La scienza dello spirito e le sacre scritture

O.O. 104 – L’Apocalisse – 17.06.1908


 

Il rapporto della scienza dello spirito con le sacre scritture.

Le fonti dell’antroposofia, della scienza dello spirito, sono tali che essa non ha bisogno di appoggiarsi a nessuna tradizione o scrittura, quando venga compresa nei suoi veri impulsi. Come tutto l’altro sapere deriva all’umanità dalla conoscenza del mondo sensibile circostante, semplicemente per il libero uso delle forze umane, così le forze e facoltà più profonde, soprasensibili, spirituali, dapprima sopite nell’anima umana, ci dànno la conoscenza di tutto il soprasensibile, di tutto l’invisibile che sta alla base del visibile.

 

Come l’uomo, adoperando gli strumenti sensori, è in grado di percepire quanto si offre all’apparenza sensibile esteriore, come è in grado di collegare e connettere col suo giudizio ciò che ha percepito, così egli può, usando i metodi della scienza dello spirito, spingere il suo sguardo dietro le quinte dell’esistenza sensibile, là dove giacciono le cause spirituali, dove operano ed agiscono gli esseri che non l’occhio fisico, ma l’occhio spirituale vede, che non l’orecchio fisico, ma l’orecchio spirituale intende. Nel libero uso delle forze umane (benché nella maggior parte dell’umanità attuale esse siano ancora sopite come forze soprasensibili) sta la fonte, la libera fonte indipendente del sapere spirituale, come nel libero uso delle forze rivolte al mondo fisico sta la fonte della conoscenza esteriore.

 

Quando poi in un modo o nell’altro l’uomo ha acquistato le cognizioni che lo introducono dietro al sensibile nel soprasensibile, dietro al visibile nell’invisibile, quando di tutto ciò egli acquista una conoscenza analoga alla conoscenza sensibile degli oggetti e dei processi esteriori, allora, munito di questo sapere soprasensibile, precisamente come lo studioso di geometria si avvicina alla Geometria di Euclide, egli può accostarsi alla tradizione, ai libri e ai documenti, alle scritture per cui nel corso dell’evoluzione è giunta agli uomini notizia delle sfere soprasensibili. E allora, esaminandoli da un punto di vista simile a quello dello studioso di geometria, egli può riconoscerli e apprezzarli nel loro vero valore.

 

Per chi percorre questa via, per chi veramente si avvicini alle scritture della rivelazione cristiana, munito della cognizione del mondo soprasensibile, quelle scritture non perdono davvero il loro valore; al contrario, esse appaiono in una luce ben più splendida che non soltanto nell’anima credente, e mostrano di contenere una saggezza ben più profonda di quanto non sospettasse l’uomo ancora digiuno di conoscenza antroposofica.

 

Ma un’altra questione dobbiamo esaminare per comprendere giustamente i rapporti tra l’antroposofia e i documenti religiosi.

Poniamoci una domanda: chi studierà meglio la Geometria di Euclide, colui che sa tradurre letteralmente le parole del libro e rivelarne il contenuto senza esser prima penetrato nello spirito della geometria, oppure chi anzitutto sa che cosa sia la geometria ed è perciò anche in grado di ritrovarla in quel libro? Immaginiamoci un filologo che sia soltanto filologo e non comprenda nulla di geometria: di fronte alla Geometria di Euclide quanti spropositi direbbe se volesse rivelarne il senso?

 

Lo stesso è avvenuto a molti rispetto alle scritture religiose, anche a individui che pure dovrebbero esser tenuti a penetrarne il senso reale. Essi si sono avvicinati a queste scritture senza prima conoscere — indipendentemente da esse — ciò che è possibile apprendere intorno al soprasensibile.

 

Così noi possediamo oggi spiegazioni molto accurate dei documenti religiosi, spiegazioni che dalla storia raccolgono tutti i dati possibili sull’origine di tali documenti, ma che valgono precisamente come le spiegazioni della Geometria di Euclide date da un individuo digiuno di geometria.

 

La religione — ricordiamocene bene — è cosa che si può conquistare soltanto quando la si consideri con l’aiuto delle nozioni ottenute per mezzo dell’antroposofia, sebbene l’antroposofia non possa essere che uno strumento della vita religiosa, e mai una religione essa medesima.

 

La religione è caratterizzata dal contenuto del cuore, dell’anima umana, da quella somma di sentimenti per i quali l’uomo innalza quanto ha di meglio, di ricettivo nell’anima, alle entità e alle forze spirituali. Dal genere e dalla forza di questi sentimenti, dall’ardore dell’anima, dipende il carattere della religione di un individuo; precisamente come dall’ardore del suo cuore, dal suo sentimento della bellezza dipende il modo in cui egli contempla un quadro. Il contenuto della vita religiosa è certamente ciò che noi chiamiamo il mondo soprasensibile, spirituale.

 

Ma come il sentimento estetico artistico non è identico a ciò che chiamiamo la comprensione spirituale delle intime leggi dell’arte (per quanto la comprensione spirituale delle leggi aumenti il godimento artistico), così pure la sapienza, la scienza che introduce nei mondi spirituali, non è identica alla religione. Questa scienza renderà il sentimento religioso più serio, più degno, più grande, più vasto, ma, se la si comprende bene, non vuol essere essa stessa una religione, per quanto alla religione essa possa condurre.

 

Se dunque, dal punto di vista della scienza dello spirito, noi vogliamo comprendere la forza e l’importanza, il senso e lo spirito della rivelazione religiosa cristiana, dobbiamo prendere le mosse da molto lontano nella vita spirituale. Dobbiamo gettare lo sguardo nel più remoto passato; in altre parole, dobbiamo risalire fino ai tempi prereligiosi dell’umanità, dobbiamo tentare di fissare la nostra attenzione sull’origine stessa della religione.

 

C’è stata forse un’epoca prereligiosa dell’umanità? Sì, vi fu un tempo sulla terra in cui la religione non esisteva; anche la scienza dello spirito deve rispondere affermativamente a tale domanda, benché in senso del tutto diverso dalla scienza materialistica.

 

Che cosa significa religione per l’umanità? Religione fu e per molto tempo ancora sarà per l’umanità ciò che la parola stessa esprime: il rilegarsi, il ricollegarsi dell’uomo col suo divino, col mondo spirituale. E le epoche religiose sono essenzialmente quelle in cui l’uomo aspira all’unione col divino, prendendo le mosse sia da certe fonti del sapere, sia da determinati sentimenti, sia dalla coscienza che la sua volontà può esser forte soltanto se permeata di forza divina.

 

Quei tempi in cui l’uomo presagiva in se stesso più di quanto non apprendesse dal di fuori, in cui intuiva il mondo soprasensibile più di quanto non lo vedesse intorno a sé, quei tempi sono le epoche religiose della nostra terra.

E prima di queste ve ne furono altre in cui l’uomo non aveva bisogno di siffatto vincolo nostalgico e intuitivo col mondo spirituale soprasensibile; non ne aveva bisogno perché sapeva di questo mondo spirituale, come l’uomo d’oggi sa delle cose dei sensi.

 

Occorre forse dimostrare all’uomo d’oggi che esistono pietre, alberi e animali? Ha forse egli bisogno di documenti o di dottrine che gli facciano sospettare e gli comprovino l’esistenza delle pietre, delle piante, degli animali? No, perché li vede, li osserva intorno a sé; e non ha bisogno per questo di una religione del sensibile. Immaginiamo un uomo vivente in altri mondi, con altri organi sensori e conoscitivi, che non potesse vedere le nostre pietre, le piante e gli animali perché invisibili per lui; immaginiamo che per mezzo di scritti o in altri modi gliene giungesse notizia; che cosa sarebbe per lui ciò che per noi è visione, esperienza, conoscenza immediata?

 

Religione sarebbe; se qualche libro insegnasse a quell’uomo l’esistenza delle pietre, degli alberi e degli animali, ciò sarebbe religione per lui, perché non li ha mai veduti.

Vi fu un tempo lontano in cui l’uomo visse in mezzo a quelle entità e a quei fatti spirituali di cui oggi gli dànno notizia le religioni e le dottrine della saggezza.

La parola evoluzione è diventata oggi, in molti campi dello scibile, una parola magica, che però dalla scienza esteriore vien applicata soltanto a fatti sensibili esterni.

 

Per colui che considera il mondo spiritualmente

tutto è in evoluzione,

e in primo luogo la coscienza umana.