La scienza occulta

O.O. 13 – La scienza occulta nelle sue linee generali – (Prefazione alla sedicesima…)


 

La scienza occulta è la scienza di ciò che avviene nell’«occulto»,

in quanto non viene percepito fuori nella natura,

ma là dove l’anima si orienta quando indirizza la propria interiorità allo spirito.

La «scienza occulta» è in questo senso contrapposta alla «scienza naturale».

 

Le mie percezioni nel mondo spirituale sono sempre state considerate come riedizioni modificate delle rappresentazioni che, nel corso del tempo, gli uomini hanno esposto in merito al mondo spirituale. Si è asserito che io avessi letto tante cose, che le avessi assorbite nel subcosciente e che poi, credendo derivassero dalla mia propria veggenza, le avessi esposte. Avrei derivato la mia esposizione da insegnamenti gnostici, da poemi della saggezza orientale, e così via.

 

Nel fare queste asserzioni, con i pensieri si è però rimasti molto alla superficie.

Le mie conoscenze dello spirituale, ne sono pienamente cosciente, sono il risultato della mia veggenza.

 

In ogni tempo, per ogni particolare e per ogni quadro d’assieme ho severamente controllato se gli ulteriori passi nella veggenza erano fatti in modo che la coscienza pienamente avveduta accompagnasse ognuno di quei passi. Come il matematico procede di pensiero in pensiero, senza lasciar posto a qualcosa di incosciente, ad autosuggestioni e così via, allo stesso modo — mi dicevo — la veggenza spirituale deve procedere da immaginazione oggettiva a immaginazione oggettiva, senza che qualcosa d’altro viva nell’anima, diverso dal contenuto spirituale di una chiara e avveduta coscienza.

 

Si arriva mediante un sano sperimentare interiore

a sapere che un’immaginazione non è soltanto un’immagine soggettiva,

ma la riproduzione in immagine di un contenuto spirituale oggettivo.

• Ci si arriva in modo spirituale-animico, così come nel campo della percezione sensoria

si distinguono giustamente in un organismo sano le congetture dalle percezioni oggettive.

• In questo modo avevo i risultati della mia veggenza dinanzi a me.

• In un primo tempo erano « percezioni » che vivevano senza nome.

 

Se volevo comunicarle, erano necessarie delle denominazioni. Soltanto dopo le cercai in antiche descrizioni dello spirito, per poter esprimere in parole ciò che ancora ne era privo. Usai liberamente di quelle denominazioni, cosicché neppure una di esse, nel mio impiego, coincide con quanto vi era là dove io la trovai.

Cercai tale possibilità di esprimermi sempre dopo che il contenuto mi era apparso nella mia veggenza.

 

Nella mia ricerca veggente, e attraverso la disposizione di coscienza che ho appena descritta, seppi sempre eliminare quello che prima avevo letto.

Naturalmente nelle mie espressioni si trovano riflessi di più antiche rappresentazioni. Senza esaminare il contenuto, ci si appigliava a tali espressioni. Così se avevo parlato di « fiori di loto » nel corpo astrale dell’uomo, era questa una prova che io ridavo delle dottrine indiane, nelle quali si trova quella espressione. Se parlavo del « corpo astrale » stesso, era questo il risultato della lettura di scritti medioevali. Se usavo le espressioni: angeli, arcangeli e così via, rinnovavo semplicemente le rappresentazioni della gnosi cristiana. Mi trovavo sempre contrapposto un tale pensare che si muoveva del tutto alla superficie.

 

In occasione del riapparire della Scienza occulta in una nuova edizione, volevo ora indicare questi fatti.

Il libro contiene le linee generali dell’antroposofìa nel suo complesso,

e di conseguenza viene soprattutto colpito dai malintesi ai quali essa è esposta.

 

Dal tempo in cui nella mia anima sono confluite in un quadro generale le immaginazioni ridate nel libro, io ho continuato a sviluppare la mia indagine spirituale nell’uomo, nel divenire storico dell’umanità, nel cosmo e così via; nei particolari sono arrivato a sempre nuovi risultati, ma quello che ho scritto quindici anni fa nella Scienza occulta, quali linee generali, per me non è in nulla modificato. Tutto ciò che potei dire in seguito, se inserito al posto giusto in questo libro, appare come un’ulteriore illustrazione della traccia di allora.

 

Goetheanum, 10 gennaio 1925. Rudolf Steiner