La scienza dello spirito e la verità sui Vangeli

O.O. 114 – Il Vangelo di Luca – 25.09.1909


 

Nell’antica civiltà ebraica, per esempio, la rivelazione del Sinai, la legge, poteva agire in virtù del fatto che l’io allora non era ancora del tutto emerso, e che al corpo astrale, l’elemento più alto che esistesse allora, veniva istillato ed impresso da fuori ciò che esso doveva fare e sentire per agire giustamente nel mondo.

 

Così la legge del Sinai era stata quasi una rivelazione, un’ultima rivelazione profetica prima che l’io fosse totalmente emerso. Emerso l’io, se null’altro fosse intervenuto, l’uomo avrebbe guardato soltanto al proprio io. L’umanità era matura appunto per lo sviluppo dell’io; ma in tal modo l’io sarebbe rimasto vuoto, avrebbe pensato solamente a se stesso e non avrebbe voluto far nulla per gli altri e per il mondo.

 

Dare un contenuto all’io, stimolarlo a poco a poco a svilupparsi

in modo da poter irradiare la forza che chiamiamo forza dell’amore,

questa fu l’azione del Cristo sulla Terra.

Senza il Cristo l’io sarebbe diventato come un recipiente vuoto;

grazie alla comparsa del Cristo, l’io è come una coppa, che va sempre più riempiendosi d’amore.

 

Perciò il Cristo potè dire a chi lo circondava: se vedete alzarsi le nuvole,

voi subito dite che tempo farà; voi giudicate il tempo dai segni esterni.

• Ma i veri segni del tempo voi non li comprendete,

perché se li comprendeste, e sapeste giudicare ciò che accade intorno a voi,

sapreste che nell’io ha da penetrare Dio, che lo pervade e lo impregna.

 

Allora non direste: per vivere ci basta ciò che ci è stato tramandato dai tempi antichi.

Ciò che proviene dal passato, infatti, ve lo dànno gli scribi e i farisei, i quali vogliono conservare tutto inalterato

e non vogliono aggiungere nulla a quanto gli uomini avevano già ricevuto prima.

• Ma questo è un lievito che non produrrà più nulla nell’evoluzione dell’umanità.

• E colui che dice di volersi fermare a Mosè e ai profeti, non intende i segni del tempo;

non sa quale rivolgimento abbia luogo ora nell’umanità (Luca 12, 54-59).

 

Questo diceva con parole molto significative il Cristo Gesù a quelli che gli stavano intorno: diceva che voler diventar cristiani o meno non dipendeva dalle preferenze dei singoli individui, ma dalle necessità del progresso. Egli voleva far comprendere, mediante parole come quelle sui segni del tempo che ci sono trasmesse dal vangelo di Luca, che non è più sufficiente l’antico lievito degli scribi e dei farisei i quali vogliono soltanto conservare il vecchio.

 

Possono crederlo sufficiente solo coloro che non sentono il dovere di giudicare secondo gli insegnamenti del Cristo, che non tengono conto dei bisogni dell’evoluzione, ma che insegnano secondo le loro preferenze. Perciò il Cristo chiamò menzogna quello che gli scribi e i farisei volevano, ossia chiamò menzogna qualcosa che non corrisponde più al momento presente dell’evoluzione. Questo è il vero significato della parola menzogna.

 

Il modo migliore per sentire tutta la forza di questo insegnamento è di riferirlo ai fatti del nostro tempo. Come dovremmo parlare oggi, se volessimo applicare al nostro tempo le parole che il Cristo Gesù disse sugli scribi e sui farisei? abbiamo forse nel nostro tempo qualcosa di analogo agli scribi?

 

Sì che lo abbiamo. Sono coloro che non vogliono procedere a una spiegazione più profonda dei Vangeli, che vogliono fermarsi soltanto a ciò che essi stessi sanno dire intorno ai Vangeli, mercé facoltà acquisite senza la scienza dello spirito. Sono coloro che non vogliono penetrare, mediante la scienza dello spirito, nelle profondità dei Vangeli. Ciò avviene in sostanza dovunque si tenti di interpretare i Vangeli, in modo più o meno evoluto, nel senso antico.

 

Acquisteremo la forza per poter interpretare i Vangeli unicamente fondandoci sulla scienza dello spirito.

Solo dalla scienza dello spirito si potrà ottenere la verità sui Vangeli.

Per questo, tutte le indagini attuali intorno ai Vangeli lasciano così sconsolato e freddo chi cerchi la verità.

 

Ma agli scribi e ai farisei si è aggiunta oggi una terza categoria di persone, quella degli scienziati. Così oggi possiamo parlare di tre categorie che aspirano ad escludere ciò che conduce alla spiritualità, che vogliono fare a meno delle facoltà che l’uomo può acquistare per giungere alle basi spirituali dei fenomeni naturali.

 

Chi volesse oggi parlare nel senso del Cristo Gesù dovrebbe colpire quelli che siedono per lo più sulle cattedre universitarie: l’interpretazione dei fenomeni naturali è nelle loro mani; ma essi rifiutano di dare spiegazioni da un punto di vista spirituale. Sono essi ad impedire il progresso dell’evoluzione; infatti il progresso dell’umanità viene impedito ovunque non si vogliano riconoscere i segni del tempo (nel senso che abbiamo detto prima).

 

Ai nostri tempi, seguire il Cristo Gesù significa trovare il coraggio di opporsi – come egli si oppose a chi voleva riconoscere soltanto Mosè e i profeti – a tutti coloro che cercano di fermare il progresso, combattendo la nuova interpretazione delle Scritture, da un lato, e delle opere della natura dall’altro.

 

A volte si tratta anche di persone di buona volontà che vorrebbero riuscire a conciliare le cose in forma vaga. Ma tutte queste persone dovrebbero sentire nel cuore le parole che il Cristo Gesù disse sugli scribi e sui farisei, secondo quanto ci narra il vangelo di Luca.

 

Fra le più belle e le più efficaci parabole del vangelo di Luca è quella chiamata di solito la «Parabola del fattore infedele» (Luca 16, 1-13). In essa è detto che un ricco aveva un fattore, il quale fu accusato dinanzi a lui di avere dissipato i suoi beni. Decise quindi di licenziarlo. Questi ne fu oltremodo costernato e disse fra sé: che cosa devo fare ora? Non posso già mantenermi lavorando la terra, perché non ne sono capace; né posso fare il mendicante, perché mi vergogno.

Allora pensò: mentre facevo il fattore, ho sempre trattato le persone con le quali venivo in contatto, pensando solamente agli interessi del mio padrone. Esse non mi amano, perché non badavo ai loro interessi; devo fare qualcosa affinché mi accolgano in casa loro ed io non perisca; farò qualcosa affinché vedano che ho della benevolenza per loro.

Allora andò da uno dei debitori del suo padrone e gli domandò: di quanto sei tu debitore? E gli cancellò la metà del suo debito. Lo stesso fece con gli altri. Così cercò di ottenere la benevolenza dei debitori, affinché, quando il suo padrone lo cacciasse via, egli potesse trovare accoglienza presso gli altri e non morire di fame.

Questo era lo scopo che si prefiggeva il fattore. Ora il Vangelo dice, forse con grande stupore di alcuni lettori: «E il Signore lodò il fattore infedele, perché aveva operato avvedutamente». (Fra coloro che oggi spiegano i Vangeli, ve ne sono anche alcuni che sono in dubbio quale «signore» sia da intendersi qui, quantunque sia detto chiaramente che fu Gesù stesso a lodare il fattore per la sua accortezza). Il Vangelo poi continua: «Giacché i figlioli di questo secolo sono, nella loro generazione, più accorti dei figlioli della luce». Così sta scritto in molte traduzioni del Vangelo.

 

Vien fatto di chiederci se mai qualcuno abbia riflettuto che cosa possa voler dire che i figlioli di questo secolo sono più accorti dei figlioli della luce, nella loro generazione. «Nella loro generazione» sta scritto in molte traduzioni del Vangelo. Ma se si traducesse il testo greco correttamente, la versione giusta sarebbe questa: «giacché i figlioli di questo secolo sono, nel loro genere, più accorti dei figlioli della luce». Ciò significa che, nel loro genere, i figlioli del mondo sono più prudenti dei figlioli della luce. Il Cristo intendeva dire che essi sono più avveduti, per il loro modo di comprendere.

 

Coloro che da secoli hanno tradotto questo passo hanno semplicemente scambiato la parola genere con la parola generazione, che anche in greco è molto simile alla prima; hanno dunque scambiato queste due parole, perché in certi casi la seconda veniva adoperata nel senso della prima.

 

Ma vien fatto di domandarci: è mai possibile che per secoli un errore simile si sia trascinato, e che oggi vi siano dei nuovi traduttori del Vangelo, molto lodati oltretutto per la premura che si sono dati nel ristabilire il testo corretto, i quali ricadono ancora nello stesso errore? Tale, per esempio, è il caso del Weizsàcker. È strano, ma si direbbe che gli uomini, quando si accingono a ristabilire la vera forma dei testi evangelici, disimparino perfino le nozioni scolastiche più elementari.

 

La scienza dello spirito ha per compito di restituire al mondo i documenti evangelici quali sono realmente. Infatti, il mondo oggi non possiede i Vangeli; e non può perciò farsene alcuna idea. Si potrebbe persino chiedersi se quelli che abbiamo oggi siano proprio i veri Vangeli. No, nelle loro parti essenziali non lo sono. Lo mostrerò con maggiori particolari.

Che cosa si vuole esprimere veramente nella parabola del fattore infedele?

Vi è detto chiaramente che il fattore ha pensato: se devo andarmene di qui, dovrò pur rendermi grato alla gente. Egli ha riconosciuto che non si possono servire due padroni.

 

Altrettanto voi dovrete riconoscere, diceva il Cristo a chi gli stava intorno, che neppure voi potrete servire due padroni, ossia il Dio che oggi deve penetrarci nei cuori, e colui che finora è stato annunziato dagli scribi che hanno interpretato i libri dei profeti. Voi non potete servire al tempo stesso il principio del Cristo, che deve entrare nelle vostre anime e che darà all’evoluzione umana un possente impulso di progresso, e il principio dell’ostacolo che si vuole opporre alla giusta evoluzione, poiché tutto ciò che in un’epoca passata era giusto, in un’epoca successiva diventa un ostacolo.

L’evoluzione consiste appunto nel fatto che quello che è giusto per un’epoca diventa un ostacolo quando sia trasportato in un’epoca successiva.

 

Al tempo del Cristo, le forze dell’ostacolo si chiamavano, con un’espressione tecnica, «Mammona». Non potrete dunque diceva il Cristo – servire il Dio del progresso, e Mammona, dio degli ostacoli. Guardate il fattore: in quanto figlio del mondo, egli ha riconosciuto che neppure col Mammona ordinario si possono servire due padroni. Così pure voi, innalzandovi fino a divenire figlioli della luce dovrete riconoscere di non poter servire due padroni (Luca 16, 11-13).

 

Similmente, chi vive al tempo nostro dovrà riconoscere che non è possibile un accomodamento fra il nostro Mammona attuale (gli interpreti delle Scritture e gli scienziati) e la corrente che oggi ha da dare all’umanità l’alimento di cui essa necessita. Questo significa parlare in senso cristiano. Questo è, in parole adatte ai giorni nostri, ciò che il Cristo Gesù volle dire a chi lo ascoltava, servendosi della parabola del fattore infedele: egli volle dire che non si possono servire due padroni.

 

Dobbiamo intendere i Vangeli in modo vivo. La scienza dello spirito stessa deve diventare qualcosa di vivente. Sotto il suo influsso, tutto deve acquistare nuova vita. Per noi il Vangelo deve essere qualcosa che ci fluisce dentro, fin nelle nostre facoltà spirituali. Non basta oggi parlare del fatto che il Cristo Gesù, con le sue parole, condannò gli scribi e i farisei; così facendo, ci occuperemmo pur sempre del tempo passato.

 

Dobbiamo invece imparare a vivificare oggi l’insegnamento del Cristo Gesù, a seguire oggi il suo insegnamento intorno al dio Mammona. Questa è la comprensione viva, ed è anche ciò che ha una così profonda importanza in tutte le narrazioni del vangelo di Luca. Con quanto abbiamo ora esposto con la parabola del fattore infedele, che troviamo soltanto nel vangelo di Luca, si riconnette infatti uno dei più importanti concetti di tutto il Vangelo.

 

Potremo imprimerci nell’anima l’importanza di questo concetto evangelico, solo se saremo in grado di considerare ancora una volta, e ora in modo diverso, il rapporto fra l’impulso dato dal Buddha e l’impulso dato dal Cristo Gesù.