L’Atlantide era percorsa in tutta la sua ampiezza da nebbie.

O.O. 104 – L’Apocalisse – 23.06.1908


 

Dopo questa catastrofe (lemurica), si giunge all’epoca atlantica in cui il genere umano si sviluppò essenzialmente su di un continente che oggi costituisce il fondo dell’oceano atlantico, fra l’Europa e l’America attuali.

L’uomo viveva allora in tutt’altre condizioni fisiche, in tutt’altre condizioni in generale. All’inizio era proprio un essere che percepiva in modo del tutto diverso dall’uomo di oggi. Ne abbiamo già parlato nella prima conferenza ed anche di nuovo dopo. Oggi vogliamo accennare un’altra volta, ed in modo più preciso, a quella diversa maniera di essere dell’uomo di allora.

 

L’uomo aveva ancora una specie di antica chiaroveggenza per la ragione che la connessione delle sue parti costitutive era diversa da oggi.

Il corpo eterico non era ancora collegato a quello fisico così strettamente.

Il corpo eterico della testa sporgeva di molto dal corpo fisico.

Soltanto verso l’ultimo terzo dell’epoca atlantica la parte sporgente del corpo eterico rientrò ed ebbe la forma dell’odierna testa umana fisica.

 

Per il fatto che l’uomo dell’Atlantide era conformato diversamente dall’uomo attuale e che diversa era la connessione delle sue parti costitutive, era pure diversa tutta la sua vita di coscienza, tutta la sua vita animica.

Se vogliamo rettamente comprendere lo scrittore dell’Apocalisse, dobbiamo qui ancor toccare un importantissimo e anche misterioso argomento.

 

Se si fosse andati nell’antica Atlantide, si sarebbe trovato che essa non era circondata da un’aria pura come quella di oggi, ma da un’aria impregnata da masse nebbiose, acquose.

Quell’aria divenne più trasparente, più chiara, man mano che l’Atlantide si evolveva.

Le nebbie erano più dense dove si sviluppava la già ricordata civiltà atlantica più evoluta.

Là esistevano le nebbie più dense, e da quelle nebbie scaturirono le basi per le successive civiltà.

 

L’Atlantide era percorsa in tutta la sua ampiezza da tali nebbie. Non esisteva una divisione come oggi fra pioggia e bel tempo. Nell’antica Atlantide non poteva di conseguenza formarsi l’arcobaleno che tutti conosciamo. Si sarebbe potuto cercare per tutta l’Atlantide, ma non lo si sarebbe trovato. Soltanto quando la condensazione dell’acqua portò all’inondazione, quando il diluvio giunse sopra la terra, soltanto allora potè fisicamente nascere l’arcobaleno.

 

Abbiamo qui un momento nel quale, con l’aiuto della scienza dello spirito, si può sentire la massima devozione di fronte ai documenti religiosi. Quando viene raccontato che Noè, il rappresentante di chi ha portato a salvamento il genere umano, vede innalzarsi dopo il diluvio l’arcobaleno, si è veramente di fronte ad un evento storico. Dopo il diluvio, l’umanità vede il primo arcobaleno. Prima esso non era fisicamente possibile.

Vedete così quanto siano profondi, quanto siano letteralmente veri i documenti religiosi.

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Vogliamo ora riguardare all’antica Atlantide.

Abbiamo già detto che allora l’uomo viveva in un altro stato di coscienza, che la sua memoria era diversa da oggi. Ma la differenza è ancora più considerevole. Se non risaliamo soltanto al periodo finale dell’Atlantide, ma ritorniamo a quello iniziale, noi troviamo la coscienza umana molto diversa da quella di oggi.

 

Poniamoci ancora una volta dinanzi all’anima la situazione di oggi.

Durante il giorno l’uomo si serve dei sensi.

Alla sera si addormenta.

Nel letto rimangono il corpo fisico e quello eterico, il corpo astrale e l’io escono fuori.

La sfera cosciente si oscura.

L’uomo odierno nel sonno nulla vede e nulla ode.

Alla mattina, quando il corpo astrale e l’io si reimmergono nel corpo fisico e in quello eterico, ricompaiono di nuovo le cose fisiche.

 

Com’era invece all’inizio dell’epoca atlantica?

Prendiamo il momento, di mattina, quando l’uomo si immergeva nel corpo fisico e in quello eterico.

Allora egli non aveva dattorno un mondo fisico come quello di oggi. Tutti gli oggetti, oggi visibili con chiari contorni, si potevano percepire come un’aura, circondati da un alone colorato, molto imprecisi, allo stesso modo come in una sera di forte nebbia non si vedono chiaramente per la strada le luci, bensì le lampade hanno attorno un alone colorato. Così era nell’antica Atlantide.

Si vedevano tutti gli oggetti soltanto confusi, nulla vi era dei contorni e delle superfici di oggi, tutto era avviluppato in colori annebbiati. Soltanto a poco a poco sono apparsi i contorni precisi.

Se avessimo avuto davanti a noi una rosa, nei primi tempi dell’antica Atlantide, avremmo visto come aprirsi una formazione nebulosa con in mezzo un cerchio rosa-rosso; soltanto a poco a poco i colori esteriori si sono, per così dire, deposti sulle superfici. Gli oggetti hanno assunto soltanto in un secondo tempo dei contorni precisi.

 

Vedete, dunque, che il mondo fisico circostante è oggi completamente diverso  da quanto non fosse nell’antica Atlantide.

Di conseguenza era anche diverso quando l’uomo, alla sera, usciva dal suo corpo fisico e, diciamo, si addormentava.

Non era però un vero e proprio addormentarsi nel senso odierno.

In realtà rimaneva in basso tutto il mondo delle formazioni fisiche nebulose, ma sorgeva per lui un mondo spirituale.

L’uomo viveva senza confini delimitati in un mondo spirituale, e le entità spirituali vi abitavano con lui.

Così si alternavano il giorno e la notte nei primi tempi atlantici.

 

• Quando l’uomo si immergeva nel suo corpo fisico, egli aveva soltanto delle immagini imprecise e sfumate del mondo fisico, e quando di notte lasciava il corpo fisico egli aveva la possibilità, sia pure non in modo chiaro, di vivere spiritualmente fra spiriti, di muoversi fra spiriti. E soprattutto, tutta la vita umana del sentimento era diversa negli antichi tempi atlantici.

Così, diciamo, quando l’uomo usciva dall’interno dei corpi fisico ed eterico, non sentiva la stanchezza, non aveva bisogno di riposo. Né poteva trovare il riposo; egli doveva entrare nel mondo spirituale, nella sfera dell’azione. Quando invece veniva la mattina, l’uomo sentiva la necessità del riposo e cercava quindi, per così dire, il suo letto, cioè il suo corpo. In esso giaceva tranquillo.

L’uomo si nascondeva nel proprio corpo e riposava proprio di giorno.

 

I primi tempi dell’Atlantide erano quindi del tutto diversi da oggi.

L’epoca atlantica trascorre in modo che l’uomo, da condizioni del tutto opposte, si traspone a poco a poco in quelle successive.

Questo avviene nella misura in cui il suo corpo eterico viene sempre più immerso nel corpo fisico.

Il corpo eterico viene immerso in quello fìsico nell’ultimo terzo del periodo atlantico.

 

Prima di questo evento l’uomo si sentiva sveglio, su nel mondo spirituale. Pur essendo così sveglio, egli però non diceva io a se stesso, non aveva l’autocoscienza. Quando usciva dai suoi corpi fisico ed eterico per inoltrarsi nella luminosità della notte, egli si sentiva veramente parte della spiritualità esistente in quel mondo superiore, si sentiva per così dire inserito nella sua vecchia anima di gruppo.

Ogni volta si faceva chiarezza per lui nella notte, ma egli non si sentiva indipendente. Come le nostre dita nei confronti del nostro io, così gli uomini si sentivano appartenenti alle anime di gruppo che sono viste chiaroveggentemente e che vengono descritte nell’Apocalisse di Giovanni come le quattro teste di leone, toro, aquila e uomo. L’uomo si sentiva inserito in una di quelle anime di gruppo. Soltanto quando era nella sua conchiglia corporea, egli sentiva di avere qualcosa di proprio.

 

Il fatto che l’uomo sia diventato un essere indipendente, deriva dall’essersi potuto chiudere nel proprio corpo.

Egli dovette peraltro pagare questo chiudersi nel suo corpo con il fatto che a poco a poco il mondo spirituale si oscurò per lui, si ritirò del tutto da lui.

In compenso però divenne sempre più chiaro e distinto il mondo che egli vedeva quaggiù quando era nel corpo fisico.

In lui baluginò così sempre più chiaro di essere un io, di portare in sé un’autocoscienza.

Apprese a dire io a se stesso.

 

Se vogliamo caratterizzare quel che allora avveniva, pensiamo a come l’uomo, uscendo per così dire dalla sua conchiglia corporea, penetrava nel mondo spirituale.

Egli era fra entità divine spirituali, e gli risuonava incontro dal di fuori il suo nome, quello che egli era.

A un gruppo risuonava incontro la parola che, nel linguaggio originario, corrispondeva a quel gruppo, a un altro, la parola dell’altro gruppo.

L’uomo non poteva darsi un nome dal di dentro, doveva ricevere il suo nome riecheggiato dal di fuori.

Quando sgusciava fuori dalla sua conchiglia corporea, egli sapeva che cosa era perché gli era risuonato nell’anima.

 

Ora, quando apprende a percepire nel suo corpo il mondo fisico circostante, apprende pure a sentirsi come un io, apprende pure a sentire in se stesso la forza divina che prima gli risonava dal di fuori.

Apprende a sentire Dio in se stesso.

Egli chiamò Jahve il Dio che gli era più vicino, quello che in pari tempo gli indicava il suo io, che era la guida dell’io.

La forza di quel Dio sentì l’uomo sorgere da principio nel suo io.

 

A tutto ciò erano collegati avvenimenti esteriori.

Quando l’antico abitatore dell’Atlantide discendeva così nel suo corpo fisico, vedeva anche fuori nello spazio celeste e, come ho detto, non scorgeva un vero arcobaleno, ma press’a poco un cerchio colorato dove più tardi sarebbe apparso il sole.

Con la sua forza il sole non perforava ancora la nebbia, ma agiva attraverso di essa.

Impedito, trattenuto dalla nebbia, esso agiva sulla terra con la sua forza.

Esso affiorava sempre di più, di modo che tutto quanto è stato descritto, questo inizio di una coscienza esteriore, è legato all’apparire del sole attraverso la nebbia.

Quanto vi era in alto, dove avevano la loro sede gli altri sei spiriti che, con Jahve, guidavano l’evoluzione terrestre, urgeva fuori a poco a poco, irraggiava sulla terra con le sue azioni.

 

Che cosa avveniva dell’uomo?

L’uomo prima, seguendo la sua vera anima, il suo spirito, quando era uscito dal suo corpo, quando, per così dire, era notte, entrava in una intima e astrale chiarezza per la quale non era necessario il sole esteriore. Quella chiarezza lo circondava.

Era la luce stessa di potenti entità spirituali, quella che più tardi discese fisicamente dal sole.

 

Più l’uomo si chiudeva nella sua coscienza fisica, più si chiudeva anche la porta della veggenza interiore.

Tenebre lo circondavano quando di notte egli lasciava i suoi corpi fisico ed eterico ed entrava nel mondo Spirituale.

Nella stessa misura in cui egli si chiudeva, sorgeva la luce esteriore che rappresenta le azioni delle solari entità spirituali.

La luce delle entità spirituali discese esteriormente giù sulla terra.

L’uomo si preparava a considerare la luce esteriore come qualcosa di materiale.

Nel suo intimo, ora oscurato, apparve la luce, ma in un primo tempo la luce non venne capita dalle sue tenebre.

⦁ Si tratta di un avvenimento storico, cosmico.

 

In quei tempi, mediante l’oscuramento spirituale, l’uomo acquistò la sua autocoscienza, e così, crescendo, uscì dalla chiarezza dell’anima di gruppo.

Era però soltanto il primissimo albeggiare dell’individualità.

Occorse poi molto, molto tempo prima che l’uomo fosse davvero individualizzato.

• Trascorse l’ultimo periodo atlantico, si verificò il diluvio, iniziò l’epoca postatlantica, passò l’antica civiltà indiana; e l’autocoscienza non era ancora sviluppata.

• Poi vennero le epoche persiana e egizio-babilonese, e sempre più l’uomo arrivava a sviluppare in sé l’autocoscienza.

• Finalmente si giunse al quarto periodo di civiltà, e si verificò allora qualcosa di un’enorme importanza, qualcosa per cui quel che prima era avvenuto era soltanto una preparazione.