La triplice unione del Cristo con l’umanità prima del mistero del Golgota

O.O. 152 – Verso il mistero del Golgota – 05.03.1914


 

Sommario: Triplice unione del Cristo con l’umanità prima del mistero del Golgota mediante la triplice compenetrazione dell’essere spirituale che più tardi sarebbe nato come il bambino Gesù natanico: 1) regolazione dell’esperienza dei sensi nell’epoca lemurica; 2) regolazione delle forze vitali all’inizio dell’epoca atlantica; 3) regolazione delle forze dell’anima alla fine dell’epoca atlantica.

 

Riprendendo le considerazioni svolte sul quinto Vangelo, ci proponiamo oggi di richiamarci dinnanzi all’anima l’azione che lo Spirito-Cristo compì prima del mistero del Golgota.

A tal fine dobbiamo ricordarci la realtà dei due bambini Gesù: il Bambino Gesù salomonico, nel quale visse l’io di Zarathustra, e il Bambino Gesù natanico. Considerando il Bambino Gesù natanico dobbiamo chiederci:

quale entità era questo fanciullo nel quale in seguito penetrò l’io di Zarathustra?

 

Per comprendere questa entità dobbiamo risalire molto indietro nel corso dell’evoluzione della Terra e dell’umanità.

L’entità che operò nel Gesù Bambino natanico

entrò per la prima volta in un’incarnazione fisica nel Gesù di Betlemme.

 

In precedenza aveva partecipato all’evoluzione dell’umanità dal mondo spirituale senza, però, mai vivere in un corpo fìsico umano. Aveva preso parte alle epoche in cui vennero creati gli involucri umani; aveva preso parte all’epoca saturnia, in cui avvenne la predisposizione del germe del corpo fisico. Prese parte inoltre alle epoche solare e lunare, durante le quali si formarono il corpo eterico e il corpo astrale, e anche alle tappe minori che ricapitolano i periodi di tempo maggiori.

 

Quando però, nell’epoca lemurica, l’io dell’uomo discese nei tre involucri, questo essere rimase nei mondi spirituali – come, per così dire, parte dell’essere umano divino – e non partecipò né all’evoluzione dell’io nei tre involucri né alla sua seduzione da parte di Lucifero e Arimane. Questa parte del divino essere umano, questo essere spirituale, discese per la prima volta in un corpo fìsico come Bambino Gesù natanico al fine di farsi permeare come tale dalla luce del Cristo. Il battesimo di Giovanni rappresenta la compenetrazione di Gesù da parte dello Spirito-Cristo.

 

Quella non fu però la prima volta che a questo essere venne dato di farsi compenetrare dal Cristo. Nel corso della sua vita nei mondi spirituali, come essere spirituale, era già stato in grado di farsi permeare più volte dallo Spirito solare. In preparazione dell’evento del Cristo nel corpo fisico, un evento similare aveva già avuto luogo nei mondi spirituali, dai quali aveva esplicato i suoi effetti sull’evoluzione umana.

Volgiamo ora lo sguardo all’epoca lemurica, nel corso della quale l’uomo si unì ai propri involucri, e consideriamo quale configurazione l’essere umano avrebbe assunto se su di lui avessero agito dal cosmo solo le forze con cui egli era allora congiunto.

In quel tempo sussisteva l’incombente pericolo che certi esseri demoniaci provocassero disordine nelle dodici forze cosmiche che esplicano la loro azione sull’uomo. Se quella minaccia si fosse avverata, lo sviluppo dell’uomo sarebbe stato inevitabilmente del tutto diverso da quello cui è oggi pervenuto. I sensi dell’uomo, che in quell’epoca venivano formandosi, sarebbero divenuti ipersensibili sotto l’azione delle forze inclini al disordine.

 

Oggi l’uomo è in grado di recepire tranquillamente l’impressione luminosa ed ogni altra percezione. Per effetto dell’azione luciferico-arimanica, invece, la vita dei sensi avrebbe scatenato necessariamente brame ed impulsi intensissimi. La percezione che l’uomo avrebbe avuto del colore rosso, ad esempio — e sarebbe stata soprattutto l’azione dei raggi solari a produrre tale effetto — avrebbe indotto l’anima bramosa a sottrarsi ad essa con la fuga in preda a dolori brucianti, mentre la percezione del blu l’avrebbe costretta a superarla in una tormentosa, struggente afflizione interiore. Ogni percezione sensoriale avrebbe provocato terribili sofferenze all’anima, assillata da animalesche voluttà e bramosie e dolori e tormenti cocenti.

 

Raggiunto dal grido di dolore che si elevava dall’umanità straziata, quell’essere spirituale provò un anelito che lo accostò allo Spirito solare. Fu così che gli fu dato di essere permeato dal Cristo. Venne in tal modo mitigata l’interiore intensità della percezione sensoriale, e quell’essere potè respingere quella che fu la più virulenta seduzione tentata da Lucifero e Arimane. Mitigando l’eccessiva azione delle forze sui sensi egli trasformò la vita sensoriale conferendole una misurata passività.

 

Inoltriamoci ora nell’epoca atlantica. Un nuovo pericolo incombeva sugli uomini. L’influsso luciferico-arimanico minacciava le funzioni vitali, gli organi vitali dell’essere umano: ad esempio, la vista di un alimento avrebbe suscitato in lui una bramosia animalesca, l’ardente voglia di divorarlo. Tutta l’anima umana sarebbe divenuta bramosia. Particolarmente sensibili si sarebbero rivelate la respirazione, l’inspirazione e l’espirazione. La respirazione di aria viziata lo avrebbe pervaso di un senso di orripilante ribrezzo. Ogni elemento connesso con le funzioni nutritive e vitali avrebbe sollevato nell’uomo violenti accessi di simpatia o antipatia, scatenando nell’anima un violento alternarsi di bramosia divorante e orripilato disgusto.

E fu ancora quell’essere spirituale a scongiurare tale pericolo. Facendosi compenetrare una seconda volta dallo Spirito-Cristo preservò le forze vitali umane dal disordine in cui altrimenti sarebbero precipitate.

 

Alla fine dell’epoca atlantica si delineò un terzo pericolo per l’umanità a causa dell’influenza luciferico-arimanica. Le forze animiche dell’uomo, il pensare, il sentire e il volere, correvano il pericolo di cadere nel disordine, nella disarmonia per la perdita della loro retta consonanza entro l’anima. L’uomo avrebbe dato seguito ad ogni impulso acceso da passione ardente, oppure sarebbe fuggito carico d’odio e di paura senza che la ragione potesse intervenire a disciplinare le forze. Come intervenne in soccorso l’essere spirituale?

 

Per potere operare la metamorfosi delle forze animiche egli dovette immergersi nell’anima umana pervasa dalle passioni e divenire egli stesso passione, divenire drago, e per la terza volta si fece compenetrare di luce dallo Spirito-Cristo.

Troviamo riflesso questo evento spirituale nei miti di tutti i popoli, nel mito di San Giorgio, dell’Arcangelo Michele che vince il drago. Vediamo come nelle civiltà postatlantiche sia viva la coscienza dell’azione che il Cristo compie nei mondi spirituali sul divenire dell’uomo mediante questo essere spirituale.

 

Considerando il culto di Zarathustra, vediamo come esso ci presenti il sublime Essere solare che, poi, appare come in immagine nella coscienza dei Greci nel culto di Apollo. Presso la sorgente castalica si erge il tempio del dio, e i Greci vi si recano, previa accurata preparazione, per chiederne il consiglio. Apollo vince Pitone insediatosi sopra i vapori che esalano dal crepaccio avvolgendo il Parnaso in una spirale serpentina. A lui subentra la pizia, la sacerdotessa dalla cui bocca Apollo rivela ai Greci la propria sapienza. Dalla primavera all’autunno Apollo dimora nella sua sede per poi migrare a nord nella terra degli iperborei. Apollo, lo Spirito del Sole, deve migrare a nord quando il Sole fìsico volge a sud. E unita ad Apollo troviamo la musica, il suono dell’arpa, che rappresenta l’espressione della consonanza delle tre forze dell’anima umana. Del famoso re Mida si dice che Apollo gli avesse fatto crescere le grandi orecchie asinine per punirlo della preferenza accordata a Marsia, suo contendente, in una competizione musicale. Il re preferì agli arpeggi di Apollo il flauto di Marsia.

 

Tre volte, dunque, prima del mistero del Golgota, dai mondi spirituali il Cristo si unì all’umanità, permeando tre volte l’essere spirituale che in seguito fu il Bambino Gesù natanico: la prima volta nell’epoca lemurica, al fine di regolare l’esperienza sensoriale; la seconda volta all’inizio dell’epoca atlantica, allo scopo di conferire ordine alle forze vitali; la terza alla fine dell’epoca atlantica, per regolare le forze dell’anima. Solo dopo questi tre eventi si compì il quarto, il mistero del Golgota, al fine di regolare l’io nella sua relazione con il mondo.

 

Nelle sedi sacerdotali egizie del periodo greco-latino era diffuso il presentimento del pericolo che l’io umano correva a causa delle tentazioni di Lucifero e Arimane. Sentendo l’approssimarsi dell’io, ci si sforzava di contrastare le forze che volevano precipitarlo nel disordine. In molti luoghi era possibile assistere nei templi alla frequente celebrazione di cerimonie del tipo seguente: il sacerdote dava sommariamente forma a una figura repellente, un coccodrillo, poi gli lanciava degli sputi e, infine, lo gettava a terra e gli dava fuoco. Altri sacerdoti narravano al popolo: “Ra, la divinità solare, compie il suo corso nello spazio celeste procedendo da est ad ovest; ad occidente impallidisce e precipita, perché deve combattere contro entità demoniache”.

 

Si avvertiva l’impeto dell’io teso con le sue forze ad estrinsecarsi. Il fenomeno ci si presenta in duplice forma. Nei secoli settimo ed ottavo a.C. vediamo manifestarsi e diffondersi in tutta l’Europa meridionale il fenomeno delle sibille, nelle quali era vivo l’elemento che indicava che l’io era in grado di svilupparsi.

La natura sibillina, però, era in stretto rapporto con le forze elementari della Terra che agiscono nel subconscio dell’anima e che tendono ad esternarsi in modo passionale.

 

Contrapposto al carattere sibillino è il profetismo del popolo ebreo. I profeti sono tesi a reprimere nella loro anima la natura sibillina in ogni suo aspetto, al fine di dare ascolto esclusivamente alla rivelazione che si apre alle forze coscienti dell’io. Michelangelo raffigura i profeti immersi in profonda meditazione, in contrasto con le Sibille unite alle forze elementari della Terra, al vento, al fuoco e all’aria.

Senza il mistero del Golgota l’elemento sibillino avrebbe preso il sopravvento sulle forze coscienti dell’io, le avrebbe represse. L’evoluzione dell’umanità avrebbe perduto l’io.

Vediamo come l’impulso del Cristo si esplichi nel cammino dell’umanità come forza che agisce anche senza che la coscienza umana l’accolga, come forza che configura le civiltà, che conforma la storia dei popoli europei, che determina l’assetto dell’Europa.

 

Il 28 ottobre del 312 Costantino vince Massenzio. Questi, interrogate le sibille, riceve il seguente responso: se condurrai il tuo esercito fuori dalle porte di Roma vincerai quello che di Roma è il nemico più grande. Massenzio fa poi un sogno; questo sogno e il responso delle sibille lo inducono a prendere la decisione di uscire dalle porte di Roma a dispetto di ogni ragione e contro tutti i piani elaborati dai suoi generali. Anche Costantino fa un sogno: egli vede se stesso avanzare contro il nemico innalzando lo stendardo del Cristo, e riportare la vittoria su un nemico quattro volte più forte. A dispetto di ogni umana ragione si giunge allo scontro, e Costantino a capo del suo esercito consegue la vittoria innalzando la Croce.

 

Consideriamo ora il corso della storia dell’umanità dall’800 a.C. fino ai nostri giorni. Nei secoli che precedono l’avvento del Cristo vediamo la profonda sapienza greca evolversi fino al raggiungimento dei suoi sommi vertici. L’umanità consuma in essa le ultime forze divine ereditate. Al punto zero avviene il mistero del Golgota, da cui promana l’azione che viene esplicandosi nell’umanità. Nei tempi successivi al mistero del Golgota le forze stimolatrici dell’impulso del Cristo hanno svolto la loro azione in modo diversificato, procedendo da piani diversi dei mondi spirituali.

 

 

Sulla base dello schema osserviamo anzitutto i primi otto secoli dopo Cristo. Le considerazioni svolte ci hanno permesso di avvederci dell’incapacità della ragione umana di comprendere l’impulso del Cristo (gnosi), ma anche di vedere come quest’impulso, in quanto fatto reale, operi i suoi effetti negli eventi umani (Massenzio e Costantino). Nei primi otto secoli la sua forza penetra dai mondi spirituali più elevati: dal devacian superiore. Scorgiamo verso l’850 una transizione, un’ultima eco di questo periodo nell’opera di Scoto Eriugena, nel cui sistema di pensiero l’impulso-Cristo vive ancora come un’onda di forza che dal più elevato mondo spirituale penetra in quello fìsico.

 

Poi, dall’800 al 1600, l’impulso che agisce nel mondo fisico promana dal devacian inferiore. In questo periodo vediamo gli uomini tesi a rendere l’anima accessibile all’impulso del Cristo mediante le rappresentazioni concettuali, in molteplici forme. Ma il pensiero si rivela inadeguato all’intento e gli sforzi si dimostrano infruttuosi. Né le crociate né i tentativi compiuti con le dimostrazioni dell’esistenza di Dio riescono a stabilire un’unione interiormente vivente.

 

Nella transizione verso l’epoca successiva si erge la figura della Pulzella d’Orléans. Ella accoglie nell’anima dai mondi spirituali la rivelazione degli impulsi del Cristo, nel nome dei quali ella interviene nella configurazione della storia dell’umanità.

Quella forza che da elevati regni spirituali si afferma direttamente nell’uomo va perdendosi sempre più. Costante è l’indebolimento delle forze.

Dal 1600 ai giorni nostri l’impulso agisce ormai soltanto dal mondo astrale, il mondo animico. Ecco perché la teologia diviene sempre più erudita, sempre più astratta fino ad arrivare al punto di sostituire l’Essere divino cosmico, il Cristo, con il “semplice uomo di Nazareth”.

 

Tuttavia, il nostro tempo si sarebbe inoltrato molto più profondamente nel materialismo, sarebbe pervaso in misura assai più forte dall’elemento anticristico, se le forze del Cristo agenti dal mondo astrale non si fossero ulteriormente affermate in modo speciale: nei secoli XV e XVI, in tutto l’Occidente europeo, si assiste al diffondersi di singolari narrazioni; compaiono in tutti i paesi d’Europa, nei luoghi più disparati, degli uomini dai piedi segnati dalle piaghe, con indosso abiti sdruciti, dalle fluenti capigliature, che raccontano di essere stati presenti al mistero del Golgota, di avere visto il Cristo peregrinare in Terra, ma di non avergli manifestato timore reverenziale, di averlo offeso quando Egli passò davanti alla loro casa; da allora, perciò, devono andare per il mondo senza requie e senza sosta per raccontare gli eventi da loro vissuti (l’Ebreo errante). Essi narravano questi fatti come traendoli dalla memoria. Ovunque si recassero trovavano accoglienza, li ricevevano vescovi e prelati. Quella che viveva in loro era una visione della cronaca dell’akasha. Queste persone non potevano impedirsi di vivere in tal modo tutta la loro vita né di rendere testimonianza all’evento del Golgota. Pur essendo la loro coscienza offuscata, gli impulsi che ricevevano dal mondo astrale li rendevano atti a pervenire a quella visione. L’umanità venne così salvata dal diffondersi dell’anti-cristianesimo, dal più sfrenato materialismo.

 

Dal 2400 si instaurerà l’epoca in cui le forze per la comprensione del Cristo proverranno solo dalla Terra e in cui il Cristo agirà sugli uomini dal piano fisico, ma già nel nostro tempo intervengono i segni premonitori di ciò che dopo il 2400 sarà essenziale: la manifestazione del Cristo in figura eterica sul piano fisico.

 

Vediamo così che la storia si sviluppa di ottocento anni in ottocento anni in connessione con impulsi provenienti dai mondi spirituali. Nel mio libro “Le visioni del mondo e della vita nel XIX secolo”, ora rielaborato ed ampliato nella nuova edizione dal titolo Gli enigmi della filosofia, si potrà seguire l’evoluzione della coscienza umana scandita da questo suo periodico avanzare.

La storia della vita del pensiero umano ci dimostra che è il pensiero stesso — se hanno da esser presenti le forze necessarie alla futura comprensione del Cristo — a dover assumere un’altra forma, che è l’attività pensante a dover passare attraverso una metamorfosi.

 

Oggi vediamo come la vita del pensiero sia posta tra due concezioni. Stretto in questo morsa, l’uomo soffre, incapace di trovare un raccordo tra l’una e l’altra visione.

• Da un lato c’è Haeckel, il quale, non ammettendo altro che la percezione esteriore, ha elaborato un’immagine del mondo che, seppure informata alla realtà, non è in grado di riconoscere la realtà del pensiero.

• Dall’altro c’è Hegel che, muovendo dal pensiero quale realtà spirituale – il tessere e vivere del pensiero nella verità è lo spirito operante —, ha edificato un’immagine del mondo informata al pensiero, ma è un’immagine che il suo tempo non ha potuto riconoscere come realtà.

 

Ciò che il pensiero esige è che lo si faccia divenire realtà vivente.

Si impone la necessità di configurare i pensieri in modo vivente.

 

Si prenda ad esempio il seme vegetale. I semi possono essere seminati, raccolti e poi utilizzati come alimento. Tale uso, però, sottrae i semi al loro vero percorso che è quello di far germogliare nuove piante. Così l’uomo ha raccolto i semi dei pensieri nei granai delle scienze naturali e della filosofia, li ha accumulati e fatti seccare. Perché possa germogliare ancora, il seme, per sua natura, va calato nell’ambiente che provvede ad infondergli la vita.

 

Similmente occorre che i semi dei pensieri hegeliani vengano calati nel terreno della scienza dello spirito ove possono svilupparsi a vita fruttuosa evolvendosi nelle facoltà spirituali dell’immaginazione, dell’ispirazione e dell’intuizione.

 

In luogo dell’imperativo categorico, l’io attiverà dalla forza del pensiero risvegliato la “fantasia morale”.

Allora sarà però anche possibile comprendere l’impulso-Cristo venturo.

• Questo è il nesso che intercorre tra il mondo del pensiero esposto ne La filosofia della libertà

e le forze della conoscenza superiore che sorgono nella nostra anima sulle vie indicate dalla scienza dello spirito.

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