L’entità del Cristo non poteva incarnarsi in un uomo terrestre prima che fosse nata interamente l’anima razionale

O.O. 112 – Il Vangelo di Giovanni in relazione agli altri 3 – 25.06.1909


 

Chi ha dovuto incarnare in sé quell’essere possente che chiamiamo il Cristo, non poteva naturalmente assumere questa missione in un’età qualsiasi della sua vita; occorreva per questo che egli si maturasse gradatamente. Nessun uomo normale avrebbe potuto assumere una missione simile. Doveva essere un uomo che, attraverso molte vite, avesse raggiunto alti gradi d’iniziazione.

 

La cronaca dell’akasha ci racconta fedelmente quello che dovette succedere. Essa ci narra che un’individualità lavorò intensamente nel corso di molte vite per giungere a poco a poco fino ad alti gradini dell’iniziazione. Quindi rinacque e attraversò nell’incarnazione terrestre delle esperienze che furono di preparazione. Ma nell’essere che si era incarnato viveva un’individualità che era già arrivata ad alti gradini; era un iniziato che a una successiva età della sua vita era destinato ad accogliere l’individualità del Cristo. Le esperienze che quest’iniziato attraversa sono innanzi tutto ripetizioni dei gradini delle sue iniziazioni precedenti. In questo modo viene a risorgergli nell’anima tutto ciò a cui essa si era innalzata nel passato.

 

Noi sappiamo che l’uomo è costituito da corpo fisico, corpo eterico, corpo astrale ed io. Sappiamo però anche che, nel corso della vita dell’uomo, con la nascita fisica nasce soltanto il corpo fisico; che poi fino al settimo anno il corpo eterico è circondato da una specie di involucro materno eterico; e che col settimo anno, con la seconda dentizione, questo involucro materno eterico viene abbandonato, come quello materno fisico quando il corpo fisico nasce nel mondo fisico.

 

Più tardi, con la pubertà, viene abbandonato in modo analogo un involucro astrale, e nasce il corpo astrale. A un dipresso col ventunesimo anno nasce l’io, ma anch’esso soltanto gradatamente.

Dopo aver visto la nascita del corpo fisico, quella del corpo eterico verso i sette anni, del corpo astrale dai quattordici ai quindici anni, dobbiamo tener conto anche di una nascita analoga dell’anima senziente, dell’anima razionale e dell’anima cosciente; e cioè con i ventun anni nasce l’anima senziente, coi ventotto l’anima razionale, e press’a poco coi trentacinque l’anima cosciente.

 

Ora vedremo che l’entità del Cristo non poteva incarnarsi in un uomo terrestre,

non poteva trovarvi posto, prima che fosse nata interamente l’anima razionale.

 

L’entità del Cristo non poteva dunque incarnarsi nell’iniziato nel quale è poi nata, prima che questi avesse ventotto anni. Questo ci vien mostrato anche dall’indagine spirituale. L’entità del Cristo penetrò fra i ventotto e i trentacinque anni nell’individualità che si presentò sulla terra quale grande iniziato e sviluppò gradatamente, sotto lo splendore e la luce della sua grande entità, tutto ciò che l’uomo sviluppa di solito senza quello splendore e quella luce: vale a dire il corpo eterico, il corpo astrale, l’anima senziente e l’anima razionale.

 

Possiamo così dire che fino a quest’età, in colui che era destinato a diventare il portatore del Cristo, abbiamo dinanzi a noi un grande iniziato il quale attraversa gradatamente le esperienze che finalmente fanno risorgere in lui tutto ciò che nelle incarnazioni passate egli aveva sperimentato ed elaborato come conquiste dei mondi spirituali.

Allora gli si presenta la possibilità di dirsi: «Ora sono giunto al punto da sacrificare tutto quello che ho. Non voglio più essere un io indipendente; mi offro come portatore del Cristo. Egli deve dimorare in me e d’ora innanzi essere in me tutto!».

Il momento nel quale il Cristo si incarna in un’individualità terrestre viene indicato da tutti i quattro Vangeli. Anche se altrimenti hanno delle differenze, il momento in cui il Cristo per così dire penetra nel grande iniziato, viene indicato nei quattro Vangeli: è il battesimo di Giovanni.

 

Nell’istante che lo scrittore del Vangelo di Giovanni indica così chiaramente,

dicendo che lo Spirito è disceso sotto forma di colomba e si è riunito a Gesù di Nazareth,

abbiamo la nascita del Cristo;

allora nasce il Cristo nell’anima di Gesù di Nazareth, come un io nuovo e superiore.

• Fino allora un altro io, quello di un grande iniziato, si era sviluppato fino alla maturità necessaria per quell’evento.

E chi doveva nascere nell’entità di Gesù di Nazareth?

 

Ieri lo abbiamo già indicato: doveva ora discendere ed incarnarsi in Gesù di Nazareth il Dio che esisteva fin dal principio, che per così dire si era trattenuto nel mondo spirituale perché l’umanità potesse intanto evolversi. Forse che lo scrittore del Vangelo di Giovanni indica questo fatto? A questo proposito basterà soltanto leggere con serietà le parole del Vangelo. Leggiamo a questo scopo l’inizio del Vecchio Testamento: « In principio (o in origine) Dio creò il cielo e la terra. E la terra era informe e vuota, e tenebra era sopra la faccia dell’abisso, e lo Spirito di Dio aleggiava sopra le acque.»

 

Immaginiamoci questa situazione: «Lo Spirito di Dio aleggiava sopra le acque ».

Nel basso sta la terra con i suoi regni, successori dello Spirito divino: fra di essi un’individualità si evolve a tale altezza da poter accogliere in sé lo Spirito che aleggiava sopra le acque. Che cosa dice lo scrittore del Vangelo di Giovanni? Ci dice che Giovanni Battista aveva riconosciuto la presenza della medesima entità di cui è parola nell’Antico Testamento. Egli dice : « Io vidi che lo Spirito discese come una colomba dal cielo, e restò sopra di lui ». Egli sapeva che quando lo spirito discende su qualcuno, allora è colui che deve venire: il Cristo.

 

Avete così il principio dell’evoluzione del mondo: lo Spirito che aleggia sopra le acque;

avete Giovanni che battezza con l’acqua:

e lo Spirito che prima aleggiava sopra le acque penetra ora nell’individualità di Gesù di Nazareth.

 

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• «Colui che ha accolto il Cristo in sé si è ben preparato negli anni precedenti;

nel suo corpo astrale è diventato tanto virtuoso, nobile e saggio,

quanto era necessario che fosse affinché il Cristo potesse nascere in lui.

Anche il suo corpo eterico è maturato,

e il suo corpo fisico è divenuto così agile e bello, che il Cristo ha potuto dimorare in lui.»

 

Occorre soltanto comprendere giustamente il Vangelo.

Nel secondo capitolo del Vangelo di Luca prendiamo il versetto 52.

 

Certo che così come è scritto nelle Bibbie usuali, questo versetto non può dire ciò che appunto ho detto. Il versetto 52 del capitolo secondo dice: « E Gesù cresceva in saggezza, in età e in grazia presso Dio e gli uomini ».

 

Si può attribuire un certo significato a queste parole, se un uomo, come lo scrittore del Vangelo di Luca, dice di Gesù di Nazareth che cresceva in saggezza. Ma quando egli racconta come fatto importante che Gesù cresceva in età, allora la cosa diventa alquanto incomprensibile, perché questo fatto non sarebbe di per sé specialmente degno di essere notato. Se nondimeno è detto, significa che deve indicare qualche altra cosa.

 

Prendiamo il versetto 52 del capitolo secondo nel testo originale:

χαι ‘Ιησους προεχοπεν εν σοφια χαι ηλιχια χαι χαριτι παρα δεϖ χαι ανδρϖποις.

 

In verità ciò significa quanto segue: «Egli crebbe in saggezza», cioè egli formò il suo corpo astrale. Chi sa ciò che lo spirito greco intendeva con la parola ηλιχια potrà dirvi che qui è intesa l’evoluzione, attraversata dal corpo eterico, per mezzo della quale la saggezza diventa gradatamente un’attitudine.

 

Voi sapete che

• il corpo astrale elabora le proprietà che servono una volta sola;

vale a dire che si capisce una volta una cosa e poi la si è capita.

• Il corpo eterico sviluppa invece ciò che prende forma di abitudini, di inclinazioni, di abilità;

e questo succede a seguito di continue ripetizioni.

 

Ciò che è saggezza diventa abitudine; si esegue perché ormai ci è entrata nel sangue.

Questo crescere significa dunque acquistare in « maturità ».

Come il corpo astrale cresce in saggezza,

così il corpo eterico cresce in abitudini elette, verso ciò che è buono, nobile e bello.

 

La terza cosa, nella quale Gesù di Nazareth era cresciuto, χαρις, è in verità ciò che si manifesta e diventa visibile sotto forma di bellezza. Tutte le altre traduzioni non sono esatte. Noi dobbiamo tradurre dicendo che egli crebbe in « bellezza avvenente », che anche il suo corpo fisico si formò in maniera nobile e bella.

 

«E Gesù cresceva

• in saggezza (nel suo corpo astrale)

• in tendenze mature (nel suo corpo eterico)

• e in avvenente bellezza (nel suo corpo fisico),

in modo che era visibile a Dio e agli uomini».

 

Questa è la descrizione di Luca; essa ci mostra come egli sapesse che colui, che doveva accogliere in sé il Cristo, doveva portare al massimo sviluppo il suo triplice involucro: il corpo fisico, il corpo eterico e il corpo astrale.