Le parti costitutive dei Serafini

O.O. 136 – Le entità spirituali nei corpi celesti e nei regni della natura – 07.04.1912


 

Parlando dell’uomo, noi lo descriviamo nel modo in cui egli si presenta allo sguardo occulto: lo si può riscontrare per esempio nei miei libri Teosofia e La scienza occulta.

Osservando l’uomo con lo sguardo occulto, noi diciamo che il suo corpo fisico è la parte più esterna, accessibile alla vista e ai sensi in generale.

 

Noi consideriamo dunque il corpo fisico come la prima parte costitutiva dell’uomo,

e come secondo elemento costitutivo consideriamo il corpo eterico,

cioè già qualcosa di soprasensibile, non visibile per la coscienza ordinaria.

Consideriamo poi il corpo astrale come terzo elemento costitutivo dell’uomo.

Queste tre parti rappresentano per così dire l’insieme degli involucri della natura umana.

 

Si perviene poi ai costituenti umani superiori che sono di natura animica:

nella vita ordinaria essi vengono percepiti come vita interiore dell’anima.

Come parliamo di un triplice involucro esteriore dell’uomo,

così possiamo analogamente parlare di una triplice anima:

dell’anima senziente, dell’anima razionale e dell’anima cosciente.

• Questi elementi costitutivi della natura umana, dal corpo fisico fino all’anima cosciente,

sono sostanzialmente già presenti oggi in ogni essere umano.

 

• A questi si può aggiungere un barlume dell’elemento immediatamente superiore,

quello che chiamiamo il sé spirituale (o manas).

• Segue poi urta parte ulteriore che si svilupperà adeguatamente solo nell’avvenire,

e che chiamiamo lo spirito vitale (o budhi).

• Esiste infine l’elemento costitutivo che designiamo col nome di uomo-spirito (o atma),

che veramente è l’intimo nucleo della natura umana, ma che per la coscienza dell’uomo attuale è ancora come sopito

e che solo in un lontano avvenire si illuminerà come vero centro della coscienza.

 

Di tutti questi elementi costitutivi noi parliamo come di unità:

in un certo senso noi abbiamo un’unità nel corpo fisico, una nel corpo eterico, e così via

in ciascuno degli altri componenti della natura umana.

L’uomo intero è poi a sua volta un’unità costituita dalla connessione e dalle azioni reciproche di quei diversi elementi.

 

Per poter procedere nelle nostre considerazioni occorre sapersi raffigurare che esistono certe entità talmente elevate al di sopra della natura umana, che non consistono degli elementi che chiamiamo corpo fisico, corpo eterico, astrale, e così via; gli elementi che le compongono sono invece a loro volta delle entità.

 

Mentre dunque l’uomo consta di elementi costitutivi che non sono entità spirituali a sé stanti, ma appunto solo parti costitutive, qui dobbiamo ora sollevarci fino a certe entità che non posseggono, come loro parte, un corpo fisico; come l’uomo possiede il suo corpo fisico, così una parte di quelle entità è costituita da quelli che abbiamo denominati gli Spiriti della forma.

 

Diciamo dunque che esiste un’entità di categoria più elevata, una parte della quale è costituita da un’altra entità, da uno Spirito della forma, similmente a come il corpo fisico costituisce parte dell’uomo. Perveniamo così all’idea di una entità che finora non abbiamo caratterizzata, ma che adesso ci proponiamo di caratterizzare; per farlo, dobbiamo proprio servirci delle idee che abbiamo conquistato nel corso delle nostre considerazioni.

Ho già detto che non è facile giungere a queste rappresentazioni: eppure, con l’aiuto di un’analogia si potrà innalzarsi fino alle idee che qui risultano necessarie.

 

Si osservi un alveare (o anche un formicaio) e si considerino le singole api, le singole entità dunque, tenendo per fermo che l’alveare possiede un suo spirito complessivo reale, una sua reale entità complessiva: le singole api sono le sue parti, come sono parti nostre i diversi nostri elementi costitutivi. Ecco qui un’analogia per le entità ancora più alte di quelle che abbiamo preso in considerazione finora: entità, un elemento costitutivo delle quali non equivale ad esempio solo al corpo fisico dell’uomo, bensì a un’altra vera entità che dobbiamo definire come uno Spirito della forma.

 

• Come noi viviamo nel nostro corpo fisico, così certe entità sublimi hanno per loro parte inferiore gli Spiriti della forma

(o se si vuole: uno Spirito della forma).

• Come noi uomini abbiamo poi il corpo eterico,

così quelle entità hanno come loro secondo costituente gli Spiriti del movimento;

• al posto del corpo astrale dell’uomo, quelle entità hanno Spiriti della saggezza;

• al posto dell’anima senziente esse hanno come loro quarto elemento costitutivo i Troni (o Spiriti della volontà);

• come quinto elemento, corrispondente alla nostra anima razionale,hanno dei Cherubini

• e come sesto (corrispondente alla nostra anima cosciente) quelle entità hanno dei Serafini.

 

• E come noi leviamo lo sguardo verso ciò che solo nell’avvenire potremo acquistarci,

così quelle entità levano lo sguardo verso ciò che sovrasta tutto il mondo delle gerarchie.

• Come noi dalla nostra anima cosciente parliamo del nostro manas, del budhi, dell’atma

(ovvero del sé spirituale, dello spirito vitale e dell’uomo-spirito)

così quella entità innalza per così dire lo sguardo dalla sua natura di Serafino verso una suprema spiritualità originaria.

 

Solo a questo livello quelle entità hanno poi qualcosa di analogo a ciò che chiamiamo la nostra vita interiore spirituale.

È straordinariamente difficile rendere l’idea di ciò che esiste lassù sopra le gerarchie,

come una specie di essenza spirituale di spiriti supremi.

 

Nel corso dell’evoluzione dell’umanità le diverse religioni e concezioni del mondo hanno perciò evitato (vorrei dire, con una specie di reverente cautela) di parlare di quello che esiste al di sopra di tutte le gerarchie: hanno evitato di parlarne in termini espliciti che richiamino il mondo sensibile.

 

Per suscitare una rappresentazione simile a quella che vive nell’anima dell’occultista, quando egli guarda ai Serafini, abbiamo dovuto ricorrere a certi mezzi la cui analogia si può incontrare solo presso certe persone dotate di una ricca esperienza di vita. Qui però, per caratterizzare la triade che figura sopra i Serafini come loro suprema natura (come il loro manas, budhi e atma), non basta neppure ricorrere ad alcuna analogia, anche se tratta dalla più pura estrinsecazione della vita di uomini superiori.

 

Nel corso dell’evoluzione dell’umanità si è perfino (e purtroppo!) discusso intorno ai cauti presagi con i quali lo spirito umano si era venuto esprimendo su quanto esiste lassù nelle più alte regioni spirituali. Possiamo dire «purtroppo», perché sarebbe stato assai più conveniente allo spirito umano il non pretendere di voler caratterizzare entità di specie tanto elevata, usando concetti derivati (mediante ogni sorta di analogie e di paragoni) dalla vita ordinaria. Sarebbe molto meglio sforzarsi di apprendere sempre di più con la più profonda devozione, per acquistare delle idee almeno approssimative di quello che esiste lassù.

 

Religioni e concezioni del mondo cercarono appunto di fornirne idee approssimative, ricorrendo a concetti significativi, talora ambigui: concetti che acquistano un valore particolare in quanto già nel mondo sensibile esteriore vanno oltre la singola vita dell’uomo. Non che con tali concetti si possa caratterizzare neppure approssimativamente l’essere sublime di cui qui si tratta; si può però suscitare in certo modo un’idea di quello che non si è capaci di esprimere, ma che deve essere avvolto in un sacro mistero. Non ci si dovrebbe infatti accostare a queste cose così senz’altro, con concetti umani intellettuali.

 

Ecco perché nelle diverse religioni e concezioni che si sono succedute nel passato si cercò di caratterizzare queste cose in modo approssimativo e quasi come presagi: a questo fine si ricorreva, per descrivere, o meglio per dare un nome alle cose, a concetti o a realtà che vanno al di là dell’uomo singolo e che già in natura sono un po’ misteriosi.

 

Gli egizi antichi ricorsero, per dare un nome a queste cose, ai concetti di figlio, di madre e di padre: cioè a realtà che vanno oltre l’uomo singolo. Il cristianesimo ha cercato di trovare un nome per questa triade, ricorrendo alla sequenza di Spirito Santo, di Figlio e di Padre.

 

Possiamo dunque dire che

• al settimo posto dovremmo mettere lo Spirito Santo,   • all’ottavo il Figlio    • e al nono posto il Padre.

 

Ammettiamo dunque di contemplare dal basso, con lo sguardo occulto, un tale essere sublime, il cui contenuto più alto sfuma entro un mistero spirituale, e al quale attribuiamo (quasi solo come un vago accenno) i nomi di Spirito, Figlio e Padre.

Nell’osservarlo con lo sguardo occulto possiamo dire a noi stessi: come osservando dall’esterno l’uomo, riscontriamo nel suo corpo fisico la sua parte più bassa, così nell’osservare in modo analogo un tale essere sublime ci troviamo di fronte dapprima a uno Spirito della forma, cioè a uno spirito che si è dato una forma.

Dovremmo dunque essere capaci di scorgere ciò che di quelle entità corrisponde o è analogo al corpo fisico dell’uomo, vale a dire qualcosa di formato.