La veggenza e il pensare

O.O. 254 – Il movimento occulto nel secolo diciannovesimo e il mondo della cultura – 10.10-1915


 

Chi conosce lo sviluppo dell’umanità rispetto alle sue mète spirituali, sa che in fondo tutti i secoli e i millenni passati videro una partecipazione alla vita spirituale più vasta di quella degli ultimi quattro o cinque secoli. Sappiamo anche con quale fenomeno generale tale partecipazione sia connessa.

 

Alle primissime origini dell’evoluzione della terra

l’umanità possedeva l’eredità dell’antica chiaroveggenza lunare.

 

Possiamo altresì immaginare come nei primi tempi e evoluzione della terra l’antica chiaroveggenza fosse assai vivida e importante, tanto che gli esseri umani potevano per così dire avere uno sguardo spirituale molto ampio.

Poi l’antica chiaroveggenza si ridusse sempre più; giunse il tempo in cui la facoltà di guardare nel mondo spirituale scomparve per la maggior parte degli esseri umani, sino a quando avvenne il mistero del Golgota per lo sviluppo dell’anima umana.

 

Tuttavia un certo residuo delle antiche facoltà dell’anima continuò a sussistere e lo ritroviamo ad esempio volgendo lo sguardo a come era la scienza fino ai secoli quattordicesimo, quindicesimo e ancora sedicesimo e diciassettesimo.

Era infatti del tutto diversa dalla scienza moderna; era una scienza che almeno in parte poteva ancora contare, se non su una precisa chiaroveggenza immaginativa, sui residui delle ispirazioni e intuizioni antiche, elaborati poi dagli alchimisti.

 

Un alchimista onesto, e non mosso da fini egoistici, lavorava ancora per così dire con le ispirazioni e le intuizioni antiche.

Mentre operava, agivano in lui, sebbene non più con potente sapienza, gli antichi residui della chiaroveggenza.

Ma il numero di esseri umani che ne disponevano si ridusse sempre più.

 

Già più volte affermai che oggi tali residui potrebbero venire ricavati dall’anima umana con molta facilità nella chiaroveggenza atavica. Abbiamo indicato i più diversi modi in cui la chiaroveggenza atavica può presentarsi oggi.

Risulta evidente da tutto ciò che, quanto più ci avviciniamo all’evoluzione attuale dell’umanità, tanto più constatiamo un calo delle antiche forze dell’anima e la comparsa di inclinazioni volte più all’osservazione del mondo sensibile.

Tutto questo si è venuto preparando lentamente, in realtà toccando il proprio apice nel secolo diciannovesimo, proprio alla metà del secolo.

 

• Come tutto ciò appare poco chiaro ancor oggi a coloro che hanno scarso interesse per tali cose, così apparirà chiaro agli esseri umani del futuro – che, per quanto riguarda le inclinazioni al materialismo, si è toccato un apice nella seconda parte del secolo diciannovesimo, precisamente a metà di tale secolo. Fu allora che si svilupparono le inclinazioni materialistiche più forti. Ma ogni inclinazione ha al tempo stesso, come conseguenza, la nascita di determinati talenti. La grandezza e la potenza del metodo scientifico materialistico poggiano appunto sul fatto che in quel tempo emerse la tendenza ad attenersi al mondo sensibile.

 

Il momento evolutivo dell’umanità ora indicato fu tuttavia accompagnato da un altro fenomeno.

Se in spirito torniamo alle origini dello sviluppo spirituale dell’umanità,

troveremo che per quanto riguarda un sapere spirituale gli uomini erano allora in una condizione relativamente fortunata.

La maggior parte di loro, quasi tutti, sapevano del mondo spirituale per visione diretta.

Come oggi si ha la percezione di minerali, piante e animali, si conoscono suoni e colori,

così allora si sapeva del mondo spirituale.

 

Era anche una conoscenza del tutto concreta, tanto che in quegli antichi tempi non c’era in verità alcuno che, nel tempo in cui la piena coscienza di veglia per il mondo esterno era attutita dal sonno o dal sogno, non avesse una connessione con i defunti che durante l’esistenza gli erano stati accanto.

 

• Si poteva per così dire avere relazioni con i vivi durante lo stato di veglia e con i defunti durante quello di sonno o di sogno.

Un insegnamento che trattasse dell’immortalità dell’anima sarebbe stato ai primordi dell’umanità cosa superflua,

ome sarebbe oggi cosa superflua dimostrare che esistono le piante.

Proviamo a pensare che senso avrebbe se qualcuno oggi volesse dimostrare che le piante esistono.

Lo stesso si potrebbe dire per quei tempi,

se mai ci fosse stato qualcuno che avesse voluto dimostrare che c’è una vita dell’anima anche dopo la morte.

La facoltà di vivere in unione con il mondo spirituale andò a poco a poco perduta nell’umanità.

 

Certo ci furono sempre singoli individui che svilupparono la veggenza, una particolare veggenza,

utilizzando la possibilità che ancora veniva offerta all’umanità.

Ma anche ciò divenne sempre più difficile.

 

Come si sviluppava nei tempi antichi una veggenza particolare?

Se ancor oggi elaboriamo ad esempio a fondo la filosofia di Platone, o ciò che esiste della filosofia di Eraclito, o comunque le filosofie greche antiche in particolare, il modo con cui le si accoglie dev’essere del tutto diverso da quello con cui si accolgono le filosofie dei tempi successivi.

 

Si provi a leggere il primo capitolo del mio libro Gli enigmi della filosofia, dove descrivo come gli antichi filosofi Talete e Parmenide, Anassìmene ed Eraclito, fossero ancora legati al loro temperamento. Fino ad oggi non s’è mai fatta una simile descrizione che appare per la prima volta ne Gli enigmi della filosofia. Occorrerà ancora molto tempo prima che vi si presti fede, ma non importa.

 

Fino a Platone si sentiva che la filosofia afferrava ancora l’uomo intero. Con Aristotele ciò ha fine.

Con lui si sentiva di avere a che fare con un insegnamento, con una filosofia da erudito.

Pertanto oggi la comprensione di Platone richiede qualcosa di più

di ciò che il filosofo moderno è di solito in grado di trovare, anche a causa dell’abisso che separa Platone da Aristotele.

Aristotele è già erudito in senso nuovo;

Platone è l’ultimo filosofo nel senso greco antico,un filosofo che possiede ancora qualcosa dei concetti viventi.

 

Fintanto che si ha una simile filosofia non va perduto il legame con il mondo spirituale;

essa continua a diffondersi per lungo tempo sin nel medioevo.

Il medioevo non perfezionò la filosofia, ma adottò quella di Aristotele.

E fu un bene che, in relazione al tempo, sino a un certo periodo

si adottasse la filosofia aristotelica, accogliendo anche quella platonica.

 

Nei tempi antichi, fin che sussistettero quanto meno le disposizioni per una certa chiaroveggenza,

accadeva qualcosa di molto significativo quando gli esseri umani lasciavano agire su di sé la filosofia.

Oggi una filosofia agisce soltanto sul capo, sul pensare.

Così molti la evitano, perché non amano pensare; non la vogliono studiare proprio perché non offre sensazioni.

 

L’antica filosofia invece, accolta nell’anima umana,

con il suo grande e vivente potere fecondava ancora quel che rimaneva della disposizione alla veggenza.

Una filosofia di tale tipo era ancora quella platonica e persino quella aristotelica.

Non erano così astratte come le filosofie moderne e rendevano feconde le disposizioni alla veggenza.

 

Accadde dunque che chi si dedicava a quelle filosofie fecondasse le disposizioni alla veggenza,

che stavano altrimenti per sprofondare sotto un certo livello.

Così sorsero i veggenti.

 

Poiché ciò che si doveva apprendere del mondo fisico (dunque anche la filosofia) aveva importanza e ne acquistò sempre di più soltanto per tale piano, sempre più ci si allontanò dai residui dell’antica veggenza.

Vi erano sempre più difficoltà a divenire chiaroveggenti. Ridiventerà possibile soltanto quando il nuovo metodo, il cui avvio è stato dato col libro L’iniziazione, sembrerà plausibile all’umanità.

 

Vi era dunque una tendenza verso il basso, fino a giungere a un periodo materialistico che come si è visto ha il proprio apice, ma si potrebbe anche dire il punto più basso, alla metà del secolo diciannovesimo. Certamente le condizioni diventano sempre più difficili, ma i fili che collegano con gli antichi impulsi evolutivi dell’umanità non devono comunque venir lacerati.

 

Tracciamo ora le linee di sviluppo della veggenza:

 

 

 

 

Nella parte contraddistinta col giallo la veggenza è ancora ben presente, poi scompare sempre più (verde);

avremo così alla metà del secolo diciannovesimo il punto più basso da cui si dovrebbe risalire.

 

La comprensione del mondo spirituale  è invece ancora qualcosa di diverso dalla veggenza.

Come per il mondo la scienza è qualcosa di diverso dalla semplice percezione dei sensi,

così la chiaroveggenza lo è dalla comprensione di quanto si è visto.

Nei tempi più remoti la gran parte i degli uomini si accontentava della veggenza,

in genere senza grandi riflessioni; tutto veniva dato dalla veggenza.

Ma sempre più emerse anche il pensare.

 

La linea del pensare intorno ai mondi spirituali può essere tracciata dunque come nel disegno:

a-b sarebbe la linea del guardare, del vedere; c-d, la linea del pensare.

 

Nei tempi antichi l’uomo si dedicava alla propria veggenza, e il pensiero giaceva per così dire nel subconscio.

Gli antichi veggenti non pensavano: mediante la veggenza veniva dato loro tutto direttamente.

Soltanto intorno al terzo e al quarto millennio il pensare afferrò la veggenza.

 

• Nella civiltà indiana, persiana, egizio-caldaica e anche nell’antichissima civiltà greca ci fu un periodo di fioritura

durante il quale un pensare ancora pieno di freschezza si congiunse nell’anima umana alla veggenza.

 

Il pensare allora non era ancora così sofisticato come oggi: si avevano alcuni grandi, ampi concetti e assieme ad essi la veggenza (e). Seppure già affievolito, era ad esempio qualcosa di familiare, particolarmente per quei veggenti che fondarono i misteri samotracici e vi portarono l’insegnamento possente e monumentale delle quattro divinità: Axieros, Axiokersos, Axiokersa e Kadmillos. Il possente e monumentale insegnamento delle quattro divinità cabiriche, presente un tempo sull’isola di Samos, in Samotracia, era tale per cui chi vi veniva iniziato riceveva alcuni grandi concetti cui poteva collegare quanto rimaneva della veggenza antica. Forse possiamo illustrare tali cose con più precisione.

 

Vediamo dunque la veggenza scendere al di sotto della soglia della coscienza.

Farla emergere dalle profondità dell’anima divenne sempre più difficile.

Naturalmente, si poterono conservare alcuni concetti, persino elaborarli,

e venne infine un tempo in cui vi furono iniziati che non dovevano essere di necessità veggenti:

si noti bene, iniziati che non dovevano essere di necessità veggenti.

 

• Nei luoghi in cui essi si riunivano, nelle scuole iniziatiche, si accoglieva semplicemente da una parte ciò che si era conservato dai tempi antichi e di cui si poteva dire che antichi veggenti lo avessero visto, dall’altra anche ciò che riemergeva in coloro che avevano ancora la predisposizione atavica alla chiaroveggenza. Ci se ne persuadeva sia in virtù di tradizioni storiche, sia mediante esperimenti. Ci si persuadeva così che era vero ciò che si pensava. Sempre meno, però, vi fu tra loro chi poteva ancora guardare nel mondo spirituale e sempre più chi ne aveva una conoscenza teorica e la esprimeva in simboli o in altro modo.