Le antiche iniziazioni dei druidi

O.O. 92 – Leggende e misteri antichi – 21.10.1904


 

…. Fin da alcuni secoli prima che il cristianesimo venisse introdotto nelle regioni nordiche, e fin da tempi anche più remoti, esistevano le antiche iniziazioni dei druidi. Queste resistettero pressappoco fino a quando si raggiunse la netta consapevolezza che la civiltà celtica, con la sua funzione preparatoria, era ormai al tramonto. Dovete pensare che, nelle regioni del nord, tutti gli influssi che si estesero ad altri popoli non sono mai arrivati.

 

Nessuna delle correnti che derivavano dalle civiltà della fiamma e degli astri è riuscita a infiltrarsi nelle regioni nordiche. Nel nord sopravviveva ancora qualche residuo della civiltà atlantica, che era stata portata lì per opera di iniziati. L’iniziato delle popolazioni nordiche che aveva trapiantato in quelle terre gli elementi della civiltà atlantica era Wotan.

 

Dappertutto, nelle regioni del nord, era viva l’iniziazione druidica. Ho detto altre volte che uno dei fondatori delle sedi iniziatiche, il principale possiamo dire, si chiamava Sig, o Sigge. Ora, nel nord avvenne qualcosa di simile a ciò che sarebbe più tardi accaduto in Palestina con la fondazione del cristianesimo: Sig rinunciò al proprio corpo e lo mise a disposizione di una individualità superiore. Perciò questo nuovo Sig venne in seguito chiamato Odino; Odino era il sommo iniziato dei misteri nordici, era il portatore, in quest’epoca, della civiltà spirituale.

 

Sig fu dunque, nel nord, il chela che mise il suo corpo a disposizione di Odino, a lui superiore e più spirituale. Quanto a sé, seguitò poi a vivere come maestro iniziato. Sig rappresenta un caso del tutto particolare. Egli non poteva dare il via a un movimento, come ha fatto il maestro Gesù dopo la fondazione del cristianesimo. Doveva anzi condurre alla fine la civiltà che si era imposta nelle regioni nordiche. Era chiamato a guidare i popoli nordici sino al momento in cui, dal sud, il cristianesimo si propagò fino a loro per opera della quarta civiltà dell’epoca postatlantica. Il compito dell’antico chela Sig era quello di guidare i popoli nordici alla loro tragica fine. Perciò il suo nome è anche Sigurd, che significa “colui che guida nel passato”: Urd è la Norna del passato.

 

Analogo il significato di Fried, cioè “che guida alla pace”, ossia alla morte, alla fine. Questo significato si è mantenuto nel termine tedesco Friedhof [cimitero], che allude a quanti sono stati guidati alla morte. Quel medesimo chela che ha aperto la via al grande iniziato deve guidare la civiltà nordica alla sua fine. Il contenuto spirituale di questa civiltà tramonta, e viene sostituito dal cristianesimo che si sta avvicinando.

 

Quello di cui ho appena parlato è un contenuto profetico, che nei misteri posteriori dei popoli nordici è spesso descritto così: “Dobbiamo essere una stirpe che viene guidata alla pace”. Tale è il concetto che risuona dai diversi misteri di queste popolazioni nordiche. Tutto il corso futuro degli eventi, che era registrato nelle scritture da tempi remotissimi, venne annunciato nei misteri nordici in forma di predizione, e da una tale predizione scaturì quello è poi diventato il contenuto della Canzone dei Nibelunghi e della saga di Sigfrido. Nella seconda parte della Canzone è attestato il compimento finale del karma dei Nibelunghi.

 

Devo accennare a un fatto particolare che, in casi come questi, caratterizza sempre l’evoluzione dell’umanità:

• prima dell’avvento di una nuova fase evolutiva,

è necessario che la fase precedente venga brevemente ricapitolata.

 

Questa ricapitolazione di fasi precedenti si manifesta con evidenza proprio qui, nel nord. Ci è dato vedere come ciò che vi si è compiuto fin dalle epoche lemurica e atlantica debba venire superato prima che le popolazioni nordiche siano ormai mature per il loro passaggio al cristianizzato quinto periodo di civiltà.

 

• Colui nel quale si riassume tutta quanta la storia della civiltà nordica è l’iniziato Sigfrido.

Passiamo allora brevemente in rassegna i punti essenziali della saga di Sigfrido.

 

Da principio ci viene descritta la vita dei tre eroi Gunther, Hagen e Giselher alla corte di Worms. Apprendiamo altresì come l’eroe Sigfrido aiuti Gunther a ottenere in sposa Brunilde. Di Sigfrido, udiamo che alla corte di Worms è visto come una figura straordinaria. E davvero è tale, per la sua invulnerabilità, per avere ucciso il possessore del tesoro dei Nibelunghi, per aver reso il suo corpo interamente corneo nel combattimento con il drago ed essersi conquistato la cappa che rende invisibili.

Egli dunque possiede due diverse proprietà che compaiono sempre negli iniziati dell’era precristiana: questi sono infatti invulnerabili, e sono irriconoscibili. Sono invulnerabili in virtù della loro iniziazione. Nel Vangelo si dice: «Tre sono quelli che rendono testimonianza: il sangue, l’acqua e lo spirito». Sangue e acqua devono venire superati.

 

Nei tempi che precedettero il cristianesimo, erano il sangue e l’acqua a rendere invulnerabili.

Nonostante la loro invulnerabilità, vi è sempre un punto, tuttavia, nel quale gli iniziati sono vulnerabili.

Achille è una figura di iniziato di tempi ancora più antichi.

Era stato immerso nello Stige, e il suo punto vulnerabile era il Tallone.

 

L’iniziato Sigfrido, bagnatosi nel sangue del drago, è vulnerabile in mezzo alle scapole.

 

L’iniziato può rendere irriconoscibile la sua vera persona grazie alla cappa che dà l’invisibilità,

e che cela alla vista del mondo esterno colui che dispone di superiori capacità occulte.

 

Avevano tali capacità occulte i possessori del tesoro dei Nibelunghi. Essi discendevano dall’umanità atlantica, i cui iniziati disponevano in special modo di queste capacità, le quali tuttavia erano presenti anche negli iniziati della quinta epoca, e dunque nello stesso Sigfrido. Dopo aver ucciso il drago, Sigfrido entra in possesso del tesoro dei Nibelunghi.

 

Ora, che cosa significa parlare di tesoro dei Nibelunghi?

Significa che le popolazioni nordiche cedono, per così dire, il fondo sul quale sorgerà la quinta civiltà.

 

L’umanità del quinto periodo di civiltà è nota anche come quella delle grandi invenzioni e delle grandi scoperte, quella che conquista totalmente il piano fisico, e la cui crescita coincide con la presa di possesso del mondo esteriore. Essa è destinata, da una parte, a possedere, e, dall’altra, a sviluppare in saggezza ciò che possiede.

 

Nell’espressione Nibetungenhort, tesoro dei Nibelunghi, non dobbiamo vedere nient’altro che una rielaborazione linguistica dell’antico termine Nifelheim, Nebelheim. Si tratta dunque di ciò che, nel nord, era noto come la Terra fisica, la Terra colta nel momento del suo divenire cosa fisica. Un solido possedimento, ecco ciò che quella civiltà, con la sua funzione preparatoria, ha sviluppato intorno a sé e ha messo di fronte al cristianesimo.

L’oro dei Nibelunghi è il possedimento terrestre, lo rappresenta. Questo è un qualcosa di cui l’iniziato dispone, e di cui può disporre in quanto sa come prendersene cura.

Conosciamo tutti il seguito della storia in questa antica versione della saga di Sigfrido, che non corrisponde alla sua forma primitiva, ma è tuttavia quella che ora ci interessa.

Gunther, come sappiamo, aspira alla mano di Brunilde di Islanda. Sigfrido vince due volte Brunilde. Gunther si batte con lei per ottenerla in sposa, ma al suo fianco combatte invisibile Sigfrido, protetto dalla sua cappa, e Brunilde crede così di essere stata vinta da Gunther, dal suo pretendente. Sigfrido è felice delle nozze fra Gunther e Brunilde, però la sua sposa, Crimilde, rivela a Brunilde in un momento di debolezza che a vincerla, in realtà, non è stato Gunther, ma è stato, invisibilmente, Sigfrido. Indignata, Brunilde medita allora di ucciderlo. Prima deve riuscire tuttavia a scoprire come lo si possa uccidere. Per raggiungere il suo scopo, ottiene l’aiuto di Hagen di Tronje, che vive a corte.

La figura di Hagen ci è nota dagli antichi misteri dei druidi. Il suo è un nome distintivo di antichi iniziati druidici. Hagen è un iniziato che rappresenta le estreme correnti residue della vita spirituale, le quali si manifestano nella resistenza che il passato oppone sempre al futuro, combattendolo.

Sigfrido appartiene alla corrente del futuro, quella che precede immediatamente il cristianesimo, Hagen alla corrente del passato, quella druidica. Egli dunque è chiamato a togliere di mezzo Sigfrido. Perché ciò avvenga, Crimilde deve rivelare che vi è un punto nel quale Sigfrido è vulnerabile, e nella sua rivelazione si svela al tempo stesso ciò che questo punto significa.

 

• Crimilde rivela che Sigfrido è vulnerabile in mezzo alle scapole,

ossia precisamente nel punto destinato a reggere il peso della croce.

Sigfrido non ha ancora la croce.

Il cristianesimo non è ancora presente fra questi popoli di età remota.

 

Nel punto sul quale la croce deve poggiare per essere portata attraverso il mondo, proprio in quel punto, Sigfrido è vulnerabile – così dice la saga -, perché il cristianesimo non è ancora presente.

 

Sigfrido, colui che conduce alla pace gli iniziati di Sig, che li conduce al riposo,

è vulnerabile nel punto che renderà più tardi invulnerabile la cristianità.

Egli viene sopraffatto dalle potenze residue delle civiltà antecedenti.

Hagen, il rappresentante delle correnti del passato, lo uccide.

È un’immagine dell’avvicendarsi del quinto periodo di civiltà alla civiltà nordica che la precede.

Nella saga di Sigfrido viene illustrato il significato di questo avvicendamento.

Dunque, contro che cosa combattono propriamente queste genti nordiche?

 

In quanto preparano la strada al cristianesimo, esse lottano contro tutto ciò che ancora è rimasto dell’epoca atlantica. Devono continuamente difendersi da questo passato. L’anima dei popoli nordici deve opporsi agli ultimi ostinati assalti di quel che resta della civiltà atlantica. Uno strato culturale antecedente si protende ancora entro il quinto periodo di civiltà. Ma quanti sono rimasti nella civiltà atlantica rappresentano un ostacolo sul cammino dell’evoluzione, e devono essere combattuti.

 

Le battaglie successive sono narrate in una redazione più antica, quella della saga di Gudrun. Qui, l’anima dei popoli nordici è impersonata da Gudrun. Ella combatte contro il grande iniziato degli Atlantidi, Attila, ovvero Adi o Etzel, che giunge dall’Asia come esponente degli ultimi resti di una stirpe atlantica, quella turanica. Anche l’Attila storico e il suo popolo vennero detti “flagello di Dio” dai popoli europei. Attila era un iniziato che combatteva alla testa della sua gente valendosi di efficacissime forze occulte.

 

È quindi pienamente giustificato che la battaglia degli Unni venga descritta dicendo che il loro esercito combatte nell’aria. Per chiunque conosca i fatti e li comprenda, è chiaro di che cosa si tratti qui. Attila non indietreggiò davanti a nulla di quanto, in Europa, gli si oppose; solo davanti al papa si ritirò spontaneamente, avendo la piena consapevolezza di non potere nulla contro di lui, contro il rappresentante del cristianesimo. I popoli nordici sapevano di doversi difendere dagli influssi che venivano dall’Oriente, ma al cristianesimo questi influssi non potevano recare alcun danno.

 

La saga più recente, quella dei Nibelunghi, prosegue narrando che Crimilde medita di vendicarsi di coloro che hanno ucciso Sigfrido. Qui, il suo proposito di vendetta la porta ad allearsi proprio con gli elementi atlantici. Crimilde acconsente alla proposta di matrimonio di Attila e diviene la moglie del re degli Unni. Dopo la morte di Sigfrido, ella era vissuta per un certo tempo alla corte burgunda. Entrata in possesso del tesoro dei Nibelunghi, lo aveva usato da grande benefattrice qual era. Ma i suoi nemici, eredi di epoche anteriori e rappresentati da Hagen, avevano sprofondato il tesoro nel Reno. Crimilde persegue il suo proposito di annientare i vecchi nemici nordici con l’aiuto di Attila. Per effetto del suo piano di vendetta, i Nibelunghi vengono attirati dal nord alla corte di Attila, e lungo la strada si fa loro incontro proprio quella potenza spirituale dalla quale dovranno essere soppiantati.

 

Al Danubio, nelle persone di Rùdiger di Bechlaren e della sua sposa Gotelinde, si fa loro incontro il cristianesimo. È l’alba del cristianesimo, è il nuovo che deve sostituirsi alle civiltà dei popoli nordeuropei. I Nibelunghi si avviano alla rovina: alla corte degli Unni essi vengono assassinati. Crimilde ottiene vendetta, ma deve lei stessa perire. Che cosa lo impone? Crimilde, che in realtà è Gudrun trasformata, e dunque l’anima della civiltà nordica, si allea con Atli-Attila-Etzel, l’uomo atlantico, e si vendica sul rappresentante della propria civiltà, colui che aveva ucciso l’iniziato. E lei stessa va incontro alla rovina.

 

Se considerate la saga solo dal punto di vista estetico, vi chiederete naturalmente come mai, alla fine, vengano introdotti alla corte degli Unni anche Teodorico di Verona, Ildebrando e tutti gli altri eroi che appartengono a uno strato storico ormai passato al cristianesimo, visto che sono già eroi cristiani. Il cristianesimo segna la fine dell’antica anima del popolo, ne costituisce il superamento.

Qui si tratta di qualcosa che non è stato aggiunto alla saga successivamente, ma che, in forma di profezia, era ben vivo nei misteri molto prima dell’affacciarsi del cristianesimo. Questi fatti erano oggetto dell’iniziazione misterica, nella quale rientrava non solo l’iniziazione alle verità del passato, ma anche quella alle verità del presente e dell’avvenire. Vi rientrava sempre l’apocalittica.

 

La saga di Sigfrido è stata per lungo tempo l’apocalisse del popolo nordico. Questa saga, a differenza di ciò che ne pensa la filologia, non è un’opera poetica nata come che sia in mezzo al popolo da diverse composizioni isolate. Il popolo non crea poesia. Questo può dirlo soltanto chi non abbia il minimo sentore di ciò che avviene nell’anima di un popolo.

 

Le saghe non sono nient’altro che trascrizioni di quanto si è compiuto nelle cripte dei misteri.

Ciò che contengono non è che la trascrizione di fatti misterici.

 

L’insieme di questi fatti, per il quale nel sud si usava il termine mysterium, nel nord era detto maere, donde è poi derivato il termine Màrchen (fiaba) per indicare i fatti minori. «Ci narrano le antiche storie [maeren] molti prodigi».

I “prodigi” non sono che un “segno”, un segno di fatti

che devono essere considerati come appartenenti a mondi superiori.

 

Il mondo delle leggende nordiche desta tanto interesse perché ci parla di qualcosa che nelle leggende del sud non si ritrova mai. Quel che i popoli del sud descrivono nelle loro leggende ha sempre il senso di un’ascesa; essi hanno sempre intrapreso, hanno sempre raggiunto qualcosa che conduce a uno stadio superiore.

È bensì vero che Indiani, Persiani, Babilonesi, Caldei e i popoli ad essi succeduti hanno anche figure tragiche: basti pensare alla leggenda di Crono. Ma l’elemento tragico giunge al suo massimo sviluppo nel nord, perché qui i popoli erano destinati a una lunga attesa. Qui c’è stata una civiltà preparatoria di lunga durata e di alto livello iniziatico, c’è stata una civiltà – e questo è l’essenziale – che è arrivata talmente in fondo da avere nell’uomo il suo iniziato.

 

Presso gli Indiani, l’iniziato è il bodhisattva, poi lo sono i rishi,

e in seguito, presso i Greci, gli iniziati sono i figli del Sole come Eracle e Achille.

• Solo dopo, quando la scala degli iniziati era arrivata così in fondo, nel nord apparve l’uomo iniziato,

cui mancava soltanto di essere ciò che è il Cristo, l’uomo fatto Dio.

• Nel nord, l’uomo ci si presenta in atteggiamento di attesa;

il suo punto vulnerabile è quello in cui deve innestarsi il cristianesimo.

 

Dobbiamo considerare dunque quattro “strati”:

• Primo: Wotan.

Parallelo agli sviluppi, nel sud, della prima civiltà dell’epoca postatlantica.

• Secondo: Odino. Parallelo alla seconda civiltà dell’epoca postatlantica.

• Come terzo: Baldur, l’eroe solare.

Parallelo allo sviluppo della civiltà babilonese-caldeo-assira nel sud.

 

Ma quella che nel sud è una civiltà in ascesa, nel nord è una civiltà dell’attesa.

Gli iniziati della civiltà dell’attesa, nella quale si esprime dappertutto l’elemento tragico.

Poiché le vecchie forze sono alla fine, assistiamo alle morti tragiche di Baldur e di Sigfrido.