L’attuale vita nel mondo sensibile fra nascita e morte è il risultato di altre vite terrene

O.O. 12-16-17 – Sulla via dell’Iniziazione – ( Delle ripetute vite terrene e del karma)


 

È particolarmente difficile per l’anima riconoscere che nella sua vita esiste qualcosa

che, rispetto alla coscienza dell’anima stessa, è altrettanto «mondo esterno»

quanto ciò che si chiama mondo esterno nel senso ordinario.

L’anima si oppone inconsciamente a tale stato di fatto,

perché teme che ne risulti minacciata la propria esistenza autonoma; istintivamente ne distoglie lo sguardo spirituale.

 

Il fatto che la scienza moderna ammetta ciò teoricamente, non significa ancora una piena esperienza di questo fatto,

con tutte le conseguenze derivanti dall’averlo intimamente compreso e dall’essersene compenetrati.

 

Se la coscienza riesce a sentire vivamente questo dato di fatto,

essa apprende a riconoscere nell’anima un nucleo interiore, sostanzialmente autonomo

di fronte a tutto ciò che può svolgersi nella sfera della vita cosciente dell’anima, tra la nascita e la morte.

La coscienza impara a conoscere nei propri sostrati

un essere, di cui essa stessa deve sentirsi la creatura,

e di cui deve sentire creatura anche il corpo, con tutte le sue forze e qualità,

il corpo che è il veicolo di questa coscienza.

 

Nel corso di tale esperienza l’anima impara a sentire

il maturarsi di un’entità spirituale che si trova in lei, e che si sottrae agli influssi della vita cosciente.

• Arriva a sentire come questa entità interiore nel corso della vita fra nascita e morte

diventi sempre più forte, ma anche più autonoma.

• Impara a conoscere che quella entità, nella vita fra nascita e morte,

assume verso tutta la rimanente esperienza un rapporto simile

a quello che nella pianta assume il germe che va sviluppandosi,

in confronto alla totalità della pianta entro la quale si sviluppa.

 

Solo che il germe vegetale è un essere fisico, mentre il germe dell’anima è un essere spirituale.

Il proseguimento di queste esperienze porta poi a riconoscere il pensiero delle ripetute vite terrene dell’uomo.

 

Entro il suo nucleo essenziale, che fino a un certo grado è indipendente da lei,

l’anima può sentire il germe di una nuova vita umana: quel germe vi trasferirà i frutti della vita attuale,

avendo sperimentato dopo la morte, in un mondo spirituale e in modo prettamente spirituale,

le condizioni di esistenza di cui non può essere partecipe finché è rivestito, fra nascita e morte, da un corpo terrestre fisico.

 

Da questo pensiero scaturisce di necessità l’altro,

che l’attuale vita nel mondo sensibile fra nascita e morte

è il risultato di altre vite terrene, trascorse da molto tempo,

nelle quali l’anima aveva sviluppato un germe che continuò a vivere dopo la morte in un mondo puramente spirituale,

finché fu maturo per iniziare, mediante una nuova nascita, una nuova vita terrena;

così come il germe vegetale diventa una nuova pianta dopo che, staccato dalla pianta antica nella quale si era formato,

avrà trascorso qualche tempo in condizioni di esistenza differenti.

 

Per mezzo delle adeguate preparazioni dell’anima,

la coscienza soprasensibile impara ad immergersi nel processo di formazione, durante una vita umana,

di un nucleo in certo senso autonomo che trasferisce i frutti di questa vita in vite terrene successive.

 

Quasi come un’immagine, ma anche sostanzialmente, quasi volesse manifestarsi come entità autonoma,

dai flutti dell’anima emerge un secondo sé

che appare indipendente e superiore all’essere che si era fino allora considerato il proprio io.

Esso assume la parte di ispiratore di quel sé precedente, il quale ultimo confluisce con l’altro, ispiratore e superiore.

 

In tale stato di fatto, che la coscienza soprasensibile scorge chiaramente, la coscienza ordinaria vive senza saperlo. Ancora una volta, occorre il rafforzamento dell’anima, per affermarsi, ora, non solo contro un mondo spirituale col quale si corre il rischio di confondersi, ma perfino contro un’entità spirituale che, in un certo senso più alto, siamo noi stessi e che però si trova al di fuori di ciò che nel mondo dei sensi necessariamente dobbiamo sentire come il nostro sé. (Il modo in cui questo secondo sé sorge dai flutti dell’anima, come immagine, come entità, è molto diverso per le diverse individualità umane. Nei miei quadri drammatici di eventi animici La porta dell’iniziazione, La prova dell’anima, Il guardiano della soglia e II risveglio delle anime cercai di descrivere come diverse individualità umane procedano alla conquista di questo «altro sé».)

 

Anche se nella coscienza ordinaria l’anima non sa nulla dell’ispirazione da parte dell’«altro sé»,

pure tale ispirazione è presente nelle profondità dell’anima.

• Quella ispirazione però non si esplica in pensieri o parole interiori, bensì per mezzo di azioni, di processi, di eventi.

• È questo «altro sé» a condurre l’anima verso gli eventi particolari del suo destino nella vita,

e a suscitare in essa le capacità, le tendenze, le disposizioni, ecc.

 

Questo «altro sé» vive nel complesso del destino di una vita umana.

• Esso procede a fianco del sé ordinario, che ha le proprie esigenze tra la nascita e la morte,

e configura la vita umana, con tutte le gioie, le elevazioni, i dolori che vi irrompono.

• Convivendo con questo «altro sé», la coscienza soprasensibile impara a dire «io» al complesso del destino di una vita,

come l’uomo fisico dice «io» al proprio essere individuale.

• Ciò che con termine orientale si chiama «karma»

finisce per coincidere nel modo descritto con l’«altro sé», con l’«entità spirituale dell’io».

 

Il corso della vita umana si rivela ispirato dalla propria entità permanente che prosegue di vita in vita;

e l’ispirazione si realizza nel fatto che i destini di una vita terrena successiva risultano essere le conseguenze

delle vite terrene precedenti.

• Così l’uomo impara a conoscersi come un’altra entità, diversa da quella che egli è nel mondo dei sensi,

e che nel mondo dei sensi si esprime soltanto nei suoi effetti.

 

Quando la coscienza penetra in questo mondo,

essa si trova in una sfera che, in contrapposizione a quella elementare, può essere chiamata la sfera dello spirito.

• Finché si sente se stessi in questa sfera, ci si ritrova completamente estranei

alla cerchia in cui si svolgono tutti gli eventi e le esperienze del mondo dei sensi.

• Da un mondo diverso si guarda indietro, verso quel mondo che, per così dire, si ha abbandonato.

• Si perviene però a riconoscere che come uomo si appartiene a entrambi i mondi.

 

• Si sente il mondo dei sensi come una specie di immagine riflessa del mondo spirituale,

immagine che però non si limita a riflettere i processi e le entità del mondo spirituale,

ma che, pur essendo immagine speculare, conduce in sé una vita autonoma.

• Come se un uomo si vedesse in uno specchio e, mentre si vede, l’immagine speculare acquistasse vita indipendente.