L’apparente estinguersi della conoscenza dello spirito nell’epoca moderna

O.O. 26 – Massime antroposofiche – Lettera del 29.03.1925 – massime n° 177-179


 

Chi voglia rettamente giudicare l’antroposofia nella sua relazione con lo sviluppo dell’anima cosciente, deve sempre di nuovo dirigere lo sguardo all’atteggiamento spirituale dell’umanità civile che inizia con il fiorire delle scienze, e tocca il suo culmine nel secolo diciannovesimo.

Poniamo dinanzi all’occhio dell’anima il carattere di quest’epoca, e confrontiamolo col carattere di epoche anteriori.

 

• Tutti i tempi dell’evoluzione cosciente dell’umanità

videro nella conoscenza ciò che unisce l’uomo col mondo dello spirito.

• Ciò che si era rispetto allo spirito, si attribuiva alla conoscenza.

 

Nell’arte, nella religione, viveva la conoscenza. Questo mutò all’alba dell’epoca dell’anima cosciente.

Allora la conoscenza cominciò a non curarsi più di una gran parte della vita dell’anima umana.

• Voleva indagare la relazione che l’uomo sviluppa con l’esistenza

quando rivolge alla « natura » i suoi sensi e il giudizio del suo intelletto.

• Ma non voleva più occuparsi della relazione che l’uomo sviluppa col mondo dello spirito,

quando adopera la sua facoltà interiore di percezione, così come adopera i sensi.

 

Ne sorse la necessità di riattaccare la vita spirituale dell’uomo

non più alla conoscenza del presente, ma a conoscenze del passato, a tradizioni.

 

La vita dell’anima fu scissa in due.

• Da un lato sorgeva davanti all’uomo la conoscenza della natura,

sempre più tendente a procedere innanzi, e svolgentesi in vivente attualità.

• Dall’altro lato stava l’esperienza di una relazione col mondo dello spirito

la cui relativa conoscenza era fluita in tempi più antichi.

 

Per questa esperienza si era andata via via perdendo ogni comprensione

di come anticamente si fosse formata la conoscenza corrispondente.

Si avevano le tradizioni, ma non più la via per la quale le verità così tramandate erano state conosciute.

Si poteva soltanto credere alle tradizioni.

 

L’uomo che, intorno alla metà del secolo diciannovesimo,

avesse riflettuto in piena consapevolezza sulla situazione spirituale, avrebbe dovuto dirsi:

l’umanità è giunta a stimarsi capace di svolgere ormai

solo una conoscenza che non abbia nulla a che fare con lo spirito;

un’umanità anteriore poteva investigare quello che si può sapere dello spirito;

ma la facoltà necessaria a quest’indagine è andata smarrita per l’anima umana.

 

Gli uomini non abbracciavano cioè con l’occhio dell’anima tutta la portata delle cose.

Si limitavano a dire: la conoscenza non arriva fino al mondo spirituale; questo può essere soltanto oggetto di fede.

 

• Per ottenere qualche lume intorno a questo fatto,

consideriamo i tempi in cui la saggezza greca dovette ritirarsi dinanzi alla romanità divenuta cristiana.

Chiuse dall’imperatore Giustiniano le ultime scuole della filosofia greca,

anche gli ultimi custodi della sapienza antica emigrarono dal territorio su cui ora si sviluppava la vita culturale europea.

 

Essi trovarono ospitalità presso l’accademia di Gondishapur in Asia.

Era questa una delle sedi in cui, grazie alle gesta di Alessandro Magno,

si era conservata in oriente la tradizione dell’antico sapere.

Esso viveva là nelle forme che Aristotele gli aveva date.

 

Ma questo sapere venne afferrato dalla corrente orientale che si può designare col nome di arabismo.

Per un lato del suo essere, l’arabismo è uno sviluppo prematuro dell’anima cosciente.

Mediante una vita dell’anima troppo prematuramente attiva nella direzione dell’anima cosciente,

l’arabismo rese possibile che con esso si riversasse dall’Asia, sull’Africa e sull’Europa meridionale e occidentale,

un’ondata spirituale la quale riempì certi europei di un intellettualismo che sarebbe dovuto venire soltanto più tardi.

 

Già nel settimo e nell’ottavo secolo l’Europa meridionale e occidentale ricevette degli impulsi spirituali

la cui venuta sarebbe stata lecita soltanto nell’epoca dell’anima cosciente.

Questa ondata spirituale poteva destare nell’uomo l’intellettualità,

ma non lo sperimentare più profondo mediante il quale l’anima si immerge nel mondo dello spirito.

 

Se dunque dal secolo quindicesimo al diciannovesimo l’uomo metteva in attività la sua facoltà conoscitiva,

egli poteva immergersi nelle profondità animiche

solo fino ad un livello al quale ancora non incontrava il mondo spirituale.

 

L’arabismo, che andava penetrando nella vita culturale europea,

trattenne dal mondo dello spirito le anime che cercavano la conoscenza.

Esso promosse innanzi tempo l’attività dell’intelletto che era solo capace di comprendere la natura esteriore.

 

L’arabismo si palesò molto potente.

Chi ne era afferrato, veniva dominato nell’anima da un orgoglio interiore, in gran parte del tutto incosciente.

Sentiva la potenza dell’intellettualismo; ma non sentiva l’impotenza del mero intelletto a penetrare nella realtà.

Si abbandonava quindi alla realtà esteriore che cade sotto i sensi, che sta dinanzi all’uomo di per sé stessa,

ma non si sognava di accostarsi alla realtà spirituale.

 

• Tale fu la situazione che trovò dinanzi a sé la vita culturale del medioevo.

Essa possedeva le potenti tradizioni del mondo spirituale; ma la sua vita animica era intellettualisticamente così impregnata dall’azione, direi quasi occulta, dell’arabismo, che la conoscenza non trovava accesso alle sorgenti dalle quali, in ultima analisi, era pur scaturito il contenuto di quelle tradizioni.

Fin dall’alto medioevo si combattè dunque una lotta fra ciò che l’uomo sentiva istintivamente quale connessione spirituale, e la forma che il pensare aveva assunto attraverso l’arabismo.

 

L’uomo sentiva in sé il mondo delle idee. Lo sperimentava come qualcosa di reale.

Ma non trovava nell’anima la forza di sperimentare lo spirito nelle idee.

• Nacque così il realismo, che nelle idee ben sentiva la realtà, ma che tale realtà non sapeva trovare.

Il realismo udiva nel mondo delle idee il favellare della parola universale, ma non riusciva a capirla.

 

Il nominalismo che gli si oppose, non potendo capire quella parola, ne negò addirittura l’esistenza.

Per il nominalismo il mondo delle idee

era soltanto una somma di formule nell’anima umana, senza radici in una realtà spirituale.

 

Ciò che esisteva in queste correnti continuò a vivere fin nel secolo diciannovesimo.

Il nominalismo diventò il modo di pensare della conoscenza naturale.

Essa costruì un grandioso sistema di concezioni del mondo che cade sotto i sensi,

ma distrusse la comprensione dell’essenza del mondo delle idee.

 

Il realismo visse un’esistenza morta.

Esso sapeva della realtà del mondo delle idee, ma non poteva raggiungerla nella conoscenza vivente.

Quella realtà verrà raggiunta

se l’antroposofia troverà la strada che conduce dalle idee allo sperimentare lo spirito nelle idee.

 

Nel realismo veracemente proseguito

deve sorgere una via della conoscenza che si accompagnerà al nominalismo scientifico,

e dimostrerà che nell’umanità la conoscenza dello spirito non è estinta,

ma in una nuova ascesa può rientrare nell’evoluzione dell’umanità,

partendo da sorgenti dell’anima umana nuovamente dischiuse.

 


 

177 – A chi guardi con l’anima all’evoluzione dell’umanità nell’epoca delle scienze,

si offre innanzi tutto una triste prospettiva.

Diventa splendida la conoscenza che l’uomo acquista di tutto ciò che è mondo esterno.

Per contro si fa strada una forma di coscienza per cui sembra

che non sia più assolutamente possibile una conoscenza del mondo dello spirito.

 

178 — Sembra che una tale conoscenza

sia stata posseduta dagli uomini soltanto in tempi antichi

e che, rispetto al mondo spirituale, ci si debba contentare

di accogliere le antiche tradizioni e di farne oggetto di fede.

 

179 — Dall’incertezza che tutto ciò genera nel medioevo

di fronte alla relazione dell’uomo verso il mondo dello spirito,

deriva l’incredulità per il contenuto spirituale delle idee, cioè il n o m i n a l i s m o,

la cui propaggine è la moderna concezione della natura,

e nasce, come sapere inerente alla realtà delle idee, un r e a l i s m o

che solo è in grado di arrivare al suo compimento, attraverso l’antroposofia.