importante: girarsi animicamente su se stessi. Perché, se vi immaginate questa giravolta animica, avete proprio il concetto di mobilità interiore.

 

Non potete più coricare semplicemente uno accanto all’altro l’Io, il corpo astrale, il corpo eterico e il corpo fisico. È comodo (fare così), quando si espone antroposofia a gruppi di antroposofi, e questi vogliono ricevere rappresentazioni del tutto tranquillizzanti, scorrevoli, con le quali, dovendo accoglierle, ci si metta a sedere comodamente in poltrona.

 

Ma nella realtà le cose non stanno così. Nella realtà si tratta di qualcos’altro, cioè del fatto che, se ci avviciniamo all’entità umana, volendo cogliere la vita dell’anima, dobbiamo contemplare un continuo voltarsi e girarsi di tutto l’uomo interiore, quindi del vero uomo. L’Io sta così, e stando così, manda dentro i suoi raggi servendosi delle percezioni sensibili; stando così (voltato), irraggia verso l’alto dal corpo fisico. Qui bisogna dare mobilità ai concetti.

 

 

Abbiamo a che fare con qualcosa che vi mostra appunto la necessità di arrivare alla mobilità, a concetti interiormente viventi, se vogliamo afferrare l’uomo. Perché è sufficiente che riflettiate sul nostro modo di essere nella nostra vita animica abituale! Basta che pensiate soltanto a un frammento piccolissimo della vostra vita quotidiana, e nel mondo esterno voi ci vedrete questo, mentre un altro ci vedrà quello. Tutto è mondo dei sensi, che si fa strada in noi come mondo della rappresentazione; qui affiorano tutti i ricordi possibili. E ora potete rappresentarvi soltanto, mentre avete le percezioni sensorie e per così dire guardate animicamente in una direzione, che, quando ci sono i ricordi, stiate guardando nell’altra. Ma, per il fatto che le cose si mescolano in continuazione, dovete immaginare che dentro di sé l’anima sia sottoposta ad un continuo movimento a vortice.

 

Ecco qual è l’immagine che bisogna crearsi: l’anima che si muove in se stessa come un vortice.

D’altronde è ciò che ci si offre allo sguardo.

 

Perciò nei miei libri ho accennato e non mi sono mai stancato di sottolineare: chi vuoi fare un disegno adeguato a ciò che realmente corrisponde agli arti superiori della natura umana, si trova nella stessa situazione di un pittore che voglia dipingere un lampo.

Lo stesso limite che incontriamo nel voler dipingere il lampo qual esso è nella realtà, lo incontriamo nel voler raffigurare i membri superiori. Già il corpo eterico non può essere dipinto così com’è realmente.

Si può rappresentare la cosa schematicamente, ma non la si può dipingere veramente, perché in realtà lì non c’è proprio nulla di fermo.

 

Vedete, ricordo ed impressioni del mondo esterno si incontrano, come dicevo. Abbiamo qui a che fare con qualcosa che dovrebbe essere veramente compreso con la massima esattezza. Se considerate il corpo fisico dell’uomo come tale, allora in questo c’è l’Io per la funzione del ricordare. Ma l’Io è anche nel mondo esterno. In tutto ciò che è alla base delle percezioni sensorie c’è dunque propriamente l’Io. Ma questo è anche nel corpo fisico dell’uomo.

 

Vedete, se esaminate ogni tipo di filosofia di questi ultimi tempi – e questi ultimi tempi durano ormai da molto – troverete che si parla molto di soggettivo e oggettivo. Lo si può anche fare, finché si resta sul terreno del rappresentare, poiché qui uno può distinguere fra ciò che vive dentro e ciò che vive fuori di una persona. Ma se si esamina la questione più a fondo, questi concetti perdono di significato.

 

Infatti, perché mai bisogna considerare obiettivo ciò che vive dietro le percezioni sensorie e da cui l’Io si trae dentro le percezioni sensorie, per quale motivo bisogna considerarlo obiettivo? È obiettivo per la stessa ragione per cui qui è obiettivo il corpo fisico.

 

Qui non c’è alcuna differenza fra soggettivo e oggettivo:

l’Io vive tanto nel mondo esterno quanto nel proprio corpo fisico.

Qui la differenza fra soggettivo e oggettivo scompare del tutto.

 

Questa differenza fra soggettivo e oggettivo subentra solamente quando siamo qui sopra, nella rappresentazione ( vedi disegno 1 ) E perché subentra ora? Certo non per il motivo per cui ce lo si immagina di solito, ma subentra soltanto perché abbiamo a che fare con delle immagini. Quassù noi sperimentiamo soltanto immagini. Tuttavia le immagini non sono nulla di reale: nel viverle lo sentiamo. Parliamo perciò delle immagini come di qualcosa di soggettivo; dei fatti che sono a base delle immagini, come di qualcosa di oggettivo. Ma ciò non possiamo farlo con le impressioni del mondo esterno, perché gli avvenimenti in cui vive l’Io, sono qui altrettanto oggettivi quanto gli avvenimenti attraverso cui l’Io opera, allorché deposita le immagini del ricordo nel corpo fisico.

 

È tutto oggettivo e, se volete, tutto soggettivo.

Qui soggettivo e oggettivo si mescolano e si compenetrano totalmente e non sono più da distinguere. E questo è ciò che importa, poiché con questo concetto di soggettivo e oggettivo, da cui le persone sono così prese, qualche corrente filosofica si mette a fare giochi di prestigio.

 

Ora, però, alla base di tutto questo c’è ancora qualcosa di più profondo.

L’uomo vive prima di tutto nelle proprie esperienze quotidiane. In queste egli perviene a quella vita animica che si conosce dappertutto a sufficienza: Ma dietro a tutto ciò naturalmente vive tutto un altro mondo.

 

In Come si conseguono le conoscenze dei Mondi Superiori?, nella mia Scienza Occulta ho descritto il modo in cui si può penetrare in questo mondo. Ma ciò in cui penetra la ricerca spirituale naturalmente è una realtà per ogni uomo. È sempre lì, che uno lo sappia o no… Perciò, quando si parla di realtà, bisogna fare i conti con questo.

Se dunque si sviluppano quelle conoscenze che si raggiungono nella immaginazione, ispirazione, intuizione, si riesce a raggiungere ciò che è alla portata di ogni uomo, ciò che ogni uomo si porta continuamente in giro.

 

Se, come ho illustrato, si sale alla immaginazione, si avrà per prima cosa una vita animica diversa da quella che si ha nel vivere quotidiano. Attraverso l’immaginazione si conseguono al posto delle solite rappresentazioni astratte, immagini – è per questo che si è scelta l’espressione immaginazione, rappresentare immaginativo – immagini, che diventano chiaramente coscienti quali immagini. Per quanto riguarda queste immaginazioni la coscienza che si ha a che fare con delle immagini è del tutto chiara. È proprio questa la differenza fra ciò che realmente sta davanti al ricercatore spirituale e ciò che vive nei sogni o nelle allucinazioni: chi vive nei sogni o nelle allucinazioni tiene per reali le proprie immagini, il ricercatore spirituale non lo fa mai.

 

Solamente chi vuol scrivere assurde confutazioni dice che quanto capita al ricercatore dello spirito possa essere ugualmente allucinazione o sogno. Il ricercatore spirituale non scambia mai per realtà ciò che gli si presenta in immagini. Soltanto che egli ha perfettamente chiaro, in base alla natura di queste immagini, che non sono immagini inventate, non sono immagini nate dalla fantasia, ma sono immagini che alludono a realtà spirituali.

Dunque, prima di tutto, egli non scambia le proprie immagini per delle realtà, e inoltre: egli ha chiaro il fatto che queste immagini alludono a realtà spirituali.

 

Svariati sono i modi di divenire pienamente coscienti di questa capacità immaginativa da un lato e questo alludere delle immagini ad un mondo spirituale dall’altro. Se si è uomini pienamente assennati, si ha chiara coscienza di questo, cioè del fatto che siamo noi stessi ad intrecciare, noi stessi a disfare le rappresentazioni. Bisogna solo formarsi una conoscenza esatta su cose del genere.

 

Immaginate soltanto come sarebbero diverse le cose nella vostra vita animica, se voi non poteste collegare a vostro piacimento le rappresentazioni che avete, ma queste rappresentazioni si collegassero per voi l’una all’altra in maniera costrittiva. Sareste come automi.

 

• Questo essere interiormente capaci di unire, di separare le rappresentazioni,

in un certo senso cessa, quando si fa ingresso nel mondo immaginativo.

E bisogna sapere che cessa;

poiché attraverso di ciò si acquista la chiara consapevolezza del fatto che la libertà, per il valore che l’uomo le dà,

può essere sperimentata e acquisita in senso vero e proprio

soltanto in questo mondo fisico fra nascita e morte.

 

• Inoltre si riceve anche un chiaro sentimento del fatto

che non inutilmente siamo scesi dal mondo spirituale in questo mondo fisico.

• Se vivessimo soltanto nei mondi spirituali, che altrimenti sono accessibili fra morte e nuova nascita,

non potremmo mai conseguire la libertà.

Questa libertà la conseguiamo dentro il mondo fisico.

 

• Soltanto chi non tiene nel minimo conto la libertà

odia o apprezza poco questo mondo che l’uomo attraversa fra nascita e morte.

• Questa libertà sappiamo apprezzarla poi in maniera particolare se la sviluppiamo cioè come forza,

così come, ad esempio, sviluppiamo un ricordo dopo la morte.

Fra morte e nuova nascita siamo partecipi della libertà

solo in quanto proviamo dei sentimenti che ci riportano indietro alla vita terrestre.

 

Dobbiamo restare strettamente collegati alla vita terrestre

se vogliamo diventare partecipi della libertà anche fra morte e nuova nascita.

Ciò può essere sentito in maniera altrettanto giusta dal ricercatore spirituale

se acquista dimestichezza col mondo immaginativo.

 

• Se, prima di familiarizzarsi col mondo immaginativo,

non stesse in modo del tutto saldo sul terreno sul quale stiamo dentro la realtà fisica,

non entrerebbe nel mondo spirituale in condizioni sane.

Ecco perché non si sottolinea mai abbastanza la necessità di prepararsi bene nel mondo fisico,

se si vuole penetrare in quello spirituale.

 

Bisogna che si sia realmente conseguito tutto ciò che per principio si può conseguire nel mondo fisico,

vale a dire:

• il non abbandonarsi agli istinti, che denota una non-libertà;

• il non essere dipendenti da regole automatiche, dovute all’abitudine,

alle quali l’uomo si sottomette tanto volentieri.

• Bisogna che l’uomo sia realmente pervenuto alla coscienza della propria libertà,

prima che possa fare il suo ingresso nel mondo spirituale.

 

Rappresentazioni quali quelle che ho elaborato nella mia Filosofia della Libertà

l’uomo dovrebbe averle rese viventi già in se stesso, se vuole davvero conseguire l’ascesa al mondo spirituale.

Si è insistito su ciò anche in: Come si conseguono le conoscenze dei mondi superiori?

 

Dal momento che si sta parlando di immagini, di immaginazioni,

sono proprio le immaginazioni che vanno comprese come qualcosa di assolutamente soggettivo.

 

• Intendo dire: il grado di soggettività dello sperimentare nella vita immaginativa

è ancora più forte di quello della vita animica abituale di ogni giorno.

Nelle immaginazioni la vita dell’anima è più ricca, ma è uno sperimentare nelle immagini.

• Uno sa: dietro questo sperimentare in immagini c’è la vera realtà;

ma prima di tutto si ha questo sperimentare in immagini.

 

Ora, però, nelle immagini vive qualcosa che, dal nostro punto di vista, non le fa apparire tanto libere.

• Non abbiamo la possibilità di collegare e separare,

né potremmo pervenire ad una realtà, se fossimo in grado

di legare e sciogliere queste immagini della conoscenza immaginativa

nello stesso modo in cui possiamo collegare e separare ciò che sperimentiamo come rappresentazioni comuni.

 

Le rappresentazioni comuni le viviamo così: qui c’è una rappresentazione, qui c’è la seconda, qui c’è la terza rappresentazione. Le viviamo e ci formiamo dei collegamenti. Abbiamo la rappresentazione: rosa; abbiamo la rappresentazione: bella; la rappresentazione: mi piace. Costruisco il collegamento: la rosa bella mi piace. Ciò che io qui formo come collegamento è un’attività del tutto interiore, che dipende da me, e in essa sono libero. Nel mondo immaginativo non si è liberi allo stesso modo.

 

Quando avete le immagini del mondo immaginativo, non è che ora sentiate un’attività interiore per mezzo della quale potete legare e sciogliere queste immagini. Pensateci solo un po’: nemmeno ciò è possibile, perché è vero che nel mondo fisico vi sentite liberi, potete collegare e separare, ma nel mondo fisico lo fate nel modo in cui il mondo fisico lo richiede, avete quindi un principio regolatore alla base dell’unire e del dividere.

 

Un tale principio regolatore dovete averlo anche nel mondo immaginativo. Non potete portare dentro questo mondo immaginativo ciò che il mondo fisico vi ha intimato. Questo lo fanno quelli che vivono nelle nuvole, i visionari, o anche forse, nel senso migliore, gli uomini ricchi di fantasia. Questi prendono cose qualsiasi del mondo sensibile-fisico, le accostano e le separano secondo un qualsivoglia criterio basato sul gusto. Ciò può essere molto bello, ma non può accadere nella conoscenza immaginativa. Poiché vi deve essere qualcosa che giustifichi questo annodare un pezzo all’altro, questo creare collegamenti.

 

Ora, se prendete questa rappresentazione, noterete: qui si perviene a qualcosa che vive nel mondo immaginativo, che opera nel mondo immaginativo, così come altrove opera il nostro proprio intelletto, quando unisce e separa le rappresentazioni del mondo abituale. Qui si esce fuori nell’oggettivo. Si perviene (a ciò che sta) dietro a quei mondi che ci vengono dati quali percezioni dei sensi; ma si entra dentro qualcosa che qui vi unisce e separa.

Ma cos’è dunque questa cosa? Potrei dire: che sperimenta se stessa in modo tale che le immaginazioni iniziano a manifestare vita propria.

 

Qui vorrei portare un paragone: se considerate un embrione umano ad uno stadio iniziale, esso avrà una testa sommamente sviluppata, a cui si trova aggregato soltanto un abbozzo degli altri organi; ma questi ricevono in seguito una loro forma: allo stesso modo ciò che vive nel mondo immaginativo ha una crescita interiore. Qui non è possibile accostare le rappresentazioni a proprio piacimento: si producono da sole. Vive dunque dentro di esse qualcosa che si genera da sé. E gradualmente si arriva a riconoscere questo qualcosa come il mondo della terza gerarchia: Angeli, Arcangeli, Archai.

 

È un evento del tutto reale dello sperimentare umano, col quale si acquista dimestichezza. Ora ve l’ho descritto quale fatto di conoscenza, ma non è un puro e semplice fatto di conoscenza: poiché ciò che agisce in esso è ciò che vive nell’Io e nel corpo astrale.

Ora riflettete su questo: siamo bambini, poi cresciamo.

Per prima cosa, fino ai sette anni, riceviamo nell’interiorità il mondo dell’imitazione, poi, fino ai 14, 15 anni, il mondo che accettiamo perché fondato sull’autorità, e così via.

 

Se siamo capaci di osservare la vita, scopriremo quanto, naturalmente non tutto, ma quanto di ciò che in tal modo accogliamo, ossia le sensazioni che ci si accostano e che noi elaboriamo queste sensazioni in rappresentazioni, quanto di ciò che più tardi leggiamo sul volto di un uomo penetra in noi.

 

Confrontate il volto ebete di un uomo che non ha saputo accogliere nulla, che non ha saputo elaborare in vita di rappresentazione le sensazioni ricevute, col volto che parla con la fisionomia, che parla di chi da bambino è stato accostato nel modo giusto al mondo dei sensi e alla sua elaborazione attraverso il rappresentare. Si tratta infatti di qualcosa di origine spirituale che vive in noi. Da ciò veniamo proprio plasmati. È la cosa più sottile, potrei dire, che lavora in noi, e che in maniera del tutto sottile estende le sue forze fin dentro l’intero corpo fisico dell’uomo.

 

Chi sa osservare l’uomo, quegli potrà dire dal suo modo di muoversi in età più avanzata se ha avuto una fanciullezza allegra o una fanciullezza quale, a volte, si dà il caso di collegare con la classe docente del passato. Non si tratta affatto di una irrealtà, quella che dall’Io e dal corpo astrale penetra in tutto l’uomo.

 

• Il ricercatore spirituale guarda ora dentro a ciò che effettivamente vive nell’Io e nel corpo astrale,

e lo scopre attraverso il proprio mondo immaginativo: vi scopre il mondo degli Angeli, Arcangeli, Archai.

Ma questo mondo è penetrato dentro a ciò che si sviluppa nell’uomo mentre viene formato dallo spirituale-animico.

 

• Ne è formato in maniera tale che già dal principio la sua formazione è del tutto individuale:

possiamo notarla nella maniera in cui ora ho esposto questa cosa.

• Ma questa educazione è anche tale da appartenere a un gruppo di uomini, ad un popolo.

• Distinguiamo infatti ciò che cresce nell’uomo per il fatto di appartenere a un gruppo di uomini, ad un popolo,

e inoltre facciamo differenza fra un uomo moderno e un greco antico.

 

In breve, distinguiamo:

• lo sviluppo individuale dell’uomo, che dipende dalla gerarchia degli Angeli;

• lo sviluppo come popolo, lo sviluppo dei diversi gruppi di popoli, operato dalla gerarchia degli Arcangeli;

• e distinguiamo gli uomini a seconda delle diverse epoche, sulle quali agisce la gerarchia delle Archai.

 

Ciò che vi si scopre attraverso la scienza dello spirito sono delle vere e proprie realtà, che sono operanti,

• operanti negli Spiriti del Tempo (le Archai),

• operanti negli Spiriti dei Popoli,

• operanti in quegli spiriti che portano la vita del singolo

dalla coscienza fin dentro la vita della sua costituzione, del suo organismo.

 

Non è per il fatto che forse da giovani siamo stati educati ad una concezione del mondo gioiosa, per cui abbiamo acquisito una fisionomia simpatica, che possiamo dire di essere noi a crearci la fisionomia, press’a poco nel modo in cui l’orologiaio crea l’orologio: qui ci deve essere già qualcos’altro che coopera, qui coopera l’essere della gerarchia degli Angeli.

E meno che mai ci mettiamo da soli in un dato popolo e ci creiamo le varie fisionomie di popoli, così come l’orologiaio fabbrica l’orologio!

 

Vedete, qui tocchiamo delle realtà, che vengono mostrate solo come un fatto di conoscenza,

ma che sono attive nell’interiorità dell’uomo.

Per parlare come gli antichi chiaroveggenti dobbiamo dire:

• qui abbiamo l’uomo per così dire soltanto da una parte: dalla parte della testa del serpente (vedi disegno 4 ).

 

Ora vogliamo esaminare la cosa dall’altro lato.

• Dall’altro lato, veniamo alla coda del serpente,

quando ci rivolgiamo verso il mondo dei ricordi, che affiorano dal basso,

affiorano da quel punto in cui l’uomo riconosce anche questo mondo

in cui soggettivo e oggettivo perdono il loro significato.

• Infatti ciò che ivi affiora come forza del ricordo è afferrato sì dall’Io,

ma affiora da profondità sotterranee dell’essere umano.

 

Sappiamo, o almeno possiamo sapere, quanto intimamente siamo legati con la nostra essenza umana, quando dispieghiamo questa forza del ricordo. Ciò ci fa immergere ancora maggiormente in quelle profondità che nella vita abituale non raggiungiamo con il nostro sperimentare animico. Ci fa scendere proprio a quel qualcosa che in realtà siamo, ma come siamo noi, così è anche la natura esterna.

 

• C’è in noi qualcosa che è esattamente uguale alla natura esterna.

• Con ciò non abbiamo quel legame intimo che abbiamo

col mondo che comprendiamo sotto la gerarchia degli Angeli, Arcangeli, Archai.

• Lì regna qualcosa che non è affatto affine alla nostra coscienza del presente.

 

Potrei dire: non c’è che un velo sottile fra la nostra coscienza del presente e gli Angeli, Arcangeli, Archai.

• Ma ci immergiamo in un mondo che è profondamente nascosto alla coscienza abituale,

quando scendiamo in quella parte intima dell’uomo

dalla quale soltanto trae slancio luminoso verso l’alto la forza del ricordo,

che tuttavia, potrei dire, noi possiamo appena cogliere.

• Ma ciò che qui cogliamo è legato a contenuti che si trovano oltre la coscienza abituale.

 

Tuttavia noi possiamo – proprio nel modo in cui è possibile raggiungere il mondo che ho appena caratterizzato e dal quale ci separano, come una pellicina sottile, le nostre rappresentazioni – conoscere, facendo progressi nel senso della scienza dello spirito, anche quel mondo che ci viene indicato dall’altra parte: dalla parte che raggiungiamo, quando ci giriamo oppure ci volgiamo dall’altro lato del serpente.

 

Questo mondo tuttavia lo raggiungiamo soltanto quando ci innalziamo al terzo gradino della conoscenza spirituale: alla intuizione. E allora raggiungiamo quelle entità che nei miei libri vengono designate quali Cherubini, Serafini, Troni.

 

È il mondo dei Cherubini, Serafini, Troni

che sta proprio dietro a ciò che affiora splendente nella nostra anima quale attività del ricordo,

proprio come dietro le percezioni sensorie e le rappresentazioni vive il mondo degli Angeli, Arcangeli, Archai.

Di questi nessi del mondo umano che vive sotto i ricordi con queste gerarchie

e con ciò che poi sta fra le due – Dominazioni, Virtù, Potestà – di queste cose parleremo domani.