L’elaborazione autonoma di pensieri e impulsi morali con l’ausilio delle Archai nel nostro tempo

O.O. 222 – Azioni e impulsi delle potenze spirituali – 18.03.1923


 

Sommario: La ricezione dei pensieri dagli Spiriti della forma nei tempi passati, e l’elaborazione autonoma di pensieri e impulsi morali con l’ausilio delle Archai nel nostro tempo — la Filosofia della libertà come espressione di questa mutata coscienza. L’attaccamento al vecchio sistema spirituale per azione degli Spiriti della forma rimasti indietro: un problema fondamentale del nostro tempo. Le dispute teologiche originate dalla scuola di Ritschl. Il disastroso effetto dei “Quattordici punti” di Woodrow Wilson, considerato dal punto di vista spirituale. L’incapacità di invecchiare degli uomini d’oggi e la conseguente insoddisfazione dei giovani.

 

Ripensando a quanto vi è stato esposto, nelle ultime considerazioni svolte, circa gli avvenimenti, i fatti e le azioni che si compiono nei mondi soprasensibili – diciamo che nell’insieme si è trattato più o meno di un’integrazione del mio breve scritto La guida spirituale dell’uomo e dell’umanità -, comprenderete che la questione essenziale, ai giorni nostri, è quella di riconoscere che si realizza un grande, poderoso evento, quello appunto di cui ho parlato, che tale evento risale in sostanza al quarto secolo dopo Cristo, e che, con esso, gli Spiriti della forma rimettono il governo dei pensieri cosmici agli Spiriti della personalità, o forze primordiali.

 

Se guardiamo al significato complessivo, al significato cosmico di questo evento saliente, possiamo dire che consiste senz’altro nel fatto di dare all’umanità, lungo il corso della sua evoluzione, ciò ch’essa deve ottenere nell’attuale quinto periodo postatlantico, il nostro, nel periodo di evoluzione dell’anima cosciente: e ciò è la libertà interiore dell’uomo, la possibilità, per l’individuo umano, di agire in base a se stesso.

Sappiamo infatti che l’evoluzione dell’uomo sulla Terra è stata essenzialmente una sorta di preparazione a questo periodo, sappiamo che bisognava fosse dapprima creato nell’uomo il fondamento naturale, perché egli poi, entro se stesso, entro ciò che sarebbe divenuto grazie a questo fondamento, potesse sviluppare la propria componente animica nel senso della libertà. Questo, dunque, come si collega con l’evento soprasensibile che abbiamo descritto?

 

Se ci rappresentiamo questo evento a grandi linee, possiamo dire così:

• uno sguardo d’insieme sul mondo spirituale ci mostra, per prima cosa,

che le principali guide spirituali dell’umanità sono le entità

che dobbiamo riconoscere come Spiriti della personalità, come Archai;

ma si tratta proprio di quegli Spiriti della personalità, di quelle Archai,

che hanno ricevuto dalle mani delle Exusiai, o Spiriti della forma, il governo dei pensieri cosmici.

 

Le Archai, alle quali dunque l’umanità in evoluzione è in qualche modo debitrice

della possibilità di attingere i pensieri mediante il proprio lavoro animico interiore,

sono intralciate nel loro agire da quelle entità che, in quanto Exusiai, in quanto Spiriti della forma,

si erano fermate a uno stadio precedente della loro evoluzione,

da quelle entità che, in quanto Spiriti della forma, si erano in certo modo rifiutate

di cedere il governo dei pensieri cosmici.

 

E l’uomo, nel periodo dell’anima cosciente entro il quale noi stiamo vivendo dal quindicesimo secolo,

è ormai posto di fronte a una grande scelta:

quale che sia il momento della sua incarnazione, in quel momento

è chiamato a fare la grande scelta, a decidersi realmente per la libertà,

o, ciò che è lo stesso, ad acquisire la possibilità di questa libertà volgendosi alle Archai che agiscono nel loro diritto.

 

Nella nostra epoca vediamo peraltro come gli uomini

siano riluttanti a svincolarsi da quelle entità spirituali che, in quanto Exusiai,

non hanno voluto delegare la funzione di sviluppo dei pensieri.

Possiamo spiegarci quale parte esse abbiano nell’evoluzione presente dell’umanità

se esaminiamo la funzione svolta a giusto titolo, in epoche antecedenti,

dalle Exusiai che stavano compiendo allora la loro normale evoluzione.

 

Va detto che, in epoche antecedenti, gli uomini non sviluppavano i loro pensieri nello stesso modo in cui devono farlo oggi. Non li sviluppavano con una attività interiore, con un lavoro interiore. Li sviluppavano affidandosi alla contemplazione della natura esteriore, onde anche i pensieri venivano percepiti come noi oggi percepiamo i colori o i suoni, venivano percepiti assieme ai colori e ai suoni.

D’altro canto, in tempi ancora più remoti, quando gli uomini si affidavano alla chiaroveggenza istintiva, inconscia, assieme alle immagini di questa chiaroveggenza inconscia essi ricevevano anche i pensieri come un dono dei mondi divino-spirituali.

Gli uomini, dunque, non si elaboravano da sé i pensieri, ma li ricevevano.

In passato non avevano altra scelta.

 

Così come il bambino deve sviluppare dapprima la sua natura fisica, deve creare inizialmente un fondamento per ciò che gli sarà dato apprendere soltanto nel seguito della vita, allo stesso modo, perché l’umanità nel suo insieme potesse giungere in seguito a sviluppare un mondo dei pensieri con l’attività interiore, occorreva che prima questo mondo dei pensieri lavorasse dall’esterno su tutta la natura umana.

Era dunque necessario un periodo di preparazione. Ma era escluso che, durante questo periodo di preparazione, l’uomo potesse mai dirsi chiamato a diventare un essere libero.

 

Difatti, come potete arguire dalla mia Filosofia della libertà,

il presupposto fondamentale della libertà umana consiste appunto in ciò,

che l’uomo sviluppi da sé i suoi pensieri con un’attività interiore,

e che, da questi pensieri sviluppati autonomamente,

da questi «pensieri puri», come li ho chiamati nella Filosofia della libertà, egli possa attingere anche gli impulsi morali.

 

Nelle precedenti epoche dell’evoluzione dell’umanità, di questi impulsi morali germoglianti sul suolo dell’essere proprio dell’uomo non ve n’erano, né ve ne potevano essere. Gli impulsi morali, in quei tempi, dovevano essere dati unitamente ai pensieri, i quali erano per così dire dati da Dio, al modo di comandamenti, assolutamente vincolanti e tali da escludere la libertà dell’uomo.

 

Nella Filosofia della libertà troverete spiegata precisamente questa circostanza: il passaggio dell’umanità

da una condizione nella quale è vincolata ai comandamenti, che escludono la libertà,

a una condizione nella quale essa agisce invece sulla base dell’intuizione morale, che implica la libertà.

 

Ora, quanto agli Spiriti della forma, quello che essi determinano nell’uomo lo determinano sempre agendo dall’esterno. In tutto ciò che l’uomo trova determinato dall’esterno nel proprio essere sono racchiuse le azioni degli Spiriti della forma.

 

Ed è accaduto appunto questo:

fintantoché sono stati gli Spiriti della forma a istillare negli uomini i pensieri cosmici,

i pensieri erano o un qualcosa che si faceva per così dire incontro agli uomini

dalle pietre, dalle piante, dagli animali, e come tale era percepito,

oppure un qualcosa che saliva su dall’interno, dalle pulsioni e dagli istinti umani.

In un certo senso, l’uomo galleggiava allora sulle onde della vita,

e le onde della vita erano sollevate – ma anche placate, là dove essi suscitavano pensieri – dagli Spiriti della forma.

 

All’uomo veniva quindi incontro dall’esterno ciò che egli, poi, coglieva nella propria interiorità. Di qui anche il fatto che in quei tempi remoti, per come sentiva il proprio rapporto con gli dèi, l’uomo fosse generalmente portato a rivolgersi agli dèi come alle cause degli eventi universali e del suo stesso essere. Allorché parlava degli dèi, egli voleva dire che cercava in loro le cause dell’esistenza dell’uomo sulla Terra, di quanto si manifesta sulla Terra come fenomeno naturale. L’uomo risaliva sempre agli dèi in quanto cause di ogni cosa: “Donde viene il mondo?” “Donde vengo io stesso?” – questi erano i grandi interrogativi religiosi dell’umanità che ci ha preceduto.

Se scandagliate gli antichi miti, troverete sempre, arrivando fino ai racconti biblici della creazione, che si tratta di miti della genesi, ai quali si faceva riferimento perché si tendeva principalmente a ricercare l’origine del mondo, anche se poi si rimaneva sostanzialmente fermi a questa ricerca.

Questa disposizione complessiva dell’anima umana nasceva appunto dal fatto che l’uomo, quanto al suo mondo di pensieri, era dipendente dagli Spiriti della forma.

 

Fino al quarto secolo dopo Cristo, e dal punto di vista delle conseguenze fino ancora al quindicesimo,

nell’ordinamento del cosmo gli Spiriti della forma erano in qualche modo pienamente autorizzati

– se così posso esprimermi – ad avere la direzione assoluta dei pensieri, a detenerne il governo,

e ad apportare agli uomini il pensiero, il corso dei pensieri, dall’esterno.

 

Da quell’epoca, le cose sono cambiate. Da allora, le Exusiai, gli Spiriti della forma, hanno rimesso appunto alle Archai il governo dei pensieri.

Ma le Archai come li governano? Non più – ove siano proprio esse a governare i pensieri – nel senso che li riversano negli uomini, che li immettono in loro dall’esterno, bensì nel senso che danno agli uomini stessi la facoltà di svilupparli. E questo com’è possibile?

È possibile precisamente in quanto noi, tutti noi, siamo passati attraverso un gran numero di vite terrene. In tempi più remoti, quando le Exusiai apportavano a giusto titolo i pensieri dall’esterno, gli uomini non erano ancora passati attraverso una quantità di vite terrene paragonabile a quella di oggi. Perciò, quand’anche avessero destato effettivamente in sé l’impulso adatto, non potevano ancora disporre di un’attività propria, con la quale generare in se stessi la forza del pensiero. Noi oggi viviamo nell’incarnazione terrena numero tale, diciamo così, che segue a molte altre. E se soltanto abbiamo la volontà di farlo – giacché la cosa dipende dalla volontà -, possiamo trovare in noi quella che è la forza per generare, da noi, un nostro mondo di pensieri, un mondo di pensieri individuale, come ho spiegato anche nella Filosofia della libertà.

 

Ora però valutate la cosa in tutta la sua portata! Riflettete sul fatto che siamo entrati nell’epoca in cui l’uomo, per elaborare i suoi pensieri, per formarseli, agisce sulla base della propria interiorità. Ma, nello stesso tempo, egli se ne sta nel mondo come singolo individuo. I pensieri allora, in certo modo, rimarrebbero isolati nel mondo, non avrebbero alcun significato per il cosmo, se non vi fossero entità spirituali che questi pensieri, elaborati dall’uomo nella sua libertà, li inseriscono debitamente nel cosmo come forza ed impulso. E così abbiamo quel progresso che si realizza nel passaggio del governo dei pensieri dagli Spiriti della forma agli Spiriti della personalità.

 

Gli Spiriti della forma attingevano i pensieri dal serbatoio cosmico, diciamo così, in cui erano tutti raccolti, per apportarli all’uomo dall’esterno. L’uomo accoglieva in sé i pensieri cosmici, e doveva sentirsi all’incirca come una creatura avanzante fra i marosi, fra le onde prodotte nel cosmo dagli Spiriti della forma. Il mondo dei pensieri era nel cosmo, allora, e così trasmetteva la sua armonia all’uomo stesso. Ma l’uomo non era, in seno al cosmo, un essere libero.

Ora egli ha ottenuto la libertà di elaborare da sé i propri pensieri; questi, però, rimarrebbero tutti isolati nel cosmo come altrettanti eremiti, se non venissero nuovamente raccolti e reintrodotti nell’armonia cosmica. E questo è appunto quanto avviene, nella nostra epoca, per opera delle Archai.

Qui sono poste le basi per risolvere quel dissidio storico di incalcolabile portata che è sorto nell’epoca moderna e che ha precipitato le anime umane in una confusione senza fine. Non ci è forse evidente questo dissidio?

 

Ho più volte ricordato, da altri punti di vista, come l’uomo apprenda, per un verso, che tutto quanto il cosmo è permeato da un ordine naturale, che questo ordine naturale agisce nella stessa entità umana, che esisteva in origine una nebulosa dalla quale sono venuti formandosi per addensamento il Sole e i pianeti, e che da questa nebulosa si è formato poi anche l’uomo con identico processo.

Non vediamo, per un verso, quel sistema universale di leggi naturali entro cui l’uomo si sente rinchiuso?

E, per altro verso, non vediamo come l’uomo, ridotto a datità naturale, non abbia altra risorsa, per serbare la sua effettiva dignità umana, che quella di destare in sé il pensiero di un ordine morale universale, affinché i suoi impulsi morali non vadano dissolti nell’universo, ma abbiano realtà?

 

Vorrei notare che questo dissidio, nel corso del secolo decimonono, è continuamente sfociato in un certo tipo di elucubrazioni filosofiche. Considerate per esempio, nell’ambito del protestantesimo, le dispute religiose cui ha dato origine la scuola di Ritschl. E’ bensì vero che queste dispute, nei loro aspetti religioso-filosofico-teologici, sono ignote alla maggior parte della gente, essendosi svolte nel ristretto ambiente delle scuole teologiche o filosofiche. E anche vero, però, che quanto si svolge nel ristretto ambiente delle scuole teologiche o filosofiche non rimane confinato entro questi limiti.

Ciò che conta, in realtà, non è tanto che le idee di Ritschl sull’ordine morale-divino del mondo o sulla persona di Gesù siano note a voi, o all’umanità in generale, quanto piuttosto il fatto che il pensiero elaborato intorno alla persona di Gesù nel corso del secolo decimonono, il pensiero elaborato da personalità come Ritschl, scorre verso il basso, e ormai vive negli insegnamenti che sono impartiti ai bambini fra i sei e i dodici anni di età. Ecco dunque che ciò diviene, anzi è già divenuto, parte integrante della costituzione animica comune a tutti gli uomini.

 

• E se anche gli uomini non riescono a coglierlo con piena chiarezza, è tuttavia presente in loro come sentimento indistinto, come insoddisfazione della vita, e si trasfonde in quell’agire caotico dal quale doveva pur emergere, alla fine, un’epoca di caos com’è quella in cui stiamo vivendo. Sta precisamente qui il grande, angoscioso problema che oggi si pone all’umanità, il problema che nasce in quanto l’uomo è costretto a dirsi: non esiste che questo mondo, il mondo retto dalle leggi di natura, uscito dalla nebulosa originaria, e destinato infine alla morte per calore, con la quale tutto quanto è animico-spirituale naufragherà, entro il mondo che non avrà più movimento in sé, ma esisterà in una condizione universale di calore, così che non potrà esservi se non un immenso cimitero. Tutti gli ideali morali, che traggono origine dall’individualità del singolo, sarebbero allora destinati a estinguersi.

 

Di questo, oggi, l’uomo non si fa un’idea chiara, perché non ha l’onestà sufficiente per farsela. Ma tutto ciò ch’egli trae dalla civiltà odierna non può che portarlo a soffrire – per quanto poco ne sappia – di questo dissidio gravissimo che è insito nella sua concezione del mondo, a soffrire di essere soggetto al mondo naturale esistente, e di dovere quindi postulare un mondo morale, senza che gli sia possibile conferire, movendo dalla sua concezione attuale, una qualche realtà alle idee morali.

 

Non era così per l’umanità di un tempo più remoto. Questa umanità sentiva che le sue idee morali le venivano dagli dèi. E ciò accadeva nell’epoca in cui erano appunto le Exusiai, gli Spiriti della forma, a istillare negli uomini i pensieri, quindi anche i pensieri morali. L’uomo allora sapeva che in verità, quand’anche la Terra fosse andata incontro alla morte per calore, vi sarebbero state per l’avvenire le entità divino-spirituali, che traggono i pensieri cosmici dalla totalità del cosmo. Sapeva, dunque, che i pensieri non nascevano da lui, che erano là, allo stesso modo dei processi naturali esteriori, e che dovevano avere perciò, come i processi naturali esteriori, un’esistenza permanente.

 

Bisogna rendersi pienamente conto del fatto che, oggi, la vita è diventata per molti un problema insormontabile, e sempre più lo diventa.

Alcuni lo confessano a se stessi – e forse sono anche i migliori -, altri invece non sono disposti ad ammetterlo, ma dal modo in cui agiscono scaturisce il caos universale nel quale siamo caduti.

Tutto ciò che oggi si presenta come caos, come universale disordine, è però l’effettiva conseguenza di questo dissidio interiore, di questo ignorare fino a che punto l’ordine morale del mondo possa essere anche un ordine reale. Gli uomini preferirebbero chiudersi di fronte ai grandi problemi del mondo, perché non vogliono decidersi ad ammettere con se stessi dove stia veramente il dissidio. Preferirebbero di gran lunga dimenticarlo.

 

Ora, basandoci su ciò che oggi chiamiamo civiltà, sulla nostra civiltà esteriore, non potremo venire a capo del dissidio. Si potrà venirne a capo soltanto sul piano di una concezione spirituale del mondo, quello che cerchiamo di attingere con l’antroposofia. Infatti, su questo piano si giunge precisamente a vedere come vi siano le Archai, che, nel cosmo, nella conduzione del cosmo, hanno ormai ricevuto l’incarico di collegare realmente e dappertutto i pensieri degli uomini, generati oggi isolatamente con il lavoro interiore dell’anima, ai processi cosmici, l’incarico di inquadrare questi pensieri in un ordine universale.

E proprio così l’uomo ritrova, in modo grandioso e imponente, il fondamento dell’ordine morale del mondo. Come lo trova?

 

Ebbene, l’uomo non potrebbe diventare libero se non fosse in grado di sviluppare questo sentimento:

di sentire, cioè, che è lui stesso a svolgere i pensieri dalla propria individualità,

che è lui stesso a elaborare i propri pensieri.

Nel fare questo, tuttavia, noi contemporaneamente separiamo i pensieri dal cosmo.

 

In passato, la situazione si presentava pressappoco così: se disegno qui il mare dei pensieri cosmici (si veda il primo disegno accanto, in giallo), e se questi fossero gli uomini, che raffiguro schematicamente così (in rosso), dovrei allora disegnare a questo modo (in giallo), per ciascuno di essi, la relativa parte di mondo dei pensieri cosmici che vi si inserisce. L’uomo aderiva al mondo dei pensieri cosmici, e questo si calava dentro di lui. Che potesse essere così dipendeva dall’azione degli Spiriti della forma.

 

 

Nel corso dell’evoluzione dell’umanità, la situazione è cambiata.

Qui abbiamo il mare dei pensieri cosmici (si veda il secondo disegno, in giallo), il cui governo ora è passato alle Archai. Ebbene, se qua sotto disegno i singoli uomini, quelli che sono i loro pensieri rimangono isolati; non hanno più una connessione diretta con i pensieri cosmici. E così deve essere. L’uomo, infatti, non potrebbe mai diventare un essere libero, se non separasse dal cosmo il mondo dei propri pensieri.

 

 

Per diventare un essere libero, egli deve separare dal cosmo i suoi pensieri;

ma occorre poi che questi vengano ricollegati al cosmo.

E perciò è necessario che il governo di questi pensieri

– che infatti in primo luogo non riguarda direttamente la vita umana (verde),

bensì il cosmo – sia assunto dalle Archai, dagli Spiriti della personalità.

 

 

Ma ora consideriamo questo pensiero per ciò che attiene all’aspetto morale, e ci renderemo conto che la situazione si presenta in questi termini: quando noi entreremo nel mondo spirituale – o per avere varcato la soglia della morte, o in qualsiasi altro modo, o nel futuro della Terra -, ci ritroveremo insieme con gli Spiriti della personalità, con le Archai.

Saremo allora in grado di percepire ciò che essi hanno potuto fare con i nostri pensieri, che dapprima erano isolati entro di noi a beneficio della nostra libertà. E in quel momento, da ciò che le Archai, da ciò che gli Spiriti della personalità hanno potuto fare dei nostri pensieri, riconosceremo il nostro valore di uomini e la nostra dignità di uomini. E il pensiero cosmico si tradurrà direttamente in senso morale, in impulso morale.

 

Dall’antroposofia, rettamente intesa, oggi possono senz’altro scaturire dappertutto impulsi morali. Bisogna solo che, nel cercare di intendere in che cosa consista l’antroposofia, l’uomo sia coinvolto nella sua totalità.

Se comprendiamo rettamente questo pensiero, il pensiero cioè della responsabilità verso le Archai che si evolvono in modo normale, se comprendiamo rettamente questa nostra relazione spirituale all’interno del cosmo, allora sapremo anche collocarci rettamente, con il nostro vivere, all’interno della nostra epoca, diventeremo a giusto titolo uomini del nostro tempo. E guarderemo nel giusto modo a ciò che in verità abbiamo sempre intorno: non soltanto un mondo sensibile, ma anche un mondo spirituale.

 

Guarderemo alle Archai, a queste entità spirituali nei cui confronti bisogna che l’uomo divenga responsabile se, com’è giusto, vuole compiere degnamente la propria evoluzione di essere umano nel corso dei tempi terreni.

Vedremo come, nell’epoca attuale, a quello che era una volta l’ordine necessario del mondo si contrapponga ancora tutto ciò che è rimasto degli Spiriti della forma, che vogliono continuare a governare i pensieri con il sistema di un tempo. E questa, nel nostro tempo, è la questione fondamentale della civiltà!

 

In questo consistono i compiti propri dell’uomo, i suoi compiti più profondi:

nel divenire libero grazie al giusto atteggiamento verso le Archai, verso gli Spiriti della personalità,

così da potere assumere il giusto atteggiamento anche verso gli Spiriti della forma,

i quali oggi, volendo governare i pensieri allo stesso modo di prima,

non hanno più titolo per farlo, mentre una volta li governavano avendone pieno diritto.

 

Così, da un lato scopriremo ciò che nel mondo rende oggi difficile la vita, ma, al tempo stesso, troveremo dappertutto le vie per uscire dalle difficoltà del mondo. Bisogna solo che cerchiamo queste vie da uomini liberi. Poiché, se ci manca la volontà di perseguire la libera evoluzione dei pensieri, che potranno farsene, di noi, le Archai?

 

L’importante, nella nostra epoca, è che l’uomo voglia realmente diventare un essere libero.

Vero è che per adesso questa volontà, in genere, non l’ha ancora.

Deve prima abituarsi ad acquisirla. Gli riesce ancora difficile, oggi, volersi come essere libero.

 

La sua massima aspirazione, a dire il vero, sarebbe che, dopo aver potuto manifestare il desiderio di quello, che gli piace, vi fossero gli spiriti adatti pronti a eseguire invisibilmente i suoi desideri in maniera soprasensibile. Allora, magari, si sentirebbe libero, sentirebbe di avere dignità umana! Dobbiamo aspettare un paio di incarnazioni soltanto, che non è affatto un tempo così lungo, dobbiamo soltanto arrivare fin verso il 2800 o il 3000, e in una prossima incarnazione – donde guarderemo retrospettivamente a quella che l’avrà preceduta – non potremo davvero più perdonarci di avere confuso un tempo la libertà umana con la disponibilità di dèi indulgenti a favorire la nostra pigrizia!

 

Oggi, l’uomo confonde queste due cose:

• la libertà,   • e l’indulgenza verso la pigrizia umana, verso i pigri desideri umani, da parte di dèi condiscendenti.

Oggi molti pretendono ancora che vi siano dèi bendisposti,

i quali eseguano i loro desideri senza ch’essi debbano darsi troppo da fare.

 

Come già detto, dobbiamo aspettare soltanto il 2800 o il 3000, e in una prossima incarnazione troveremo detestabile un simile atteggiamento. Ma se oggi noi sviluppiamo il retto senso morale, questo dovrà anche essere necessariamente congiunto con una certa forza morale, una forza che vorrà realmente la libertà – la libertà interiore anzitutto; quella esteriore, poi, verrà sviluppandosi nel giusto modo una volta che esista la volontà di libertà interiore. Per giungere a questo, però, è necessario ora poter constatare con esattezza dove, e quanto estesamente, gli Spiriti della forma esautorati siano attivi.

Ebbene: sono attivi dappertutto. Mi verrebbe da pensare – l’intelletto umano ha in effetti di queste propensioni luciferiche – che qualcuno a questo punto possa dire: “Certamente sarebbe molto più ragionevole, per l’ordinamento divino del mondo, se questi Spiriti della forma rimasti indietro non vi agissero, se non vi fossero affatto!”

 

A chi ragiona in questo modo suggerisco di riflettere anche, da persona sensata, se mai potrebbe nutrirsi senza che l’intestino si riempia al tempo stesso di sostanze ben poco gradevoli. Non ci può essere, per l’appunto, una cosa senza l’altra. E così, nel mondo, le cose che influiscono potentemente sulla dignità umana non possono esistere senza i loro reciproci correlati.

 

Dunque, questi Spiriti della forma rimasti indietro dove li vediamo all’opera?

Oggi, in primo luogo, li vediamo all’opera nello sciovinismo, nei nazionalismi

che si diffondono in ogni parte del mondo,

là dove i pensieri non si sviluppano dal centro dell’interiorità più profonda dell’uomo,

ma dal sangue, da ciò che sgorga dagli istinti.

 

Sotto questo profilo, verso la nazionalità esistono due tipi di atteggiamento.

Il primo è questo: non ci si cura delle Archai normali, e ci si abbandona semplicemente a quel che gli Spiriti della forma fanno delle nazionalità. Si cresce allora solamente in base all’appartenenza nazionale, ci si gloria sciovinisticamente di ciò che si è divenuti per il fatto di esser nati dal sangue di una data nazione. La nazionalità sta a fondamento della lingua che si parla, si acquisiscono i pensieri nella lingua nazionale; con la forma peculiare di questa lingua si acquisiscono anche le forme di pensiero. Si nasce da ciò che gli Spiriti della forma hanno fatto delle nazionalità.

 

Se poi qualcuno vuole assecondare questi Spiriti della forma rimasti indietro, ed è al tempo stesso un uomo terribilmente ambizioso, cui il destino ha assegnato una posizione eminente, costui, con riguardo appunto ai nazionalismi del mondo, metterà insieme allora “Quattordici punti”, e troverà dei seguaci pronti a vedervi la fonte di grandiosi benefici per il mondo intero.

Mi riferisco ai “Quattordici punti” di Woodrow Wilson. Che cosa erano, in verità? Erano qualcosa che bisognava lanciare al mondo perché questo si piegasse a ciò che gli Spiriti della forma rimasti indietro vogliono riversare sul fondamento naturale delle diverse nazioni. Traevano direttamente di qui la loro ispirazione.

 

Di tutte queste cose si può parlare ai più diversi livelli. Le stesse cose che dico oggi a un dato livello, quello della caratterizzazione di Archai ed Exusiai, esattamente le stesse, le sto dicendo da anni in continuazione, per caratterizzare il significato universale dei “Quattordici punti” di Woodrow Wilson, che, avendo cullato il mondo in illusioni, vi hanno introdotto calamità e caos in una misura così gigantesca.

 

Proseguendo, oggi vediamo come l’azione degli Spiriti della forma rimasti indietro

si faccia sentire anche nella concezione unilaterale del mondo che è propria della scienza naturale materialistica:

qui, la prospettiva di inoltrarsi nell’attività dei pensieri desta un vero orrore, o, per meglio dire, una paura tremenda.

 

Oggi, è sufficiente immaginarsi come esploderebbe uno stimato professore se, in laboratorio, un qualunque studente guardasse nel microscopio con l’intendimento di elaborare dei pensieri. Non sia mai! Lì bisogna limitarsi a registrare scrupolosamente i risultati dell’osservazione sensibile esteriore; non si ha la minima cognizione del fatto che questa offre solo la metà del reale, e che l’altra metà si origina appunto nella creazione specificamente umana dei pensieri. Ma quello che occorre sapere, allora, è quale sia attualmente la missione delle Archai debitamente evolute. Nella scienza, che soffre i guasti prodotti dagli Spiriti della forma rimasti indietro, bisogna fare si che si imponga la giusta missione degli Spiriti della personalità. Questa prospettiva, oggi, suscita una paura inimmaginabile.

 

Conoscerete, nevvero, il popolare aneddoto sui differenti modi di fare scienza legati all’indole delle differenti nazioni. La domanda di partenza è pressappoco questa; se oggi ci si prefigge di acquisire una conoscenza zoologicamente corretta del cammello, come va a finire? Come si procede secondo la nazione cui si appartiene?

L’inglese, per osservare il cammello, fa un viaggio nel deserto. È vero, possono servirgli fors’anche due anni per arrivare a osservarlo in tutte le situazioni possibili, ma così facendo impara a conoscere il cammello direttamente in natura, lo descrive, e tralascia com’è ovvio qualsiasi pensiero: descrive tutto, senza elaborare pensieri propri.

Il francese va al giardino zoologico, dove è in mostra un cammello; sta a osservarlo nel giardino zoologico, e lo descrive com’è lì dentro. A differenza dell’inglese, non impara a conoscere il cammello nel contesto di ogni possibile situazione naturale, ma lo descrive così com’è entro il giardino zoologico.

Il tedesco non va né nel deserto né al giardino zoologico, ma si siede nel suo studio, mette insieme a priori tutti i pensieri che può tirar fuori da quello che ha studiato, costruisce il cammello a priori e lo descrive sulla base di questa costruzione aprioristica.

L’aneddoto viene raccontato abitualmente così. E in effetti è anche quasi, dico quasi, calzante, perché è sensazione comune che, sia nel descrivere un cammello, sia nel descrivere l’uomo stesso o altro ancora, si proceda esattamente come dice il racconto.

 

Manca però una cosa soltanto, l’unica che farebbe, diciamo così, tornare i conti, l’unica che darebbe la giusta risposta a questo aneddoto costruito su tre soggetti: da qualche parte ce ne potrebbe essere un quarto che è in grado – indipendentemente dal fatto che si rechi nel deserto, o che studi sui libri perché non ha modo di recarsi nel deserto o al giardino zoologico, o ancora che finisca con l’andare da un pittore di animali e ne osservi i quadri ove sono ritratti con arte geniale dei cammelli -, che è in grado dunque, a partire da ciò che gli si mostra in un modo o nell’altro, di porre direttamente all’ordine divino-spirituale del mondo la domanda: in che consiste l’essenza del cammello?

 

Colui che è capace di questo lavoro interiore, vedendo il cammello che sta nel giardino zoologico arriva a conoscerlo anche per come si comporta nel deserto; di più, lo riconosce per tale anche dalle idee che può farsi leggendo una mole svariata di libri, libri pieni magari di descrizioni tremendamente caricaturali, convenzionali e pedantesche, saccenti. Essendo capace di penetrare l’essenza del cammello, egli riesce comunque a scoprire di che cosa realmente si tratti, foss’anche partendo da saccenterie accademiche, da costruzioni aprioristiche di ogni genere.

Ecco ciò di cui oggi l’umanità ha bisogno prima di ogni altra cosa, senza escludere naturalmente l’esperienza esteriore, l’esperienza sensibile del mondo, ma includendola: ha bisogno di trovare la via al mondo spirituale.

 

Qui sta, ancora una volta, quel che deve condurci a riconoscere con esattezza, in ogni campo della conoscenza cui aneliamo, come gli Spiriti della forma rimasti indietro possano sviarci, e come l’esatta cognizione di quella che è la missione degli Spiriti della personalità possa inserirci a giusto titolo, quali uomini appunto, nella nostra epoca. E soprattutto è della massima importanza potersi orientare a questo modo circa gli adolescenti, per giungere a una vera arte dell’educazione.

Oggi, un enorme difetto di ogni pedagogia, in ogni dove, è infatti precisamente questo: ci si attiene a ciò che l’uomo è diventato nel corso dell’evoluzione storica promossa dagli Spiriti della forma esautorati, si dà per scontato, e perfettamente normale, che l’uomo sia fatto così.

 

Ebbene, la natura del fanciullo – grazie a Dio, possiamo dire – si ribella ancora a questo stato di cose. Non arriva ancora ad accettarlo. L’adulto lo accetta ben volentieri; la natura infantile vi si ribella ancora, e soprattutto vi si ribella la natura giovanile.

Ritroviamo qui uno degli aspetti caratteristici del movimento giovanile odierno, e uno di quei punti salienti dove è necessario che la pedagogia odierna si faccia, direi quasi, chiaroveggente – o sappia per lo meno trarre alimento dalla chiaroveggenza -, perché sia davvero possibile riconoscere come, nel momento in cui l’uomo viene generato, oggi, venga generato assieme a lui il germe dell’attività interiore dei pensieri.

Posto allora che questo germe dell’attività interiore dei pensieri sia presente, ecco che ci rendiamo conto di una cosa soprattutto, di cui oggi gli uomini non sono per la maggior parte capaci. Sapete di che si tratta?

Oggi gli uomini non sono capaci di invecchiare.

 

I giovani, dal canto loro, vorrebbero avere per guide uomini che hanno saputo invecchiare. Non si adatterebbero a venire guidati da giovani come loro – se anche lo dicono, è perché si ingannano -, ma vorrebbero come guide delle persone che sono state capaci di invecchiare nel modo giusto, che hanno portato con sé fin nell’età avanzata il germe vivente dello sviluppo dei pensieri. Se possono constatare che è così, i giovani seguono queste guide, poiché sanno che chi è stato capace di invecchiare come si deve ha loro qualcosa da dire. Ma oggi, chi si trovano davanti? Nient’altro che gente pari a loro!

 

Gli uomini non hanno saputo invecchiare, sono rimasti dei bambinoni; non sanno più di quanto già sappiano dei quindicenni, dei sedicenni.

Nessuna meraviglia, pertanto, che i giovani di quindici, sedici anni non vogliano più seguire i sessantenni o i settantenni, giacché questi ultimi non sono invecchiati più di loro. Non sono stati assolutamente capaci di portare l’attività dei pensieri fin nel corpo invecchiato. I giovani si aspettano uomini che siano realmente invecchiati, non che abbiano semplicemente l’aspetto di vecchi per via delle rughe e dei capelli bianchi o della calvizie, mentre il cuore, pur vecchio, li rivela in sostanza giovani come loro; i giovani vogliono, invece, esseri umani che abbiano saputo invecchiare, e che siano dunque cresciuti, con il crescere dell’età, in forza e in saggezza.

La questione posta dal movimento giovanile potrebbe essere facilmente risolta se davvero venisse compresa in tutto il suo significato cosmico, se qualche volta si tenessero per esempio conferenze approfondite sul tema: com’è possibile oggi, nel mondo, non rimanere dei bambinoni sino all’età più avanzata? Qui sta il problema.

 

In effetti, i giovani seguiranno con assoluta naturalezza quanti hanno smesso di essere dei bambinoni, quanti sono realmente invecchiati, e con costoro non faticheranno a intendersi. Dai loro pari non hanno invece nulla da imparare. Anzi, al giovane che magari non è più che diciottenne, e che non ha ancora imparato un gran che – anche se qualcosa senz’altro lo ha già imparato -, al giovane che porta ancora sulla testa una folta capigliatura nera o bionda, che è ancora senza rughe, che ha un viso paffuto, e che una barba non se l’è ancora vista crescere, bene, a questo giovane sembrerà semplicemente grottesco dover seguire un altro che interiormente non è affatto più vecchio di lui, che non ha imparato niente più di lui, e che perciò è semplicemente ridicolo con quella sua calvizie o quei suoi capelli grigi, con tutto quell’aspetto esteriore che fa a pugni con la sua interiorità!

 

È questo, sostanzialmente, il nocciolo più profondo dell’effettiva incomunicabilità fra giovani e adulti.

Quello che ho cercato di dire adesso in tono umoristico, dovete prenderlo in tutta la sua serietà, in tutta la serietà del suo significato: potrete, allora, cogliere direttamente con lo sguardo dell’anima molte delle cose che, all’interno della civiltà odierna, rappresentano un grosso, pesante, scottante problema.

Poiché mi rincrescerebbe davvero troncare qui il discorso – le prossime tre conferenze infatti non potrò tenerle, dato che venerdì dovrò già essere a Stoccarda -, mi permetterò di tenere una conferenza alle otto di giovedì, ma solo per quanti vorranno ascoltarla.