L’apertura dei sette suggelli

O.O. 104 – L’Apocalisse – 24.06.1908


 

Vi è sempre di che riflettere, per gli uomini del presente, quando appare un preannunzio profetico di avvenimenti futuri. Abbiamo visto che già per i sette suggelli dovemmo accennare a determinati fatti evolutivi dell’umanità che si verificheranno nell’avvenire; abbiamo cioè dovuto esercitare l’arte della profezia. Man mano che andremo svelando l’Apocalisse di Giovanni, dovremo impiegare tali arti profetiche in misura sempre maggiore.

Ora ci si chiede: per quali ragioni è lecito, in via generale, parlare di queste cose?

 

Subito all’inizio delle nostre conferenze abbiamo già in parte ricordato la sostanza del problema. Abbiamo cioè detto che a un certo gradino di iniziazione si mostra all’iniziato, nel mondo spirituale, quanto poi discenderà e diverrà avvenimento fìsico. Ma con le due trattazioni che abbiamo fatto, con l’ultima e la penultima, abbiamo pure dato un’altra giustificazione per una simile arte profetica. Abbiamo cioè mostrato come l’uomo si sia evoluto da sfere spirituali alla sua attuale esistenza.

 

In un certo senso tutto l’avvenire è anche una ripetizione del passato.

Non che le cose del passato si verifichino ancora una volta nella stessa maniera,

ma in tempi futuri gli avvenimenti passati si ripetono in un altro senso.

 

Quando nelle nostre ultime considerazioni abbiamo accennato che nell’antico periodo atlantico l’uomo aveva una specie di chiaroveggenza, vale a dire che durante la notte saliva coscientemente al mondo spirituale, ci deve esser chiaro che tale stato di una certa chiaroveggenza si ripeterà per l’umanità. Fra l’epoca atlantica e quella che vi sarà dopo la guerra di tutti contro tutti, vi è la nostra epoca che già abbiamo descritta. In un certo senso, dopo la nostra epoca, si ripeterà quello che esisteva prima, quello che vi era all’epoca atlantica, soltanto con una grandissima differenza.

 

Allora, negli antichi tempi dell’Atlantide,

l’uomo aveva una coscienza sognante, di chiaroveggenza crepuscolare;

quando egli saliva nei mondi superiori, scompariva la sua chiara autocoscienza,

ed egli si sentiva allora come immerso nell’anima di gruppo.

 

Dopo la grande guerra di tutti contro tutti

l’uomo potrà di nuovo, in un certo modo, guardare nel mondo superiore.

Dopo la grande guerra egli riavrà quello che allora aveva, come chiaroveggenza crepuscolare,

ma a quella chiaroveggenza sarà aggiunto

quanto egli si è andato a poco a poco conquistando ora nel mondo fisico esteriore.

 

Tra il diluvio atlantico e la grande guerra di tutti contro tutti l’uomo dovette rinunziare, per un certo tempo, a guardare nel mondo spirituale. Egli dovette accontentarsi di vedere soltanto quanto per lui vi è da vedere mediante la cosiddetta coscienza sveglia diurna, quanto vi è attorno a lui nel mondo fisico. Questo è ora lo stato normale.

 

In compenso è divenuto possibile per l’uomo, durante questo periodo, evolvere per intero la sua autocoscienza, il suo io individuale, sentirsi per così dire una persona singola, in sé limitata entro la sua pelle. Egli si è conquistato questo stato.

Ora egli conserverà la sua individualità anche quando risalirà nei mondi spirituali superiori, e tale ascesa gli sarà possibile dopo la grande guerra di tutti contro tutti.

 

Quell’ascesa non gli sarà però possibile se egli non sarà divenuto partecipe di quel grandioso evento cosmico, verificatosi nel mondo fisico alla metà della nostra epoca, che ieri abbiamo posto dinanzi all’anima nostra.

 

L’uomo avrebbe dovuto sprofondare in una specie di abisso

se non ne fosse stato preservato dall’ingresso del Cristo nel nostro mondo.

Dobbiamo pensare che in questa nostra epoca

l’uomo è del tutto disceso entro il mondo fisico.

 

Immaginiamo che il piano fisico corrisponda ad una linea e che al di sopra vi sia quello che si chiama il mondo spirituale celeste. Al di sotto vi è invece quello che si chiama l’abisso. In realtà, proprio nel quarto periodo che abbiamo descritto, l’uomo raggiunge la linea che separa il mondo spirituale dall’abisso.

 

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Abbiamo descritto l’antico periodo indiano; allora l’uomo era in complesso ancora immerso in una sfera spirituale. Prima di allora egli era proprio su, nel mondo spirituale. Nell’epoca atlantica egli aveva ancora una chiaroveggenza crepuscolare. Ora egli discende e raggiunge la linea, quando da Roma si estende l’impero, e in questo impero l’uomo diventa pienamente cosciente quale essere sensibile esteriore, quale persona. Così era allora, quando il concetto giuridico romano si diffuse nel mondo, quando ognuno volle essere singolarmente una persona, un cittadino. L’uomo aveva raggiunto la linea che abbiamo tracciata. In quel punto era possibile cambiare direzione oppure sprofondare.

 

Oggi in verità — e tutto quanto io dico corrisponde totalmente alla rappresentazione dell’Apocalisse — siamo giunti ad un punto dell’evoluzione umana nel quale, sotto un certo aspetto, l’umanità sta di fronte ad una scelta.

Abbiamo già mostrato come nella nostra epoca siano state usate poderose forze spirituali per provvedere alle più basse necessità. Abbiamo mostrato come il telefono, il telegrafo, le ferrovie, i bastimenti, ed altre cose che ancora verranno, abbiano assorbito, e assorbiranno, poderose forze spirituali che vengono quindi usate soltanto per puro soddisfacimento delle necessità umane inferiori.

 

L’uomo dispone però soltanto di un certo quantitativo di forze spirituali.

 

Consideriamo per esempio quanto segue: l’uomo ha usato un enorme quantitativo di forze spirituali per scoprire e costruire il telegrafo, le ferrovie, i bastimenti, i palloni e così via, per promuovere la civiltà esteriore. — E così doveva essere. All’umanità sarebbe andata male se così non fosse stato. Ma l’uomo ha impiegato forze spirituali anche per molte altre cose.

 

Pensiamo soltanto come l’uomo sia giunto a poco a poco ad intessere anche tutti i rapporti sociali in una sottilissima rete di pensieri. Quali forze spirituali non sono state necessarie per giungere ad emettere un assegno in America e poterlo pagare in Giappone! In quell’attività sono fluite poderose forze dello spirito. Tali forze dovevano una volta scendere al di sotto della linea del piano fìsico, quella che separa il regno spirituale dall’abisso.

 

⦁ In realtà l’uomo è già disceso, in un certo senso, nell’abisso, e chi studi il nostro tempo dal punto di vista della scienza dello spirito può vedere dai sintomi più comuni come il fenomeno progredisca di decennio in decennio, come sempre si arrivi ad un certo punto nel quale, invero, l’individualità può ancora ritrovarsi. Se invece in quel punto l’individualità si abbandona, si lascia sprofondare, allora essa si perde, allora l’individualità non si salva per salire ai mondi spirituali.

 

Questo è dimostrabile persino nelle cose più mondane. Per esempio è dimostrabile nei particolari dell’evoluzione dell’attività bancaria nella seconda metà del secolo XIX. Sarà forse riservato agli storici dell’avvenire il portare a chiarezza che allora è intervenuta una modificazione fondamentale che può essere definita in questo modo:

• nella vita bancaria a poco a poco l’individuo si è frantumato.

 

Si dovrà allora mettere in evidenza il momento in cui i quattro Rothschild si sono mossi da Francoforte per andare nel mondo, uno a Vienna, l’altro a Napoli, il terzo a Londra e il quarto a Parigi; come allora tutta l’attività bancaria fosse portata in una sfera personale grazie al talento personale indirizzato a quello scopo. Allora la personalità si impegnava entro il movimento monetario.

 

Oggi si vede tutta l’attività bancaria diventare impersonale.

Il capitale passa alle società per azioni e più non viene amministrato da singole persone.

Il capitale comincia ad amministrarsi da solo.

Abbiamo forze puramente obiettive che amministrano il capitale dall’interno,

e già persino forze, sempre all’interno di questo settore,

che attirano tutta la volontà dell’individuo in modo che questo diviene impotente.

 

Si può seguire il processo perfino in queste cose più mondane con gli occhi aperti le si può rilevare dappertutto quanto l’umanità sia discesa ad un bassissimo livello nei confronti dell’individualità.

• La personalità umana può peraltro salvarsi e risalire di nuovo. Potrà farlo per esempio se, mediante un rafforzamento delle intime forze animiche, apprenderà veramente a poggiare su se stessa, a rendersi indipendente dalle forze obiettive del capitale. Essa però può anche gettarsi in quelle forze, in un certo senso può avviarsi e penetrare nell’abisso, lasciarsi circuire dalle forze attive nel capitale.

 

Il punto più importante nel quale la personalità umana discende fin sulla terra

e nel quale avrebbe dovuto cambiare direzione

è il momento dell’apparizione del Cristo Gesù sulla terra.

Egli diede alla terra la forza che rese possibile all’umanità di risalire,

e l’umanità risale nella stessa misura in cui essa si accomuna col Cristo Gesù.

 

E nella misura in cui per una gran parte dell’umanità si forma la comprensione di che cosa fu quell’evento,

sì che per tali uomini l’impulso del Cristo divenga impulso individuale nella loro intima entità,

ed essi agiscano e formino la loro esistenza partendo da esso, nella stessa misura l’umanità salirà verso l’alto.

L’uomo deve imparare a capire sempre di più quello che Paolo disse:

« Non sono io che agisco, ma il Cristo agisce in me ».

 

Se l’impulso che allora, nel quarto periodo, discese sul piano fisico, incomincia a vivere nel cuore degli uomini,

se esso diventa molla per le loro azioni, si verifica l’ascesa verso l’alto.

Tutte le anime che trovano quel contatto, che realizzano l’unione con il principio del Cristo, trovano la via verso l’alto.

Invece le anime che non trovassero quell’unione, a poco a poco dovrebbero immergersi nell’abisso.

Esse avrebbero conquistato l’io, l’egoismo,

ma non sarebbero state in grado di risalire di nuovo con l’io al mondo spirituale.

 

Per un uomo che non trova il contatto con il principio del Cristo, la conseguenza sarebbe l’allontanarsi dall’ascesa spirituale. Invece di salire egli discenderebbe e si indurirebbe sempre di più nel suo io. Invece di trovare nella materia soltanto l’opportunità di conquistarsi l’io per quindi risalire di nuovo, egli sprofonderebbe sempre di più nella materia.

 

Già, tutto si ripete. L’uomo è divenuto capace di penetrare nel nostro mondo fisico.

Per il fatto di esser sopravvissuto al diluvio atlantico, gli è divenuto possibile formare la sua attuale fisionomia umana.

E questa è realmente un’immagine della divinità egoica spirituale che abita nell’uomo.

 

Soltanto per il fatto che verso la fine del periodo atlantico il corpo eterico si è unito a quello fisico,

e le forze del corpo eterico sono penetrate nella testa fisica,

l’uomo ha conseguito la sua attuale fisionomia, che già lascia trasparire lo spirito divino

 

⦁ Immaginiamo ora che egli negasse che è lo spirito a dargli la fisionomia umana.

Allora egli non userebbe il corpo come una possibilità per giungere alla coscienza dell’io e quindi di nuovo spiritualizzarsi, bensì egli si unirebbe col suo corpo e lo amerebbe talmente da trovarsi a suo agio soltanto in esso. L’uomo rimarrebbe legato al corpo e scenderebbe nell’abisso; e per non aver usato la forza spirituale, anche l’aspetto esteriore ritornerebbe simile alla sua figura precedente.

L’uomo che scende nell’abisso diverrebbe simile ad un animale.

 

L’umanità porterebbe così a compimento quello che già abbiamo indicato: scenderebbero cioè nell’abisso, per formare la razza dei cattivi, di quelli che non usano della dimora nel corpo soltanto come opportunità per giungere alla coscienza dell’io.

Questi si sono allontanati dall’impulso del Cristo Gesù, e partendo dalla bruttezza della loro anima riformeranno di nuovo la figura animale che l’uomo aveva in periodi precedenti; sotto, nell’abisso, la razza dei cattivi avrà istinti selvaggi e figura animale.

 

Mentre sopra chi si è spiritualizzato ed ha accolto in sé il principio del Cristo annuncia quello che ha da dire in relazione alla sua unione col nome del Cristo Gesù, sotto risuoneranno nomi di bestemmia, volontà di allontanamento da quanto risulta dalla trasformazione spirituale.

 

Qualcuno, capace di pensare soltanto a metà, potrebbe ora dire: molti sono però vissuti e nulla hanno saputo dell’impulso del Cristo; perché costoro non dovrebbero partecipare all’impulso del Cristo Gesù?

Questo viene obiettato da chi pensa materialisticamente: perché la salvezza dovrebbe esser venuta soltanto col Cristo Gesù?

 

È comprensibile che questo venga detto da chi non è antroposofo. Non lo è invece se vien detto da antroposofi, perché questi dovrebbero sapere che l’uomo ritorna sempre di nuovo. Le anime che sono vissute prima ritornano in nuovi corpi anche dopo la comparsa del Cristo, e non esistono quindi uomini cui possa sfuggire l’evento del Cristo Gesù. Soltanto chi non crede alla reincarnazione può sollevare le obiezioni alle quali prima si accennava.

 

Vediamo così come avverrà la divisione e come giungerà un tempo in cui chi avrà teso alla spiritualizzazione sarà capace di vivere nel mondo spirituale; un tempo nel quale apparirà quello che gli uomini avranno in precedenza acquisito, nel quale essi porteranno il nome del Cristo sulla loro fronte perché avranno appreso a guardare verso di lui.

 

Dopo che saranno stati aperti i suggelli,

l’uomo esprimerà nella figura esteriore quanto egli porta interiormente nel cuore.

Chi porterà interiormente nell’anima il Cristo,

dopo l’apertura dei suggelli recherà nel suo aspetto il segno del Cristo Gesù

e nella sua figura sarà esteriormente simile al Cristo Gesù.

Chi invece rimarrà legato alle civiltà precedenti l’apparizione del Cristo Gesù avrà delle altre esperienze.

 

Le quattro civiltà: l’antica indiana, l’antica persiana, l’assiro-babilonese-caldeo-egizio-ebraica, e quella greco-latina, furono periodi di preparazione. L’anima dovette passare attraverso i corpi di quelle civiltà per prepararsi al grande evento dell’apparizione del Cristo Gesù sulla terra. Allora, all’epoca della preparazione due forze si facevano valere. Le forze che univano gli uomini erano forze che avevano la loro base materiale nel sangue. Se gli uomini, nella loro attuale figura, fossero stati semplicemente messi gli uni a fianco degli altri, mai si sarebbe formato quello che doveva svilupparsi nell’umanità.

 

Prima della Terra fu la Luna la portatrice delle odierne creature.

L’antica Luna fu il cosmo della saggezza mentre la nostra Terra è il cosmo dell’amore.

La nostra evoluzione consiste nell’unire gli uomini nell’amore.

Quando in avvenire la Terra si dissolverà, dopo che avranno risuonato le sette trombe,

quando essa avrà perduto la sua sostanzialità fisica e si sarà trasformata in un corpo celeste astrale,

in tutto il genere umano sarà fluito l’amore,

la forza dell’amore, che la Terra stessa avrà sviluppato in tutto quanto è terreno.

 

La forza dell’amore è infatti quello che deve fluire nell’umanità quale missione della Terra, proprio come ora si vede la forza della saggezza in quanto ci circonda. Spesso ho già rilevato questo fatto: se osserviamo un pezzo di femore, quale meravigliosa costruzione ci si presenta! Esso non consiste di una massa compatta, ma di numerosi e piccoli tratti portanti, così meravigliosamente ordinati fra loro, da conseguire la massima capacità portante con l’impiego della minima possibile quantità di materia, come oggi nessun ingegnere sarebbe in grado di realizzare. E se noi volessimo indagare, troveremmo che già in precedenza era stata iniettata nella terra la saggezza che l’uomo si conquista, quale sua propria saggezza, nel corso dell’evoluzione terrestre.

 

Quando viene impartito l’insegnamento della storia ci viene anche spesso ripetuto che l’uomo ha sempre progredito a poco a poco, che è diventato sempre più saggio. Ricordate come vi sono state esposte le tappe singole di quel cammino di saggezza, come per esempio vi è stato mostrato che all’inizio dell’epoca moderna l’uomo è riuscito ad inventare la polvere da sparo, a ricavare la carta dalla tela e dal legno, e così via. La vostra anima ha gioito nel vedere come gli uomini si sono innalzati. Col loro intelletto gli uomini hanno appreso a preparare la carta; si potrebbe dire che essi l’abbiano interamente scoperto.

 

Ma a chi guardi il mondo nei suoi grandi nessi, la cosa appare in un’altra luce. Le vespe erano capaci di farlo già ben prima, perché infatti il nido di vespa è esattamente come la carta. Millenni prima cioè esisteva già nel nido di vespa quanto l’uomo in seguito ha conquistato nella sua soggettiva saggezza. Non la singola vespa è capace di produrre la carta, ma l’anima di gruppo, l’io che comprende tutto il gruppo delle vespe, è tanto saggia quanto l’uomo soltanto ora è diventato. E dappertutto, ovunque voi guardiate, se non siete ciechi ma veggenti, vi verrà incontro la saggezza dalle cose.

 

Non crediate però che la saggezza non sia dovuta nascere. Il mondo certo non sempre è stato così compenetrato di saggezza. Nel corso dell’evoluzione lunare la saggezza è fluita a poco a poco in quanto oggi ci circonda.

Durante l’evoluzione lunare quello che agiva in modo disordinato e caotico si è conformato in modo da diventare saggio. Se si potesse volgere lo sguardo sull’antica Luna si troverebbe ancora tutto, per così dire, sottosopra e non ancora saggio. Nel corso dell’evoluzione lunare la saggezza venne versata, instillata negli esseri e nelle creature; essa esisteva quando la Terra riaffiorò dal buio crepuscolare. Tutte le cose apparvero allora impregnate di saggezza.

 

Come oggi l’uomo si guarda attorno e vede dappertutto scaturire la saggezza,

così, quando sarà giunto su Giove, egli vedrà tutti gli esseri che gli saranno dintorno

in un aspetto particolare: essi emetteranno come una fragranza di amore beatificante.

 

L’amore fluirà da tutte le cose, ed è appunto la missione dell’evoluzione terrestre di sviluppare l’amore.

L’amore fluirà allora attraverso tutte le cose, come ora la saggezza domina in tutte le cose.

L’amore verrà immesso nell’evoluzione terrestre per il fatto che a poco a poco l’uomo lo avrà sviluppato.

 

⦁ Ma l’uomo non potè avere subito l’amore spirituale; l’amore gli dovette essere dapprima dato in un settore inferiore, dovette avere un supporto materiale, e fu la parentela del sangue. Esercitare l’amore nel settore della parentela del sangue fu la prima scuola. Gli uomini separati furono portati ad unirsi, perché si amava il sangue comune che scorreva nelle vene. Fu questa la prima scuola dell’amore, la grande scuola dell’amore. E il grande impulso a spiritualizzare quell’amore, a non lasciarlo agire soltanto dalla sua base fisica, ma a trasmetterlo alla parte animica, fu l’impulso del Cristo nel mondo.

 

⦁ Durante tutta la preistoria sarebbe stato però strano per l’uomo se nel sangue avesse agito soltanto quell’unico impulso dell’amore per parentela di sangue. Le entità di guida degli antichi tempi e soprattutto Jahve, portarono gli uomini a riunirsi nell’amore accomunandoli nella parentela del sangue.

 

Se però, prima dell’apparizione del Cristo Gesù, gli uomini fossero stati uniti soltanto mediante la parentela del sangue, il singolo mai avrebbe potuto progredire fino all’individualità. Il singolo sarebbe stato sommerso nel popolo, e davvero il singolo uomo venne molto sommerso nel tutto.

 

In realtà la coscienza di essere un uomo singolo è qualcosa che si è andato formando a poco a poco.

 

Nell’epoca atlantica non si poteva ancora dire che l’uomo si sentisse un individuo, ed anche più tardi ne abbiamo l’eco. Gli uomini purtroppo non capiscono le antiche denominazioni, altrimenti potrebbero arrivare ad afferrare come sentivano se stessi gli uomini di allora. Pensate ai seguaci dell’Antico Testamento: nell’epoca precristiana, se lo volevano sentire giustamente, essi non sentivano per nulla il loro io nella loro individualità singola. Chiunque sentisse intero l’impulso che proveniva dall’Antico Testamento si diceva: « Io e il padre Abramo siamo uno ». Egli infatti si sentiva immerso nella comunità che risaliva fino ad Abramo, il cui sangue scorreva attraverso tutte le vene, fin giù al più giovane discendente. E questi diceva a se stesso: io sento di non essere un membro sperduto quando avverto che il mio sangue è lo stesso del padre Abramo.

 

Si cercò di risalire ancora più indietro nella comunità. Ci si sentiva protetti nell’anima di gruppo. Ci si riferiva a Noè, ad Adamo. Gli uomini più non sanno che cosa significhino questi nomi. Non sanno che in quegli antichi tempi la coscienza degli uomini era ancor sempre diversa da oggi. All’occorrenza l’uomo può oggi risalire col ricordo alla sua fanciullezza, e di sicuro si spezza ogni ricordo con la nascita. Allora, all’epoca dei patriarchi, non era così. Allora l’uomo ricordava non soltanto quanto egli stesso aveva sperimentato, ma pure quello che avevano sperimentato suo padre, suo nonno, il suo bisnonno. E ciò rimaneva nel ricordo come voi ricordate la vostra infanzia.

 

L’uomo non sapeva che la sua vita cominciava proprio con la sua nascita. La memoria risaliva a secoli addietro. Non si dava un nome a una coscienza distinta, non se ne sarebbe visto un senso. Poiché ci si ricordava del padre, del nonno, del bisnonno e così via, un nome complessivo comprendeva tutta la catena. « Adamo », « Noè » indicano il ricordo attraverso le generazioni. In quanto si risaliva col ricordo a Noè, si chiamava Noè quella catena. Era un uomo interiore, un essere spirituale, che viveva attraverso le generazioni. Si sarebbe trovato privo di senso dare un nome all’uomo esteriore. Il nome Adamo abbraccia così un essere spirituale.

 

Così l’uomo singolo non era ancora cosciente del suo io. Egli si sarebbe dissolto nella comunità se non fossero esistiti impulsi che contrastavano di continuo il disperdersi nella comunità, che lavoravano a strappare l’uomo dai legami di sangue, impulsi che dovevano invece portarlo all’indipendenza. Nel suo corpo astrale si inserirono delle entità spirituali che gli diedero gli impulsi a non lasciare offuscare la sua coscienza. Sono queste le entità luciferiche. Furono esse che, nei tempi precristiani, contrastarono un vero e proprio unirsi in una comunità; ad esse l’uomo deve la sua autonomia, la sua individualità in divenire. È in ogni caso importante riconoscere che si deve a Jahve quanto tendeva a riunire, e agli spiriti luciferici quanto tendeva a separare.

 

Nei primi tempi del cristianesimo una massima diceva: « Christus verus Lucifer »,

cioè: Cristo è il vero portatore di luce, poiché Lucifero significa « portatore di luce ».

Perché il Cristo viene denominato il vero portatore della luce?

Perché ora attraverso di lui è giustificato quello che prima non lo era.

 

Prima era uno strapparsi dagli altri; gli uomini non erano ancora maturi per l’indipendenza.

Ora, attraverso l’impulso dell’io che avevano ricevuto dal Cristo Gesù,

gli uomini erano giunti al punto di potersi evolvere, nonostante l’io, in amore reciproco.

Fu così portato all’umanità attraverso il vero portatore di luce, attraverso il Cristo Gesù,

quello che Lucifero voleva dare all’umanità per così dire prematuramente, quando essa era ancora immatura.

 

Egli portò l’impulso all’indipendenza, ma anche l’amore spirituale,

quello che unisce quanto non è apparentato dal sangue.

Attraverso di lui giunse il tempo in cui l’umanità maturò per quello che Lucifero già prima voleva realizzare.

La massima « Christus verus Lucifer » più tardi non venne più compresa.

Soltanto chi l’afferra rettamente impara a comprendere i primi insegnamenti del cristianesimo.

 

Dobbiamo quindi afferrare quell’impulso, dobbiamo vedere come l’umanità venne preparata fino al punto al quale essa doveva giungere.

I quattro periodi, l’indiano, il persiano, l’egizio e il greco-latino furono di preparazione, di indicazione per il grande evento cristico. È peraltro possibile all’uomo, per così dire, di irrigidirsi.

 

Pensiamo ad un uomo vivente al tempo del Cristo Gesù, ed immaginiamo che egli potesse decidere con coscienza quello che voleva. Alla venuta del Cristo Gesù, egli avrebbe potuto dire: « Oh, per me è sufficiente quello che vi era prima. Io non voglio sapere niente di lui, non voglio avere nulla in comune col Cristo Gesù ». — Nella sua anima egli poteva avere le forze, gli impulsi che si potevano acquisire nel tempo precedente il Cristo Gesù. Egli poteva cioè avere tutti gli impulsi che era possibile raggiungere attraverso le civiltà indiana, persiana, egizia e greco-latina. Ma nel divenire cosmico è lecito conservare tali impulsi fin che non ne sopraggiunga un altro. Se ci si arresta, si rimane fermi a quel gradino.

 

Non è lecito cioè mostrare incomprensione per l’evoluzione storica,

non è lecito dire: « In tutte le civiltà vi è il medesimo principio ».

Non per nulla ogni civiltà vien costruita su di un’altra.

 

Immaginiamo dunque che qualcuno avesse voluto non vedere lo sviluppo cristiano; egli vivrebbe poi nei periodi successivi, fino a dopo la grande guerra di tutti contro tutti. Egli nulla avrebbe però del grande principio di amore del Cristo, quello che unisce gli io, che riunisce gli uomini in comunità. Egli avrebbe tutto quello che appunto conduce gli io nell’abisso. Avrebbe le forze che allontanano gli uni dagli altri, le forze che gettano gli uni lontano dagli altri. Questo è dimostrato dal fatto che siamo portati a domandarci: perchè l’apertura dei primi quattro suggelli ci dà un quadro talmente sconfortante?

 

Perché da essi vengono fuori quegli uomini che vollero rimanere alle quattro civiltà preparatorie, nelle quali vi è l’antica forma di Lucifero che allontana gli uni dagli altri. Mediante l’apertura dei suggelli ci viene quindi mostrato come gli uomini abbiano la figura che si sono conquistata. Essi non hanno rilevato l’evento del Cristo Gesù, rinasceranno quindi nelle sembianze che potranno esser loro date senza l’influsso del principio del Cristo. Perciò appare di nuovo quello che indica la sola intelligenza, il solo intelletto: il cavallo compare quattro volte consecutive! Appare l’antica figura umana, quella che l’uomo ricevette per aver assunto la natura del cavallo. Questa figura appare all’apertura dei primi quattro suggelli.

 

⦁ Su che cosa viene invece richiamata la nostra attenzione nel momento dell’apertura del quinto suggello?

Su quelli che, nel periodo precedente, hanno imparato a comprendere l’evento del Cristo Gesù. Essi indossano bianchi abiti, restano inosservati, sono simbolicamente trucidati e sono coloro che vengono conservati per la spiritualizzazione del mondo. Il legame con il principio del Cristo Gesù è tale che porta gli uomini ad indossare quei bianchi abiti e ad apparire quando viene aperto il quinto suggello.

 

Vediamo come ci venga indicato chiaro e preciso che il momento dell’apparizione del Cristo Gesù è un’epoca importante per l’umanità, è quell’epoca che fa sì che dopo la guerra di tutti contro tutti riappaiano i quattro periodi di civiltà; allora chi è rimasto indietro sarà molestato dalla materialità che ha accompagnato l’evoluzione e alla quale si è legato; allora sarà molestato da tutti i mali e i tormenti della materialità indurita e divenuta più rozza.

Tutto quello che poi ci viene ulteriormente descritto per l’apertura dei suggelli, null’altro rappresenta se non il penetrare nell’abisso.

 

Mentre per il quinto periodo ci vengono indicati soltanto brevemente coloro che sono scelti,

negli altri ci sono mostrati tutti quelli che rimangono nella materialità,

che penetrano nell’abisso, che assumono la figura che già avevano perché essi non hanno seguito,

perché non hanno accolto in loro la forza per trasformare quelle stesse figure.

 

Possiamo farcene un’immagine: pensiamo che oggi tutte le figure umane siano di gomma e che all’interno di tali corpi umani di gomma vi sia la forza animica che sia in grado di dar loro sembianza umana. Immaginiamo di estrarre da essi la forza animica: i corpi di gomma si raggrinzirebbero, gli uomini avrebbero una figura animalesca.

Nel momento in cui si estraesse l’anima dal corpo umano di gomma, l’uomo mostrerebbe una figura animalesca.

 

Quello che l’uomo si è conquistato è qualcosa che oggi egli manifesta attraverso la sua propria forza. Se si potesse osservare quello che prima egli aveva prodotto nel corpo astrale, si vedrebbe l’esistenza di tale somiglianza animalesca. Vi è realmente qualcosa di simile a una specie di forza interiore che dà all’uomo di gomma la sua figura odierna. Pensiamo di allontanare quella forza, pensiamo l’uomo non più fecondato dalla forza del Cristo, e allora l’uomo retrocede alla figura animalesca. Così avverrà a chi indietreggia.

 

Costoro formeranno poi un mondo che per così dire sarà al di sotto di quello di oggi,

un mondo abissale nel quale l’uomo assumerà di nuovo una figura animalesca.