Le esperienze fra morte e nuova nascita. Passaggio dall’elemento fisico al morale.

Inversione del tempo dopo la morte.

O.O. 227 – Conoscenza iniziatica – 27.08.1923


 

Sommario: Passaggio dall’elemento fisico al morale. La bellezza deriva dal dolore. Le tre necessità ferree nei misteri egizi. I tre detti rosicruciani. Inversione del tempo dopo la morte. « La ruota delle nascite », pericolo di perdere il nesso col mondo spirituale. Automobili e macchine da scrivere. Necessità di un contrappeso col lavoro spirituale.

 

Ieri ho cominciato ad accennare come le esperienze umane del sonno

siano in certo modo preannunziatrici delle esperienze del dopo morte.

Le esperienze fatte durante il sonno si svolgono assolutamente al di là della cosiddetta soglia

di cui abbiamo parlato spesso in questi giorni.

 

Quelle che descriverò sono vere esperienze di ognuno, ma come esperienze non giungono durante la vita terrestre fino alla coscienza ordinaria; sorgono soltanto nell’immaginazione, nell’ispirazione e nell’intuizione. Ma non dobbiamo credere, perché queste esperienze non penetrano fino alla coscienza, che esse non vi siano. Vi sono invece, l’uomo le attraversa.

 

Se mi è permesso servirmi di un’immagine, è come se qualcuno venisse condotto con gli occhi bendati attraverso una camera: non vede le cose, ma deve fare la fatica di camminare, e può sperimentare parecchio nella camera che però non vede. Quello che avrò da descrivere riguardo al tempo fra l’addormentarsi e il risvegliarsi, rimane in certo modo immerso nelle tenebre per la coscienza, perché questa non lo vede. Come ho detto, tuttavia lo sperimentiamo, e gli effetti di ciò che abbiamo sperimentato durante il sonno compaiono senz’altro nella vita di veglia.

Quello che sperimentiamo durante la veglia può quindi da noi essere compreso giustamente soltanto, se lo consideriamo come la cooperazione di ciò che proviene dall’ultimo sonno, e di ciò che si svolge nel corpo fisico e in quello eterico durante il giorno.

 

Quando ci addormentiamo siamo invasi da una specie di paura indefinita.

Essa non affiora alla coscienza dell’ordinaria vita terrena, non la formuliamo in pensieri, ma esiste come processo nel corpo astrale e nell’io, e trasportiamo con noi nello stato di veglia diurno le conseguenze della paura avuta nel sonno.

• Se l’uomo non portasse con sé questa paura, se essa non agisse come forza durante la vita di veglia nel corpo fisico e in quello eterico, egli non sarebbe in condizione di conservare la sua costituzione fisica, di conservarla in modo, per esempio, che essa possa secernere giustamente i sali e le altre sostanze simili.

 

La secrezione che è necessaria per l’organismo

è un’azione della paura subcosciente sentita durante la vita del sonno.

 

• Quando ci addormentiamo entriamo dunque in una sfera di paura, vorrei quasi dire.

• Poi subentra uno stato dell’anima che è come una continua oscillazione da uno stato interiore di calma a uno stato interiore di inquietudine; un’oscillazione tale che, se dovesse vivere questo stato coscientemente, l’uomo potrebbe credere ogni momento di sprofondare in una specie di deliquio dal quale poi di nuovo si risveglia. Come un oscillare fra il sentirsi saldo e lo svenire, ecco ciò di cui è impregnata la paura.

• Quale terza esperienza si ha il senso di trovarsi dinanzi a un abisso, di sentirsi mancare il terreno da sotto ai piedi, e di stare per sprofondare da un momento all’altro.

 

Già nel momento in cui l’uomo si addormenta, le cose cominciano nell’universo a sollevarsi dal fisico e ad immergersi nell’elemento morale, perché il secondo stato, in cui ci immergiamo dormendo, si può veramente soltanto giudicare se riconosciamo le leggi morali cosmiche, simili alle leggi della natura che di solito agiscono sulla Terra, se le sentiamo con la medesima sicurezza, con cui diciamo che una pietra cade a terra, o che una macchina viene sospinta dal vapore, se le sentiamo con la medesima realtà.

Però l’uomo, nella sua attuale vita terrena, poiché appunto in questa non ha che un determinato grado di forza, viene protetto dalla benevola direzione cosmica dallo sperimentare già ora con la sua piena coscienza ciò che egli attraversa incoscientemente ogni notte.

 

Nel cosmo è in realtà tutto disposto in modo che anche le cose che ci appaiono con massima bellezza e splendore devono poggiare sul dolore, la sofferenza, la rinunzia; sullo sfondo di ciò che appare esternamente bello vi è appunto dolore, rinunzia. Questo è altrettanto necessario nell’universo, quanto lo è che la somma degli angoli di un triangolo è uguale a 180 gradi, ed è ingenuo sollevare il quesito: perché gli dèi non hanno costituito il cosmo in modo che esso appaia soltanto per dare soddisfazione all’uomo? L’esistenza impone appunto delle necessità.

Questo già veniva sentito per esempio nell’insegnamento misteriosofico egizio che dava alla percezione cosciente di ciò che si affaccia nel sogno, alla paura, all’oscillazione fra la fermezza e il deliquio, al trovarsi davanti all’abisso, il nome di mondo delle tre ferree necessità. L’insegnamento egizio dei misteri, che ancora sapeva tali cose per virtù dell’antica arte chiaroveggente istintiva diceva perciò: se l’uomo penetra coscientemente nel mondo in cui entra ogni notte nel sonno incosciente, egli deve essere immerso nel mondo delle tre ferree necessità.

Quel che l’uomo ivi sperimenta crea in lui una profonda aspirazione verso la divinità; egli allora la sperimenta come riempiente, penetrante, permeante l’intero cosmo, quale ora egli lo sperimenta; il cosmo stesso si discioglie infatti come in figure nebulose fluttuanti, vibranti, mobili, in cui ogni momento ci si potrebbe sentir vivere, ma in cui pure ci si potrebbe sentire in ogni momento sommergere. Allora l’uomo si sente intessuto con l’elemento divino che vibra, ondeggia e interpenetra l’intero mondo. Il sentimento panteistico del divino, che sorge in ogni persona sana durante la vita di veglia diurna, non è che un’eco, una conseguenza di quanto viene sperimentato durante il sonno incoscientemente nel sentimento panteistico del divino.

Sentiamo allora in effetti la nostra anima come riempita da una convinzione interiore incosciente nata dalla paura e dall’impotenza, ma la sentiamo al contempo riempita di ciò che, invece del punto di gravità delle azioni fisiche, ci conferisce un centro di gravità interiore.

 

Nell’insegnamento occulto rosicruciano veniva espresso ciò che pervade l’uomo, allorché s’immerge nella sfera delle tre necessità ferree. Veniva spiegato ai discepoli che cosa in realtà essi sperimentano direttamente dopo l’addormentarsi. Venivano resi coscienti che le loro esperienze diurne si sarebbero immerse in figure nebulose, manifestanti essenzialità, fluttuanti, in sé mobili.

Voi stessi, veniva detto ai discepoli, sarete intessuti in quelle figure nebulose, vi troverete in esse paurosi e impotenti dinanzi a un abisso. Ma avrete trovato ciò che ora dovete far affiorare nella vostra coscienza con tre parole che devono vibrare attraverso l’intera vostra anima: ex deo nascimur.

• Il detto ex deo nascimur, che è indefinito nella coscienza ordinaria e che sorgeva nella coscienza dei discepoli dei nuovi misteri, è quello che anzitutto si sperimenta quando dallo stato di veglia si passa allo stato di sonno.

Nell’ulteriore corso di queste conferenze vedremo come questo detto abbia al contempo una parte storica nell’evoluzione cosmica dell’umanità. La parte che qui descrivo è quella individuale che nella vita di ogni singolo si svolge qui nell’esistenza terrena.

 

Quando poi l’uomo continua più oltre a dormire, cessa il quadro abituale che dalla Terra egli ha del cosmo; mentre è qui sulla Terra, sopra di lui ha di notte le stelle che irradiano e risplendono, ha la Luna, di giorno ha il Sole la cui azione penetra nei suoi sensi; a un determinato momento del suo sonno egli vede sparire l’intero mondo stellare. Le stelle cessano come esseri fisici. Ma dove per la vista dei sensi le stelle apparivano come esseri fisici, dall’irradiazione delle stelle (che come tale scompare) sorgono per così dire i geni stellari, gli spiriti stellari, gli dèi stellari.

Il cosmo si trasforma in ciò che allora è percepibile per l’ispirazione cosciente, si trasforma in un universo parlante, in un universo che si manifesta per mezzo della musica delle sfere, della parola cosmica. Invece del cosmo sensibile che può essere veduto qui dalla Terra, vediamo esseri che vivono nello spirito, che formano il cosmo.

L’uomo passa ivi in modo che, se potesse arrivare ad esser cosciente di che cosa sperimenta, sentirebbe in effetti come se il mondo da tutte le parti dell’universo pronunziasse un giudizio sul suo valore come essere umano, sulle sue azioni buone e su quelle cattive. Anche nel suo valore umano l’uomo si sente tutt’uno col cosmo.

Ma quel che gli succede (se lo potesse sperimentare coscientemente, come lo si sperimenta con l’ispirazione, lo osserverebbe) è di sentire una gran confusione.

Egli ha bisogno di una guida.

 

• Nell’attuale epoca dell’evoluzione dell’umanità essa si presenta se in questa vita terrestre l’uomo ha intessuto nella sua anima e nel suo cuore i nessi col mistero del Golgota, se si è acquistato durante la sua vita terrestre il suo nesso col Cristo, che come Gesù ha attraversato il mistero del Golgota.

• Il sentimento che invade l’uomo direttamente nell’epoca attuale (dirò domani da quali sentimenti egli sia stato invaso in altre epoche) è che la sua anima confusa si dissolverebbe nella sfera in cui ora è penetrato, se l’Essere che è penetrato nelle sue rappresentazioni, nei suoi sentimenti, negli impulsi del suo cuore, se l’Essere-Cristo non diventasse la sua Guida in questa sfera.

Il sentimento del Cristo che si sta avvicinando, che diventa la Guida, e che dobbiamo rappresentarci in questa sfera in relazione con la vita solare, come l’uomo stesso lo è con la vita terrestre, viene sentito come da una scuola misteriosofica del medioevo veniva presentato all’anima dei discepoli: in Christo morimur. È infatti il senso che l’anima dovrebbe morire se non morisse nel Cristo, e per tal modo la morte dell’anima non si trasmutasse in vita cosmica.

 

Così l’uomo vive nel sonno e attraversa il sonno. E mentre egli ha percepito le stelle cosmiche come esseri, mentre si trova in un ambiente a cui non era abituato, sorge ora in lui l’aspirazione, poiché non può destarsi con la coscienza in quella sfera, di ritornare di nuovo nella sfera della coscienza. Questa è la causa del risveglio, è la forza che ci fa destare. E abbiamo il senso, che però a sua volta non affiora alla coscienza, che per mezzo di ciò che abbiamo assorbito dalle stelle, dagli esseri stellari, non ci destiamo privi di spirito, ma portiamo con noi lo spirito che risiede nell’anima, nell’esistenza corporea diurna.

• Questo sentimento, che rappresenta il terzo aspetto delle esperienze notturne nello sperimentare personale dell’uomo nell’esistenza terrestre, in una scuola misteriosofica del medioevo veniva a sua volta portato alla coscienza dei discepoli con il terzo motto: per Spiritum Sanctum reviviscimus.

Questo triplice modo di vivere nel mondo spirituale al di là del Guardiano della soglia, il quale viene trascurato proprio soltanto dall’uomo attuale, va sentito come tre passi che contemporaneamente imprimono nell’anima umana ciò che nel suo vero senso si può chiamare la Trinità che impregna, vibra e vive nella vita spirituale.

 

Quello che ora ho descritto viene da noi sperimentato ogni notte in immagini. In esse s’intessono scorrendo a ritroso le esperienze che di giorno abbiamo attraversato. Proprio come troviamo le nostre esperienze qui sulla Terra intessute negli eventi dei processi della natura durante la nostra veglia, così pure, durante questo sperimentare a ritroso di notte, troviamo quella ripetizione a ritroso intessuta nei ricordi dei mondi stellari.

 

Ma tutto questo è per ora solo immagine.

Essa si può realizzare soltanto dopo aver varcato la soglia della morte.

Qui sulla Terra, sperimentata a ritroso, è immagine.

Si realizza dopo aver compiuto in tre o quattro giorni l’esame retrospettivo ieri descritto,

e dopo essere penetrati nel mondo spirituale in realtà, e non soltanto per via d’immagini come succede ogni notte.

 

Se vogliamo esaminare con intendimento i processi che l’uomo vive coscientemente dopo varcata la soglia della morte, occorre considerare che gli esseri spirituali che noi incontriamo, vorrei dire trasformati, metamorfosati dalle stelle, vivono in una direzione cosmica del tutto diversa da quella degli uomini durante la nostra esistenza terrestre. Questa è una verità molto importante dei mondi spirituali; una verità che ordinariamente non viene tenuta in considerazione quando si parla teoricamente di mondi spirituali.

 

Quando siamo incarnati noi abbiamo nella nostra esistenza terrena un corpo fisico e un corpo eterico. Essi sono costituiti in modo che noi viviamo dal prima al dopo in una successione di eventi; noi dunque ci troviamo nel tempo in una determinata corrente.

La peculiarità dei nostri due corpi, il fisico e l’eterico, è che nel cosmo essi hanno la direzione da sinistra verso destra. L’intero nostro sperimentare nel mondo, in quanto siamo esseri umani, si verifica in questa direzione (disegna una freccia).

Le entità che incontriamo quando passiamo nell’esistenza fra una morte e una nuova nascita, realizzando l’esperienza di quanto sperimentiamo qui durante il sonno in immagini, si muovono nella direzione opposta. Ci vengono continuamente incontro.

 

Rispetto a quello che chiamiamo tempo nella vita terrestre, dobbiamo quindi dire:

• gli esseri spirituali superiori hanno corpi spirituali, corpi di luce,

coi quali però essi si muovono dall’avvenire più lontano verso il passato.

• Si muovono dunque in direzione opposta.

Quando entriamo nel tempo che percorriamo fra una morte e una nuova nascita,

come qui sulla Terra assumiamo dalle sostanze fisiche il nostro corpo fisico, assumiamo invece corpi divini.

Ci rivestiamo con il corpo divino

di quello che nel mio libro Teosofia ho chiamato uomo-spirito e spirito vitale.

 

Mentre così passiamo la porta della morte, ci rivestiamo dello spirito vitale e dell’uomo-spirito,

ma abbiamo anche ricevuto una direzione opposta nell’universo,

e dopo la morte riviviamo anzitutto la nostra vita a ritroso fino alla nascita, fino alla concezione.

 

Noi dunque nella vita siamo partiti qui sulla Terra dalla nascita o dalla concezione

(immaginando un circolo per rappresentarci meglio il processo)

durante la nostra esistenza terrena in una direzione (metà superiore del circolo),

e torniamo indietro dopo l’esistenza terrestre nell’altra direzione (metà inferiore del circolo),

fino al punto della nostra nascita o concezione nel tempo.

 

Proprio come se, uscendo dal nostro paese per recarci in un altro, noi torniamo indietro, descrivendo in certo qual modo un circolo nello spazio, così ne descriviamo uno secondo il tempo, perché nel mondo in cui allora entriamo non vi è più spazio, ma vi è ancora il tempo; lo si potrebbe descrivere come un’andata e un ritorno.

 

Noi andiamo così in una direzione fra la nascita e la morte,

e dopo percorso questo cammino ritorniamo indietro,

percorrendo a ritroso le realtà spirituali, le esperienze notturne terrestri,

finché arriviamo di nuovo al nostro punto di partenza.

 

Di questi circuiti nella vita, nel complesso della vita, viene poco parlato oggi in questa epoca di mentalità tanto materialistica, e dobbiamo risalire un po’ indietro nell’evoluzione dell’umanità sulla Terra, per ritrovare un linguaggio che corrisponda veramente a questi reali processi della vita umana.

Se risaliamo alla saggezza orientale che conosceva queste cose non per virtù di una visione cosciente, come ora di nuovo la possiamo avere, ma per mezzo di una chiaroveggenza sognante, troviamo che essa si serviva di un’espressione mirabile, e osserviamo che quell’espressione deriva dalla visione che oggi possiamo riacquistare, se varchiamo la soglia con vera comprensione e passiamo dinanzi al Guardiano coscientemente, penetrando nel mondo spirituale.

Se con teorie qualsiasi architettate a metà dall’intelligenza si descrive il mondo spirituale, esso viene descritto in conformità di ciò che la concezione materialistica immagina a un dipresso l’universo: cioè che l’uomo vive, che comincia con la nascita, diventa poi un bambino, un giovanetto o una giovanetta e così di seguito fino alla morte; poi continua sempre più avanti, tracciando così una linea al termine della quale naturalmente non si arriva. Chi infatti conosce l’iniziazione sa che è semplicemente una sciocchezza parlare di un termine; questa via fino a un termine non esiste. Vi sono le vie che ritornano in se stesse. L’espressione mirabile adoperata in antico dagli iniziati orientali per indicare questo fatto è « ruota delle nascite ».

Della ruota delle nascite vien molto parlato, ma oggi non se ne coglie la realtà. Abbiamo in effetti già assolto la prima ruota delle nascite, quando abbiamo compiuto il nostro pellegrinaggio che dura un terzo della vita complessiva, cioè altrettanto tempo quanto durante la vita è stato dedicato al sonno; possiamo allora aspettare nella vita fra la morte e una nuova nascita le ulteriori ruote delle nascite.

 

Così è di nuovo se, grazie al risveglio che si presenta per la conoscenza umana a seguito di immaginazione, ispirazione e intuizione, si penetra nei mondi che sono dietro al velo del mondo sensibile e che gli uomini possedevano negli antichi tempi dell’evoluzione del mondo, quale retaggio di un passato in cui essi erano in comunicazione con gli esseri divino-spirituali, come ho già detto.

Se in tal modo, per mezzo della conoscenza, si risale nei mondi spirituali a ciò che negli antichi tempi gli uomini sapevano di quei mondi, si acquista la possibilità di comprendere quello che ci è pervenuto dalle antiche saggezze. Allora si comincia a sentire una grandiosa ammirazione per l’antica saggezza dell’umanità. Così chi oggi veramente accoglie in sé l’iniziazione non può far a meno di alzare lo sguardo con ammirazione e venerazione verso i remotissimi tempi dell’esistenza terrestre dell’uomo.

 

Si vede da questo che si può arrivare realmente al vero aspetto delle antiche concezioni soltanto ritrovandole per mezzo della moderna scienza dello spirito. Perciò chi vuol escludere la scienza moderna dello spirito non comprende affatto il linguaggio che veniva adoperato da coloro che possedevano la saggezza primordiale dell’umanità; essi non possono perciò affatto descrivere gli eventi storicamente.

È a volte ingenuo il modo in cui chi nulla sa del mondo spirituale, vuol esporre e interpretare gli antichi documenti dei popoli. In essi, che già forse contengono saggezza primordiale velata, risuonano parole straordinarie, come « la ruota delle nascite ». Occorre comprenderle, ricercando ciò a cui esse si riferiscono come a una realtà. Se si vuole dunque esporre la storia dell’umanità sulla Terra secondo verità, non si deve rifiutare d’imparare a conoscere prima il significato del linguaggio che si usava negli antichi tempi.

 

Io avrei potuto cominciare subito con la descrizione della evoluzione storica dell’umanità, servendomi delle espressioni che si trovano negli antichi documenti; ma allora non si ottengono che parole, null’altro che parole, come oggi tante ne svolazzano per il mondo, quando si parla di antichi documenti.

Prima di descrivere conformemente a verità, sia pure quel breve tratto che l’uomo ha vissuto durante la sua epoca storica, è perciò necessario descrivere il nesso dell’uomo coi mondi spirituali, perché è così soltanto che si acquista la possibilità di orientarsi in quel linguaggio e in tutto ciò che è stato fatto negli antichi tempi per conservare una relazione coi mondi spirituali.

 

Ieri ho descritto ciò che i druidi facevano, costruendo dei cumuli di pietra e coprendoli, per potere poi, dall’ombra che risultava dalla costruzione e guardando attraverso le pietre, investigare la volontà dei mondi spirituali che da quei mondi voleva penetrare in quello fisico. Tutto questo era collegato con qualcosa d’altro.

Nel mondo spirituale non vi è soltanto un movimento di andata, ma vi è anche quello di un ritorno. Come vi sono forze del tempo che ci portano attraverso l’esistenza terrena fisica, e che dopo la morte ci riportano indietro, così pure vi sono forze che sono dirette dall’alto verso il basso, e altre che si dirigono dal basso verso l’alto. Così in quelle costruzioni veniva osservata dai druidi una corrente discendente e anche una corrente ascendente.

Se quei sacerdoti avevano eretto questi cumuli in una giusta località, essi potevano scorgere non soltanto la volontà degli spiriti divini discendente dal cosmo, ma, poiché la unidimensionalità dominava nell’ascesa, in quanto il cumulo era situato nella giusta località, essi potevano anche riconoscere la bontà o la malvagità degli uomini che appartenevano alle loro comunità e che comunicavano con l’universo.

Quelle pietre servivano anche da osservatorio per i druidi, per scrutare nell’interiorità delle anime che comunicavano col cosmo e che appartenevano alle diverse comunità.

 

Tutti questi segreti, tutti questi misteri si ricollegano a ciò che dagli antichi tempi ci è rimasto in stato tanto decadente. Si capiscono soltanto se, grazie alla forza della propria immaginazione, ispirazione e intuizione, si solleva il mondo spirituale dalla sua esistenza occulta, e lo si fa affiorare nella coscienza degli uomini.

L’uomo compie di nuovo nel corso della sua vita fra la morte e la nuova nascita tali moti circolari (che naturalmente come li ho descritti vanno intesi figurativamente, poiché ci si muove nella sfera dell’unidimensionalità).

 

Proprio come vi è il circolo, che va dalla nascita alla morte e ritorna dalla morte alla nascita,

così vi sono altri circoli di andata e di ritorno durante l’intera vita fra una morte e una nuova nascita,

ma in modo che l’esperienza di essi sia sempre di una diversa gradazione nell’andata e nel ritorno.

 

Qui, per questa prima ruota della nascita, vi è la differenza

che noi sperimentiamo la parte dell’andata fino alla morte fisica,

mentre l’altra, del ritorno, la sperimentiamo direttamente nel tempo che segue subito la morte fisica

e che, misurato secondo il tempo che abbiamo sulla Terra, corrisponde alla durata di un terzo della vita terrena.

Allora è compiuta la prima ruota della nascita.

 

• Poi se ne svolgono altre, e noi le compiamo finché arrivando a un determinato punto dal quale possiamo iniziare la via del ritorno, la peregrinazione è inversa, nel modo che descriverò domani; noi le compiamo giungendo al punto della nostra esperienza complessiva che indica l’ultima morte che abbiamo sperimentata nella nostra precedente incarnazione terrena.

In tali ruote o circoli riviviamo dunque (però, nel primo tempo del nostro sperimentare dopo la morte retrospettivamente, ossia a ritroso) quello che abbiamo attraversato fra l’ultima morte dalla quale appunto siamo usciti, e la nascita nell’esistenza terrena. Ogni simile movimento circolare corrisponde nella sua andata, potrei dire, a una vita cosmica di sonno.

 

Se continuassi a disegnare altri circoli che si svolgono più oltre, l’andata corrisponderebbe sempre a una vita dopo la morte, in quanto l’uomo con l’intero suo essere si discioglie maggiormente nel cosmo, ha la coscienza di vivere in sostanza nel mondo cosmico, di essere tutt’uno col mondo cosmico.

Il ritorno corrisponde sempre alla circostanza che in certo qual modo l’uomo ritorna in se stesso dal mondo cosmico, ed egli elabora in sé e sperimenta come unito al suo sé ciò che ha sperimentato solo nel cosmo.

 

Come qui nella vita terrestre, per avere un’esistenza terrena sana, dobbiamo attraversare un alternarsi fra sonno e veglia, così nel tempo fra una morte e una nuova nascita dobbiamo in certo qual modo sempre sperimentare un analogo effondersi nel cosmo, in cui ci sentiamo tanto grandi ed estesi quanto lo è il cosmo; sentiamo allora le figure e i fatti cosmici come fossero nostre figure e nostri fatti, ci identifichiamo in tal modo con l’universo, e diciamo: tu vivi ora in ciò che hai guardato coi tuoi occhi fisici, quando eri ancora un cittadino della Terra, in ciò che allora, nel suo riflesso fisico delle stelle sensibili, ti guardava dal di fuori. Ma non sono stelle fisiche, sono entità divino-spirituali che uniscono la loro esistenza con la tua esistenza. Tu sei in certo modo disciolto nell’esistenza cosmica. In te vivono le entità divino-spirituali del cosmo, con esse tu ti devi identificare.

È in certo modo una parte delle esperienze fra la morte e una nuova nascita che si possa chiamare notte cosmica o giorno cosmico quello che così sperimentiamo; le espressioni terrestri che impieghiamo non hanno naturalmente alcuna importanza per gli esseri spirituali che vivono nel mondo spirituale. Per mezzo delle nostre espressioni terrestri dobbiamo immaginare ciò che sperimentiamo là fuori. Dobbiamo però anche descriverlo in modo adatto.

 

• Ai tempi in cui per così dire cresciamo con l’universo, ci identifichiamo con esso,

• seguono altri tempi in cui ci ritiriamo nel nostro sé, in certo modo, in un singolo punto, il punto del nostro sé,

in cui come in un ricordo cosmico sentiamo ormai in noi, unito nel nostro sé,

tutto ciò che prima avevamo sperimentato come riversato nell’intero cosmo.

 

Sentiamo per così dire la ruota della nascita sempre veramente come un vortice che sperimentiamo col cosmo,

ma di cui poi, ritirandoci nel nostro sé, sperimentiamo in esso soltanto la parte più piccola, il terzo.

Quindi di nuovo usciamo, e poi subentra nuovamente il ritiro nella spirale.

 

La ruota delle nascite può così anche esser descritta

come un movimento a spirale che sempre di nuovo si ritrae in se stesso.

Così si svolge il cammino fra la morte e una nuova nascita,

alternante fra l’esperienza e la rinunzia al proprio sé.

 

Se si descrivono gli eventi terreni nel corso delle ventiquattr’ore dicendo: gli uomini dormono e vegliano, avremmo descritto pure ciò che viene sperimentato nel mondo spirituale nel passaggio dell’uomo dalla morte a una nuova nascita.

Questo rinunziare, questo ritirarsi del sé rappresenta nel mondo spirituale il dormire e il vegliare nell’esistenza terrena dell’uomo. E come nell’esistenza terrena sono collocati gli eventi che si vivono, così in questo compiersi delle ruote delle nascite e delle morti sono collocati gli eventi spirituali che l’uomo attraversa fra la morte e una nuova nascita. Per comprendere questi eventi occorre formarsi una sana rappresentazione della vera condizione dell’uomo nell’esistenza terrestre.

 

Egli è veramente sveglio soltanto nei riguardi del suo mondo di rappresentazioni

e della parte del mondo del sentimento che si riallaccia alle rappresentazioni.

Che cosa succeda quando si ha l’intenzione di fare una cosa qualsiasi, sia pure soltanto di afferrare un pezzo di gesso, come questa intenzione esista nella rappresentazione, si insinui nella volontà e da questa si comunichi ai muscoli, finché vediamo (e di nuovo è rappresentazione) come la mano ha afferrato il gesso, tutte le manifestazioni volitive e di desideri che s’introducono nella vita terrena, anche quando si svolgono di giorno rimangono avvolte nelle tenebre, quanto la vita di sonno.

Soltanto nei riguardi delle rappresentazioni e di una parte del sentimento siamo desti per la coscienza ordinaria. Dormiamo invece riguardo all’altra parte del sentimento che poggia sulla volontà in cui noi ragioniamo o non ragioniamo su ciò che vogliamo fare, e riguardo alla volontà stessa.

 

• Non prendiamo però con noi i pensieri nella vita dopo la morte,

così come per la notte non prendiamo con noi i pensieri da noi albergati qui sulla Terra.

In quella vita dobbiamo formarci i nostri pensieri, adatti a quel mondo.

• Prendiamo però con noi quel che rimane qui nel subcosciente:

la volontà e la parte dei sentimenti che sono uniti con la volontà.

 

Appunto con ciò di cui qui nella vita terrena rimaniamo incoscienti, che vive nei nostri istinti, nelle nostre brame, nella intera nostra natura volitiva sensibile, e con tutta la spiritualità che vive nella natura volitiva, noi viviamo durante il tempo fra una morte e una nuova nascita; su ciò che qui sperimentiamo incoscientemente, ci formiamo coscientemente dei pensieri cosmici.

Dobbiamo per esempio renderci chiaro conto, anche se si tratta di comprendere soltanto il tempo che viviamo nell’immediata vicinanza della porta della morte, che ciò che sulla Terra abbiamo sperimentato animicamente nei riguardi del corpo fisico, assume un altro aspetto dal momento che non abbiamo più il corpo fisico, che abbiamo varcato la soglia della morte.

 

– Il nostro corpo fisico, le sostanze che la chimica ci presenta,

non sperimentano né sete né fame.

– L’esperienza interiore della sete e della fame è un’esperienza animica.

– Ma il soddisfacimento del desiderio della sete e della fame

viene compiuto nell’esistenza terrena grazie al corpo fisico.

– La fame e la sete vivono nell’anima,

– il soddisfacimento della fame e della sete passa qui sulla Terra attraverso il corpo.

 

Quando varchiamo la porta della morte non abbiamo più il corpo fisico, ma abbiamo ancora sete e fame. Al di là della soglia portiamo con noi l’abituale sete e l’abituale fame, e abbiamo il tempo, che dura un terzo della vita terrena, per vivere a ritroso la vita notturna, impiegandola per disabituarci in certo qual modo dalla sete e dalla fame e dagli altri desideri di cui non si può sperimentare la soddisfazione che per mezzo del corpo fisico.

• L’esperienza interiore della vita dopo la morte, che rappresenta un terzo di quella vissuta sulla Terra, consiste per l’anima nel liberarsi dei desideri che debbono pur vivere in lei, ma che non possono venir soddisfatti se non per mezzo del corpo e degli eventi terreni. Parlerò in seguito di che cosa vi è poi.

 

Ho così descritto una parte di ciò che l’uomo attraversa dopo aver varcato la soglia della morte, basandomi su quello che oggi abbiamo visto. Domani proseguiremo nell’osservazione della vita fra morte e rinascita, e del suo nesso con la complessiva evoluzione dell’umanità sulla Terra.

Ma dobbiamo diventare coscienti degli eventi che si presentano nella vita terrena. Quel che oggi può essere investigato di nuovo per mezzo d’immaginazione, ispirazione e intuizione era conosciuto anticamente dall’umanità grazie a una specie di veggenza istintiva. La notte non era tanto oscura per gli uomini. Il giorno scorreva più come in sogno, e nelle figure oniriche offriva una maggior visione del mondo spirituale.

 

Noi viviamo proprio nell’epoca

(e su questo richiamo l’attenzione, il nesso ci si paleserà chiaramente nei prossimi giorni)

in cui l’umanità è più esposta al pericolo di perdere del tutto il suo legame col mondo spirituale.

 

E proprio in questi luoghi, tanto vicini ai santuari druidici dell’antica Europa dei druidi, potrò indicare alcuni sintomi che non sono per se stessi un male, ma che indicano che cosa avviene ora, non soltanto fisicamente entro l’umanità, ma in certo modo si compie pure spiritualmente dietro le quinte dell’esistenza.

 

Consideriamo ancora l’uomo medioevale con tutte le sue ombre, quello che oggi si chiama il medioevo tenebroso, e paragoniamolo con l’umanità odierna. Oggi vorrei far rilevare soltanto due dei sintomi che mostrano come si debba considerare il mondo in una prospettiva spirituale.

Esaminiamo un libro medioevale: ogni singola lettera vi è come dipinta; si vede come l’occhio si è posato su queste lettere. L’intero atteggiamento animico del lettore, che poggiava sulle lettere scritte, era ancora abbastanza adatto a penetrare in ciò che gli veniva manifestato dal mondo spirituale.

Guardiamo invece alcuni libri di oggi: quasi non si possono più leggere. Non sono lettere che si possano sentire come qualcosa che ci procura gioia pittorica; sono piuttosto formate da un movimento meccanico della mano.

 

A questo si aggiunge che cominciamo a non scrivere più direttamente, ma mettiamo in moto macchine da scrivere, e così non vi è più nessun rapporto sperimentato fra noi e quel che ci sta dinanzi.

Questo, e le automobili, rappresentano a un dipresso i sintomi dai quali oggi si può vedere che cosa si svolge dietro le quinte dell’esistenza; si vede come l’uomo venga sempre più strappato dal mondo spirituale.

 

Non si creda però che io voglia presentarmi come reazionario incallito per condannare le automobili, le macchine da scrivere, e altro del genere! Chi penetra con lo sguardo nel divenire del mondo sa che tutte queste cose debbono esserci, sono giustificate. Quel che dico non tende dunque a eliminarle, ma invece proprio al modo di trattarle. Esse devono venire, si devono accogliere, come si accoglie il giorno e la notte, ma l’entusiasmo per queste cose non deve divenire unilaterale fra gli uomini che già tendono fortemente al mondo materialistico.

Ma a ciò che così sorge nel mondo, che urta così terribilmente nelle calligrafie illeggibili e nelle macchine da scrivere, che riempie orribilmente il mondo con le automobili, affinché l’umanità si sviluppi in modo sano dobbiamo appunto contrapporre una forte dedizione per una conoscenza spirituale, un sentimento spirituale, una volontà spirituale.

 

Non si tratta affatto di combattere in un modo qualsiasi la materialità,

ma di imparare a conoscerla, a comprenderla nella sua realtà, nella sua necessità;

e anche di vedere quanto sia necessario

che a quanto d’ordinario spezza l’umanità nell’esistenza fisica, venga contrapposta una forte spiritualità.

 

Allora, come in un’oscillazione pendolare

fra automobili e macchine da scrivere e le immaginazioni e le visioni del mondo spirituale,

elaborate con il lavoro spirituale-scientifico,

potrà appunto venir promossa l’evoluzione sana dell’umanità che altrimenti potrebbe rimanere pregiudicata.

 

Questo si può dire, in special modo qui a Penmaenmawr, perché è qui che, quasi un retaggio dell’antica epoca druidica, si sente come le immaginazioni (le ho già descritte) rimangano in certo modo come fissate; si sperimenta però anche con quale forza robusta le immaginazioni fissate vengano radicalmente distrutte nell’atmosfera dal ronzio delle automobili.