Le parti costitutive dell’uomo tra morte e nuova nascita

O.O. 168 – Il legame fra i vivi e i morti – 18.02.1916


 

Sommario: Le parti costitutive dell’uomo tra morte e nuova nascita: l’io come parte costituiva inferiore, avvolto nel sé spirituale, nello spirito vitale e nell’uomo spirituale. Il raggiungimento della coscienza di sé osservando la propria morte e il “posto libero” originatosi di conseguenza. Il tableau della vita: osservare l’etere comune del mondo, essere avvolti in una sorta di sé spirituale. Come continuano ad agire i corpi eterici ancora non utilizzati in caso di morte precoce: l’esempio di Theo Faiss e dell’edificio di Dornach. La vita a ritroso nel mondo degli effetti (kamaloka) guidata dal sé spirituale. L’“essere portati in giro” dallo spirito vitale per innestare nuove forze per la nuova vita terrestre. Sull’ereditarietà, prendendo come esempio Goethe: l’agire dell’individualità nella successione delle generazioni.

 

I tempi in cui viviamo ci potranno ricordare in modo particolare quanto sia terribilmente necessario per gli uomini della nostra epoca indagare il senso della vita terrena. Il senso della vita terrena non ci si rivelerà mai, se terremo conto solamente di quanto accade nel mondo sensibile. Infatti, tutto ciò che accade nel mondo sensibile acquista il suo più profondo senso solo per il fatto che lo spirituale si manifesta anche in questo mondo sensibile. La nostra è un’epoca di dura prova. Coloro che vogliono restare saldamente fedeli al nostro ideale devono capire in modo particolare che questa è un’epoca di dura prova, che potrà rivelare il suo senso — di nuovo il suo senso! — nella nostra anima solo se ci solleviamo verso ciò che si esprime spiritualmente persino negli eventi tanto difficili che si verificano sul piano fisico.

 

In considerazione del fatto che il nostro sguardo spazia su campi nei quali in innumerevoli casi si erge la porta della morte, e con riguardo al pensiero che già un gran numero dei nostri amici ha lasciato il piano fisico, oggi faremo forse molto bene a occuparci di ciò che si deve dire a proposito del mondo nel quale l’uomo va quando qui attraversa la soglia della morte. A partire da questo punto di vista — voi sapete che ci sono molti, ma molti punti di vista a partire dai quali il nostro modo di ragionare può partire — vogliamo considerare oggi la vita tra la morte e una nuova nascita.

 

Nella nostra scienza dello spirito cerchiamo innanzitutto di conoscere l’uomo così come ci sta davanti: sappiamo che egli sta qui per sviluppare le sue parti fisiche e le sue parti spirituali. Noi sappiamo che, per il piano fisico, le parti spirituali restano qualcosa di soprasensibile; lo spirituale può manifestarsi e annunciarsi solamente attraverso ciò che è fisico. Se consideriamo l’uomo qui sul piano fisico così da comprenderlo nel senso della nostra scienza dello spirito, diciamo: innanzitutto ci si rivelano — e voi lo sapete già da quanto ho esposto in Teosofia — le quattro principali parti costitutive dell’entità umana, che noi chiamiamo: corpo fisico, corpo eterico, corpo astrale ed io.

 

Già a partire dal corpo eterico le parti costitutive della natura umana sono soprasensibili per l’osservazione fisica. Noi però sperimentiamo il nostro io e il nostro corpo astrale. Li sperimentiamo interiormente. Li sperimentiamo perché siamo per l’appunto in grado di conoscerci come io, anche se questo io resta invisibile, soprasensibile. In sintesi, anche se rimaniamo a livello di ciò che ci rivela solo il mondo fisico, si può già comprendere perché noi osserviamo l’uomo in base a queste quattro parti costitutive.

Adesso vogliamo porci dinnanzi all’anima il fatto che è possibile considerare in modo analogo l’uomo che vive tra la morte e una nuova nascita, che è possibile parlare di parti costitutive anche riguardo all’uomo che vive nel periodo compreso tra morte e nuova nascita.

 

Voi sapete che noi consegniamo

• il corpo fisico agli elementi, alle sostanze della terra;

• il corpo eterico viene ceduto al mondo eterico complessivo;

• dopo un po’ di tempo si dissolve anche ciò che è preferibilmente presente nel nostro corpo astrale

(del quale però l’uomo terrestre non sa nulla), anche questo si stacca in un certo senso;

• e l’io va per la sua strada attraverso il mondo in cui, per l’appunto, noi viviamo tra la morte e una nuova nascita.

 

Ora, non dobbiamo credere che l’uomo che si trova tra la morte e una nuova nascita

non sia un essere altrettanto differenziato e articolato dell’uomo che vive qui nel mondo fisico.

Noi possiamo parlare anche delle parti costitutive della natura umana tra la morte e la nuova nascita,

solo che in questo caso ne dovremo parlare nel modo seguente.

 

Qui, quando osserviamo l’uomo sul piano fisico,

l’io ci appare come l’elemento più elevato (se è lecito usare quest’espressione) che ci viene incontro.

• L’uomo ha il corpo fisico in comune con tutto ciò che è minerale,

• il corpo eterico lo ha in comune con tutte le piante

• e il corpo astrale lo ha in comune con tutti gli animali.

• L’io lo ha per se stesso.

 

Nel mondo spirituale, nel mondo tra la morte e la nuova nascita

l’io, che qui sulla Terra ci appare come la parte relativamente più elevata della natura umana,

è la parte costitutiva inferiore della natura umana.

 

• Come noi qui iniziamo dal corpo fisico, così per il mondo spirituale bisogna iniziare dall’io, che solo durante il tempo in cui l’uomo attraversa il mondo animico è avvolto come in una nebbia di astralità, e che è comunque la parte costitutiva inferiore dell’entità umana tra la morte e una nuova nascita.

 

• E come noi qui ci creiamo un involucro quando dal mondo spirituale

entriamo nel mondo fisico attraverso la nascita o il concepimento,

• così anche nel mondo spirituale noi ci creiamo un involucro con le parti costitutive spirituali.

 

In realtà, noi conosciamo già i nomi di queste parti costitutive;

ora però consideriamole brevemente da un altro punto di vista.

 

Quando abbiamo oltrepassato la soglia della morte, noi ci avvolgiamo in effetti nel sé spirituale.

Questo è una parte costitutiva della natura umana

che l’uomo nel futuro svilupperà nel corso dell’evoluzione di Giove.

 

• Ciò che io ora chiamo sé spirituale in relazione al mondo tra la morte e una nuova nascita,

non è esattamente lo stesso che si svilupperà quando l’uomo passerà dalla Terra a Giove;

• quello che l’uomo svilupperà su Giove sarà una sorta di immagine esteriore,

una sorta di controimmagine sensibile dell’entità spirituale

nella quale l’uomo si avvolge quando attraversa il periodo tra morte e nuova nascita.

• E in effetti è già possibile definire come sé spirituale

anche questa parte costitutiva nella quale l’uomo si avvolge quando attraversa il periodo tra morte e nuova nascita.

 

• Successivamente l’uomo si avvolge in quella parte costitutiva che si può definire spirito vitale,

che a sua volta è il pendant spirituale

di qualcosa che risulterà a livello fisico solo nel corso dell’evoluzione di Venere.

 

• Il vero e proprio uomo spirituale è quello che si sviluppa nell’uomo

come controimmagine spirituale di ciò che egli avrà nel suo sviluppo fisico,

nell’immagine fisica, nella sfera più elevata a cui possiamo guardare al giorno d’oggi,

ovvero nel corso dell’evoluzione di Vulcano.

 

Perciò possiamo affermare che,

• come l’uomo qui si avvolge nel corpo fisico, in quello eterico e in quello astrale,

• così, mentre cresce dentro al mondo spirituale,

egli si avvolge nel sé spirituale, nello spirito vitale, nell’uomo spirituale.

 

 

 

 

 

 

Ora desidero descrivere in modo più preciso come si svolgono le cose partendo dalla conoscenza iniziatica.

Queste cose le conoscete già per metà.

Quando qui l’uomo ha attraversato le porte della morte, il suo corpo fisico viene consegnato agli elementi terrestri. Questo distaccarsi del corpo fisico è un evento di straordinaria importanza, per quanto riguarda la vita tra la morte e una nuova nascita.

Certo, appare banale dire che per il mondo spirituale la morte è in realtà una nascita, ma si tratta comunque di un’affermazione giustificata. Dobbiamo solo abituarci a rendere alquanto mobili nostri concetti, in modo da non restare direttamente attaccati con essi a ciò che la Terra ci presenta.

Noi siamo abituati a formare i nostri concetti solo in base a quel che la Terra ci offre; dobbiamo invece riuscire a modificare i concetti, dato che la vita spirituale è decisamente diversa dalla vita terrestre.

 

L’esperienza spirituale che l’uomo fa nel mondo spirituale, quando attraversa la soglia della morte, è che il corpo fisico lo abbandona. Questa è un’esperienza enormemente significativa!

A proposito di questa esperienza c’è da dire innanzitutto che il suo rapporto con l’inizio della vita spirituale dopo la morte è completamente opposto a quello della nascita dell’uomo con la vita fisica.

Nessuna persona può osservare la propria nascita mediante la forza conoscitiva fisica terrena. L’uomo non sperimenta la nascita mediante le proprie forze conoscitive fisiche qui sulla Terra.

Così come noi non sperimentiamo la nascita fisica e non ne abbiamo ricordo (i ricordi iniziano solo successivamente) — così è giusto e così deve essere per la vita terrena —, per la vita tra la morte e una nuova nascita vale invece il contrario.

 

Infatti il momento, l’attimo dell’essere morti (e non dico “del morire”),

resta come qualcosa a cui l’uomo può sempre guardare nel corso di tutta la vita tra la morte e la nuova nascita.

• Allo stesso modo in cui nella vita fisica noi non ricordiamo mai gli eventi della nostra nascita,

• altrettanto chiaramente durante tutta la nostra vita tra la morte e una nuova nascita

abbiamo davanti a noi il momento della morte,

dall’altro lato però, dal lato della percezione spirituale, in un certo senso dall’altra sponda.

 

Che la morte abbia qualcosa di spaventoso per l’uomo terrestre è in parte comprensibile:

essa rappresenta infatti la dissoluzione dell’uomo terrestre fisico.

Quando invece l’uomo tra la morte e la nuova nascita guarda indietro all’essere morto,

succede esattamente il contrario,

perché questo fatto rappresenta sempre per lui la vittoria dello spirito sul corpo;

quindi la morte rappresenta la cosa più bella, più grande, più magnifica, più elevata

che in fondo si possa sperimentare.

 

• Poiché per tutta la sua vita spirituale tra la morte e una nuova nascita l’uomo può guardare all’essere morto,

• questo rivolgere lo sguardo verso l’essere morto è ciò che ci conferisce la coscienza dopo la morte,

per cui sappiamo di aver deposto il nostro corpo fisico.

E il fatto di saperlo, di avere ciò sempre davanti a noi, ci conferisce la coscienza di noi stessi dopo la morte,

così come noi acquisiamo la coscienza di noi stessi qui nel mondo fisico per il fatto di avere il nostro corpo fisico.

 

Quando noi, nel periodo che va dal momento dell’addormentarci fino al risveglio, siamo fuori dal nostro corpo fisico col nostro corpo astrale, non abbiamo alcuna coscienza nei confronti del mondo fisico. Nel risvegliarci, noi dobbiamo penetrare fisicamente in noi; solo allora può rifiorire la coscienza dell’io.

Ogni qualvolta dopo la morte guardiamo all’essere morti, quando l’intero evento, questo evento bello ed elevato — parlando dall’altro lato — sta davanti alla nostra anima, allora la coscienza si accende ancora e sempre di nuovo dopo la morte. Ciò dipende del tutto dalla continua contemplazione di questo momento.

A ciò è collegato ancora qualcos’altro.

 

È difficile parlare di queste cose perché, come ho già detto, qui nel mondo fisico non ci sono esperienze paragonabili; bisogna tuttavia cercare di caratterizzare queste cose così come sono effettivamente.

Se nel continuare a vivere dopo la morte guardiamo al nostro essere morti, abbiamo soprattutto l’impressione (che riguarda il sentimento e la rappresentazione) che lì, dove siamo morti, ormai, una volta morti, non ci sia nulla, neppure spazio. È, come ho detto, difficile da spiegare, ma è così: non c’è nulla.

E parlando in senso esteriore: splendida, elevata appare la cosa per il fatto che dappertutto sorge per noi un nuovo mondo. Il fluttuante mondo spirituale si fa appresso da tutti i lati, ma non c’è nulla da cui noi siamo morti.

 

Descritta in modo così teorico la cosa appare forse terribile, ma nella sensazione del dopo-morte non c’è nulla di terribile. Dalla sensazione del dopo-morte scaturisce nell’anima una profonda soddisfazione; si impara ad espandersi nel mondo intero e a guardare a qualcosa che è presente come un vuoto. E da qui sorge la sensazione: questo è il tuo posto nel mondo, il posto che si origina da tutte le ampiezze e che è tuo.

 

E, proprio a partire da questo vuoto, si riceve la sensazione di avere un significato per tutto il mondo,

e che ogni singola esistenza umana debba esserci (inizialmente si riceve questa spiegazione per se stessi).

Questo posto sarebbe sempre vuoto se io non ci fossi: così ogni anima dice a se stessa.

 

Il fatto che ognuno, che ogni uomo abbia un posto riservato nell’universo, questa sensazione, che è una sensazione che riscalda incredibilmente a livello interiore, si origina da questa osservazione: che tutto il mondo è qui, e che questo mondo intero ha emesso, come a partire da una sinfonia, una singola nota che siamo noi e che deve esserci perché altrimenti il mondo non ci sarebbe.

Questa sensazione è quella che si origina quando si guarda indietro all’esperienza della morte. Questa rimane, perché è quella che fornisce preferibilmente la coscienza dell’io, la coscienza di sé tra la morte e una nuova nascita.

 

Dopodiché, l’unione con il corpo eterico dura ancora per un periodo relativamente breve, ma sufficiente.

Tutto ciò che si è sperimentato nella vita, persino le esperienze più insignificanti, sono improvvisamente presenti in una sorta di grande scenario della vita, ove restano per giorni. Si ha la sensazione molto intensa che la Terra, sulla quale si è stati finora, continui a muoversi, ma che noi restiamo indietro, iniziamo a restare fermi. Non continuiamo più a seguire il movimento della Terra nello spazio. E in quel momento si apre lo scenario della vita.

Quando si parla di ricordo della vita, non lo si dice in senso proprio, dato che i ricordi si hanno guardando indietro nel tempo. Ma là il ricordo non è così, è qualcosa che si manifesta invece nella contemporaneità, è uno scenario, uno scenario movimentato, che, come si è detto, include i più piccoli avvenimenti.

 

Dopo ci si separa da questa esperienza eterica.

Si verifica, come si usa dire, il distacco del corpo eterico.

• Mentre prima, quando vi si era legati, si considerava il corpo eterico come propria interiorità,

• ora lo si ha solo esteriormente, ed esso diventa sempre più grande

e si intesse (questa è la definizione giusta) nel mondo spirituale nel quale ora si è entrati.

• Solo che in questo mondo spirituale c’è lo spazio vuoto del quale ho parlato: questo resta libero.

Il corpo eterico vi si intesse attorno, esternamente, e diventa sempre più grande.

 

Ora, dobbiamo assolutamente renderci conto che sarebbe un’idea errata

— devo ammettere che, in tutti i casi nei quali ho potuto esaminare intensivamente proprio questo fatto del quale parlo ora, mi sono convinto che sia un errore —

credere che nella vita tra la morte e una nuova nascita

noi non vediamo il corpo eterico che abbiamo intessuto nel mondo spirituale comune.

• Noi lo vediamo sempre.

• Noi lo guardiamo sempre, esso appartiene al nostro mondo esteriore;

ciò che fino ad allora nel nostro corpo eterico era appartenuto al nostro mondo interiore,

appartiene ora al nostro mondo esteriore. Noi lo guardiamo.

 

• E il fatto che possiamo guardarlo è importante, perché in questo modo il mondo spirituale esteriore ci diventa comprensibile, in quanto constatiamo che esiste una parentela tra ciò che noi vi abbiamo intessuto e tutto il mondo spirituale esteriore.

 

Dalle conferenze che ho tenuto a Vienna in merito al periodo compreso tra la morte e una nuova nascita,

vi ricorderete forse che ho detto: l’uomo è inizialmente intessuto in un mondo che è pieno di saggezza.

 

• Mentre quaggiù egli cerca la saggezza con fatica,

• là egli è completamente immerso nella luce della saggezza.

Questa saggezza, nella quale egli è immerso, lo sopraffà.

E continuerebbe a sopraffarlo, se egli non potesse intessere nel mondo

la saggezza che ha intessuto nel corpo eterico durante la vita.

 

• In questo modo viene mitigata l’enorme sovrabbondanza di luce dell’etere cosmico universale,

ed egli inizia a sviluppare una comprensione nei confronti di ciò che intesse

e che rende dotato di anima e di spirito il mondo nell’etere cosmico comune.

 

Con ciò abbiamo quello che in un certo senso abbandona l’uomo, quando questi viene accolto nel mondo spirituale. Infatti, delle parti costitutive terrestri della natura umana, restano in sostanza solo l’io e il corpo astrale.

• Il corpo fisico è venuto meno; al suo posto resta ciò che io ho chiamato “il vuoto”.

• Il corpo eterico viene assoggettato all’etere cosmico universale. L’uomo prosegue il suo cammino.

 

• Anziché nel proprio corpo eterico, che ora egli cede all’etere cosmico,

• l’uomo si avvolge in ciò che abbiamo definito sé spirituale:

questo è ora in un certo senso una parte costitutiva esteriore.

Un etere indefinito si appressa all’uomo e lo avvolge con una specie di sé spirituale.

 

Ora è opportuno soffermarci ancora un poco su ciò che a tutta prima resta indietro: il concetto dell’uomo.

Del vuoto non abbiamo bisogno di parlare, infatti esso è della massima importanza

solo per l’uomo stesso che è morto, e che in seguito a ciò fa le esperienze che ho descritto.

 

Ma con il corpo eterico succede qualcos’altro:

oramai il corpo eterico si intesse oggettivamente nell’etere cosmico universale.

Questo corpo eterico dell’uomo è dunque lì dentro.

 

Ora troverete comprensibile che, in un certo senso, il corpo eterico di una persona che muoia ancora giovane sia un po’ diverso, là fuori nel mondo, dal corpo eterico di una persona che raggiunga il normale limite di età. Ogni corpo eterico ha chiaramente il proprio compito, e da ciò che dirò ora non deve sorgere il desiderio di morire precocemente oppure tardivamente; sarebbe un modo completamente errato di comprendere la questione. Tuttavia è valido ciò che ora si deve dire.

Quando una persona muore in giovane età, ha un corpo eterico che forse avrebbe potuto sostenere il corpo fisico ancora per decenni, che avrebbe potuto ancora lavorare nel corpo fisico. Nel mondo spirituale, però, una forza non va persa, così come non viene persa nel mondo fisico. Ciò significa che nel corpo eterico che viene abbandonato dall’uomo dopo la morte è presente la forza che forse (se la persona aveva venti o trent’anni) avrebbe potuto sostenere il corpo fisico umano ancora per decenni. Questa forza non è più presente nel corpo umano fisico, ma è fuori nel mondo. Grazie ad un esempio ciò può forse presentarsi nel modo più bello davanti alla vostra anima.

 

A Dornach, durante la costruzione, avevamo qui un bambino (ho già parlato di questo fatto ad alcuni dei nostri amici): questo bambino è morto a sette anni a seguito di un tragico evento. Una sera il fanciullo prelevò dei viveri dalla nostra mensa, che è vicino all’edificio di Dornach, e, per una strana concatenazione di fatti, uscito dalla mensa si incamminò attraverso il canneto che si trova vicino ad una strada, sulla quale proprio in quel momento stava passando un carro carico di mobili. Il carro si ribaltò e schiacciò il bambino. Fu una cosa molto triste. La notizia che il bambino non sarebbe più arrivato ci arrivò proprio alla conclusione della conferenza serale, dopo le dieci. Non fu possibile fare altro che andare a vedere per capire come fosse accaduta la cosa. Le circostanze esteriori risultarono molto strane. Il bambino voleva andare via un quarto d’ora prima, ma fu trattenuto da qualcuno che voleva uscire con lui. La sua intenzione era di uscire da una certa porta (in quel caso sarebbe passato a destra del carro dei mobili, mentre egli fu schiacciato dalla parte sinistra). Gli fu detto invece che doveva uscire dall’altra porta; egli fu quindi espressamente mandato lì, proprio su quella strada, dalla quale forse da anni non era più passato un carro per il trasporto dei mobili, e forse per anni non ne passeranno più.

 

Si trattava di un carro che eccezionalmente stava trasportando dei mobili ad uno dei nostri soci. Il carro era molto carico, e sfortunatamente cadde in modo che non fu possibile sollevarlo immediatamente, dal momento che le persone che lo guidavano non avevano gli attrezzi adatti. L’intenzione era quella di sollevare il carro il giorno dopo, ma fu necessario sollevarlo quella notte, e solo allora si trovò sotto il bambino morto.

Il fanciullo era vissuto per un certo periodo costantemente immerso nell’atmosfera della costruzione. È certamente vero che dal momento della sua morte, il corpo eterico di quel bambino è intessuto nell’aura dell’edificio. E chi come me (non è certo immodesto dire così) si occupa di tutto l’aspetto artistico della costruzione, si accorge che da quella forza eterica non consumata giunge la fecondazione necessaria per introdurre nell’edificio questo o quell’elemento artistico.

 

Ovviamente, l’egoismo umano troverebbe forse più simpatico attribuire sempre tutto alla propria genialità; ma in realtà anche ciò che sorge interiormente in noi proviene da influssi spirituali esteriori, e noi possiamo dimostrare concretamente l’esistenza di questi singoli influssi spirituali.

Qui abbiamo a che fare con il corpo eterico di un bambino che ha raggiunto l’età di sette anni, un corpo eterico che quindi avrebbe potuto sostenere il corpo fisico ancora per sei o sette decenni, e che è presente nell’aura eterica dell’edificio di Dornach con tutta la forza costruttiva enormemente saggia che è necessaria a formare in modo artistico il corpo fisico umano.

E persino agli artisti io oso dire con estrema sicurezza: l’arte che è necessaria per conformare il corpo fisico a partire dal corpo eterico è più grande di qualsiasi forma d’arte che l’uomo pratichi sulla Terra.

L’uomo è effettivamente il più grande prodotto dell’arte.

Tutti gli impulsi necessari a conformare il corpo fisico umano sono presenti nel corpo eterico. Anche l’artista li attinge dal proprio corpo eterico, quando lavora artisticamente.

Questo è solo un esempio, ma ne potremmo portare altri nei quali è possibile riconoscere la forza di sostegno esercitata dei corpi eterici non utilizzati. Proprio quest’anno alcuni cari amici hanno passato la soglia della morte anche in giovane età. In questo periodo vediamo come numerosissimi uomini attraversino la soglia della morte in giovane età, lasciando indietro i loro corpi eterici che avrebbero potuto lavorare ancora per decenni sul corpo fisico.

Questi corpi eterici, che risultano anche rafforzati per il fatto di essere passati attraverso una morte sacrificale, sono disponibili e saranno disponibili. E quelle persone che nei tempi futuri saranno in Europa, quando sulla terra d’Europa accadranno cose diverse dagli eventi attuali, vivranno in un’atmosfera spirituale, in un’atmosfera eterica, nella quale si trovano questi corpi inutilizzati.

 

Quando le anime che si troveranno qui sulla Terra riusciranno a comprendere ciò che spiritualmente vivrà non solo come astratta memoria, ma come vera e propria forza eterica — e questa comprensione potrà originarsi solo a partire dalla scienza dello spirito —, sentiranno le forze ispiratrici di ciò che sarà presente di questi corpi eterici.

Questo fa parte dei sentimenti che ora gravano pesantemente sui nostri cuori, pesantemente perché da una parte dobbiamo guardare alla grandiosità di ciò che potrebbe avvenire se una grande quantità di persone diventasse cosciente di quel che viene seminato tramite le morti che avvengono attorno a noi a seguito dei grandi avvenimenti di quest’epoca, mentre dall’altra parte il gruppetto delle persone che può comprendere queste cose è ancora tanto piccolo. A causa dell’incomprensione delle persone nei confronti della scienza dello spirito, a causa del materialismo che pervade tutta l’umanità, potrebbe succedere molto facilmente che nel futuro gli uomini continuino a vivere senza una traccia di coscienza di ciò che si origina dalla morte.

 

Una frase di questo tipo non dobbiamo farla vivere nel nostro cuore in altro modo, se non facendoci completamente pervadere da questa coscienza (perlomeno per quanto dipende da noi), assorbendo completamente questa coscienza, e fare quello che possiamo per arrivare alla comprensione di una questione del genere.

Noi non dobbiamo — desidero sottolinearlo — solo riempirci di preoccupazione per quanto materialismo ci sia. Dobbiamo certo riconoscere quanto materialismo ci sia sulla Terra, ma non dobbiamo chiuderci nei confronti della visione materialistica del mondo che si va diffondendo sempre più, dobbiamo invece fare quel che ci spetta.

Questo per quanto riguarda quel che c’è da dire sull’eterico-corporeo. Dopodiché l’uomo procede oltre.

 

Inizialmente egli si è avvolto in una sorta di sé spirituale, che viene formato in un modo leggermente differente rispetto a tutto ciò che viene formato quando noi viviamo qui, nell’esistenza terrestre.

Si potrebbe dire: il sé spirituale è qualcosa che si approssima a noi da ogni parte

e al centro del quale percepiamo noi stessi.

 

Poi l’uomo si abitua a vivere negli altri involucri, mentre al tempo stesso attraversa (come ho descritto spesso) una sorta di regressione spirituale, per il fatto che — ora in modo differente rispetto al semplice scenario che è stato descritto — egli sperimenta quel che agisce come una sorta di contraddizione rispetto alla vita terrestre.

Si può capire come ora proceda il tempo successivo, dopo che è stato deposto il corpo eterico e noi continuiamo a vivere con il nostro corpo astrale e il nostro io avvolti nel sé spirituale. Questo sé spirituale è una sorta di forza motrice che per l’appunto ci porta indietro, di modo che noi riviviamo all’indietro, viviamo veramente a ritroso la nostra ultima vita terrestre, dalla morte fino alla nascita.

 

Se, per esempio, qui sulla Terra abbiamo detto a qualcuno qualcosa che gli ha suscitato dolore, un evento del genere noi lo viviamo dal nostro punto di vista qui sulla Terra nel corpo fisico; non possiamo viverlo dal punto di vista dell’altro. Non potremmo assolutamente vivere nel corpo fisico, se volessimo vivere diversamente anziché vivere tutto a partire da noi stessi. Ma prendiamo il caso estremo: abbiamo fatto molto male a qualcuno con una parola detta per vendetta. Noi non percepiamo ciò che egli sente, ciò che egli prova.

Nel percorso a ritroso che descrivo ora, ciò che l’altro prova noi lo viviamo sempre come effetto di ciò che abbiamo provocato. Dunque noi viviamo entro il mondo degli effetti.

 

• Usciti completamente da noi stessi, viviamo ciò che gli altri hanno passato a causa nostra durante la nostra vita fisica, finché arriviamo al punto in cui abbiamo raggiunto la nostra nascita. Allora ci avvolgiamo in ciò che si potrebbe definire la controimmagine spirituale di ciò che si svilupperà su Venere: ci avvolgiamo nello spirito vitale.

E tramite questo spirito vitale viene determinata la vita ulteriore che ho descritto spesso. Anche nel ciclo di conferenze tenute a Vienna sul tema della vita tra la morte e una nuova nascita lo trovate descritto dai più diversi punti di vista. Qui voglio descriverlo da un altro punto di vista ancora.

Noi veniamo per così dire avvolti dallo spirito vitale. Questo si manifesta in un modo particolare, ed è fondamentale che noi lo si comprenda.

• Il sé spirituale ci conduce prima all’indietro; il sé spirituale ha principalmente a che fare con la nostra entità, con la nostra individualità, e poi ci porta anche avanti. Dopo averci portato fino alla nostra nascita, continua a guidarci per le strade che dobbiamo percorrere nel mondo spirituale.

 

• È invece diverso ciò che fa di noi l’involucro successivo, lo spirito vitale.

Qui nel corpo fisico siamo compenetrati dal corpo eterico, che contiene anche l’etere vitale e tutto ciò che ci vivifica. Noi siamo in un certo senso compenetrati dal corpo eterico — voi sapete che il corpo eterico sporge solo un pochino dal corpo fisico, ma altrimenti ha una forma molto simile — e viviamo per mezzo di questo corpo eterico. Chi non ha un corpo eterico, non può vivere sul piano fisico.

Quando abbiamo deposto il nostro corpo astrale, sappiamo che siamo avvolti da questo spirito vitale. Adesso ci accorgiamo anche che siamo stati avvolti per tutto il tempo durante il quale il sé spirituale ci ha portato indietro, ma ce ne accorgiamo solo ora. Ce ne accorgiamo solo dopo che abbiamo attraversato ciò che viene definito il periodo del kamaloka.

 

E ora diventiamo coscienti di qualcosa di molto strano:

per il fatto che veniamo avvolti da questo spirito vitale,

solo per questo fatto è possibile la nostra vita tra morte e nuova nascita.

Infatti qui nel corpo fisico noi dobbiamo vivere, vorrei dire, all’interno della nostra pelle.

Questo non possiamo farlo nel mondo spirituale tra la morte e una nuova nascita.

 

Se nel mondo spirituale volessimo vivere solo dentro di noi, per così dire solo in un unico luogo del mondo spirituale, dovremmo morire in continuazione, quindi non potremmo vivere. Dobbiamo piuttosto vivere con l’intero universo; dobbiamo avere l’intero universo come una grande realtà vivente e viverci insieme.

 

Questo potrebbe avvenire in duplice modo.

• Noi potremmo disperderci nell’intero universo. Ma una volta che ci fossimo dispersi,

la coscienza che abbiamo, questa coscienza di sé, si disperderebbe anch’essa nell’indefinito.

• Noi dobbiamo invece essere spostati di qua e di là nel grande organismo cosmico vivente.

 

Qui, nel nostro corpo fisico, una parte di noi, per esempio la mano, sta in un luogo determinato.

Nel mondo spirituale noi dobbiamo essere portati in giro di continuo.

Dobbiamo essere portati di continuo da un luogo all’altro. È lo spirito vitale a farlo.

 

In questo modo noi lasciamo un luogo e arriviamo in un altro. Ciò si verifica però in modo ritmico, così che noi torniamo sempre di nuovo allo stesso luogo. Però dobbiamo essere portati in giro per il mondo. Si origina per noi una vita movimentata, spiritualmente movimentata.

Quaggiù, in quanto persone fisiche, siamo legati (con qualche eccezione) ad un singolo luogo. Tuttavia, nel mondo fisico viene sempre portata un po’ di realtà spirituale, ed è grazie a ciò che noi possiamo spostarci sul piano fisico. Questo è fondamentalmente un effetto arimanico, perché lo spirituale viene portato nel fisico da Arimane.

Ma nel mondo spirituale è giusto che noi veniamo portati attraverso tutto l’organismo del mondo che ne fa parte. In questo modo, così come ci abituiamo a vivere in un luogo qui sulla Terra, ci adattiamo a vivere in tutto quanto circonda la vita terrestre.

E mentre veniamo portati in giro di luogo in luogo spirituale (troverete maggiori dettagli nel ciclo delle mie conferenze di Vienna), nello stesso momento vengono innestate le forze di cui abbiamo bisogno per preparare la nostra nuova vita terrestre, per essere di nuovo attirati nella vita terrestre.

 

Infatti, la vita tra morte e nuova nascita si svolge

• nella prima metà in modo tale che noi ci tiriamo fuori dalla vita terrestre;

• nella seconda metà invece ci avviciniamo a una nuova vita terrestre preparandoci a rientrare in essa.

 

Vedete, al giorno d’oggi il materialismo trasforma tutte le cose nel loro contrario.

Esso porterà l’uomo a incappare negli errori più gravi,

ovvero in quelli che non solo sono credibili, ma addirittura ovvi.

 

Quando compare una personalità geniale come Goethe, ad esempio, la gente interpreta la cosa in modo completamente materialistico. Su Goethe è stato scritto e pubblicato un libro molto voluminoso, nel quale tutti i suoi antenati cui è possibile risalire vengono esaminati in senso materialistico, per quanto riguarda il corpo e lo spirito (ma il materialista ammette solo i corpi), per dimostrare poi come Goethe abbia preso questa caratteristica da un antenato, quell’altra da un altro antenato. In effetti, Goethe stesso aveva detto con ironia: del padre ho la statura, della madre l’allegra natura, e così via.

 

Proprio qui a Kassel sviluppai un ciclo di conferenze descrivendo come le persone prendono tutto in senso materialistico, quando cercano di dimostrare in che modo noi abbiamo “ereditato” ogni cosa tramite la corrente ereditaria, in particolare anche il genio. Ho spesso affermato che ciò è assurdo, ridicolmente stupido, e tuttavia tanto credibile, perché al materialista risulta evidente che, se attraverso tante generazioni si intensificano determinate caratteristiche, esse si manifestano poi nel genio come se questi le avesse ereditate. Il materialista pensa addirittura di esprimere così un’esperienza. Ma egli non esprime altra esperienza se non quella per cui risulterà bagnato colui che cade in acqua e ne venga tirato fuori.

 

In un certo senso l’anima passa attraverso tutti gli antenati e per questa ragione le resta attaccato tutto ciò che essa ha tirato fuori dagli antenati. E come è bagnato chi è caduto in acqua, così l’uomo acquisisce anche le caratteristiche dei suoi antenati mentre passa attraverso le generazioni. Sarebbe diverso se si verificasse il contrario, se si dimostrasse che il genio che è presente viene ereditato dai discendenti: ma questo non succede. Questo si dovrebbe cercare di dimostrare! Ma non lo si fa.

 

Si studiano gli antenati di Goethe, ma si tralascia bellamente di prendere in considerazione suo figlio o i suoi nipoti! Cercate di indagare se le caratteristiche geniali vengano ereditate dai discendenti! Possono esservi dei casi nei quali la cosa è celata, ma non si può proprio parlare di una trasmissione per via ereditaria di caratteristiche geniali ai discendenti, altrimenti si paleserebbe, la si verrebbe a sapere. Ma una tale ereditarietà di caratteristiche geniali non esiste.

 

Succede invece qualcosa di diverso. Se si prova a seguire un’individualità umana molto indietro nel tempo, ancor prima che in un determinato momento entri in un corpo fisico (essa proviene infatti dal mondo spirituale), si vede che è questa stessa individualità a fare incontrare il padre e la madre, ad agire in modo che madre e padre si incontrino per generarla. Sì, essa agisce anche prima. Agisce già innescando un ordine nell’intera serie delle generazioni, in modo che alla fine si trovino le due persone tramite le quali essa può trovare la propria incarnazione. Su quel che accade nel corso dei secoli, dagli antenati fino ai discendenti, l’individualità agisce di già. Per quanto strano possa apparire, è così. Goethe aveva padre e madre, nonno e nonna, eccetera. Se noi risaliamo all’indietro nei secoli, vediamo che questa individualità di Goethe agisce già a partire dal mondo spirituale, di modo che si ritrovino sempre quelli che alla fine hanno originato il vecchio Kaspar Goethe e la moglie Aja. Per centinaia di anni l’individualità agisce già a partire dal mondo spirituale, essa agisce nella successione delle generazioni.

Questo è esattamente il contrario di quel che si pensa normalmente.

 

Ciò che l’uomo porta nella propria anima, non l’ha ereditato fisicamente dai suoi antenati; egli invece mette insieme i suoi antenati dal mondo spirituale a partire dalla mezzanotte cosmica — che sta in mezzo tra la morte e una nuova nascita — in modo da potere trovare coloro tramite i quali iniziare il cammino nella vita terrena. Questo è il mistero che ne risulta.

 

È qualcosa di incredibilmente significativo, e in fondo anche di sconvolgente. E proprio per questo noi constatiamo che esiste veramente una stretta correlazione tra ciò che avviene nel mondo spirituale e ciò che accade molto più in basso, nel mondo fisico. Al tempo stesso vediamo come tra la morte e una nuova nascita la nostra vita animico-spirituale sia stranamente intrecciata a ciò che accade qui, di cui però qui non si tiene conto.