L’epoca pre-religiosa

O.O. 104 – L’Apocalisse – 17.06.1908


 

L’attuale stato di coscienza

si è sviluppato da un altro antichissimo stato di coscienza

nel quale l’uomo non era in contatto immediato con gli oggetti dei sensi, come oggi,

ma era invece in rapporto coi fatti e con gli esseri spirituali.

 

Allora l’uomo non vedeva la figura fisica di un altro, la quale, del resto, non esisteva ancora nella forma attuale; quando un altro essere gli si avvicinava, nell’anima sua sorgeva una specie di visione. Secondo la forma e il colore di questa visione gli si rivelava se quell’essere era animato da simpatia o da antipatia per lui. Una tale coscienza percepiva i fatti spirituali, e per loro tramite il mondo spirituale.

 

Come oggi l’uomo si trova insieme con altri esseri corporei, così in quel tempo, quando rivolgeva lo sguardo su se stesso e si riconosceva come anima e spirito, egli viveva in mezzo ad altre entità spirituali che realmente esistevano per lui.

Egli era uno spirito fra altri spiriti. Benché possedesse soltanto una specie di coscienza di sogno, pure le immagini che sorgevano in lui erano in un rapporto vivace con il suo ambiente.

Questa era l’epoca antica, in cui l’uomo viveva ancora in un mondo spirituale dal quale più tardi discese, per crearsi una corporeità sensibile, adatta alla coscienza che attualmente gli è necessaria.

 

Gli animali esistevano già come esseri fisici al tempo in cui l’uomo percepiva ancora nelle regioni soprasensibili.

L’uomo viveva allora tra esseri spirituali, e come oggi non ci occorrono testimonianze di nessun genere per persuaderci dell’esistenza delle pietre, delle piante, degli animali, così l’uomo di quell’epoca primordiale non abbisognava di prove per esser persuaso dell’esistenza di esseri spirituali. Egli viveva in mezzo alle entità spirituali, agli dèi, e perciò non abbisognava di religione. Era l’epoca prereligiosa.

 

Più tardi l’uomo discese, e la sua forma di coscienza primitiva si trasformò nell’attuale. Ora egli non vede più forme e colori ondeggianti nello spazio, ma vede i colori aderenti alla superficie degli oggetti sensibili. Nella misura in cui l’uomo imparava a dirigere i suoi sensi esteriori al mondo sensibile esteriore, questo si stendeva come un velo, come la grande maja, la grande illusione, davanti al mondo spirituale. E l’uomo dovette ricevere notizia del mondo spirituale attraverso questo velo: la religione divenne necessaria.

 

Tra l’epoca pre-religiosa e l’epoca della vera e propria coscienza religiosa vi è però uno stato intermedio. Da esso hanno origine tutte le mitologie, le saghe e le storie dei mondi spirituali dei diversi popoli. È un’idea astratta che nulla intuisce dei veri processi spirituali, quella che qualifica come pure invenzioni della fantasia popolare tutte le figure della mitologia greca, o di quella germano-nordica, tutte le storie degli dèi e delle loro gesta. No, non sono fantasie poetiche dei popoli, il popolo non poeta in tal modo; se vede delle nuvolette ondeggiare nel cielo non dice che sono pecorelle.

 

Che il popolo poeti così è una vera fantasia poetica dei nostri eruditi moderni, pieni d’inventiva in tali cose. La verità è tutt’altra.

 

Tutto ciò che è contenuto nelle antiche saghe e storie degli dèi

è l’ultimo residuo, l’ultimo ricordo della coscienza prereligiosa.

 

Agli uomini è rimasta notizia di ciò che essi avevano veduto; essi hanno descritto Wotan, Thor, Zeus, perché serbavano ancora il ricordo che tutto ciò era stato altra volta veduto e vissuto. Briciole, frammenti di un’esperienza antica, ecco l’essenza delle mitologie. Anche in un altro senso vi fu uno stato intermedio. Nei tempi in cui gli uomini intelligenti erano — diremo così — già molto intelligenti, ve ne furono sempre alcuni che, almeno in condizioni eccezionali (chiamiamole rapimento o esaltazione, come si vuole), potevano ancora vedere nei mondi spirituali e percepire ciò che prima era visibile alla maggioranza degli uomini.

 

Essi raccontavano ciò che vedevano dei mondi spirituali, e questi racconti, collegandosi coi ricordi, creavano nei popoli delle credenze vive. Questo fu uno stadio di transizione verso il vero e proprio stato religioso.

E come fu predisposto nell’umanità il vero stato religioso?

 

Ciò fu possibile perché l’uomo trovò le vie e i mezzi per sviluppare la sua interiorità in modo da poter ritornare alla visione, alla contemplazione dei mondi dai quali era uscito e che anticamente aveva percepiti con oscura coscienza. Veniamo così a toccare un soggetto che per molti moderni ha ben poca verosimiglianza; vogliamo parlare cioè degli iniziati.