La vera conoscenza dell’uomo

O.O. 227 – Conoscenza iniziatica – 19.08.1923


 

Per comprendere il mondo nella sua evoluzione fu necessario in ogni epoca unirvi la conoscenza dell’uomo stesso.

• È anche largamente noto che ai tempi in cui non si considerava soltanto l’esistenza materiale, ma anche quella spirituale, l’uomo fu sempre considerato come un microcosmo, come un piccolo mondo; ciò significa però che egli veniva concepito in modo che in lui, nel suo essere, nella sua attività, nell’intero suo presentarsi nel mondo, si scorgeva una concentrazione di tutte le leggi cosmiche, di tutte le attività, dell’intero essere del mondo in genere.

 

A quei tempi s’insisteva molto sul fatto che una comprensione del mondo non era possibile, se non basata su una comprensione dell’uomo.

Ma a questo punto si affaccia subito una difficoltà per chi veramente non abbia pregiudizi.

 

Nel momento in cui vuole arrivare a una cosiddetta autoconoscenza, che altro non può essere che la vera conoscenza dell’uomo, l’uomo si vede come il più grande enigma, e dopo qualche tempo di auto-osservazione deve riconoscere che il suo essere, quale appare ai sensi nel mondo che lo attornia, non è del tutto dispiegato dinanzi alla sua anima, dinanzi a lui stesso.

 

L’uomo deve ammettere a se stesso che una parte della sua natura rimane sconosciuta, nascosta, all’ordinario sviluppo dei suoi sensi; così, prima di arrivare alla conoscenza del mondo l’uomo si trova di fronte al compito di evolvere il suo vero essere, di cercare anzitutto il suo vero essere, mediante la conoscenza di se stesso.

 

Una semplicissima riflessione può mostrare come nel mondo che lo attornia, il suo vero essere, la sua attività interiore, la sua personalità, la sua individualità, non possono esistere, perché nel momento in cui l’uomo varca la soglia della morte, il suo cadavere è abbandonato alle leggi, all’entità cosmica che secondo i sensi di solito lo attornia.

 

L’uomo, morto fisicamente, viene afferrato dalle leggi naturali, da quelle leggi che sono attive nel mondo sensibile.

Allora il complesso che si deve indicare come organizzazione umana si dissolve, allora l’uomo si disgrega in un tempo più o meno breve a seconda del genere della sepoltura.

 

• Una semplice riflessione mostra che le leggi che dobbiamo indicare come il complesso delle nostre leggi naturali che impariamo a conoscere per mezzo dell’osservazione dei sensi, sono unicamente adatte a disgregare l’organizzazione umana, ma non a edificarla.

 

Dobbiamo dunque cercare le leggi, le attività che veramente per la vita terrena  dalla nascita fino alla morte, o già dalla concezione fino alla morte, lottano contro le forze, le leggi della dissoluzione.

• In ogni attimo della nostra vita, per mezzo del nostro vero essere umano interiore, noi siamo lottatori contro la morte.

 

Guardandosi attorno nel mondo dei sensi, nell’unica e sola parte del mondo che oggi l’uomo comprende, nel mondo minerale inanimato, vediamo che esso è appunto dominato dalle forze che per lui significano la morte.

• È infatti soltanto una illusione dell’investigatore odierno della natura il credere di poter una volta riuscire a comprendere, con le leggi dateci dal mondo esterno, sia pur solo le piante. Non lo si potrà fare. Ci si avvicinerà alla comprensione delle piante, e può essere un ideale, ma già la pianta, nonché l’animale o l’uomo fisico stesso, non si potranno in nessun caso investigare per mezzo delle leggi che ci attorniano nel mondo dei sensi.

 

• Come esseri terrestri, fra concezione e morte, nella nostra vera interiorità noi siamo lottatori contro le leggi della natura.

Se vogliamo veramente elevarci all’autoconoscenza umana, dobbiamo investigare l’attività che nell’essere umano lotta contro la morte.

 

Volendo davvero investigare completamente l’essere umano, investigazione che faremo appunto in queste conferenze, si dovrà anche indicare come attraverso l’evoluzione terrestre l’uomo abbia potuto arrivare a che per l’esistenza terrestre le sue attività interiori fossero in definitiva soggette alla morte, a che la morte trionfasse delle forze nascoste che lottano contro di essa.

Tutto ciò è anzitutto soltanto destinato a richiamare la nostra attenzione sulla direzione che dovranno avere le considerazioni di questi giorni, perché la verità di quel che ora dico non potrà risultare che dalle singole conferenze stesse.

 

Per mezzo di un semplice esame spregiudicato dell’essere umano, possiamo dunque innanzitutto indicare dove occorra cercare la vera interiorità, la personalità, l’individualità dell’uomo.

Non l’abbiamo nel regno delle forze naturali, e dobbiamo cercarla al di fuori del regno delle forze della natura.

 

Ma vi sarebbe anche un’altra considerazione (vorrei dare anzitutto soltanto delle indicazioni) e cioè: in quanto uomini terrestri, noi viviamo abbandonati all’attimo fuggente.

Anche qui bisogna non avere pregiudizi per scorgere l’intera portata di questa affermazione.

 

Quando vediamo, quando udiamo, quando in genere percepiamo con i sensi, siamo abbandonati all’attimo fuggente.

Ciò che è passato e che deve venire non può fare impressione alcuna né sul nostro orecchio, né sul nostro occhio, né sopra alcun altro senso.

 

• Noi siamo in balìa dell’attimo e con esso dello spazio.

 

• Che cosa sarebbe però l’uomo, se fosse abbandonato soltanto all’attimo fuggente, e soltanto allo spazio? Abbiamo già per esempio, grazie all’osservazione della natura, sufficienti indicazioni che l’uomo non rimane tale nel pieno senso della parola, se è abbandonato soltanto all’attimo e allo spazio. Lo attesta la storia delle malattie di molte persone.

Si racconta di uomini, e i vari casi furono bene investigati, che in un determinato momento della loro vita non ricordano di che cosa prima avessero sperimentato, rimanendo abbandonati all’attimo fuggente, e compiendo così le cose più assurde.

 

In completa contraddizione con la loro vita passata, prendono un biglietto ferroviario, viaggiano fino a una determinata stazione, compiono tutto quanto può essere fatto secondo ragione in quel momento e lo fanno magari in modo più intelligente, più raffinato del solito. Essi vanno all’ora giusta a colazione, compiono tutte le vicende della vita a tempo giusto. Quando sono arrivati all’ultima stazione a cui arriva il loro biglietto, rie acquistano uno nuovo, forse anche per una direzione contraria alla prima corsa. A questo modo errano a volte per anni nel mondo, finché si trovano in una località qualsiasi, senza più sapere dove si trovano.

 

Nella loro coscienza è spento il ricordo di tutto ciò che fecero dall’acquisto del primo biglietto ferroviario o dalla partenza da casa in poi, e la memoria si risveglia soltanto per il tempo trascorso prima della loro partenza. Così l’intera loro vita animica, e in genere la loro intera esistenza umana terrestre, si trova in stato di caos. Essi non sentono la loro completa coesione come uomini, come la sentivano prima. Si trovarono abbandonati all’attimo fuggente, poterono sempre orientarsi in modo giusto nello spazio, ma persero l’interiore sentimento del tempo, la memoria.

 

• Dal momento in cui l’uomo perde per la vita terrestre l’interiore sentimento del tempo, l’interiore reale rapporto con il proprio passato, la sua vita cade nel caos.

La semplice esperienza dello spazio non può contribuire affatto alla salute dell’intero suo essere.

Ciò significa però che con i suoi sensi l’uomo è sempre abbandonato all’attimo fuggente; egli può perfino isolare la propria esistenza per lo spazio, per l’attimo, per l’insieme dell’esistenza umana in casi di malattia, ma in tal caso non rimane uomo nel completo senso della parola.

• Ci viene indicato qualcosa che per l’uomo è fuori dello spazio e appartiene soltanto al tempo.

 

Dobbiamo così dire: come l’esperienza spaziale è qualcosa, così per l’uomo l’esperienza del tempo, che sempre deve essere presente in lui, il sentirsi presente nel tempo è qualcosa di indispensabile, è qualcosa che egli deve avere, perché il ricordo deve rendere in lui presente il passato, perché il totale suo essere possa esistere.

Il tempo passato non esiste mai nell’attimo presente; per sperimentarlo, l’uomo deve di continuo riportare il passato nell’attimo presente.

 

Per la conservazione del passato devono dunque esistere delle forze che non derivano dallo spazio, che non si devono considerare leggi naturali operanti nello spazio, ma che risiedono al di fuori dello spazio.

 

• Sono segni che ci indicano che l’uomo, se viene posto come centro per la conoscenza del mondo, deve prendere le mosse da un’autoconoscenza; egli deve prima di ogni altra cosa ricercare in sé ciò che, perfino al di fuori dell’esistenza spaziale, vale a dire dell’esistenza di cui solo ed unicamente i sensi ci danno conto, fa di lui un’entità temporale nella stessa esistenza spaziale.

L’uomo deve perciò fare appello a forze cognitive in sé che non siano legate ai sensi, che non siano legate alle percezioni spaziali, se vuole percepire il proprio essere.

 

Appunto nell’attuale momento dell’evoluzione dell’umanità, in cui la scienza introduce l’uomo in modo tanto importante nelle leggi dello spazio, il vero suo essere, per cause che si rileveranno anche in queste conferenze, è in generale sparito per la comprensione umana.

Nel momento attuale sarà perciò in special modo necessario indicare le esperienze interiori che come abbiamo visto conducono anzitutto l’uomo dallo spazio nel tempo, e nelle esperienze del medesimo.

 

Partendo da questo, come vedremo, egli può arrivare al mondo spirituale.

La conoscenza che dal sensibile conduce nel soprasensibile fu chiamata in tutte le epoche « conoscenza attraverso l’iniziazione »,

• la conoscenza cioè dell’effettivo impulso dell’entità umana, dell’elemento attivo dell’individualità.

• Nella prospettiva di questa conoscenza iniziatica verranno qui esaminate l’evoluzione del mondo

• e quella dell’uomo nel passato, nel presente e nell’avvenire.

 

Avrò dunque da parlare anzitutto di come si possa arrivare alla conoscenza iniziatica.

Da come si parla oggi di tali cose, la conoscenza iniziatica del presente già si differenzia in modo importante da quella del passato.

 

• In quella del passato alcuni singoli maestri dell’umanità penetravano fino alla visione del soprasensibile nel mondo e nell’uomo. I discepoli che avevano un’impressione sensibile puramente umana di ciò che viveva in quei maestri del soprasensibile, si raccoglievano attorno a loro e accettavano ciò che essi potevano dare; lo accettavano sulla base dell’autorità non forzata che si affermava per virtù dell’impressione che producevano le personalità dei maestri.

Perciò durante la complessiva evoluzione dell’umanità, fino all’epoca attuale, troveremo sempre detto che il singolo discepolo doveva sottomettersi all’autorità di un maestro, di un guru.

 

• Anche a questo riguardo, come in molti altri casi che ancora ci si presenteranno in queste conferenze, la scienza iniziatica del tempo presente non può seguire la medesima via di quella seguita nel passato.

• Il guru non esponeva mai la via per la quale egli era arrivato alla conoscenza. Di una comunicazione pubblica della via verso la conoscenza superiore non si parlava affatto nei tempi antichi. Queste comunicazioni venivano singolarmente e unicamente fatte nei santuari dei misteri che in quegli antichi tempi erano le scuole superiori per la via verso il soprasensibile.

 

• Oggi non sarebbe più possibile una via del genere di fronte alla coscienza generale dell’umanità, alla coscienza a cui l’umanità si è innalzata e che ha acquistato nell’attuale momento storico.

• Perciò, chi parla di conoscenze soprasensibili è oggi naturalmente spinto a dire anzitutto come si arrivi a tali conoscenze.

 

A ognuno spetta poi decidere come comportarsi individualmente riguardo alla via da seguire nella vita, in merito a questi esercizi del corpo, dell’anima e dello spirito, per mezzo dei quali si arriva allo sviluppo di forze nell’essere umano che guardano al di là delle leggi della natura e del momento attuale e penetrano nel vero essere del mondo, come pure nel vero essere dell’uomo.