La ripetizione delle vite terrene – un limite nel passato e nel futuro

O.O. 235 – Nessi karmici Vol. I – 23.02.1924


 

Consideriamo ora per sommi capi la questione del karma.

Che cosa significa?

 

L’esistenza umana si svolge in una successione di vite terrene,

e mentre attraversiamo una di queste vite possiamo, per lo meno col pensiero, volgerci indietro

e vedere come l’attuale sia la ripetizione di un certo numero di altre che l’avevano preceduta.

 

La vita attuale fu preceduta da un’altra, questa da un’altra ancora fino a quando arriviamo a tempi per i quali non si può più parlare di ripetizione delle vite terrene nel senso odierno, perché in quel periodo remoto la vita fra nascita e morte e quella fra morte e rinascita diventano a poco a poco talmente simili che l’odierna grande differenza tra di loro non esiste più.

 

Oggi viviamo nel nostro corpo terreno fra nascita e morte

in maniera che, nello stato di coscienza ordinaria, ci sentiamo molto separati dal mondo spirituale.

• Con lo stato di coscienza usuale, si parla del mondo spirituale come dell’aldilà,

e c’è chi arriva anzi a porre in dubbio la sua esistenza, o anche a negarla del tutto.

• Ciò dipende dal fatto che la vita terrena chiude l’uomo entro i limiti del mondo sensibile esterno e dell’intelletto

che abbraccia solo quanto è direttamente connesso con la vita terrestre stessa.

 

Ne derivano tutte le dispute, le quali hanno in realtà sempre radice in una mancanza di conoscenza; a tutti sarà capitato di assistere a discussioni sul monismo, sul dualismo, e così via. È naturalmente assurdo un dibattito su tali luoghi comuni. Ascoltando simili dispute si ha come l’impressione di trovarsi di fronte a qualche uomo primitivo che non avesse mai ancora sentito dire che esiste l’aria. A chi sa che l’aria esiste e ne conosce le funzioni non verrà mai in mente di parlarne come di qualcosa dell’aldilà e neppure dire: io sono monista, per me aria, acqua e terra sono una cosa sola! Tu invece sei dualista perché nell’aria vedi qualcosa di separato dall’acqua e dalla Terra.

 

Tali dispute non hanno dunque senso, come in genere non ha senso discutere intorno a concetti. Quindi non ci soffermeremo su tali problemi e ci limiteremo a richiamare l’attenzione su di essi. Infatti, come per chi non la conosce, l’aria non è qui, ma appartiene a un aldilà, così il mondo spirituale, che tuttavia ci attornia come l’aria, è un aldilà per chi non lo conosce. Per chi lo conosce è invece un aldiquà.

 

Si tratta dunque semplicemente di rendersi conto che, nell’attuale periodo dell’evoluzione terrena,

l’uomo dimora tra nascita e morte nel suo corpo fisico e in tutto il complesso della sua organizzazione

con una coscienza che in certo senso lo separa da un mondo spirituale di cause che tuttavia agiscono

nella sua esistenza terrena, fisica.

 

Fra la morte e una nuova nascita egli vive poi in un altro mondo,

in un mondo che in confronto a quello fisico può essere chiamato spirituale;

in esso egli non ha più un corpo fisico percepibile ai sensi, ma vive come essere spirituale.

Il mondo in cui si vive tra nascita e morte appare allora altrettanto estraneo

quanto alla coscienza ordinaria terrena appare estraneo il mondo spirituale.

 

L’uomo disincarnato china lo sguardo verso il mondo fisico,

come l’uomo fisicamente vivo lo solleva verso i mondi spirituali; solo i sentimenti sono per così dire opposti.

• Mentre tra nascita e morte, l’uomo guarda al mondo spirituale

e vi trova un certo compenso per quanto nella vita gli è troppo scarsamente concesso oppure non lo appaga,

tra la morte e la rinascita, per l’estrema abbondanza degli eventi, sempre troppi in rapporto a quanto può sopportare,

egli prova di continuo il desiderio di tornare alla vita terrena, a quel che per lui è allora l’aldilà;

• nella seconda metà della vita fra morte e rinascita

attende poi davvero con grande desiderio di poter far ritorno alla vita terrena attraverso la nascita.

 

Mentre nell’esistenza terrena ha paura della morte perché è incerto su quanto vi sarà dopo

(nella coscienza ordinaria regna difatti grande incertezza al riguardo),

fra la morte e una nuova nascita domina una certezza stragrande sulla vita terrena,

una certezza che intontisce, che annienta addirittura.

Perciò l’uomo sperimenta allora condizioni d’impotenza, affini a quella di svenimento,

che determinano in lui la nostalgia del ritorno sulla Terra.

Questi sono soltanto alcuni accenni sulla grande differenza tra vita terrena e vita tra morte e rinascita.

 

Se però risaliamo al passato, anche solo al periodo egizio che va dal terzo al primo millennio avanti l’era cristiana,

se risaliamo cioè agli uomini che noi stessi fummo in una precedente incarnazione,

troviamo che allora la vita terrena, di fronte alla chiara coscienza odierna

(oggi veramente la coscienza è chiara in modo eccezionale, tutti sono davvero molto intelligenti, e non lo dico con ironia)

di fronte a tale chiara coscienza, nel periodo dell’antico Egitto

la vita durante l’esistenza terrena trascorreva in uno stato di coscienza più sognante,

uno stato di coscienza che non si contrapponeva così nettamente alla realtà esterna,

ma era colmo di immagini che rivelavano qualche parte della spiritualità che compenetrava il mondo.

La spiritualità penetrava ancora nell’esistenza terrena fisica.

 

A questo punto si può obiettare: se l’uomo aveva una coscienza sognante, non del tutto chiara, come potè egli eseguire i poderosi lavori che vennero compiuti ad esempio nel periodo egizio e in quello caldaico?

Basta ricordare come nei dementi, proprio in condizioni di pazzia, si verifica talvolta uno straordinario accrescimento delle loro forze fisiche, tanto da renderli capaci di sollevare pesi che in condizioni normali non avrebbero potuto portare.

In realtà la forza fisica di quegli antichi uomini che nell’aspetto erano forse più gracili degli attuali (ma non sempre chi è corpulento è forte, e chi è sottile è debole), la loro forza fisica era maggiore.

 

Essi non concentravano la loro attenzione sopra ogni atto fisico eseguito,

ma parallelamente alle azioni fisiche vivevano esperienze interiori nelle quali si manifestava ancora il mondo spirituale.

Quando quegli uomini attraversavano la vita fra morte e rinascita,

in quella vita ascendevano assai più elementi della vita terrena, se posso usare l’espressione “ascendere”.

 

Oggi è difficilissimo intendersi con chi si trova nella vita fra morte e rinascita,

perché le lingue moderne hanno a poco a poco assunto una forma che i morti non intendono più.

Dopo la morte i sostantivi, ad esempio, vengono solo percepiti come spazi vuoti.

I morti comprendono ancora solo i verbi, ciò che è mobile, attivo,

e mentre sulla Terra i materialisti insistono sempre

sull’opportunità di ben definire ogni cosa, di nettamente delimitare ogni concetto,

il defunto non conosce definizioni, perché conosce solo il movimento, non quanto è definito, delimitato.

 

Il linguaggio, che in tempi antichi viveva sulla terra come uso e consuetudine di pensiero, poteva ancora ascendere nella vita fra morte e rinascita; così molto tempo dopo avere abbandonato il piano fisico, alla persona morta perveniva ancora un’eco delle sue esperienze e anche degli eventi che si erano svolti sulla Terra dopo la sua morte.

Se poi risaliamo a epoche ancora più remote, al tempo dopo la catastrofe atlantica, otto o novemila anni prima dell’era cristiana, le differenze fra la vita sulla Terra e la vita nel cosiddetto aldilà erano ancora minori, finché retrocedendo si arriva gradatamente a epoche in cui esse scompaiono del tutto. A quel punto non possiamo più parlare di ripetute vite terrene.

 

La ripetizione delle vite terrene ha dunque un limite nel passato, e ugualmente ne avrà uno guardando avanti nel futuro.

• Quel che comincia in modo del tutto cosciente con l’antroposofia,

l’accoglimento cioè del mondo spirituale nell’ambito della coscienza ordinaria, porterà come conseguenza

che il mondo terreno penetrerà esso pure sempre più nella sfera in cui l’uomo vive tra morte e rinascita;

la coscienza non sarà però sognante, ma diventerà anzi, sempre più chiara.

 

• La differenza tra la vita terrena e quella soprasensibile diminuirà sempre più;

la ripetizione delle vite terrene sta pertanto fra due limiti oltre i quali l’esistenza umana si svolge in condizioni diverse;

non ha allora più alcun senso parlare di ripetute vite terrene,

perché appunto la differenza fra vita terrena e vita spirituale non è tanto grande quanto lo è ora.

 

Se dunque consideriamo l’attuale ampio periodo di tempo, vediamo che dietro una vita terrena ve ne sono molte altre (non innumerevoli, perché un’indagine spirituale precisa può anzi contarle), e che in quelle precedenti vite attraversammo vicende in cui furono intrecciati molteplici rapporti umani.

 

Gli effetti dei rapporti fra uomo e uomo, che si svolsero nel passato e si sperimentarono,

penetrano nell’attuale vita terrena, come gli effetti delle azioni attuali penetreranno nella vita terrena successiva.

Dobbiamo pertanto cercare in esistenze passate le cause di molte cose che si presentano ora nella nostra vita.