La via dell’iniziazione nei misteri egizi di Osiride e Iside. Pericoli della via mistica per colui che la intraprende senza guida

O.O. 119 – Macrocosmo e microcosmo – 25.03.1910


 

Oggi ci troviamo dinanzi a un compito relativamente difficile, ma accetteremo la pretesa un po’ forte di oggi se, al tempo stesso, diciamo che già nei prossimi giorni riguadagneremo terreno in modo da sentirlo di più sotto i piedi. Ma se non si vuol rimanere nella scienza dello spirito con mere astrazioni, se si vuol pervenire alle realtà, occorre talvolta già accogliere di buon grado anche delle comunicazioni inerenti alle sfere più alte della conoscenza spirituale.

 

Vorrei ancora aggiungere che le odierne considerazioni non constano affatto di qualche deduzione, di qualche semplice argomentazione teorica, ma di cose che furono sempre risapute da coloro che soprattutto vi penetrarono più profondamente. Tratteremo, dunque, di comunicazioni provenienti dalle conoscenze di determinati uomini.

 

Ieri abbiamo visto in che modo l’uomo possa orientarsi nell’ambito di quella che si chiama interiorità del suo corpo astrale se fosse in grado di immergervisi coscientemente al risveglio, e ci siamo procurati un concetto di ciò che vuol dire passare davanti al cosiddetto piccolo Guardiano della soglia.

Effettivamente, quanto è stato esposto ieri è piuttosto ipotetico, poiché nella vita normale, in fondo, non si verifica mai quel momento, il fatto che l’uomo penetri coscientemente nel suo interno grazie al semplice risveglio.

 

Tuttavia abbiam detto che egli, attraverso ciò che si chiama immersione mistica, si può preparare a un tale ingresso cosciente nei suoi involucri corporei esteriori. Quello che significa, però, ci si mostrerà solo nel corso delle conferenze, in cui apprenderemo anche in che cosa consista questa preparazione.

 

Per la coscienza normale può tutt’al più esserci, talvolta, il fatto che l’uomo, per condizioni inerenti alle sue precedenti incarnazioni, abbia tali momenti di risveglio cosciente. Succede in alcune individualità. Esse si svegliano in modo tale da avere un certo sentimento di angoscia. Questo proviene dal fatto che l’uomo interiore, che durante la notte era dispiegato nel macrocosmo e si sentiva libero, per così dire, rientra nella prigione del proprio corpo.

 

Inoltre, ci può essere anche un’altra sensazione, al risveglio, che si potrebbe piuttosto caratterizzare col dire che l’uomo, nel momento in cui si desta, quando insorgono tali abnormi condizioni, si sente meglio di quanto non si senta nell’arco della giornata. Sente in sé qualcosa che potrebbe chiamare il suo essere umano migliore.

 

Dipende dal fatto che l’uomo, al risveglio, avverte un sentimento: qualche cosa è affluito in lui dai mondi che sono superiori al suo mondo sensibile. Sono tali sentimenti che possono insorgere nella coscienza normale e nei quali già nella vita naturale può essere vista una certa conferma di quanto è stato detto ieri. Tuttavia ciò che è stato descritto può essere sperimentato in piena estensione soltanto dal vero, autentico mistico.

 

Si tratta però di vedere se si può anche proseguire. Poiché quanto vi si sperimenta, ciò che ieri è stato esposto, è il lato interno della parte spirituale dell’uomo esteriore; è il lato interiore di ciò che si chiama corpo astrale dell’uomo. Resta da vedere se si può discendere ancor più in profondità verso parti meno spirituali, o meglio verso quelle parti della natura umana che nella vita ordinaria si presentano in modo meno spirituale. Esse possono essere spirituali nei loro fondamenti, proprio perché tutto ciò che ci si fa incontro nel mondo esteriore possiede un elemento spirituale sullo sfondo più profondo.

 

C’è da chiedersi se si può discendere ancora oltre, fino al corpo fisico, e se vi sta ancora qualcos’altro fra il corpo astrale che è all’inizio il più spirituale e questo corpo fisico. I libri antroposofici descrivono quest’altro elemento come corpo eterico o vitale, così che quando noi discendiamo, dovremmo trovare, dopo aver fatto conoscenza col corpo astrale dall’interno, il corpo eterico e forse anche qualche traccia del nostro corpo fisico che, altrimenti, vediamo soltanto dall’esterno, ma che tuttavia possiamo anche riconoscere dall’interno tramite tale penetrazione cosciente nella nostra corporeità.

 

Solo che, in genere, non va bene, non è privo di rischi proseguire di un passo riguardo all’approfondimento mistico, come ieri è stato indicato. Tutto ciò che abbiamo detto ieri può soltanto essere eseguito con molta cautela dall’uomo che acquisisca una conoscenza di quanto si trova nel mio scritto Come si conseguono conoscenze dei mondi superiori? o nella seconda parte del mio libro La scienza occulta, di cui nelle prossime conferenze avremo ancora modo di parlare.

Fino a questo punto, quindi, l’uomo si può aiutare innanzi tutto da sé. Ma continuare su questa via nell’interiorità umana non è privo di pericolo e, per il modo in cui l’uomo oggi ama acquisire le sue cognizioni spirituali, non si può neanche fare.

 

Perciò vedremo come oggi venga scelta un’altra via di conoscenza.

La via di discendere profondamente nell’interiorità umana senza occuparsi di qualcos’altro, normalmente, non va più percorsa nella nostra odierna civiltà.

La nostra vita culturale attuale è disposta in modo che l’uomo soltanto fino a un certo grado sottostà volentieri, ed egli vuole seguire anche la sua via di conoscenza con la massima libertà possibile.

 

Vedremo che c’è pure una via che conduce nei mondi spirituali, la quale tiene pienamente conto della peculiarità della natura umana odierna; e noi conosceremo tale via, la cosiddetta via di conoscenza rosicruciana, come vera via adeguata ai tempi. Ma appartiene ai tempi moderni. Non esisteva ancora nei misteri, cioè in quei luoghi in cui l’uomo, nell’antichità, veniva iniziato ai segreti più profondi.

 

A quei tempi vi erano dei misteri che accompagnavano facilmente l’uomo oltre il piccolo Guardiano della soglia e lo conducevano nella sua propria interiorità, e altri che lo accompagnavano nel macrocosmo, così da dover attraversare una specie di estasi.

Questi due sentieri sono quelli che furono principalmente battuti e attraversati negli antichi tempi. La via per la quale si scendeva nella propria interiorità era coltivata meglio e più intensamente in quei luoghi di iniziazione chiamati misteri egizi, misteri di Osiride e di Iside; e per descrivere quanto l’uomo può sperimentare in questa discesa nella sua interiorità, oggi dovremo rifarci un po’ alle esperienze di un discepolo dei misteri di Iside e Osiride.

 

Come vedremo nelle prossime conferenze, oggi si può acquisire proprio quell’iniziazione che conduce alla piena conoscenza di quei misteri, ma non più per la stessa via come nell’antico Egitto.

Nell’antico Egitto era necessaria una cosa contro cui la natura umana odierna si ribellerebbe.

 

Occorreva infatti che, al momento in cui l’uomo doveva discendere nel proprio interno, o già precedentemente, egli non cercasse più autonomamente il suo progresso attraverso il proprio percorso di conoscenza, ma si affidasse a quello che con un termine preso dalla filosofia orientale si chiama guru, un grande maestro iniziato. Altrimenti la via era troppo pericolosa per il singolo. Di norma era stabilito che già i passi della immersione mistica che ieri sono stati descritti dovessero essere fatti sotto la guida del guru, il grande maestro iniziato.

 

Che scopo aveva propriamente la direzione di quel grande maestro iniziato? Abbiamo detto in una precedente conferenza che quando noi, al mattino, ci immergiamo nella nostra corporeità, la nostra anima viene accolta da tre forze che abbiamo designato, con nomi presi da un’antica terminologia, come forze di Venere, di Mercurio e della Luna. Ciò che in genere si intende con forza di Venere è qualcosa che l’uomo può raggiungere anche solo da se stesso, quando discende nel proprio interno.

 

• Egli può tener testa alla forza di Venere col fatto di ricevere una certa educazione nell’umiltà e nell’altruismo. Prima di intraprendere un tale percorso nei mondi sconosciuti della propria interiorità, deve contenere tutti gli impulsi egoistici, quelli dell’amore di sé, ed educarsi all’altruismo; deve fare di sé un essere pieno di amore e compassione non solo per i suoi simili, ma per ogni esistenza. Allora può abbandonarsi, semmai, ancora a quelle forze, discendendo nella sua corporeità, che abbiamo denominato con il termine forze di Venere.

 

La cosa, però, diventerebbe già più pericolosa se egli si volesse abbandonare addirittura anche a quelle forze che abbiamo designato come forze di Mercurio. Nelle antiche iniziazioni egizie, l’uomo vi veniva guidato dal grande maestro che poteva maneggiare in modo molto cosciente quelle forze mercuriali grazie alle sue esperienze passate. L’uomo veniva condotto nel suo proprio interno da un sacerdote di Hermes o Mercurio, ma questo richiedeva una rigorosa sottomissione a tutto ciò che quel grande maestro esigeva dal discepolo.

 

Era indispensabile un grado di sottomissione tale che il discepolo doveva determinarsi a eliminare completamente, da allora in poi, il suo proprio io, persino a non volere nulla, a non avere addirittura nulla di impulsi propri, fin dentro la sua anima, ma ad eseguire strettamente soltanto quello che il sacerdote di Hermes gli ordinava.

 

Il discepolo dei misteri egizi doveva proprio riconoscere quell’autorità che ripugnerebbe all’uomo attuale e alla quale costui non ha più nemmeno bisogno di sottomettersi. Il discepolo doveva non solo seguire per molti anni il maestro per quanto riguarda le sue azioni esteriori, ma doveva affidarsi, fin nei suoi pensieri, fin nel suo mondo di sentimento, alla guida di costui per poter discendere senza pericolo nella propria interiorità.

 

Ora arriviamo alle esperienze che molti uomini hanno vissuto, che vengono quindi raccontate a partire dalle esperienze che l’uomo visse con l’aiuto della sua grande guida, e che si potrebbero indicare dicendo: l’uomo imparava a conoscere uno strato più profondo della sua propria interiorità.

 

Ieri abbiamo descritto in modo chiaro e concreto che cosa significhi imparare a conoscere dall’interno il proprio corpo astrale. Ora racconteremo una buona volta alcune di quelle cose che, con l’aiuto della sua guida, l’iniziando sperimentava nei misteri di Iside e Osiride riguardo al corpo eterico o vitale dell’uomo.

 

• Lì il discepolo, attraverso l’esclusione del proprio io, veniva indotto a vedere con gli occhi spirituali del suo maestro, a pensare con i pensieri del suo maestro, a divenire egli stesso una specie di cosa esterna e a guardare se stesso con gli occhi del proprio maestro.

Veniva poi introdotto in singolari esperienze, in cui aveva la sensazione che la vita del tempo andasse all’indietro; e contemporaneamente sentiva come se tutto il suo essere, che ora guardava tramite gli occhi spirituali del sacerdote di Hermes, si estendesse, aumentasse.

 

Egli aveva la sensazione come di espandersi in se stesso, come se crescesse in epoche precedenti alla propria vita di allora, come se egli nella successione dei tempi retrocedesse. E gradualmente aveva la sensazione di tornare indietro molti, molti anni, una durata di tempo assai lunga, molto più lunga della propria vita che aveva trascorso dalla nascita in poi; quindi il discepolo sperimentava un ampio andare a ritroso nella sequenza temporale.

 

• Durante questa esperienza, guardando con gli occhi del maestro iniziato, egli vedeva innanzitutto se stesso, ma più indietro ancora nella successione del tempo vedeva molte generazioni di cui sentiva che erano i suoi antenati.

L’iniziando per un certo periodo aveva la sensazione di risalire la serie dei propri antenati, ma non in modo da esser là dentro, grossomodo, in quegli antenati, non come se fosse identico a loro, ma come se, per così dire, si librasse al di sopra di essi fino ad un certo punto, fino ad un antenato primordiale, dopo di che l’impressione si dileguava. Era come se vedesse delle figure terrene con cui la propria esistenza, in certo senso, aveva attinenza.

 

La guida doveva spiegare all’iniziando quanto egli vi aveva effettivamente visto. Possiamo rendercelo comprensibile soltanto nel modo seguente. Quando attraverso la nascita si passa nell’esistenza, dopo aver attraversato il mondo spirituale tra la morte e una nuova nascita, col proprio essere spirituale non si portano, dunque, con sé solo le peculiarità prese dalla vita precedente, ma si portano anche – ognuno che considera la vita sa questo – tutte quelle che vengono chiamate qualità ereditate.

 

Si nasce in una famiglia, in un popolo, in una razza. Così si albergano in sé quelle qualità ereditate; si porta in sé il retaggio dei propri antenati. Questa eredità non la si porta con sé, naturalmente, dalla propria ultima incarnazione, ma la si è trasmessa di generazione in generazione.

Si tratta di riconoscere: che cosa fa sì che l’uomo si incarni con il suo essere più intimo in una determinata famiglia, in un dato popolo, in una certa razza? Che cosa fa sì che nel suo discendere attraverso la nascita egli ricerchi caratteri genetici ben determinati? Egli non li ricercherebbe mai se non vi avesse alcun rapporto. L’uomo, in effetti, già molto tempo prima della sua nascita è in connessione con queste qualità.

 

Partendo da un determinato individuo e risalendo a suo padre, nonno, bisnonno e così via, se si potesse seguire ciò realmente dall’interno, si mostrerebbero i caratteri dell’ereditarietà per un certo numero ben preciso di generazioni fino a una certa generazione. Poi tali caratteri si perdono.

Vale a dire, potendo seguire una serie di generazioni troveremo che, attraverso di esse, i caratteri genetici si riducono. Alla fine sono ancora presenti in condizioni massimamente rarefatte, poi svaniscono del tutto. Come vediamo dileguarsi a poco a poco i caratteri dell’ereditarietà lungo le generazioni, così possiamo ritrovare, partendo da un individuo, come ciò che è presente nel figlio sia molto simile nel padre, un po’ meno nel nonno, ancora di meno nel bisnonno e via dicendo.

 

Il sacerdote di Iside e Osiride riconduceva davvero l’iniziando molto indietro, fino a risalire a quell’antenato che aveva ancora in sé delle caratteristiche che la forza dell’ereditarietà aveva trasmesso fino a lui. Questo ci mostra che l’uomo ha certi rapporti con quelle che noi chiamiamo le sue caratteristiche ereditarie.

 

• Le cose in effetti stanno così: noi siamo entrati in modo spirituale in rapporto con quell’antenato da cui abbiamo ereditato ancora qualcosa, con quell’antenato primigenio di cui abbiamo ancora in noi delle qualità, anche se così assottigliate. In certo modo è proprio così: l’uomo si prepara per molto tempo a quelle che saranno da ultimo le sue caratteristiche ereditate.

 

Egli non le eredita soltanto, ma le dà, in certo senso, ai suoi antenati, le inocula loro dal mondo spirituale. Egli lavora attraverso intere generazioni, così che alla fine possa nascere quel corpo fisico a cui si sente attratto.

 

Sembra strano, ma è così: noi stessi abbiamo lavorato dal mondo spirituale ai corpi fisici dei nostri antenatiper plasmare a poco a poco, a partire da quel mondo,quelle qualità che infine riceviamo alla nascita come caratteristiche ereditate.

 

È questo che si mostra innanzitutto quando l’uomo viene guidato nel proprio corpo eterico o vitale.

Gli si manifesta che quel corpo eterico che egli porta con sé, in effetti, ha una lunga storia ed è stato preparato da lui da molto tempo.

• Molto, molto tempo prima di poter entrare nell’esistenza attraverso la nascita, egli stesso aveva lavorato nel mondo spirituale al corpo eterico o vitale che ora porta.

Ed ha iniziato a lavorarvi dal momento in cui il suo più antico antenato da cui egli ha ricevuto ancora dei caratteri ereditari mise piede sulla Terra fisica.

 

Questa è vera esperienza di un pezzo del nostro corpo eterico. Quando nella teosofia si enumera che l’essere umano è costituito da corpo fisico, corpo eterico o vitale, corpo astrale e Io, si sono date soltanto certe indicazioni, il nocciolo di certi insegnamenti. Il modo in cui si presenta ciò che qui, quale involucro, esiste come nostro proprio elemento interiore, possiamo conoscerlo solo familiarizzando con le comunicazioni di coloro che si sono addirittura inoltrati in questo lavoro umano sugli involucri.

 

• L’uomo dunque, con la propria nascita (spirituale?), impara a entrare in quei regni che egli ha attraversato prima di essere entrato nell’esistenza nascendo; quindi impara a conoscere, come mistico, un tratto della sua vita prima della nascita, un grande tratto che abbraccia dei secoli. Poiché sono secoli che in tal caso egli attraversa, fino al periodo in cui, nella vita fra l’ultima morte e l’attuale nascita, ha cominciato a plasmare l’immagine primigenia del suo corpo eterico.

 

Nel momento in cui egli iniziò questo lavoro, nel sangue di un uomo fisico scaturì il primo germe di quelle particolari caratteristiche che si delineavano sempre di più finché quel corpo eterico non fosse arrivato a un punto tale da poter assumere con la nascita i caratteri di cui egli stesso fu la concausa.

Questo è un lato delle esperienze vissute. Quanto vi si sperimenta è, per così dire, un ricostruire tutto quello che si è dovuto fare nel mondo spirituale addirittura molto tempo prima di esser entrati nell’esistenza in questa incarnazione con la nascita.

 

Ciò che si è costruito e poi, in certo qual modo, si è accostato assieme, si è compresso nel suo attuale corpo eterico, quanto si è condensato in esso per dei secoli si chiamava “elemento superiore”, l’uomo celeste o spirituale; così che c’era l’espressione tecnica:

• «Entrando nel corpo eterico o vitale, l’uomo impara a conoscere il proprio essere superiore».

Veniva anche chiamato “uomo celeste o spirituale”, poiché l’essere umano doveva sentire che quanto fosse disceso da lui era plasmato e proveniva dalla sfera spirituale.

 

Ed ora veniamo alla seconda parte dell’esperienza.

Quando l’uomo veniva condotto a quel punto dall’iniziato di Hermes, imparava a conoscere qualcos’altro; imparava a conoscere qualche cosa che prima gli era davvero ignota, di cui però proprio il maestro gli spiegava come essa non gli potesse essere del tutto estranea.

• Gli veniva mostrato – e il discepolo imparava ben presto a rendersi conto dell’esattezza di tale indicazione – che gli si faceva incontro qualcosa che egli stesso aveva una volta lasciato indietro dal suo proprio essere, qualcosa che di sé era sopravvissuto, che stava nella più intima affinità con lui, ma che ora gli compariva davanti come un elemento esterno, come una cosa estranea.

 

E che cos’è questo elemento con cui l’uomo si connetteva in maniera così singolare?

Lo comprenderemo meglio se prendiamo le mosse da una descrizione del momento della morte.

 

La ricerca spirituale ci mostra che in quel momento l’essere umano depone il suo corpo fisico. Di lui rimangono quelli che conosciamo come Io e corpo astrale, i quali fuoriescono ogni notte durante il sonno, e in un primo momento rimane anche il corpo eterico o vitale.

L’uomo dopo la morte vive un certo tempo che si risolve in pochi giorni in questi tre arti della sua entità: nel suo Io, nel suo corpo astrale e nel suo corpo eterico.

Ma poi la parte più essenziale del suo corpo eterico va via da lui, come un secondo cadavere.

 

Viene sempre detto – anche da me, e credo a ragione – che quanto a quel punto si diparte come secondo cadavere si disperde nel mondo eterico generale, si dissolve, e l’uomo porta con sé, nella vita che ora si svolge tra la morte e una nuova nascita, solo un’essenza, un estratto, un germe.

Tale processo, di solito, viene descritto così, ma in realtà è molto più complicato.

 

Quanto lì si dissolve e diventa a poco a poco come un secondo cadavere nel mondo eterico ha bisogno di un bel po’ di tempo per la sua completa dissoluzione, e le ultime tracce che rimangono di quel corpo eterico dell’ultima vita sono quelle che l’iniziando trova come una cosa estranea quando, nel suo percorso a ritroso, è risalito fino al punto della successione temporale dove l’uomo arriva al suo primissimo antenato da cui ha ereditato ancora qualcosa.

Lì si incontra con l’ultimo residuo del suo ultimo corpo eterico.

 

Ed ora, se continua la sua iniziazione, egli deve, in certo qual modo, penetrare in questo suo ultimo corpo eterico da lui lasciato indietro; e allora rivive a ritroso un periodo di tempo quasi lungo, ma non così come lo ha sperimentato prima fino al suo più antico antenato.

Infatti questo periodo fino al più vecchio antenato sta a quello che egli deve ora attraversare in un rapporto di sette a cinque.

 

L’uomo trascorre ora un periodo di tempo in cui egli trova sempre più compresso quanto ha incontrato quale ultimo residuo della sua vita precedente.

Mentre questo si restringe per la sua percezione, diventa sempre più simile al suo ultimo corpo eterico o vitale, fino ad arrivare infine alla forma che questo corpo eterico aveva al momento in cui egli passò per la sua ultima morte.

E dopo che la forma si è contratta sempre di più, egli sta davanti alla sua ultima morte.

In quel momento, per l’uomo che è iniziato, non vi è più alcun dubbio che la reincarnazione sia una verità, poiché egli è tornato indietro fino alla sua ultima morte.

 

Quindi abbiamo conosciuto la parte che l’uomo incontra come residuo della sua ultima vita terrena.

Quello che egli a quel punto sperimenta come venendogli incontro dalla sua ultima vita terrena, nella scienza dello spirito lo si designa sempre come l’uomo terreno o l’essere “inferiore”.

 

• Così dunque l’essere umano attraversava, quasi nel mezzo della sua esperienza iniziatica, la connessione tra l’elemento superiore e quello inferiore e poi seguiva indietro questo inferiore al punto da scendere fino alla sua ultima vita. Perciò egli, durante la sua iniziazione, percorreva un ciclo, penetrando il suo attuale corpo eterico, arrivando fino al corpo eterico della sua ultima vita e poi di nuovo indietro fino alla sua attuale. Egli si è congiunto nella visione spirituale con quanto era stato in una precedente incarnazione.

 

Una cosa simile nella scienza dello spirito si definiva sempre “cerchio” e lo si esprimeva con il simbolo del serpente che si attorciglia e si afferra per la coda.

Il serpente è un simbolo di molte cose, anche delle esperienze dell’iniziazione ai misteri di Iside e Osiride che abbiamo appena descritto.

 

Così vediamo che con le parole: «L’uomo ha un corpo eterico», la natura di questo corpo eterico non è esaurita. Si viene a conoscere la sua natura solo se ci si cala in esso. Allora si impara a conoscere i due uomini che sono riuniti in ogni uomo, si conosce il karma, per così dire, al lavoro.

Ci si può spiegare perché con la nascita si penetri nell’esistenza in un modo ben determinato.

 

Occorreva attendere dalla propria ultima morte fino alla nuova nascita, finché il vecchio corpo eterico o vitale si fosse dissolto, e solo allora si poteva iniziare a formare il nuovo corpo eterico.

Ma ciò che ho appena raccontato ci mostra che l’uomo, in effetti, non ha completamente superato quello che si è dissolto come suo vecchio corpo eterico, poiché lo ritrova ancora quando discende nel suo proprio interno.

Perché può ritrovarlo? Perché ne ha trattenuto un’essenza, un estratto.

Se non avesse trattenuto questo estratto non potrebbe ritrovare neanche la parte del suo corpo eterico o vitale che si è dissolta.

 

Vediamo così come sia profondamente fondato quanto si può spiegare solo a poco a poco in conferenze scientifico-spirituali. Quando in genere veniva detto, anche in conferenze essoteriche, che l’essere umano dopo la morte porta con sé un’essenza del suo corpo eterico, non è un’astrazione. Siamo ora arrivati a un punto in cui siamo in grado di riconoscere da dove la ricerca dello spirito attinga.

Tutto ciò che viene comunicato a riguardo si basa sui più profondi fondamenti immaginabili, si basa tutto sull’investigazione spirituale. Qui abbiamo un pezzo di questa indagine, abbiamo la descrizione di come siano ricercati questi tasselli che poi vengono comunicati nella scienza dello spirito esteriore.

 

In tal modo, dunque, l’uomo arriva alla sua ultima morte; e noi abbiamo imparato così a conoscere alcune qualità che il mistico che entra ancor più profondamente in sé acquisisce per mezzo della sua iniziazione sotto la direzione della sua guida. Mentre ieri abbiamo fatto la conoscenza di qualità astrali che ci risultano come infinito senso di gratitudine da un lato e come senso infinitamente intensificato di responsabilità dall’altro, come ciò che il mistico ritrova nel suo corpo astrale, oggi abbiamo conosciuto quanto egli trova quando discende nel suo corpo eterico o vitale: l’uomo superiore e quello inferiore.

 

I passi ulteriori dell’iniziazione conducono l’uomo, dopo esser arrivato col suo sguardo retrospettivo alla sua ultima morte, a poter proseguire oltre e conoscere la sua ultima vita.

Questo però non è particolarmente facile.

Poiché si tratta di questo: all’uomo ora, in effetti, sotto la direzione della sua guida, viene fatto ancora una volta notare come egli non debba andare avanti senza prima rinunciare completamente a se stesso, senza cadere nella totale dimenticanza di sé, perché non è possibile proseguire il cammino se si possiede anche soltanto qualcosa di ciò che è personale coscienza di sé relativamente a questa attuale incarnazione, a questa vita fra la nascita e la morte.

 

• Finché si ritiene di possedere ancora qualcosa di proprio non si può conoscere ciò che è una diversa personalità: la precedente incarnazione.

Bisogna diventare capaci di potersi ritenere un altro – questo è importante – e tuttavia non ci si deve smarrire.

Occorre dunque diventare abili a trasformarsi fino al punto da sentirsi scivolare entro un involucro corporeo del tutto diverso.

 

Solo se si è arrivati fino a quel grado di abnegazione in modo da dimenticarsi completamente di tutto ciò che ha a che fare con noi e che può essere vissuto in questa incarnazione, solo se ci si è annullati al massimo livello possibile nella propria guida, si può proseguire nell’ultima incarnazione, dall’ultima morte fino alla penultima nascita.

Allora – e questo è importante – non si sperimenta grossomodo ciò che nella precedente incarnazione si è visto fuori nel mondo sensibile, ma si vive tutto ciò che nell’ultima incarnazione si è lavorato a se stessi, quanto si è fatto da se stessi.

 

Ciò che gli occhi hanno visto e gli orecchi hanno udito, quanto ci è venuto incontro soprattutto nel mondo esteriore si sperimenta in altro modo. Si rivive, però, ciò che si è fatto da sé nell’ultima incarnazione fino all’ultima morte. Si sperimentano tutti i propri sforzi compiuti per progredire di un tantino in quella passata incarnazione.

• Dopo aver attraversato quell’esperienza, dopo aver sperimentato quel lavoro su se stessi, si viene di nuovo ricondotti dalla guida alla propria attuale incarnazione. Quindi ci si muove rapidamente dalla precedente incarnazione a quella attuale, e soltanto allora si ritrova se stessi.

 

Ed ora si ha una strana sensazione, quella di essere realmente costituiti da due personalità; abbiamo portato con noi l’una e con questa siamo entrati in quella attuale. Questo dà il senso di essere dentro nel proprio corpo fisico. Non è possibile sperimentarsi in esso altrimenti se non con la sensazione che ci si è vissuti dentro con la propria incarnazione precedente.

 

Ho già ripetutamente indicato che nella normale vita ordinaria si vede il corpo fisico dall’esterno. Dapprima si riceve un concetto, cioè quello di vedere il corpo fisico dall’interno. Solo in tal modo si può entrare in se stessi: andandoci attraverso la precedente incarnazione. Allora vi si trova e si può guardare il proprio corpo fisico con gli occhi e le esperienze dell’ultima incarnazione. Ma non è ancora abbastanza, poiché a quel punto ci si accorge ancora molto poco del proprio corpo fisico attuale.

 

Quando infatti la guida ha portato l’essere umano al punto da avere un po’ il sentimento di stare coscientemente dentro se stesso con la sua precedente personalità, allora la guida deve ancora una volta lasciargli fare tutto il cammino all’indietro.

 

Ora l’uomo percorre la via dalla penultima nascita fino alla penultima morte, nello stesso modo come è stata descritta; vi sperimenta nuovamente quanto nel frattempo ha attraversato nel mondo spirituale come uomo superiore e uomo inferiore, e vive fino alla sua penultima incarnazione; raggiunge dunque, grazie alla sua penultima morte, la penultima incarnazione.

 

Beninteso, si può percorrere un unico giro solo fino alla propria precedente incarnazione; poi si deve rientrare nel proprio corpo e allora se ne può fare un secondo. Si arriva alla penultima incarnazione. Con questo dietro-front si ritorna nel corpo attuale. Ora si ha il sentimento che vi siano come tre personalità in quella attuale.

 

Il giro può venir ripercorso tante volte fino ad arrivare a un punto che risale lontano nell’evoluzione terrestre. L’uomo qui scopre che in una passata personalità era incarnato nel precedente periodo culturale, quello greco-romano; che in una civiltà ancora prima era incarnato nel periodo egizio, in un’altra ancora precedente nella civiltà paleo-persiana e in una ancora prima nel periodo indiano antico. Più su si vive in quello che troviamo descritto come epoca atlantica e ancor più su si giunge alla cosiddetta epoca lemurica. Qui cessa la possibilità di fare tali esperienze come sono state appena descritte.

 

Così l’uomo ha effettivamente la possibilità di ritrovare se stesso internamente, attraverso tutte le culture e razze possibili, così lontano, su fino all’inizio del suo divenire terrestre, fino alla sua prima incarnazione terrena. In ciò che chiamiamo interno del nostro corpo fisico troviamo propriamente, come forze, tutte le nostre incarnazioni passate.

 

Ciò che noi oggi siamo esternamente come corpo fisico ha in sé le forze di tutte le precedenti incarnazioni.

Se nella teosofia esteriore si dice che l’uomo consta di un corpo fisico, di un corpo eterico o vitale, di un corpo astrale, significa che è costituito innanzitutto da qualcosa che, visto dall’interno, si configura in incarnazioni inserite l’una nell’altra.

Tutte le nostre incarnazioni riunite all’interno del nostro corpo fisico sono effettivamente all’opera.

 

E se parliamo del corpo eterico o vitale, dobbiamo ricordarci che esso, visto dall’interno, appare come un ciclo che scorre continuamente all’indietro dalla nostra nascita attuale fino all’ultima morte.

Lì si mostrano le qualità dei nostri involucri, di quello che abbiamo in noi, in cui possiamo immergerci misticamente, in cui possiamo penetrare.

 

L’uomo però, quando è tornato molto indietro, quando è arrivato quale iniziando per mano dell’iniziato di Hermes alla sua prima incarnazione, sperimenta molto di più; a quel punto del suo percorso retrospettivo egli viene a sapere che, in una certa epoca del nostro divenire, della nostra evoluzione terrestre, egli si trovava in condizioni evolutive molto diverse da quelle attuali, ed anche l’ambiente era del tutto differente. La Terra a quei tempi in cui l’essere umano viveva nella sua prima incarnazione era molto diversa.

 

• Quando noi oggi guardiamo fuori nel mondo, ci si fanno incontro tre regni della natura: il regno animale, quello vegetale e quello minerale. In fondo, abbiamo tutti questi tre regni in noi. Abbiamo in noi il regno animale per il fatto di avere un corpo astrale che compenetra con forza il nostro corpo esteriore, il regno vegetale perché abbiamo un corpo eterico o vitale che fa qualcosa di simile, e il regno minerale per il fatto che congiungiamo con noi le sostanze che appartengono a quel regno, le assimiliamo e le facciamo passare attraverso di noi.

 

Quando risaliamo nello spirituale fino al punto in cui, sperimentando l’interno del nostro corpo fisico, arriviamo alla nostra prima incarnazione, notiamo che la Terra a quel tempo era giunta, appunto, all’epoca della sua evoluzione in cui il regno minerale era appena sorto nella sua forma odierna. Perciò a quell’epoca potevamo plasmare anche la nostra prima incarnazione fisica, poiché, mentre si formava il regno minerale, potevamo così, per la prima volta, accogliere in noi qualcosa di quel regno. Dunque, allo stesso tempo, arriviamo all’inizio del regno minerale sulla nostra Terra.

 

Potremmo ora chiederci: «Sì, ma questo regno minerale sulla nostra Terra non era esistito prima propriamente come regno vegetale e animale?». Potrebbe crederlo solo chi, per così dire, arrivasse col pensiero fin dove giunge il suo naso. Ma chi pensa un pochino con dei paragoni si dirà: «Io ho già nel normale carbon fossile qualcosa che sorse dalla pianta ed è diventato minerale soltanto dopo esser stato prima vegetale». Il regno vegetale poteva esistere prima del regno minerale, ma in condizioni differenti da quelle odierne. Il regno minerale è solo una formazione successiva rispetto a quello vegetale.

 

Quest’ultimo ha preceduto il regno minerale. Il regno vegetale non segue quello minerale, ma è esistito già prima in condizioni diverse. Il regno minerale si è formato come prodotto indurito del regno vegetale.

 

E nel momento in cui sulla nostra Terra si formava il regno minerale, l’uomo entrava nella sua prima incarnazione terrestre. Il regno minerale si è sviluppato durante certi lunghi periodi di tempo; e da allora noi percorriamo le nostre incarnazioni terrestri. Ci siamo appropriati di questo regno minerale solo a quei tempi. Prima eravamo sostanzialmente diversi come esseri; non avevamo ancora le sostanze del regno minerale inserite in noi come le abbiamo oggi quali uomini fisicamente incarnati.

Perciò nella scienza dello spirito si diceva anche, in ogni epoca: «La nostra Terra è progredita nella sua evoluzione fino alla formazione del regno minerale, e così l’uomo allo stesso tempo si è appropriato di questo regno minerale».

 

Quindi vediamo di nuovo come l’essere umano, scendendo in se stesso fino alla conoscenza del suo corpo fisico, arrivi a un punto in cui esce da se stesso. Come potremmo aspettarci qualcosa di diverso? Sappiamo che col nostro corpo astrale siamo affini agli animali, col nostro corpo eterico alle piante, col nostro corpo fisico ai minerali. Non c’è da meravigliarsi che quando discendiamo fino al corpo fisico incontriamo, a questo limite, il regno minerale quale elemento esterno.

Penetriamo, in certo qual modo, in noi stessi e giungiamo stranamente a un punto in cui usciamo da noi entrando nel regno minerale, non in quello che oggi abbiamo intorno a noi, ma in quello al momento della sua formazione sulla Terra nell’epoca lemurica.

 

Noi distinguiamo la nostra attuale epoca terrestre che risale fino al periodo della grande catastrofe atlantica e quella che si trova ancor prima, l’epoca lemurica. Prima della catastrofe atlantica la faccia della Terra era del tutto diversa da quella di oggi. Vi era un grande continente, su cui vivevamo, tra l’odierna Europa e l’Africa da una parte e l’America dall’altra, il continente atlantico. In un’epoca terrestre ancora precedente, la Terra si presentava di nuovo differente.

 

Allora gli uomini – ossia noi stessi in una nostra precedente incarnazione – vivevano su un continente che oggi sulla Terra dovremmo ricercare tra l’Australia, l’Africa e l’Asia: l’antica Lemuria, come la chiama anche la scienza naturale odierna. A quei tempi l’uomo percorreva la sua prima incarnazione, e proprio in quel periodo si formava il regno minerale. Fu anche il momento in cui la Luna, che oggi abbiamo nello spazio celeste, si separò dalla Terra. La nostra Luna prima era congiunta alla Terra. Sia detto solo tra parentesi, come ciò venga indagato ne parleremo ancora nei prossimi giorni.

 

Con ciò abbiamo visto che quando discendiamo in noi stessi e ci conosciamo davvero, quando con l’aiuto della guida, grazie ad un’esperienza veramente mistica, penetriamo profondamente in noi, usciamo fuori di noi stessi. Il nostro cammino ci conduce dall’uomo verso la Terra minerale, a quella Terra da cui abbiamo acquisito le nostre materie terrestri, la nostra sostanza fisica.

 

Questa è una delle vie che volevo descrivervi quale via che poteva venir percorsa ed è stata seguita da molti negli antichi misteri di Iside e Osiride. Come già detto essa poteva venir percorsa solo con l’aiuto di una guida a cui ci si sottometteva nel modo più rigoroso. Se il discepolo a quei tempi non si fosse sottomesso alla guida con tutto il suo io, non avrebbe mai potuto seguire quelle vie che oggi abbiamo descritto, ma sarebbe penetrato nella sua interiorità e ne avrebbe conosciuto i lati peggiori. Avrebbe conosciuto quanto avrebbe fatto da sé col proprio io egoistico.

 

Nei prossimi giorni descriveremo l’altra via, quella dei misteri nordici, la quale non portava l’uomo dentro di sé, ma lo conduceva fuori di sé nel mondo celeste. E dopo aver conosciuto queste due vie, oggi non più praticabili a causa della natura umana progredita che vuol essere libera da qualsiasi autorità assoluta, impareremo a conoscere la via percorribile e giusta per l’umanità attuale, la cosiddetta via rosicruciana.

 

Si deve menzionare solo come certi mistici moderni abbiano cercato di ingegnarsi, non avendo un maestro a cui rigorosamente sottomettersi. Essi sapevano cavarsela in altro modo, ed è interessante vedere come anche la via di tali mistici divenga comprensibile quando si conoscono quei misteri che sono stati appunto descritti. Prendiamo ad esempio Maestro Eckhart.

Egli era un mistico del medioevo privo di una guida come l’avevano gli iniziandi di Iside e Osiride; tuttavia è disceso, per così dire, da solo nella sua interiorità.

 

Sarebbe stato per lui molto pericoloso se avesse semplicemente continuato oltre un dato punto la propria immersione interiore che gli risultava naturale. Poiché difficilmente sarebbe rimasto preservato davanti al fatto di non poter evitare, a un certo punto, la comparsa dell’esigenza del proprio io. Infatti il pericolo di questo immergersi nel proprio interno è appunto il fatto che l’io si fa valere in modo egoistico.

 

Naturalmente si potrebbero fare lunghi discorsi sul fatto che l’uomo debba scendere in se stesso, si possa immergere in sé e trovi in se stesso l’uomo divino. Ma quelli che parlano così, di regola, non sono arrivati molto lontano. Se fossero arrivati lontano avrebbero pure trovato che quando rimangono abbandonati a se stessi l’io egoistico si fa valere in modo spaventoso.

Si potrebbe sperimentare in tali mistici che finché erano accompagnati attraverso la vita esteriore convenzionale erano persone per bene; ma nel momento in cui si immergevano nel loro intimo, quando essi, dunque, abbandonavano quanto agiva su di loro da fuori e visitavano il loro uomo interiore, allora quell’uomo interiore si faceva pure valere.

 

Mentre quegli uomini prima erano indotti da un’educazione esteriore a dire la verità, poteva succedere che, quando si imponeva l’io egoistico, essi iniziassero a mentire, diventassero insinceri e fossero più fortemente egoisti nella vita abituale rispetto agli altri uomini. Tali esperienze può fare chi osserva mistici mal guidati che parlano volentieri del fatto che ci si debba immergere nella propria interiorità per trovare l’uomo superiore.

Per lo più non si trova questo essere umano superiore, ma si trova il proprio uomo più ordinario che di regola è peggiore di quello convenzionale. Ci si deve salvaguardare da questa rivendicazione dell’io egoistico.

 

Nei misteri egizi, l’iniziando ne era protetto dal sacerdote di Hermes, che assumeva per lui la guida in modo che il discepolo non seguisse più il proprio io. Maestro Eckhart non ebbe un tale maestro. Tauler ebbe lui come guida da un certo momento in poi, ma Eckhart non ebbe una simile guida. Tuttavia come fece a proteggersi dalle pretese egoistiche del proprio io? Tale sana natura mistica quale fu Maestro Eckhart – come lo furono pure quasi tutti i mistici cristiani del medioevo che non avevano un simile maestro – si poté tutelare per il fatto di essersi interamente compenetrato del seguente sentimento: «Adesso tu non sei più te stesso, ora sei diventato un altro; ora questi non dice, non sente e non vuole più quello che dici, senti e vuoi tu; ora lasciati completamente riempire del Cristo».

 

Egli tradusse in atto le parole di Paolo: «Non io, ma il Cristo in me». Allora egli compì questa trasformazione: si svuotò, per così dire, di ogni sé, rinunciò al suo io e si lasciò riempire da un altro Io.

“Annullarsi”, l’opposto di “divenire” è una bella parola del mistico cristiano medioevale.

Come si “diventa” un io egoistico, così questi mistici cercavano di “annullarsi”, ossia di rinunciare del tutto al loro io e di colmarsi totalmente con un altro Io.

 

Erano questi i rimedi contro le esigenze egoistiche dell’io, a cui ricorrevano mistici come Maestro Eckhart o quel mistico che è l’autore della cosiddetta Theologia Teutsch: essi non volevano parlare da se stessi, ma potevano far parlare dentro di sé un uomo superiore, un uomo che ravvivava e poteva ispirare interiormente l’uomo attuale. Perciò questi mistici insistevano sempre ripetutamente di voler dedicare completamente il loro sé a ciò che vivevano interiormente.

 

Vediamo dunque come si avvicinassero i tempi moderni, come i mistici cristiani del medioevo, che venivano già vivacemente incontro ai tempi dell’umanità moderna, sostituissero il maestro esteriore con una guida interiore, il Cristo.