Le nozze di Cana

O.O. 103 – Il Vangelo di Giovanni – 23.05.1908


 

Nella narrazione delle nozze di Cana

si esprime veramente un aspetto fra i più profondi della missione del Cristo.

Perciò in quell’occasione egli dovette dire: in avvenire verrà il mio tempo;

ma non è ancora arrivato.

• Quello che io debbo operare qui, ora, sta ancora in un certo rapporto

con quanto dovrà venir superato per mezzo della mia missione.

 

Egli sta nel presente e al tempo stesso accenna all’avvenire,

mostrando con ciò di operare, non in senso assoluto, bensì in senso pedagogico per la civiltà del suo tempo.

Ecco perché è la madre ad esortarlo con le parole: « Non hanno più vino ».

 

Egli risponde: « Ciò che devo ora compiere, è ancora connesso con i tempi antichi, con “me e te”;

infatti, il mio vero tempo, quello in cui il vino verrà ritrasformato in acqua, non è ancora venuto ».

 

E che senso avrebbe di dire: « Donna, che ho da fare con te? »,

se poi egli segue pure l’esortazione datagli dalla madre?!

 

Quelle parole hanno un senso solo in quanto vogliono mostrarci

che l’attuale stato dell’umanità è derivato dalla consanguineità,

e che vien dato un segno nel senso delle antiche usanze, ancora bisognose dell’azione dell’alcool,

per accennare invece al tempo futuro, quando l’io autonomo si verrà sciogliendo dai legami del sangue;

per mostrare cioè che intanto bisogna ancora tener conto dell’uso antico, simboleggiato dal vino,

ma che poi verrà un tempo nuovo, che sarà il « suo » tempo.